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lunedì 9 dicembre 2024

Lord Agheros - Anhedonia

#PER CHI AMA: Symph Death/Black
Fermi tutti, prendete il vostro taccuino e segnatevi il 3 gennaio 2025 come data della nuova uscita dei Lord Agheros. Difficilmente faccio proclami di questo tipo, ma ascoltare 'Anhedonia' in anteprima, è stata una delle più belle sorprese di questo fine 2024 e l'album del polistrumentista siciliano Gerassimos Evangelou, si candida già a essere uno dei top del prossimo anno. Quello della one-man-band italica è da sempre un percorso ambizioso, che noi qui nel Pozzo, abbiamo provato ad accompagnare nella sua evoluzione sonora, recensendo alcune delle sue passate release. Ci siamo persi la precedente 'Koinè', ma per 'Anhedonia' volevamo esserci. E allora, pronti a immergervi nelle atmosfere raffinate di questo lavoro, il cui titolo si riferisce all'incapacità di provare appagamento per le comuni attività quali cibo, sesso e relazioni interpersonali? Il disco, che consta di otto pezzi, si apre con i malinconici vocalizzi di "Lament of the Lost", e un'atmosfera cosi cinematica che pare catapultarci in un kolossal come 'Il Gladiatore', e in una delle inquadrature più famose in cui Massimo Decimo Meridio accarezza le spighe di grano. Questa è l'immagine che mi sono configurato mentre ascoltavo le note iniziali del disco, con la magnetica presenza di una voce femminile in un contesto crescente in cui irromperà il growling potente del frontman. Con una proposta che mi ha evocato i Moonspell più ispirati, i Lord Agheros sprigionano qui la loro maestosa forza, tra roboanti ritmiche e break ambientali affidati a delicate vocals femminili e suoni di carillon. "Harmony of Despair" è uno dei due singoli che hanno anticipato l'uscita del disco e si apre con delicati tocchi di pianoforte e un angelico coro che mette i brividi. A sconquassare l'eterea atmosfera ci pensano le vocals del mastermind, in un'atmosfera che comunque mantiene una forte componente orchestrale, cosa che contraddistinguerà l'intera release. La componente cinematica torna nelle note iniziali di "Eclipse of Hope", che affida all'essenzialità di chitarra e tastiere, il traino di un altro brano da applausi, struggente nella sua vena crepuscolare almeno fino al minuto 2.30 quando deflagrerà la componente vocale a rompere quella delicatezza iniziale che si era instaurata. Da li sembra di sprofondare in un incubo a occhi aperti con una ritmica deragliante che conserva comunque la sua parte sinfonica. "Lost Dreams Ritual" con i suoi cori salmodianti, ha le sembianze di un rituale esoterico, complice anche l'utilizzo di strumenti alternativi, in un incedere tribale che potrebbe evocare un cerimoniale attorno al fuoco, tutte immagini che si parano davanti ai miei occhi durante l'ascolto, un viaggio mistico che trova la sua strada "metallica" solo verso il finale che ci prepara a "Sorrow's Shroud" (il secondo singolo) e a una song decisamente più classica, affidata a un black atmosferico mid-tempo. Niente di trascendentale almeno fino al secondo giro d'orologip quando subentra un break cinematico-avanguardistica, con melodie dal sapore orientale e il brano a instradarsi verso un death dalle forti tinte sinfoniche (chi ha detto Therion?). Il disco si conferma una bomba nella sua alternanza tra parti dal sapore folklorico che si intersecano con altre orchestrali quasi operistiche ("Soul's Descent into the Void") e ancora con il death sinfonico o il black atmosferico norvegese, in un viaggio musicale che ci consente di vedere il mondo in luoghi e periodi storici differenti. A chiudere il disco altri due pezzi: il delicato savoir-faire di "Tears in the Silence", interamente affidata a delle vocals femminili e la conclusiva "Ancient Echoes", un ultimo omaggio alla mediterraneità racchiusa in questo disco, espressa in chiave dark/ambient, a sigillare un piccolo grande gioiello pronto ad aprire in modo entusiastico il 2025. (Francesco Scarci)

domenica 20 ottobre 2024

Soror Dolorosa - Mond

#FOR FANS OF: Gothic/Post Punk
The French band Soror Dolorosa, founded in 2001, has been one of the most interesting exponents of the revival of post-punk/gothic rock in recent years. The five-piece project took some time to release its first album, entitled 'Severance', but since then the band's discography has been impeccable, with the release of two excellent full-length albums up to this year. Yes, it is true that they haven't been particularly prolific, but quality is the main focus here, and Soror Dolorosa takes its time to carefully craft excellent pieces of music. I was captivated by them when I discovered these French guys with the fantastic 'No More Heroes'. I was very curious to discover what they could offer with the new album, which was set to be released seven years after the great 'Apollo'.

