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martedì 8 agosto 2023

Gnot – Свет

#PER CHI AMA: Blackgaze
Dopo tre anni di silenzio, tornano i russi Gnot con il loro blackgaze. Solo un EP di due pezzi a disposizione del quintetto di San Pietroburgo, che aveva la curiosità di avere quattro dei cinque membri che si chiamano Sergey (ora ridotti a due). A parte la scarsa originalità nei nomi, la band sciorina in realtà un sound ricco di atmosfere e impennate post black che già dall’iniziale “Лёд”, ci deliziano con parti acustiche, furiose accelerate, screaming acidissimi, rallentamenti con cambi di tempo incorporati, ma anche una buona dose di melodia avvolta da quell’aura malinconica che da sempre contraddistingue le band di questo genere. Pur non proponendo nulla di innovativo e cantando per di più in russo, a me la band francamente piace, soprattutto per quella loro capacità nell’introdurre elementi non propriamente black, che conferiscono una certa ariosità al flusso musicale. E cosi anche “Свет” apre con un bell’arpeggio per poi liberarsi in un agguerrito riffing black, con tanto di dualismo nelle vocals, caustica la prima e pulita (ma più deboluccia) la seconda. Il sound è comunque solido e convincente, anche nelle parti più sognanti, il che non fa altro che alimentare il mio personale interesse verso il prossimo lavoro dei cinque musicisti russi. (Francesco Scarci)

(Self – 2023)
Voto: 70

https://gnotband.bandcamp.com/album/-

Big Red Fire Truck - Trouble in Paradise

#PER CHI AMA: Hard Rock
Un bel tastierone in stile “Jump” di Van Halen, apre ‘Trouble in Paradise’ degli australiani Big Red Fire Truck, un quartetto che si presenta come la più classica delle band glam rock anni ’80 (basti solo vedere la cover dell’album), con tanto di membri (un paio almeno) dai capelli cotonati e dai riccioli d’oro. La title track ci consegna un gruppo di musicisti che strizza l’occhiolino a Bon Jovi e già mi sento male. Che diavolo succede, la Bird’s Robe Records che da sempre mi ha abituato ad uscite di un certo calibro in ambiti stilisti decisamente differenti dal qui presente, ora mi propone hard rock che puzza di stantio? Rimango esterrefatto di fronte a questo lavoro, non tanto per i contenuti peraltro triti e ritriti nel corso degli ultimi 50 anni da migliaia di altre band e che quindi per il sottoscritto non hanno più niente da dire, ma per la scelta fatta proprio da parte dell’etichetta di Sydney, lontana anni luce dai propri elevatissimi standard. C’è poi chi afferma che questo genere di sonorità ora vadano per la maggiore, per quanto mi riguarda mi domando in quale galassia questo accada, io questa robaccia non la vorrei sentire nemmeno mentre sto percorrendo la mitica US Route 66, viaggiando a 70 miglia orarie, finestrini abbassati e picchiando con le mani, al ritmo della rockeggiante “Love Bite”, la fiancata della mia super muscle car. Mi spiace, i quattro musicisti di Sydney potranno essere anche bravi a suonare, saranno divertenti dal vivo, magari avranno testi impegnati (ma dubito visti titoli quali “Miami Skies” e “Hot Summer Nights”) ma un genere che ammicca a Def Leppard, Bon Jovi, Poison, Aerosmith e Motley Crue, credo rappresenti esclusivamente la colonna sonora dei miei peggiori incubi. (Francesco Scarci)

(Bird’s Robe Records – 2023)
Voto: 50

https://bigredfiretruck.bandcamp.com/album/trouble-in-paradise

domenica 6 agosto 2023

Nunslaughter - Red is the Color of Ripping Death

#FOR FANS OF: Death Old School
Pretty cool Pittsburgh/Cleveland, Ohio based death metal. I was more than happy with this CD, my first one I owned of theirs. The music is what I appreciated the most and the vocals are atypical. They fluctuate which is a good thing that you don't get with standard death metal vocals. It's something to appreciate when artists are of a little variety based rather than the burly voices that you get from bands. I thought that the musical element was quite good as well. They make their riffs varying in intensity. And this one is I'd say a "screamer." Various degrees of fluctuation. While they're to me not good as an "70" rating, this album sure is good despite.

I thought that this was a pretty atypical death metal album that has a lot of highs and not so many lows. They vocals were a pinnacle and the guitars just took over and dominated. They went alongside well with the vocals.

