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giovedì 21 novembre 2024

Persecutory - The Glorious Persecution

#PER CHI AMA: Black Metal
Non ci capita cosi spesso di recensire band provenienti dalla Turchia: quella dei Persecutory dovrebbe essere infatti la seconda recensione che mi appresto a scrivere di una realtà proveniente da quel paese. E allora facciamo un breve preambolo biografico, raccontandovi che il quartetto di oggi è originario di Istanbul, ha già un paio di full length all'attivo oltre a due EP, incluso questo 'The Glorious Persecution'. Il genere proposto poi, è un black death alquanto scolastico, che aggiunge poco o niente a due generi che forse hanno poco altro da aggiungere. I cinque turchi si adeguano quindi alla massa, proponendo tre lunghi pezzi che, dall'iniziale "Infernal Gateways to Watchers", passando attraverso "Ecstatic Demonlords", fino ad arrivare alla conclusiva "The Glorious Persecution", non so quanto potrebbero farvi vibrare i sensi. La prima traccia spiega subito le coordinate sulle quali intendono stare i nostri, ossia una matrice estrema, dotata di un pizzico di melodia, che alterna momenti mid-tempo ad altri più serrati, che sembrano ammiccare a sonorità scandinave di metà anni '90 (e che riassumerei come un mix tra Mayhem, Behemoth e Unanimated, ad un livello più basso, ovviamente). Ecco appunto, un altro tuffo nel passato come centinaia e centinaia, me ne sono passati tra le mani in questi anni. E l'esito si prevede quanto mai scontato sin dalle prime battute. C'è poco infatti da elevare sopra il marasma di band che popolano la scena. I rallentamenti doomish magari contribuiscono a spezzare un ritmo a tratti vertiginoso, le vocals indemoniate del frontman hanno sicuramente una buona presa, cosi come il tremolo picking che si palesa nei momenti più compassati a donare un po' di melodia, cosi come gli epici assalti di chitarra. Alla fine sono tutti elementi, presenti in tutti e tre i brani, che ritroviamo in una marea di uscite discografiche di questo tipo. Se proprio devo individuare un brano preferito direi "Ecstatic Demonlords", dotata di un bel tiro, avvolta di uno splendido alone nero di mefitica malignità che si palesa peraltro in un litanico coro che ne eleva la qualità sopra le altre. Un utilizzo maggiore di questa componente, qualche assolo, qualche parte atmosferica in più e staremo parlando di una release di tutt'altro spessore. (Francesco Scarci)

martedì 14 maggio 2024

La Mer - Tetrahedra

#PER CHI AMA: Experimental Black/Alternative
Se doveste iniziare ad ascoltare quest'album, cosi come ho fatto io, le impressioni di primo acchito, potrebbero condurvi a pensare di trovarsi al cospetto di un album rock con venature elettroniche. Una sensazione che dura giusto un paio di giri di orologio nell'iniziale "To the End", prima di essere investiti da un sound più estremo, almeno vocalmente parlando, che comunque mantiene un elevato gusto melodico. Questo perché gli scozzesi La Mer, in questo quinto capitolo della loro discografia intitolato 'Tetrahedra', propongono uno strano connubio di generi. In tutta franchezza devo ammettere che non conoscevo, almeno prima di questo disco, la one-man band di Glasgow, guidata dal buon Jeremi, in arte La Mer, a cui devo riconoscere il fatto di aver rilasciato una coraggiosa release che mi ha piacevolmente colpito. Un lavoro questo, che per certi versi mi ha evocato, per una serie di analogie musicali, i transalpini H.O.P.E. e i nostrani Drastique. Il progetto di Jeremi si muove infatti trasversalmente su coordinate gothic industrial electro rock, che sembrano trarre spunto anche da vari mostri sacri, quali Nine Inch Nails, Type O Negative e The Cure, tanto per citarne qualcuno in ordine sparso. La cosa stravagante è che poi il factotum scozzese ci butta dentro vocalizzi black, qualche bel guizzo estremo che alla fine ben si amalgama con la sperimentale architettura musicale ideata dal mastermind. E cosi ne vengono fuori pezzi azzeccatissimi, e penso all'atmosferica "Patina", all'industrialoide "Last One Out", alla katatonica (si, ci sono echi anche dei godz svedesi) e a tratti più ruvida, "Sunsets". Un concentrato di brani davvero orecchiali che passano anche attraverso le sonorità post punk/cold wave di "Stratch", corredata qui da screaming vocals e un paio di belle accelerate estreme. Audace il buon Jeremi, almeno fino a quando il disco sembra perdere l'effetto sorpresa all'altezza di "Death Dogs" e, quelle trovate che avevano reso il mio ascolto sin qui curioso, vanno lentamente ad appiattirsi nel resto del disco. Ancora degne di nota rimangono comunque la distruttiva "Gallows Hill", in grado di combinare black a suoni alternativi; gli echi dei Katatonia in "Hell Can Wait" (vero masterpiece del disco), mentre la chiusura è affidata a una poco conosciuta (e che non ho particolarmente apprezzato) cover dei polacchi Myslovitz, "Nienawiść", per un tributo finale a una band che probabilmente ha avuto fortuna solo all'interno dei propri confini. In definitiva, 'Tetrahedra' è un album per certi versi, sorprendente, soprattutto considerando l'uscita sotto l'egida della Godz ov War Productions. Un'uscita ardita a cui vi invito di dare più di una possibilità. (Francesco Scarci)