'Mond' is the name of the new opus released by the prestigious German label Prophecy Productions. The new effort will certainly satisfy the fans of the project and should continue attracting those who love the classic sound of bands like The Sisters of Mercy or Bauhaus, among many others. Their blend of cold wave with gothic rock and other influences, is perfectly balanced and sounds up to date, thanks to the exquisite icy-cold and crystal-clear production made by James Kent. The influence of the aforementioned legendary projects is clear, but Soror Dolorosa manages to capture their essence and update it accordingly. The band leader Andy Julia is certainly an essential part of the band’s success, with his melancholic and touching vocals that capture the very essence of the genre. From the powerful and super danceable opening track "Tear It Up", where it is almost impossible not to dance, to the most melancholic tracks like "Red Love", Andy shines in every note he sings. As you probably imagine, the album has its ups and downs in terms of intensity, combining more vivid tracks with the calmest ones. "Souls Collide" is a very interesting piece, as it combines calmer and more intense moments in a masterful way. Andy’s rich vocal range and emotional performance reach a high point here, leaving the listener in ecstasy. The album gains intensity again with excellent tracks like "Obsidian Museum" or "Broken Love". The latter one has a captivating synth-guided intro that catches your attention from the very first second, where the tasty bass and main guitars do the rest of the job, alongside, of course, with the always present top-notch vocals.

Soror Dolorosa continues its flawless career with its exquisite new album 'Mond'. There is not a single mediocre track among its nice pieces, where tasty melodies and enthralling vocals hypnotize the listener from the very beginning to the last single note. I have never been lucky enough to see them on stage, but I strongly recommend you give them a chance, as it must be a unique musical experience. (Alain González Artola)


(Prophecy Productions - 2024)
Score: 87

https://sorordolorosa.bandcamp.com/album/mond

sabato 12 ottobre 2024

Light of the Morning Star - Wings in the Night Sky

#PER CHI AMA: Dark/Gothic
Partiti nel 2016 dalla Iron Bonehead Productions e approdati nel 2021 alla Debemur Morti Productions, con l'album 'Charnel Noir', fanno ritorno sulle scene gli inglesi Light of the Morning Star con un 12" di quattro brani nuovo di zecca intitolato 'Wings in the Night Sky'. Le danze si aprono con il classico sound dark/goth che aveva contraddistinto la band sin dagli esordi. "Night Falls" irrompe con un buon refrain di chitarra e dei rallentamenti che fanno posto ad atmosfere (e liriche) vampiresche, con la voce necromantica del frontman a suggellare la prova. Niente che non abbiamo già sentito, sia chiaro, soprattutto se pensiamo che da UK arrivano proprio i paladini del genere, i Fields of the Nephilim, però, per chi dovesse sentire la mancanza di Carl McCoy e soci, potrebbe rivolgere il proprio sguardo, ma soprattutto il proprio orecchio al duo londinese, capitanato da O-A e JSM. E anche la ancor più apocalittica "Burial Chamber Cold", non fa che confermare questa mia sensazione. Ben più dinamica invece la terza "Phantomlights", almeno fino a quando il vocalist inizia a sussurrare e lasciare che la sola batteria ne accompagni gli spettrali vocalizzi. La traccia comunque inizia a ingranare con le sue melodie e un incedere che sembra evocare le cose più veloci dei My Dying Bride. Breve ma ficcante. In chiusura, "Aura" è la traccia più lunga del lotto, e fedele anche al suo titolo, sembra voler incarnare un'aura più sinistra, grazie a un'apertura ancor più sofferente, drammatica, e dotata di una teatralità eloquente che catalizza su di sé tutta l'attenzione di chi ascolta, lasciando ai minimalistici suoni e tocchi di synth in sottofondo, solo le briciole. Ma anche qui il brano va crescendo in una musicalità obliqua e sospensiva, atta a creare una certa inquietudine e apprensione di fondo. Insomma, un buon pezzo per un lavoro che non fa altro che accrescere il desiderio di ascoltare il duo britannico su lunghezze ben più rilevanti. (Francesco Scarci)