This band kills it live and the studio recording of this one was top-notch. They were on top of their game on this one and there wasn't a time on here in the whole 35 minutes that was uninteresting or not entertaining. They slabbed their death metal in such a way that it was way happening and in no way "boring." Fluctuations in tempos, heavy down picked guitar riffs and an astounding production quality for Hells.

There's more and more bands signing on Hells Headbangers that are super underground that put forth way intriguing metal albums. They just have a way of making these death metal albums especially here on Nunslaughter that has been a total devastation. Really great production sound that did the band justice. It's helping the underground scene grow popularity and helping them get recognized. Tons of bands now on Hells kicking ass because of the label and mixing quality with a minimum amounts of flaws. Keep note on this band and other bands on this label to get justice where it needs to be! (Death8699)


The End of Six Thousand Years – S/t

#PER CHI AMA: Sludge/Post-Metal/Crust
Ci hanno messo un po’ per rimettersi in sella i The End of Six Thousand Years. Dopo un silenzio durato 11 anni, fatto salvo per un singolo uscito nel 2020, il quintetto italico formato da membri ed ex di Postvorta, Hierophant e Viscera///, ci spara addosso un EP autointitolato di quattro pezzi. Quattro caustici brani che si muovono nei paraggi melmosi delle loro band originarie. Questo almeno quanto si evince quando a decollare nel mio lettore trovo “Collider”, che parte sludgy al punto giusto, per poi dare un paio di scarburate pesanti, tra accelerazioni alla Ulcerate, rallentamenti di scuola post metal, ripartenze feroci, il tutto condito dalla selvaggia voce dell’ex Postvorta Nicola Donà. La proposta della band è corrosiva quanto basta anche e soprattutto, nei momenti più atmosferici o dissonanti del disco. Si continua a picchiare durissimo con le chitarre funambolicamente “svedesi” di “Endbearer”, un pezzo che vede una certa apertura melodica che finisce per collidere con certo retaggio crust/hardcore dell’ensemble nostrano. Tra continui cambi di tempo, melodie sghembe e vorticose raffiche di chitarra si arriva a “Voidwalker”, un pezzo che è un’altra mazzata nello stomaco, come se i Deathspell Omega suonassero sotto l’influsso malsano del crust, in una poderosa e dirompente avanzata di chitarre imbufalite. In chiusura la cover dei Today is the Day, ossia “The Man Who Loves to Hurt Himself”, in una rilettura del brano della band statunitense, distorta quasi quanto l’originale, a decretare quanto i The End of Six Thosand Years siano oggi incazzati, in forma e tosti più che mai. (Francesco Scarci)

Dark Fount – The Rebel

#PER CHI AMA: Raw Black
Dalla Cina con furore grazie al progetto solista di Li Tao (qui in realtà supportato da altri musicisti) che risponde al nome di Dark Fount. La one-man band di Tai’an ci propone, in questo EP intitolato ‘The Rebel’, un black metal mid-tempo, fatto di melodie angoscianti, stritolanti e paranoiche, completamente in linea con le tematiche depressivo-misantropiche del polistrumentista originario della provincia di Shandong. Non stupisce quindi se “Frozen Mist” si presenti come un pezzo dall’indolente passo, corredato da lancinanti latrati vocali ed improvvise e laceranti esplosioni chitarristiche. Nulla di particolarmente fresco e originale, ma comunque dotato di un certo alone apocalittico che non viene tuttavia replicato nella successiva title track, traccia più dritta e lineare, con un rifferama serrato e glaciale che ricorda i Blut Aus Nord più raw-black e che qui va a braccetto con uno screaming infernale. Niente di emozionante però, sia chiaro a tutti. La proposta del mastermind dagli occhi a mandorla, finisce per non esaltarmi, nemmeno nell’ultima “Death is Eternity”, per quanto provi a mettere in luce una ritmica marziale e un sound un filo più strutturato, che alla fine non sembra portare grosse novità. (Francesco Scarci)