(Godz Ov War Productions/Analög Ragnarök - 2024)

venerdì 3 maggio 2024

Black Eucharist - Inn of the Vaticide

#PER CHI AMA: Black/Death
E diamo il benvenuto anche ai Black Eucharist, formazione statunitense dedita a un black metal, a dir poco blasfemo. Usciti lo scorso anno per la Stygian Black Hand con questo 'Inn of the Vaticide', la band è finita sotto l'ala protettrice della Godz ov War Productions, che ne ha preso la licenza per il formato cd. Otto i brani a disposizione, di cui uno strumentale (la brevissima e ambientale "The Soiled Crucifix"), che vi faranno rimpiangere di non aver messo nel vostro lettore qualcosa di decisamente più ascoltabile. La proposta del trio nord americano è infatti di quelle che ti prendono a scarpate a livello della mascella, frantumandola, con un sound lacerante, violento, e clamorosamente old school, in grado di miscelare parimenti black, death, thrash e, perchè no, un filino di grind, in una debordante centrifuga sonora che non vi concederà pace. E cosi, la cavalcata comincia con "Black Ejaculate" e le storture ritmiche di un brano che sembrava cominciare sotto differenti auspici, almeno fino al minuto 2.50; da li in poi inizierà un'aggressione ferale che non vi concederà il benché minimo scampo fino alla conclusiva "A Foul Stench Lingers at Peor". In mezzo, pura aggressione e poco più, tra linee di chitarra super acuminate, lo screaming efferato di Infestor, cambi di tempo repentini figli di un retaggio death metal, ritmiche ultra mega serrate (ascoltatevi "Drowned Flock" o la title track per avere un quadro generale della situazione) e, udite udite, anche qualche raro break atmosferico (come accade nella più complessa e irriverente "Broken Staff of the Shepherd", dove addirittura si sente il rumore della crocifissione). Ecco, giusto per farvi capire che quelli che abbiamo fra le mani oggi, non sono proprio gli ultimi fra i novellini della scena (visto il loro pregresso anche sotto il moniker Black Ejaculate, sublime come nome peraltro). Tuttavia, l'ascolto di questa release, mi è parsa per certi versi scontata e priva di quella originalità che oggi vorrei ascoltare in un po' tutti i dischi che mi capitano fra le mani. Ma se siete di bocca buona, ma soprattutto masochisti e avete voglia di farvi maciullare le ossa, alla stregua di quanto facevano gli Impaled Nazarene degli esordi, beh, non siate timidi e fatevi sotto. (Francesco Scarci)

giovedì 21 marzo 2024

Absque Cor - Na Zawsze Cieniem​.​.​.

#PER CHI AMA: Post Black
Un lungo arpeggio, una ritmica imponente dai tratti malinconici e un assalto sonoro all'arma bianca. Ecco lo scenario che mi si palesa quando faccio partire 'Na Zawsze Cieniem​.​.​.' dei polacchi Absque Cor, la classica quiete prima della tempesta che divampa come il peggiore degli incendi, tra martellanti ritmiche post black, vocioni impastati, brutali ma di grande impatto. Per quanto l'approccio con la poco rassicurante opener "Zapaść" non sembri dei più originali, devo ammettere che la proposta della one-man-band capitanata dal buon Vos, mi ha colpito. Basso e batteria aprono la successiva "Jeden Raz Za Dużo", la progressione musicale a braccetto con una certa tensione, si fanno palpabili, la musica ghiacciata nel suo incedere sembra paralizzarci per il terrore fino a un break atmosferico di grande intensità (e semplicità), che ci dà modo di riorganizzare le idee prima della sassaiola finale. Interessanti, parecchio, per quanto ci troviamo di fronte all'ennesima scoperta dell'acqua calda. Proseguo però con una certa curiosità e "Nawet Nie Próbuj"continua con quel suo impetuoso ma anche un po' sghembo martellare. La scorbutica proposta del factotum polacco qui assume le sembianze dei Blut Aus Nord, anche se quei break improvvisi mi tolgono la terra delle mie certezze da sotto i piedi per calarmi in un incubo a occhi aperti. Cavolo, fighi, soprattutto per quella capacità di cambiare pelle e acquisire qui un piglio quasi cerimoniale. Le sorprese comunque non si arrestano certo qui, visto che è il turno della quasi cacofonica "Dziękuję, że Jesteś" e i suoi dieci minuti di sonorità old-school, che sembrano aprire a un nuovo scenario sonico per il polistrumentista mittle europeo. L'ipnotico e sinistro sound degli Absque Cor non accenna a placarsi e continua a mietere vittime, visto il sopraggiungere della lunghissima (oltre 14 minuti) "Piosenka O Niczym", un'epica cavalcata che avrà modo di maciullarci con la sua rutilante e vertiginosa ritmica, le abrasive vocals del frontman e un senso costante di inadeguatezza che si declina attraverso un burzumiano intermezzo ambient che enfatizzerà le emozioni vissute durante questa prova di resistenza, a fronte dei 58 minuti di musica dell'hero polacco. In chiusura, "Солнце Мертвых", azzeccatissima cover dei russi Der Golem, per una miscela stralunata di post rock, industrial e blackgaze sulla scia dei primi Deafheaven. Un indovinato finale (anche se l'originale è di tutt'altra pasta) per un più che discreto lavoro. (Francesco Scarci)