(Debemur Morti Productions - 2024)
Voto: 70
 

martedì 27 agosto 2024

Still Wave – A Broken Heart Makes an Inner Constellation

#PER CHI AMA: Shoegaze/Dark/Gothic
I romani Still Wave, sono una super band, formata da membri di Aetheris, Aborym, Rome in Monochrome e Blackosphere, che si presentano all'esordio con un album uscito sotto le ali protettive dell'etichetta italiana These Hands Melt. Il progetto nasce chiaramente con l'intento di partorire musica sulla scia di band cardine, come i Katatonia, e quindi con la tipica malinconia dilagante tra le tracce, lasciandosi tentare anche da vie decisamente più morbide e melodiche, cosa che a suo tempo, mise in luce ma anche in difficoltà artistica, band blasonate come i Paradise Lost. Unire doom, black metal e gothic, non è certo una novità, ma quando il cantato esce dal seminato e in parte, fa pensare ai primi Editors, presumo che un attimo di sconcerto sia d'obbligo. La cosa potrebbe anche spaventare al primo ascolto, ma in un album dove la ricerca della melodia è prioritaria, a un ascolto più approfondito, ci si accorge invece che la scelta stilistica in questione non è poi così fuori luogo e che la presenza dei pochi cantati violenti, non avrebbe fatto la differenza anche se fossero stati in numero maggiore. Certo, la voce di Valerio Graneri, che milita nei Rome in Monochrome, è caratterizzante e orbita attorno ai circuiti più darkwave/neofolk, e mostra una tonalità che si pone a metà strada tra Tom Smith epoca 'Munich', e uno stile personale che lo contraddistingue chiaramente, da ricercare a mio parere, nel cantato dei primi due album degli In the Woods, con un'interpretazione vocale sempre sopra le righe, raffinata e ricercata. La sua presenza fa roteare il suono della band attorno alle atmosfere della sua prima band d'appartenenza, anche se gli Still Wave ne ampliano la rosa di suoni e mostrano più varietà compositiva. Ad esempio in "Near Distant" (canzone simbolo del disco per il sottoscritto), la voce nella sua veste pulita si presenta in termini tanto squisiti, da renderla, nel ritornello, un brano praticamente perfetto, un pezzo che al quinto minuto circa, subisce un'amputazione netta da uno scream in chiave depressive black, che lo lacera senza via di uscita, per poi chiudere con un finale assai romantico e decadente. Ecco, il segreto di questo album sta tutto qui, nell'unione di suoni che fanno parte di certa new wave, dark e cold wave, con sonorità metalliche, buie e profonde, sempre pacate e controllate, a offrire uno spettro ampio di suoni che si rintana anche in ombre e colori grigi, ma che induce anche un senso di estrazione dalla realtà, come il ponte del brano 11, che mi ricorda in chiave più mediterranea, le splendide sonorità contenute in 'Damnation' degli Opeth. 'A Broken Heart Makes an Inner Constellation' è un album che opera in mezzo a un contesto musicale che si espande tra gli ultimi Katatonia e quell'idea di spostare il gothic/doom, verso sonorità più sofisticate e allo stesso tempo più accessibili, come fu 'Believe in Nothing' o 'Symbol of Life' per i Paradise Lost. L'ottima caratura dei musicisti rende l'opera matura, e la costruzione dei brani intensa e credibile, con riferimenti ad altri artisti ma sempre omogenea ed effettivamente personale. Una buona produzione li accompagna alla ricerca di un sound perennemente in equilibrio, con un lavoro egregio delle tastiere e delle calde chitarre che negli assoli, aumentano il contrasto con il suono profondo e cupo delle composizioni, sostenendo a dovere, l'ottica riflessiva e lo sguardo rivolto all'infinito, di una certa scuola post-black metal/shoegaze, alla Alcest per intenderci, che finisce per avvolgere l'intero disco. Un disco comunque, da assaporare lentamente e a fondo. (Bob Stoner)

