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#PER CHI AMA: Gothic/Doom, The Third and the Mortal
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Quando ho ascoltato la prima volta i BleakHeart ho pensato ad una versione americana dei The Third and the Mortal. Fate partire "Ash Bearer", opening track di questo 'Dream Griever', e capirete esattamente a cosa stia alludendo. Certo, non ci saranno le liriche in norvegese di Kari Rueslåtten che popolavano 'Tears Laid in Earth', opera prima dei norvegesi, però il modo di cantare di Kelly Schilling (peraltro voce anche dei Dreadnought) è a metà strada tra la cantante scandinava e l'altrettanto brava Anneke van Giersbergen, anche se negli acuti la voce si perde un po'. A parte queste sottigliezze, va sottolineato come la proposta musicale del quartetto di Denver nella sua raffinatezza, si muova in bilico tra doom, shoegaze e darkwave e lo faccia sfoderando un'ottima prova collettiva. Non solo la voce della frontwoman in primo piano dunque, ma la capacità di un gruppo di musicisti di creare musica in grado di toccare le corde dell'anima, nonostante un suono non cosi facile da assimilare, complice anche la presenza in formazione di due chitarre a discapito del basso. E anche in questo la band si conferma originale. Dopo gli oltre otto minuti dell'opener, arrivano i quasi otto della seconda "Heed the Haunt", un brano che mette in mostra altre influenze dei nostri, dallo shoegaze al gothic, non rinunciando comunque a livello ritmico alla robustezza delle sei corde, stemperate dalla soave prova di Kelly al microfono. Da manuale comunque le melodie che escono dagli strumenti di questi musicisti, capaci di proporre atmosfere costantemente decadenti senza rinunciare ad una forte componente emozionale. La stessa che si scorge nella tribalità minimalista di "The Visitor", che nuovamente evoca forti rimandi ai The Third and the Mortal degli esordi. L'atmosfera creata dal drumming è cupissima, sferzata dalla sola sofferente voce della cantante. Le chitarre entrano in scena infatti solo dopo oltre quattro minuti contribuendo comunque a rinforzare quella plumbea ambientazione che proseguirà sulla medesima linea di monolitica angoscia fino alla fine di tutti gli otto minuti di durata. "The Dead Moon" prosegue sullo stesso binario stilistico, proponendo un sound sicuramente meno claustrofobico rispetto al pezzo precedente, ma sicuramente più statico rispetto ai primi due brani del disco che tanto mi avevano impressionato positivamente. Il sound dei BlackHeart resta comunque positivo, ma forse più prevedibile per quanto la performance di Kelly a questo punto innalzi la prova collettiva. La chiusura di 'Dream Griever' è affidata proprio alla title track e ad un inizio che evoca "Atupoéma", ancora estratto di quel mitico 'Tears Laid in Earth' citato a inizio recensione. Le atmosfere si confermano pesantissime, ma fortunatamente, trovano il modo di rimodellarsi nel corso del brano, con cambi di tempo che si erano un po' persi invece nella parte centrale del lavoro. Il brano regala comunque sprazzi di classe con una parte intermedia più eterea, di scuola ultimi The Gathering, con l'aggiunta di un pizzico di jazz che aumenta le vibrazioni rilasciate da tale release. 'Dream Griever' è alla fine un buon lavoro con le sue luci, qualche ombra da smussare per cercare di rendere più dinamico un sound che rischia talvolta di incepparsi sul più bello. Le potenzialità sono altissime, punterei sull'aggiunta di un bassista e sulla riduzione di quelle ritmiche pesantissime che alla lunga rischiano di soffocare l'ascolto già di per sè impegnativo di un lavoro da ascoltare e riascoltare nei momenti più bui. (Francesco Scarci)