Morbid Sacrifice - Ceremonial Blood Worship

#PER CHI AMA: Black/Death
Eccovi servito un po' di sanguinolento black death d'annata. Loro si chiamano Morbid Sacrifice, sono stranamente italiani per il genere proposto e 'Cerimonial Blood Worship' è il loro secondo album. Un lavoro questo che ci fionda indietro nel tempo di almeno 30 anni, giusto per stare stretti, visti i rimandi che si possono cogliere durante l'ascolto di questi otto pezzi, che ci catapultano ai bei tempi di Celtic Frost e Possessed, per non parlare poi dei satanici testi che costituiscono le liriche. Insomma, per i grandi nostalgici dei bei tempi andati, un tuffo al cuore con brani come la furibonda "Venomous Messiah" o la più compassata "Bloodsoaked Salvation", che per un minuto ci tiene sospesi sul vuoto per poi lasciarci cadere in un vorticoso death black old-school, fatto di atmosfere lugubri, ritmiche furiose e un growling chiaro e distintivo. Vorrei sottolineare che se siete alla ricerca di suoni freschi e moderni, qui non troverete nulla di tutto questo ma semmai grandinate detonanti ("Cremation Ritual"), ambientazioni insane e dai tratti infernali. I super nostalgici si ritroveranno anche una cover dei Sodom, "Conjuration", mitico estratto di 'Persecution Mania' del 1987, che per chi non la conoscesse, è una bella cavalcata thrash black. Ebbene, se vi servivano altri indizi per capire la proposta del quartetto italico, credo che questa rappresenti l'ultima inconfutabile prova. Per chi vuole invece avere ogni tipo di dubbio dissipato, si accomodi ad ascoltare le ultime "Serpent of Abomination", un death sporcato da venature doomish, e la più brutale "Bleed for the Horned King". A questo punto sono certo che la testa al toro sia definitivamente mozzata. Retrò. (Francesco Scarci)

mercoledì 14 febbraio 2024

Dominion of Suffering • Phobonoid - Split

#PER CHI AMA: Black/Death
Split album in casa Godz ov War Production che mette insieme i nostrani Phobonoid con gli elvetico/slovacchi Dominion of Suffering per quaranta minuti di vorticose, sanguinarie e intriganti sonorità estreme. Sono proprio questi ultimi ad aprire le danze con un sound sparato ai mille all'ora che ci annichilerà con la furia delle sue ritmiche e di belluine screaming vocals. Quello che mi sorprende durante l'ascolto di "The Way of Destruction", ma ancor di più in "Descendant of the Fallen Gods", è la capacità del quartetto di coniugare il black con porzioni heavy metal anni '80, come se questo lavoro fosse stato concepito ormai 40 anni fa. Interessante poi il fatto di proporre qualche assolo che potrebbe evocare i fasti del thrash/death teutonico (questo lo si evince anche in alcune linee di chitarra), cosi come pure porzioni ritmiche che paiono ispirarsi all'oscurità dei Celtic Frost. Decisamente di un piglio diverso la proposta di Lord Phobos, il mastermind che si cela dietro al moniker Phobonoid, che già abbiamo avuto modo di apprezzare in passato per quel suo black sperimentale. "Cosmonauta Eterno I" ci impiega però oltre due minuti a ingranare ma per fortuna ne dura circa dieci e mezzo. Qui la one man band trentina torna a deliziarci con suoni dallo spazio profondo, quel cosmic black freddo e cibernetico, capace invece di scaldarmi l'anima con quelle partiture atmosferiche in cui ammicca ai Blut Aus Nord o ai Progenie Terrestre Pura, soprattutto nella seconda metà del brano, ove le vocals rimangono in sottofondo e il driver del brano è dato dalle melodie sci-fi del polistrumentista italico. Ottimo, come sempre, ma devo ammettere di essere già un fan dei Phobonoid. "Cosmonauta Eterno II" riduce il numero dei giri del motore, con un'atmosfera mortifera, quasi catacombale, fonte di disagio interiore grazie ai suoni pilotati da un plumbeo basso e dalle vocals mefitiche del frontman. Il flusso melodico si canalizza poi attraverso essenziali linee di chitarra e porzioni di synth che rendono la proposta più bombastica all'ascolto e che confermano le eccelse qualità di Lord Phobos. L'ultima traccia è poi un outro ambient che segna la fine di un nuovo viaggio interstellare in compagnia dei Phobonoid. (Francesco Scarci)

Zmarłim - Ziemie Ja​ł​owe

#PER CHI AMA: Black/Death
Stranamente gli Zmarłim non sono riportati su Metal Archives, quindi non starò troppo a tediarvi su che album sia il cui qui presente 'Ziemie Ja​ł​owe' nella discografia della band polacca (ma vi direi che quello di oggi è in realtà l'EP del 2018 con una nuova cover, e con l'aggiunta di un breve intermezzo ambient e un nuovo brano). Per chi non li conoscesse, vi basti sapere che il trio originario di Konskie propone un black alquanto caustico, di quelli che non lasciano troppo spazio alla melodia, ai fraseggi ricercati o all'avanguardismo. Le prime tre tracce sono datate 2018 e ci si potrebbe aspettare che suonino più grezze rispetto alle successive, palesandosi con un suono che evita troppi spargimenti di sangue, dimostrandosi chirurgico nell'esecuzione, nelle rasoiate ritmiche, cosi come negli inaspettati rallentamenti pseudo-atmosferici della lunga "Szuflady" o nelle glacialità delle sue chitarre. Diciamo che il terzetto polacco offre una proposta piuttosto tradizionale per il genere, differenziandosi magari da altri colleghi, per soluzioni chitarristiche un filo sghembe ("Wędrowcy"), inserite in un contesto davvero privo di compromessi. Detto dell'inutile intermezzo strumentale, focalizziamoci maggiormente su "Patrzą Na Nas Tylko Satelity" che ipotizzavo meno grezza rispetto alle precedenti. La sensazione comune è invece che i nostri siano diventati ancora più sporchi e cattivi con influenze che spaziano dal punk/hardcore al grind/death, con una violenza tale da non lasciare prigionieri e sprigionare anzi una malvagità che sembrava quasi inespressa nei precedenti pezzi. Staremo a sentire in futuro che direzione prenderanno i Zmarłim, per ora provate a dargli un ascolto. (Francesco Scarci)