venerdì 28 giugno 2024

Trom - Evil

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine  
#PER CHI AMA: Occult Dark/Deathrock
Monumentalmente macabri e plumbei questi svizzeri Trom. Sicuramente non definibili black metal, almeno non musicalmente. Una band che, per quello che so, ha prodotto solo questo cd dal vivo nel lontano '96, un demo l'anno seguente, per poi ritornare nell'altra dimensione da cui era piovuta (e riapparire solo nel 2023 con 'Liber Mud'). Alcuni membri sono poco più tardi riapparsi in un progetto gothic/dark chiamato Undead Product, con cui hanno realizzato un 7", per poi sparire nuovamente nel nulla. Ma torniamo all'ascolto di questo lavoro che è accompagnato da un'aria pesante, mortalmente pesante, come le malsane esalazioni di un pozzo. Spesso durante l'ascolto, avrete la sensazione di vedere qualcosa apparire davanti a voi, perché questa non è musica ma magia, magia nera (in stile Urfaust per intenderci). Il cantato è di una bellezza che ipnotizza, una voce profonda e imponente, ma anche minacciosa e lugubre. Le liriche sono in francese, con peraltro parti in latino e tedesco; una soltanto è in inglese. Un lavoro che, seppur registrato dal vivo quasi trent'anni fa, gode di un buon suono, anzi forse proprio questo contribuisce a creare un'atmosfera più pesante, sembra quasi di vederli suonare avvolti in una densa nebbia. Come già detto, non siamo al cospetto di un cd black, ma direi piuttosto di occult dark death rock. Ascoltate e meditate.

(Shivadarshana Records - 1996)
Voto: 74

http://numa.chez.com/trom/

mercoledì 29 maggio 2024

Trail of Tears - Winds of Disdain

#PER CHI AMA: Symph Death
Toh, chi si rivede? Dopo oltre dieci anni di silenzio in cui la band si era addirittura sciolta, ritornano sulle scene i norvegesi Trial of Tears, band che si era accodata a un genere, il gothic symph death, tanto in voga a fine anni '90, con band del calibro di Tristania, Theatre of Tragedy o primi The Gathering. Parecchi album positivi, fino al canto del cigno, quell''Oscillation' con cui avevano dato addio alla scena. Oggi, i sei scandinavi tornano, dopo qualche cambio di line-up, e sembrano essere più determinati che mai, con un disco bello tosto a livello ritmico, e le chitarre dell'opener "Winds of Disdain", title track dell'album, sembrano dimostrarcelo con un riffing robusto a cavallo tra il thrash e il death metal, l'immancabile vocione di Ronny Thorsen (ex Blood Red Throne), questa volta accompagnato dall'eteree vocals della gentil donzella di turno, la catalana Ailyn, ex Sirenia, e sempre ottime melodie, che trovano conferma anche nella successiva "Take These Tears", il brano più breve dei quattro, ma forse anche quello che meglio si ficca nella testa, complice anche un brillante assolo conclusivo. Si passa poi a "No Colours Left", apparentemente più ruffiana, ma il growling minaccioso del buon Ronny ristabilisce quei toni aspri che abbiamo avuto modo di apprezzare nelle prime due song. Poi ovviamente, come il genere vuole, ecco a far da contraltare la splendida voce da soprano di Ailyn, ma il riffing è bello bastardo (a tratti, al limite del black), con la song che si muove tra continui cambi di tempo che ne rendono l'ascolto piuttosto vario e interessante, con il comparto solistico a farla da padrone ancora una volta, quasi a riportarmi ai fasti di un tempo. Chiaro poi, che non stiamo ascoltando nulla di realmente innovativo, ma la proposta dei rinnovati Trail of Tears si mostra più solida rispetto al più recente passato che si era andato ammorbidendosi pericolosamente. L'ultima traccia di 'Winds of Disdain' è rappresentata da "Blood Red Halo" che prosegue sulla falsariga delle precedenti, con il tipico alternarsi tra growling vocals e gli ammiccanti vocalizzi della cantante catalana, forse qui più presenti che negli altri brani. Insomma, un gradito ritorno, nell'ottica di un disco più lungo e strutturato. Ora sono curioso di sentirli sul full length. (Francesco Scarci)