(Pest Productions - 2023)
Voto: 60

https://pestproductions.bandcamp.com/album/the-rebel

Andark - Regnant Aura

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Symph Black
Questa giovane band italiana proponeva, a loro detta, un extreme symphonic metal nella stessa vena di Hecate Enthroned e compagnia. Dopo una classica intro strumentale affidata a pianoforte e violini, opera della brava pianista Pandora, si possono trovare le altre due tracks, di discreta durata, che mostrano una buona affinità nell'intrecciare parti di piano e chitarra pulita a parti più veloci, anche se non estreme, dove domina una buona voce growl. Queste canzoni denotano, oltre la capacità del gruppo, la loro voglia di fare, nonostante i continui problemi di line-up del passato (che ne condizioneranno anche il futuro visto lo split successivo/ndr). Buona anche la produzione di questo 3-track Mcd autoprodotto. Le ultime righe le vorrei spendere sulla copertina: rispecchia perfettamente le trame emotive delle canzoni. Meritano qualche interesse almeno da chi segue questo filone del black metal.

Ancient Rites - Dim Carcosa

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Folk/Viking
L'ingresso di un tastierista nella band non poteva restare senza conseguenze: gli Ancient Rites si sono scostati alquanto dai lidi del thrash degli esordi, lasciando spazio cospicuo alla melodia, pur senza convertirsi con ciò al power metal (la voce di Gunther Theys è troppo roca per riuscire gradita ai fans di Rhapsody e Hammerfall). Ciò non toglie che 'Dim Carcosa' sia un ottimo album di heavy metal epico, avente, quale destinazione ideale, il pubblico dei Running Wild. Musicalmente parlando, il tutto risulta un po' troppo arioso e luminoso. Con sgomento, ci pare di udire talvolta assoli di chitarra alla Malmsteen associati a languidi coretti ("North Sea"). I testi trattano, con competenza, di temi storici (le lotte tra franchi e saraceni, la scorreria vichinga sull'isola di Lindisfarne) e mitologici. Il booklet contiene, oltre ai testi delle canzoni, interessanti testi esplicativi posti a commento di ciascuna di esse. Peccato che questi testi, stampati come sono in caratteri minutissimi, e per di più sullo sfondo di illustrazioni dalle tinte scure, risultino di lettura assai disagevole. Gli orfani di Bathory (quello di 'Hammerheart', si intende!), coloro che hanno apprezzato 'Arntor' di Windir e sono stati catturati dalle atmosfere marziali di 'Creed of Iron' (Graveland), e i discepoli di Falkenbach e Thyrfing procedano ad un attento ascolto preliminare prima di risolversi all'acquisto.

(Hammerheart Records - 2001)
Voto: 68

http://www.ancientrites.be/

sabato 5 agosto 2023

Nattehimmel - The Night Sky Beckons

#PER CHI AMA: Epic/Pagan Black
Non potevo fare finta di niente, gli In the Woods... sono stati una parte importante nella mia crescita di metallaro essendo state una delle band che più ho amato a metà anni ’90 e vedere che oggi si sono formati sono altre spoglie, rispondendo al nome di Nattehimmel, non può che rendermi felice. I fratelli Botteri (menti anche dei Green Carnation) sono tornati e questo ‘The Night Sky Beckons’ è il loro demo del 2022 che ha anticipato l’uscita di quest’anno, ‘Mourningstar’. Lo stile dei norvegesi si avvicina molto a quello di ‘Light of Day, Day of Darkness’ dei Green Carnation con l'aggiunta alla voce di J. Fogarty, un altro che non ha bisogno di troppe presentazioni, vista la sua militanza negli Old Forest, Ewigkeit, ex voce degli In the Woods... e The Meads of Asphodel. Un gruppo ben assortito di musicisti che lungo queste tre tracce, ci delizieranno con il loro prog pagan doom che in alcune parti, sembra trovare sfiati black metal, come nel black cosmico dell'iniziale "Astrologer" o nel riffing marcescente a metà di “Mountain of the Northern Kings”, laddove la voce di Mr. Fogarty assume sembianze screameggianti anzichè palesarsi in un formato epicamente pulito. La musica del quintetto anglo-norvegese si conferma di assoluto valore, con sterzate stilistiche tra parti doomish e stilettate black (in stile In the Woods…) come avviene nell’ultima e anche title track, che non fa altro che confermarci come i fratelli Botteri siano ritornati alle loro origini, e a quella speciale forma di black misticheggiante che mi aveva totalmente rapito ai tempi di ‘Heart of the Ages’ nel lontano 1995. Ora non mi resta altro che ascoltare il nuovo album. (Francesco Scarci)

(Hammerheart Records – 2022)
Voto: 74

https://hammerheart.bandcamp.com/album/the-nigh-sky-beckons