giovedì 1 febbraio 2024

Cultum Interitum - Sacrum Funeral

#PER CHI AMA: Black/Death
Dall'antro della bestia ecco arrivare il terzo album dei polacchi Cultum Interitum. La sensazione che ho provato durante l'ascolto di "S", l'opener di questo 'Sacrum Funeral', è infatti quello del fiato putrido che sgorga dalle viscere di un mostro infernale. E altrettanto putrido è anche il sound del misterioso terzetto di Varsavia, che libera un black sinistro, rozzo, mostruoso e inquietante, fatto di accelerazioni scellerate e ignobili rallentamenti atmosferici, in cui il minimo comune denominatore, rimane una voce gorgogliante e posseduta, che sembra arrivare direttamente dall'Inferno. E il suono cavernoso, turbolento e malefico si conferma anche nella successiva "A", in cui percepisco peraltro influenze derivanti da Aevangelist e Portal, in un vorticoso maelstrom sonoro che vi risucchierà nel gorgo. Un vortice dal quale emerge un latrato che dura parecchi secondi all'inizio di "C", per lasciar poi posto a un caos sonoro senza soluzione di continuità che vi lascerà basiti, quanto il sottoscritto, durante l'ascolto di questa annichilente proposta black/death, che arriva ad arricchirsi di ulteriori suoni disturbanti in sottofondo in coda alla song. La violenza prosegue impunita anche in "R", un'altra traccia dove si vive un'alternanza frastornante di umori e atmosfere, tra roboanti accelerazioni e spaventosi rallentamenti, che ci accompagnano attraverso una perpetua oscurità fino a "V", breve ma martellante e mefitica come poche. L'ultima "M" (e i titoli dei brani completano cosi la parola SACRVM) è la conclusiva e definitiva traghettata verso l'abisso, tra sonorità doom, black e funeral apocalittico che sanciscono la malvagità dei Cultum Interitum. (Francesco Scarci)

giovedì 28 settembre 2023

Sznur - Ludzina

#PER CHI AMA: Black/Thrash
Già autori di quattro album, tornano sulle scene i polacchi Sznur (traduzione per corda) a distanza di un paio d'anni da quel 'Dom Człowieka', già edito dalla Godz of War Productions. Come da linee guida dell'etichetta polacca, ci troviamo di fronte ad un black thrash sparato ai mille all'ora che mostra come unico punto di originalità, una copertina raffigurante una porzione di pelle con alcuni peli (e brufoletti) sopra e nel retro, le sagome dei tre misteriosi musicisti che compongono la band. Ecco, ben poco direi per un lavoro come 'Ludzina' che racchiude sette tracce (tra cui la trascurabile bonus track "Wojna (Defekt Muzgó Cover)" compare solo nei formati fisici) piuttosto piattine. Il disco si apre con le spiazzanti melodie folk-polkloriche di "Kurwy" (traduzione per "puttane") a cui fanno seguito delle rasoiate chitarristiche dotate di un pizzico di melodia che prova a stuzzicare i soli fan della band. Io non sono ahimè tra quelli e mi lancio subito all'ascolto della successiva "Płyny" (traduzione per "fluidi") e ancora una bella dose di schiaffoni in faccia, con un'attitudine che per certi versi mi ha evocato quella degli Impaled Nazarene, ossia sfuriate metalliche, testi decisamente misantropici, a tratti di carattere medico (il che mi ha evocato i Carcass di 'Necroticism...'), ritmiche affilate come pesci barracuda e voci caustiche quanto basta. La recensione si potrebbe chiudere qui, visto che anche le successive "Dwóch", "Pole", "Ul" e "Stosunek" si muovono su binari similari che uniscono un violentissimo black glaciale, qualche variazione vocale, divagazioni black'n'roll che tuttavia aggiungono poco o niente a una scena che inizia a peccare di estrema prevedibilità. Tutto questo, non per dire che 'Ludzina' sia un brutto lavoro, ma non resterà di certo negli annali della memorabile musica black. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions - 2023)
Voto: 62

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/ludzina

mercoledì 27 settembre 2023

Hell's Coronation - Transgression of a Necromantical Darkness

#PER CHI AMA: Black/Doom
Torna a soffiare il vento gelido dalla Polonia, torna la Godz ov War Productions con un'altra delle sue creature malvagie, ecco a voi gli Hell's Coronation, che con 'Transgression of a Necromantical Darkness', tagliano il traguardo del secondo Lp, a cui aggiungere poi quattro EP, quattro split ed una compilation. Non certo degli sprovveduti quindi i due polacchi di Danzica, uno dei quali è Skogen della band black omonima. La proposta del duo della Pomerania è comunque all'insegna di un black doom soffocante, votato all'occultismo, cosa che si evince peraltro dal negromantico titolo dell'album e dai sei pezzi qui inclusi. Fin dall'iniziale "Spirituality of Burning Black" poi, la band lascia aleggiare quell'alone di malignità nelle sue note e nell'arcigna performance vocale del suo frontman, mentre la musicalità del duo affonda le proprie radici in un black mid-tempo dalle tinte fosche e misteriose, che tuttavia latita dall'evidenziare picchi di sostanziale originalità, tanto meno palesare una spiccata inadeguatezza che spesso oggigiorno contraddistingue una miriade di band. I due musicisti si lanciano quindi in un ambito che in passato ha fatto breccia tra gli amanti del black ellenico, con act del calibro di Necromantia, Varathron e un che dei primi Rotting Christ, senza dimenticare gli albori dei Samael o in fatto di liriche, perchè no, l'esoterismo dei nostrani Abhor o dei Mortuary Drape. In definitiva, quello che mi ritrovo fra le mani è un disco genuino di black metal che non spinge assolutamente mai sull'acceleratore, ma che non vede nemmeno grosse variazioni al tema, che è comunque dotato di una discreta vena melodica e atmosferica, che poggia essenzialmente su una ritmica compassata, e cresce attraverso qualche breve effluvio solistico, con le grim vocals di Zepar (peraltro un factotum strumentale) e qualche trovata percussiva ("Primordial Wrath of Old Death"), che mette in mostra le abilità esecutive del buon Skogen o ancora, un'apertura tastieristica ("From His Blood" ad esempio), che va a mostrare un lato fin qui sconosciuto dei nostri. Per il resto, 'Transgression of a Necromantical Darkness' è un lavoro onesto, senza troppi grilli per la testa che potrebbe aver presa per gli adepti del black dell'ultim'ora. Per chi come me, che ascolta il verbo della fiamma nera da trent'anni, beh, non me ne vogliano gli Hell's Coronation, ma qui ho trovato poco o nulla che possa soddisfare il mio palato. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions - 2023)
Voto: 65
 