(The Circle Music - 2024)
Voto: 70

https://www.facebook.com/trailoftearsofficial/

domenica 26 maggio 2024

Jours Pâles - Dissolution

#PER CHI AMA: Dark/Black/Gothic
Terzo album per i francesi Jours Pâle e terza recensione da parte del sottoscritto per i nostri. Il duo, che originariamente era un trio che inglobava membri provenienti da Stati Uniti e Svezia, ha profondamente cambiato la propria line-up con l'uscita di scena dei due "stranieri" e con l'ingresso di Stéphane alla chitarra, lasciando al buon Spellbound la gestione di tutto il resto (anche se c'è da segnalare la presenza di due turnisti). La band, transalpina fino al midollo, si può dedicare ora con questo 'Dissolution' a quella che in realtà sembra essere la normale prosecuzione dei due precedenti lavori, continuando cosi a proporre un black melodico multisfaccettato, pregno di significati lirici e musicali, che mantiene tuttavia quella complessità tecnico compositivita che avevamo potuto apprezzare in precedenza. Nove le tracce per cercare di convincerci, per la terza volta, della bontà della proposta dei due musicisti di Auvergne, con l'incipit affidato a "Taciturne", un pezzo che in realtà di black metal ha ben poco, se non qualche accelerata post. Voci pulite (un filo teatrali e costantemente proposte in lingua madre), chitarre pulite, un sound che si muove tra gothic, dark, post punk e una buona dose di malinconica intrisa in realtà in tutto il lavoro, caratterizzano infatti il brano. E cosi il pezzo si lascia ascoltare piacevolmente, in un'altalenante danza tra partiture heavy metal e roboanti accelerate post-black, che poco si discosta dalle mie parole precedentemente scritte per 'Tensions'. Più cupa la successiva "La Reine de Mes Peines (Des Wagons de Détresses)", dove si palesano anche vocals più estreme e disperate, mentre il suono delle chitarre si schiude attraverso uno stridore insano, accompagnato però da eleganti tocchi di pianoforte, e dove la tensione delle ritmiche viene stemperata da un delicato break atmosferico e da uno splendido assolo che chiosa un bombastico finale rutilante. Mi piace e devo ammettere che al primo ascolto, avevo fatto parecchia fatica a digerirli, complice probabilmente la mancanza di quell'invisibile filo musicale che possa in un qualche modo legare tutti i brani. Brani che in realtà sono si legati da molteplici aspetti, ma che ai primi ascolti non sono cosi facili da individuare. E cosi, ascolto dopo ascolto (si, ne servono davvero parecchi), ecco che il disco prende quota e cresce nella sua logica perversa, cosi anche in emotività, robustezza (ascoltare la selvaggia "Noire Impériale" per credere, con l'ospitata alla voce di Torve degli Ascète), credibilità (non che non ne avessero nei precedenti lavori, sia chiaro), creatività (stravagante la proposta inclusa in "Les Lueurs d'Autoroutes", con la presenza anche di una voce femminile, che ritornerà anche nella title track). 'Dissolution' vola via tra cavalcate post-black, inserite in un contesto gotico, ma con dei magnifici assoli (ad opera del buon Stéphane), che elevano la qualità del disco. Tra gli altri brani che ho apprezzato sottolineerei poi la sferzante componente estrema di "Réseaux Venins", spezzata da una straziante componente vocale che mi ha evocato, per certi versi, "Ifene" dei nostrani Deadly Carnage. Altra segnalazione la merita "Limérence" e la sua poetica musicale estremamente nostalgica, mentre se dovessi utilizzare la classica matita rossa, lo farei con la conclusiva "Terminal Nocturne", un brano che non ho amato particolarmente per il suono iniziale delle sei corde e per un finale forse interrotto prematuramente, ma che comunque non penalizza il mio giudizio finale nei confronti dei Jours Pâles. Alla fine infatti, "Dissolution" si dimostra come un lavoro maturo, che merita ancora una volta, tutta la vostra attenzione nei confronti di questa ottima band francese. Bravi! (Francesco Scarci)