sabato 16 settembre 2023

Blasphemous Fire – Beneath the Darkness

#PER CHI AMA: Death/Doom
I portoghesi Summon hanno cambiato la loro denominazione per problemi di omonimia e si presentano oggi con un nuovo nome, un nuovo logo ed un nuovo album che, a mio avviso, merita il massimo rispetto, visto il salto di qualità sfoderato all'interno del disco. Senza togliere ai precedenti lavori della band di Lisbona, il nuovo corso a nome Blasphemous Fire, risulta essere decisamente più claustrofobico e mai come in questo caso il titolo, 'Beneath the Darkness', fu meglio indicato per esporre i belligeranti e oscuri intenti del combo lusitano, verso il pubblico metal più estremo. Il suono è cavernoso e odora di reminiscenze occult doom, al contempo offre un death metal che non si risparmia in sfuriate e cambi di velocità e si avvale di una certa maestria molto vicina alle doti di Mortician, Mortiferum e Ulcerate, nelle loro opere più buie. Usando chitarre affilate come lame di rasoio, i nostri riescono a dipingere tele macabre e lugubri, atmosfere surreali nerissime, servendosi di un drumming potente che colpisce fin dal primo brano, "The Eclipse and Birth". Tutto il corpo sonoro è pulsante, splendidamente naturale, rude e drammatico ed affascinante al tempo stesso, la sua putrida indole è un'anima che caratterizza l'intero album. Un disco, carico di malsana atmosfera, che sviscera istinti animaleschi e oscuri, (come poteva essere nel suo genere 'Casus Luciferi' dei Watain), un sound grave, perfettamente interpretato da una performance vocale eccellente, gutturale e realisticamente sinistra. Le chitarre sono magistralmente suonate in una forma sonica che dona un'atmosfera plumbea ed omogenea, ed è sufficiente ascoltare l'inizio di "The Pale Colours", con le sue sei corde elettriche urlanti in sottofondo, per capire come la band abbia le carte in regola per ritagliarsi un posto ben in vista nel panorama della musica estrema che conta. La claustrofobia ed un sound pesantissimo e altamente percussivo, donano all'opera un'identità assai originale e ricercata dove ci si può perdere in un viaggio nell'oscurità più profonda. Nessuna lacuna frena il procedere del disco, che trova in "Allowed Wishes", un'ottima cadenza doom, intervallata da elaborate evoluzioni compositive, e cambi di tempo che mi ricordano il mitico album 'As Heaven Turns to Ash' dei Warhorse, anche se, per i Blasphemous Fire, la scelta stilistica è meno sludge e più heavy, pregna di un'aura devastatrice primordiale. Il corso del disco è scritto nel suo titolo (anche l'artwork di copertina è molto bello) e fin dal brano iniziale, si percepisce che si è di fronte ad un'opera nera, che offre un ascolto al di sopra della media, per intensità, cura e dinamica dei brani, il cui suono, con mio immenso piacere, risulta ricercato, reale e caldo, in grado di mantenere un'attitudine infernale inalterata e costante per tutta la durata del disco, mostrandosi così lontanissimo da certe scelte sonore più mainstream che si possono trovare in lavori anche più celebri e blasonati. Devo dare grande merito a questa band, che con un sound che premia la qualità ma che non si slega dalla sua appartenenza all'underground più profondo, ha forgiato con la giusta alchimia un album intenso, potente, elaborato e cupo come pochi altri, di cui è assolutamente consigliato l'ascolto. (Bob Stoner)

sabato 22 luglio 2023

Profeci - Ub​ó​stwo

#PER CHI AMA: Black/Death
Se la Les Acteurs de l'Ombre Productions è votata prettamente alla promozione di band black francesi, la Godz ov War Productions è invece focalizzata a mettere sotto contratto band estreme polacche. Ecco quindi arrivare quest'oggi i Profeci con il loro terzo album, 'Ub​ó​stwo', il tutto cantato peraltro in lingua madre. Il quartetto originario di Poznań ci spara in faccia sei nuovi pezzi di black death, che non hanno troppo da dire in fatto di originalità, com'era lecito attendersi, ma che comunque, mettono insieme un sound dotato di un suo perchè. "Stare Stworzenia" ci tira immediatamente in faccia un bel po' di schiaffoni con un riffing serrato in cui a mettersi in mostra è la voce del frontman Piołun, davvero convincente, mai troppo scream, nemmeno troppo growl, ma sempre molto chiara e comprensiva. La musica dei nostri ha poi una discreta dose di melodia messa a supporto di un'intelaiatura metallica robusta e aggressiva. La stessa che, nella successiva "Jaskinie", vede incunearsi influenze più sperimentali che palesano un certo vigore emozionale che fa da contraltare all'acrimonia delle chitarre, qui in versione post black. Attenzione, perchè l'ascolto man mano più approfondito del qui presente, fa emergere parti davvero interessanti, dai rallentamenti percussivi a strali di violenza inaudita con le grim vocals del cantante a farsi notare a più riprese. Con un piglio quasi folklorico, i nostri aprono "Jedność Wielości", un pezzo oscuro ma comunque dotato di una certa animosità black, spigoloso al punto giusto ma sofferto in certi decadenti atmosfere che evidenziano le qualità di una band a cui inizialmente, forse non avevo dato la giusta attenzione. E invece, ho dovuto ricredermi, perchè i Profeci alla fine riescono a colpirci all'altezza giusta con un sound indovinato, che avrà ancora modo di stupirci con il riffing sghembo e dissonante di "Głód" o ancora con lo splenico temperamento di "Bez Niej Byłbym Niczym", dovuto principalmente alla lunga parte arpeggiata e alle clean vocals utilizzate dal vocalist. In chiusura, a voi la furia iconoclasta di "Dytyramb" che chiude un album che merita sicuramente più di un ascolto per poter esser meglio assaporato in tutte le sue sfumature. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions - 2023)
Voto: 72