(Ladlo Productions - 2024)
Voto: 78

https://ladlo.bandcamp.com/album/dissolution

martedì 14 maggio 2024

La Mer - Tetrahedra

#PER CHI AMA: Experimental Black/Alternative
Se doveste iniziare ad ascoltare quest'album, cosi come ho fatto io, le impressioni di primo acchito, potrebbero condurvi a pensare di trovarsi al cospetto di un album rock con venature elettroniche. Una sensazione che dura giusto un paio di giri di orologio nell'iniziale "To the End", prima di essere investiti da un sound più estremo, almeno vocalmente parlando, che comunque mantiene un elevato gusto melodico. Questo perché gli scozzesi La Mer, in questo quinto capitolo della loro discografia intitolato 'Tetrahedra', propongono uno strano connubio di generi. In tutta franchezza devo ammettere che non conoscevo, almeno prima di questo disco, la one-man band di Glasgow, guidata dal buon Jeremi, in arte La Mer, a cui devo riconoscere il fatto di aver rilasciato una coraggiosa release che mi ha piacevolmente colpito. Un lavoro questo, che per certi versi mi ha evocato, per una serie di analogie musicali, i transalpini H.O.P.E. e i nostrani Drastique. Il progetto di Jeremi si muove infatti trasversalmente su coordinate gothic industrial electro rock, che sembrano trarre spunto anche da vari mostri sacri, quali Nine Inch Nails, Type O Negative e The Cure, tanto per citarne qualcuno in ordine sparso. La cosa stravagante è che poi il factotum scozzese ci butta dentro vocalizzi black, qualche bel guizzo estremo che alla fine ben si amalgama con la sperimentale architettura musicale ideata dal mastermind. E cosi ne vengono fuori pezzi azzeccatissimi, e penso all'atmosferica "Patina", all'industrialoide "Last One Out", alla katatonica (si, ci sono echi anche dei godz svedesi) e a tratti più ruvida, "Sunsets". Un concentrato di brani davvero orecchiali che passano anche attraverso le sonorità post punk/cold wave di "Stratch", corredata qui da screaming vocals e un paio di belle accelerate estreme. Audace il buon Jeremi, almeno fino a quando il disco sembra perdere l'effetto sorpresa all'altezza di "Death Dogs" e, quelle trovate che avevano reso il mio ascolto sin qui curioso, vanno lentamente ad appiattirsi nel resto del disco. Ancora degne di nota rimangono comunque la distruttiva "Gallows Hill", in grado di combinare black a suoni alternativi; gli echi dei Katatonia in "Hell Can Wait" (vero masterpiece del disco), mentre la chiusura è affidata a una poco conosciuta (e che non ho particolarmente apprezzato) cover dei polacchi Myslovitz, "Nienawiść", per un tributo finale a una band che probabilmente ha avuto fortuna solo all'interno dei propri confini. In definitiva, 'Tetrahedra' è un album per certi versi, sorprendente, soprattutto considerando l'uscita sotto l'egida della Godz ov War Productions. Un'uscita ardita a cui vi invito di dare più di una possibilità. (Francesco Scarci)

(Godz Ov War Productions/Analög Ragnarök - 2024)