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/ub-stwo 

mercoledì 28 giugno 2023

Ifryt - P​ł​uca

#PER CHI AMA: Heavy/Black'n'Roll
In tutta sincerità con una copertina del genere, mi sarei aspettato sonorità dal piglio progressive, invece i polacchi Ifryt (one-man band guidata da tal Kuna) irrompono con questo loro EP di debutto, intitolato 'Płuca', con un heavy black'n'roll, e tre cavalcate che già dall'iniziale "Klucz Salomona", evidenziano un approccio chitarristico speed metal vicino a certe cose di Running Wild/Judas Priest, mentre le vocals si avvicendano tra uno screaming propriamente black e un cantato pulito, mai troppo convincente, a dire il vero. Positivo a livello solistico, ma già da questo primo pezzo si notano zone d'ombra. Si prosegue allora con un ascolto ancora più attento della successiva "Kona Allah", un'altra scheggia speed black dal suono piuttosto anacronistico, anni '80 per intenderci e stile Celtic Frost, in cui salverei solo il lavoro delle chitarre nella parte solistica, per il resto niente, ma proprio niente di nuovo dal fronte orientale. E andiamo ad ascoltare il terzo e ultimo brano, i dieci minuti secchi di "Straszne Rzeczy", che parte con delle spoken words su di una porzione ritmata, prima di esplodere in una poltiglia di suoni arraffati alla bell'e meglio. Tra accelerazioni black, parti atmosferiche, vocalizzi blackish, porzioni folkloriche, partiture dissonanti, cori puliti in polacco e solismi affatto male, l'unico difetto sembra essere legato ad una certa mancanza di armonia tra tutti questi elementi. Tuttavia, devo ammettere che questo potrebbe essere un buon punto da cui partire con un sound più avanguardistico, se meglio concepito e strutturato. Si attendono sviluppi da questo cantiere aperto. (Francesco Scarci)

(Godz Ov War Productions - 2023)
Voto: 62

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/p-uca

lunedì 26 giugno 2023

Soulcarrion - S/t

#PER CHI AMA: Death Old School
Lo scorso anno recensii il debut album dei polacchi Soulcarrion, un putrido lavoro di death old school di scuola americana. Oggi i due artisti di Varsavia tornano con un EP omonimo nuovo di zecca, edito in formato digipack dalla sempre più attenta Godz ov War Productions. Da una prima analisi direi che non ci sono sostanziali modifiche nel sound dell’ensemble: le chitarra rimangono putride quanto basta, le growling vocals rimangono al loro posto, le ritmiche rimangono alla stregua di un treno impazzito, cosi come gli assoli ubriacanti che si confermano ad altissimi livelli tecnici. E allora, che cambia, penserete voi? Una benemerita mazza, vi rispondo io, fatto salvo per una batteria dal suono troppo plasticoso sin dall’iniziale “Path of Hypocrisy” che mi fa storcere un pochino il naso. Per il resto, stiamo parlando di quattro nuove velenose schegge impazzite (di nome e di fatto visto anche lo scarso minutaggio – “Death Revelation” dura addirittura meno di due minuti) che potevano stare sul precedente ‘Infernal Agony’ o su un disco qualsiasi dei Morbid Angel (a cui aggiungerei anche Vader e primi Deicide), che la loro porca figura l’avrebbero fatta sicuramente. Per mantenermi quindi coerente con quello che era il voto del precedente lavoro, confermo il mio 65, intimando la band a offrire qualcosina di più personale per il futuro. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions – 2023)
Voto: 65