lunedì 8 aprile 2024

Tank and Tears - Timewave

#PER CHI AMA: Gothic/Dark Wave
Tornano in pista i Tank and Tears, che dal 2017 si erano messi in pausa di ogni produzione musicale. Tornano in pista e mai definizione fu più appropriata, poiché dal precedente album, 'Aware', dove sfoderavano un post punk dalle forme ansiolitiche e dalle chitarre aggressive, si passa al dancefloor delle discoteche new wave/goth, con le chitarre che si rendono meno roboanti e più d'atmosfera, contornate e dirette da synth di stampo New Order e la forma compositiva tipica della band numero uno in questo ambito, i Clan of Xymox. Rincorrere ed emulare i sacri crismi e gli stilemi di tale genere, porta sicuramente a buoni frutti, e le nove tracce di 'Timewave' lo dimostrano, sebbene allo stesso tempo si denoti quanto il suono sia un vero e proprio derivato di quello che a suo tempo marcava le sperimentazioni degli Ultravox e dei The Dance Society, rendendolo unico, magico e indimenticabile, in un periodo storico a cavallo degli anni '80. L'album è quanto mai fedele nella ricostruzione storica e, avvalendosi di un'ottima produzione e un'ottima scorta di suoni vintage, riesce nell'intento di far ballare chi ancora oggi, adora quelle sonorità fredde e sintetiche. Prendete un goth club e fate ballare le sue oscure figure al suono di 'Timewave'; traccia dopo traccia avrete reso indimenticabile la loro serata. Canzoni mirate a colmare la nostalgia di un suono che in realtà non è mai caduto in disuso, che da decenni si rinvigorisce e rinasce dalle sue stesse ceneri, inglobando elettronica, dreamwave e visioni gotiche, in un incedere ritmico ipnotico, costantemente permeato da cupe atmosfere. Trovo superficiale dire quale sia il brano migliore, partendo dal fatto che i toscani Tank and Tears hanno creato un disco praticamente perfetto, per soli nostalgici del genere però, sebbene alla fine suoni moderno e studiato nei minimi particolari, per ricalcare maniacalmente i passi dei padri fondatori, con effetti e dinamiche del suono estremamente curate. "Galaxies" mi ha colpito particolarmente per la parentela eccelsa dei synth verso gli Ultravox più colti, circondati da chitarre che ricordano i The Cure più freddi, mentre "Vampire Bite" ha un sussulto più gotico e orientato anche all'universo esteso dei The Sisters of Mercy. Tuttavia, i paragoni non possono essere presi alla lettera in un genere dove le regole compositive rimangono comunque ferree e quanto proposto finisce per rimandare volutamente a un tutto già sentito. Rimane comunque stupefacente il grado di qualità, fluida e coinvolgente, sprigionata da quest'album che ha una omogeneità ammaliante che non mostra alcun segno di cedimento durante il suo ascolto. Ascolto che consiglio a tutti quelli che vogliono inoltrarsi nel mondo dell'elettrowave a tinte gotiche, o nella new wave di stampo ottantiano, per rendersi conto quanto la linea di suono della new wave sia poi proseguita dai monumentali 'Movement', 'Subsequent Pleasures' e 'Vienna' fino ai giorni nostri. (Bob Stoner)

(Swiss Dark Night - 2024)
Voto: 75

https://tanksandtears.bandcamp.com/album/timewave 

mercoledì 14 febbraio 2024

Katatonia - Sky Devoid of Stars

#FOR FANS OF: Alternative Metal
Well, this metal is more on the alternative side of that genre, very eclectic! I liked this whole album, there were really no peaks and valleys in it, it was solid the whole way through. I didn't play favorites with any of the songs, either. They were all good, the 11 tracks featured a bonus song. I kind of didn't want this to end, it was so mesmerizing. It's anything but aggressive though the roots are still in that genre, I wouldn't call this alternative rock really like see more modern Anathema. This band is Swedish based and a lot of excellent albums are from that country, especially melodic bands. That would be At The Gates, Dismember, et al though those are really heavier bands. Dark Tranquillity and Arch Enemy are other metal bands that are melodic too!
 
The recording quality was quite good. The instruments were well mixed too, and I'd have to say that it's a more romantic sort of recording, featuring more clean vocals throughout. That's what made this album so appealing if you're not expecting anything heavy. It's just not there on here!

I kind of didn't want this album to end! But it met the mark in my top albums for 2023. It would be the one that I've held most in high esteem for that genre, and others that are a bit heavier would be Fires In The Distance. They're melodic too but a little bit heavier. And good news that yet another Dark Tranquillity album is coming out soon they've just finished with that recording so my sources say! It's a year that has done well with metal in 2023. This year, in terms of melodic bands, Everdying is another melodic band that's heavier though and much more aggressive than Katatonia. Anyway, all the songs on this Katatonia release are favorites. I can't site one that's better than another. They all have a special place in their discography.
 
Not to digress like I did previously, this is something that's so esoteric and surreal! They're not balls out intensity, it's wholly melodic with so many intriguing instruments in the mix that are essentially clean. Basically, they have light-to-metal guitars and keys that play well with the vocals.