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/soulcarrion

venerdì 16 giugno 2023

Wilczyca - Magija

#PER CHI AMA: Black metal
Con una copertina che potrebbe richiamare, nei suoi interpreti, gli Estranei de "Il Trono di Spade" (penso al Re della Notte a cavallo), andiamo alla scoperta dei polacchi Wilczyca e del loro nuovissimo 'Magija', quarto album dal 2020 a oggi. Il duo originario di Varsavia propone un black mid-tempo assai melodico nel suo meditabondo incedere. Interessante l'intro "Ingressum", ancor di più la seconda traccia, la title track, che ci racconta di che pasta sono fatti i due musicisti e l'entità della loro diabolica proposta, sinistra nelle sussurrate vocals e nelle gelide atmosfere che impregnano l'intera durata del brano. "Przyzywam" è già più movimentata rispetto alla precedente, con un black tirato e senza tanti fronzoli, ma quello che più mi colpisce è la voce, che si mantiene davvero originale nel suo palesarsi, una sorta di segugio infernale sputafuoco. Se "Tiferet" è un breve intermezzo ambient, la successiva "Święty Ogień" mette in luce le qualità balistiche dei nostri, con ritmiche davvero tirate (con il drumming a tratti punkeggiante), una buonissima linea melodica, brevi ma ficcanti assoli e il frontman Nidhogg che conferma ottime qualità vocali, a mio avviso vero punto di forza della band. Furia bieca per i tre minuti scarsi di "Wij się z bólu Córo Syjonu", una vera e propria mazzata in pieno volto, che vede in un break centrale il punto di svolta dei nostri, quasi una trovata estemporanea alla Pensées Nocturnes, che spezza la furia indiavolata messa in scena dai nostri. Un altro pezzo più compassato, "Tetragrammaton", musicalmente in linea con il black atmosferico della title track, sottolinea quanto i due polacchi siano abili musicanti, dotati di un buon gusto melodico e di aver maggior ispirazione (e personalità) nei pezzi meno spigolosi. Quando infatti esplode la furia distruttiva verso metà brano, il sound dei Wilczyca tende ad appiattirsi, uniformandosi ad altre mille band. Fortunatamente, da li a poco i due si riprenderanno, complice ancora una volta un sound più ricercato e meno votato alla violenza. Il tutto trova conferma anche nella conclusiva "Igne Natura Renovatur Integra", un brano lento, quasi noise, mefistofelico nelle sue partiture vocali che sancisce la buona qualità di questo malvagio e subdolo album. (Francesco Scarci)

(Godz Ov War Productions - 2023)
Voto: 70

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/magija 

martedì 11 aprile 2023

Trup - Nie

#PER CHI AMA: Black/Death/Noise
Prosegue l’opera della Godz ov War Productions nello scovare talenti sempre più feroci e incazzati. Oggi è il turno dei polacchi Trup e del loro corrosivo ‘Nie’. Il lavoro del trio di Varsavia si palesa quasi come un intransigente concentrato di black old school anche se nelle cinque schegge impazzite incluse in quest’album, si riescono a rintracciare anche elementi caratterizzanti la proposta dei nostri. Si parte con la furia sonora di “29”, song lanciata alla velocità della luce che trova in qualche elemento hardcore la chiave di volta per dare una lettura più integrata di quanto proposto da questi pazzi scatenati. Detto che nelle note della successiva “30” ci sento una mistura di Darkthrone e Napalm Death, potrete immaginare la ferocia profusa da questi ragazzacci in 120 secondi di puro delirio musicale. Di ben altra pasta “31”, malmostosa e dissonante, quasi una versione più distorta dei Deathspell Omega (ma non credo sia possibile) che per ben tre minuti ci allieta comunque con sonorità estremamente melodiche prima di condurci in un calderone di furia disumana, che si paleserà anche attraverso un cantato strillato, manco si trattasse di ultrasuoni per i cani. Fortunatamente alternato a questo bordello, c’è spazio anche per parti più sludgy, giusto per farci rifiatare un pochino prima delle montagne russe finali che avranno modo di regalarci anche un assolo a dir poco psicotico (chi ha detto Aevangelist?). La title track si affida ad un orrorifico sludge black per catturare la nostra attenzione, ma si rivelerà meno incisiva delle precedenti. L’ultima, “33”, si perde in tre minuti di noise black, per poi abbracciare un mefitico sound in bilico tra ambient, sludge, drone, black e paranoia ai massimi livelli che decretano la notevole personalità di questi loschi figure nel proporre un qualcosa di assolutamente interessante ma di difficilissima digestione. Io vi consiglio caldamente di dargli un ascolto, con la premessa che qui se non avete la scorza sufficientemente dura, di male ve ne farete parecchio. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions - 2022)
Voto: 70

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/nie

giovedì 16 marzo 2023

Garota - Czarne Wizje

#PER CHI AMA: Black/Thrash
Devo ammettere di aver tirato giù santi e madonne quest'oggi perchè non riuscivo a capire il nome della band e del disco tra le mie mani. Tra l'essere scritto in caratteri gotici e in polacco, la faccenda si era fatta alquanto imbarazzante per il sottoscritto, ma alla fine ce l'ho fatta a identificare i Garota e il loro debutto su lunga distanza, 'Czarne Wizje', dopo un EP uscito nel 2021. La proposta è un black thrash che può evocare i Destroyer 666, con un piglio qui più punkeggiante, ma che francamente non si rivelerà proprio memorabile, andandosi a perdere in riffoni sentiti e risentiti. Complice poi i titoli (e i testi) tutti interamente in polacco, potrete capire come accostarsi a questo terzetto della Pomerania, possa risultare alquanto più complicato. Trentaquattro minuti sparati a tutta velocità, tra riff taglienti, blast beat, grim vocals, tematiche sataniche, violenza a profusione e potrete immaginare come questo possa essere assimilabile ad un altro milione di lavori. Ci provano i nostri in "Prymitywne Rytuały" o nella successiva "Czarne Wizje Pełne Krwi" a rallentare il ritmo per cercare di distinguersi dalla massa e l'effetto non è nemmeno poi cosi male, ma in tutta onestà, nella mia lunga carriera di recensore, di dischi del genere ne ho affrontati fin troppi e a certi ho fatto anche parecchio male. I Garota alla fine sono onesti mestieranti che probabilmente sono nati negli anni in cui avrebbero dovuto proporle simili sonorità, avrebbero forse goduto di maggiore considerazione. Ora, a parte le conclusive e debordanti "Nad Jeziorem Ognia" e "Oczy Golgoty", non mi soffermerei più di tanto su questo disco. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions - 2022)
Voto: 60

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/czarne-wizje

domenica 26 febbraio 2023

Hellfuck - Diabolic Slaughter

#PER CHI AMA: Thrash/Speed
Gli Hellfuck sono una giovane (ma solo di formazione – il 2021) band polacca che tra le sue fila vanta membri (ed ex) di Amorphous, Throneum, Christ Agony e via dicendo, insomma non di certo gli ultimi arrivati. Forti quindi di un’esperienza ultradecennale in altre solide realtà musicali, la band ha rilasciato questo ‘Diabolic Slaughter’ nel settembre 2022. La proposta del quartetto mi ha riportato indietro nel tempo di oltre trent’anni, ripensando ai primi Testament ma anche ai primi Kreator, in un concentrato thrash/speed metal coinvolgente, sicuramente non troppo originale, ma di certo onesto e che non farà troppi prigionieri. Dieci indiavolate tracce che spingono il piede sull’acceleratore sin dall’iniziale “Religious Scum” fino alla conclusiva “Despise the Priest”, passando attraverso interessanti capitoli di un disco che, probabilmente non avrà troppo da chiedere, ma che vi investirà con tutta la sua dose di melodica brutalità, tra saliscendi chitarristici, galoppate thrash di scuola anni ’80, rasoiate solistiche, blast beat furibondi (“Reigning in Hell “ ne è un lampante esempio, in quella che alla fine risulterà essere la mia song preferita) e le vocals di Skullripper che evocano il primo Chuck Billy. Insomma, il classico tuffo in un passato malinconico che avrà anche modo di scomodare Slayer o Sadus ma che nei suoi 32 minuti di durata, di sicuro non vi spingerà a cambiare canale. Quindi, non vi rimane altro che stare connessi, allacciarvi le cinture e lanciarvi in questa scorribanda indietro nel tempo. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions – 2022)
Voto: 70

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/diabolic-slaughter

sabato 25 febbraio 2023

Morgue - Lowest Depths of Misery

#PER CHI AMA: Death/Grind
Ho passato venticinque anni ad ignorare completamente i francesi Morgue, me ne scuso. La band transalpina certo non è tra le più prolifiche del pianeta e poi, a mio discapito, c’è da dire che i nostri si siano presi una pausa di sette anni dalle scene. Comunque, quello di oggi, ‘Lowest Depths of Misery’, è il loro quarto album, il primo rilasciato per la Godz ov War Productions. La proposta del duo dell’Occitania, che abbiamo avuto modo di recensire anche sotto il moniker di Corrupter, è all’insegna di un death grind senza troppi fronzoli, in grado di radere al suolo tutto ciò che gli si pari davanti. Certo, non è tutto estremismo sonoro quello che ci capita tra capo e collo, visto che dopo il caustico inizio affidato a “Transcend the Acheron”, ci imbattiamo in una più doomish e sofferente “Polar Aftermath”, che non si fa mancare ovviamente delle acuminate ritmiche incandescenti, cosi come ascoltato nella opening track. Quello dei Morgue non sarà certo un album innovativo, riuscirci in questo ambito avrebbe ormai del miracoloso, però è un disco che si lascia ascoltare soprattutto da chi ama band in stile Anaal Nathrakh o Disfear. Sia chiaro, non c’è una sola nota in questo disco che non avrete già sentito in una moltitudine di altri dischi. E allora meglio far finta di niente, lasciarsi imbrigliare dagli estremismi sonici delle più brevi (sotto i tre minuti) “That Which Does Not Live” e “Hug and a Stab in the Back”o farsi maciullare dal mortifero sound di “Safe in Gods Care”. Sappiate che da qualunque lato inizierete ad ascoltare questo disco, ne uscirete comunque con le ossa rotte. Segnalazione infine per la partecipazione come guest star di Meyhna'ch alla voce e un ultimo plauso per la morbosa copertina di Paolo Girardi, la sola solida conferma nell’inflazionato mondo underground. (Francesco Scarci)

venerdì 24 febbraio 2023

Stillborn - Cultura de la Muerte

#PER CHI AMA: Black/Brutal Death
Non fatevi ingannare da un titolo in spagnolo, gli Stillborn arrivano infatti dalla Polonia con tutto il loro carico di odio. ‘Cultura de la Muerte’ è il loro sesto album in una carriera che ha affonda le sue radici addirittura nel 1997 e da sempre è votata ad un black brutal death old school. Ecco, forse sta proprio qui il limite del terzetto di Mielec, una sorta di staticità nel genere proposto che fa risuonare anche questo lavoro come stantio in un ambito estremo che sta ancora provando ad evolversi per sfuggire da quell’immobilismo sonoro in cui si è arenato parecchio tempo fa. Per carità, il trio polacco si applica per fare il proprio lavoro, muovendosi nei meandri di un brutal death di americana memoriana, che affonda le proprie radici negli anni ’90 e che forse, se fosse uscito 25 anni fa, avrebbe attenzionato maggiormente le masse. Oggi ‘Cultura de la Muerte’ è un disco di otto tracce che potrebbero esclusivamente ammaliare chi ha una certa propensione a uscite di questo tipo, gli altri si astengano. Non basta pigiare sull’acceleratore, esssere veloci e incazzati più che mai, lanciarsi in galoppate furenti (“Profanacja i Bluźnierstwo”) tra blast beat, killer riff e growl animaleschi, serve anche un minimo di cuore in un genere cosi estremo come il brutal, che qui in tutta franchezza, faccio fatica a percepire. Posso sottolineare una solida preparazione tecnica, un desiderio di distruggere qualunque cosa si ponga davanti, ma poco altro per farmi emozionare all’ascolto di un album simile. Ripeto, probabilmente il disco farà la gioia di chi ha ancora una certa avidità nell’ascoltare nuove release in questo ambito, per quanto mi riguarda invece, lo trovo alquanto noioso. (Francesco Scarci)