I think this is my favorite release from the band. It's so consistent, just don't expect it to be balls out heavy the element here is "feel" opposed to aggression. These guys take melodicism to the next level with genius syndrome effects and essence, as I'll revisit my previous state. Check it out! (Death8699)
 

lunedì 25 dicembre 2023

Autumn Clan - Requiem To The Sun

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Gothic/Dark
“New Gothicism” per gli austriaci Autumn Clan, formazione che propone un misto di gothic e black, almeno per quanto riguarda la base ritmica proposta da chitarra e basso. Sì, l’impronta è molto, diciamo, “New gothic” (peraltro "New Gothicism" è il titolo della loro prima track), e rimanda a gruppi quali gli HIM più tirati, i Darkside e in generale, il dark anni 80 in stile Sisters of Mercy per ciò che concerne alcuni arpeggi acustici che rimandano alle sopraccitate “Sorelle”. La voce pulita poggia abbastanza bene sopra la base musicale anche se risalta meglio laddove le chitarre ritmiche non sono propriamente metal, ma più soffuse; la tonalità è alquanto evocativa anche se, prima di farci l’orecchio, sembra sfoci in melodie pop d’avanguardia. Non ho i testi sotto gli occhi, anche se da quello che capisco, mi pare che affrontino tipiche tematiche care al dark più profondo e al gothic (oscurità, tristezza e amore/ndr). 'Requiem to the Sun' è alla fine un bell’album sotto tutti i punti di vista: le chitarre soprattutto svolgono un egregio lavoro solista sviluppando trame melodiche e tristi, quasi mai banali. In ultima, vorrei spendere qualche parola a favore della produzione, ottima e molto pulita anche sulla ritmica pesante. Proprio non male, spero ne sentiremo parlare molto, soprattutto ora che la band si è riformata dopo una pausa di 16 anni.

giovedì 23 novembre 2023

Pale Forest - Exit Mould

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Gothic Rock
Questa giovane band metal guidata da una gentil donzella e proveniente dalla Norvegia, sbarcò sul mercato nel 1998 con 'Transformation Hymns', e un sound in pieno stile The Gathering, con cui peraltro fecero un tour europeo nel 2001. Purtroppo, questo terzo lp, 'Exit Mould', suona sostanzialmente inutile per il 99% degli amanti della scena metal. Pur comprendendo il desiderio di creare atmosfere uniche e decadenti, la band nordica si avvicinava pericolosamente alla musica pop (un po' come accadde anche ai Theatre of Tragedy), salvati solo dalla distorsione delle chitarre (non proprio metal, ma almeno un po' sporche). La voce di Kristin Fjellseth, pur affascinante e melodica, sarebbe più adatta a una funzione religiosa alla vigilia di Natale che a una band metal, cosi come i ritmi della batteria risultano poco incisivi e insoliti, troppo pompati (doppia cassa? boh!). La produzione è pulita (fin troppo, in effetti) e degna di un gruppo indie-rock, non di un gruppo metal, ma per favore... Ahimè, questo sembra essere il modus operandi di molti gruppi metal che cercano di deprimersi semplicemente rallentando e ammorbidendo il prorpio sound. Spero per l'integrità di coloro che ancora credono e sono fedeli alla parola METAL, di non sentir più parlare di questi Pale Forest (fortunatamente scomparsi nel 2011). Quindi 'Exit Mould' è consigliato esclusivamente a coloro che amano i The Gathering, gli altri si tengano lontani.

(Listenable Records - 2002)
Voto: 50

https://www.discogs.com/artist/401604-Pale-Forest

venerdì 10 novembre 2023

Jemek Jemowit - Zemsta

#PER CHI AMA: Electro/New Wave
A giusta ragione viene riproposto nel 2023, completamente rimasterizzato, quest'album che ha visto la luce nel 2011. L'artista in questione è il berlinese Jemek Jemowit. Una sorta di ritorno alle origini delle sonorità della musica elettronica europea che trovava l'asse Berlino/Sheffield, il giusto mezzo di comunicazione tra Germania e Gran Bretagna, alla fine degli anni '70 e inizio '80 del secolo scorso. Scandagliata al setaccio, da gruppi di culto internazionale come gli Skinny Puppy, e passando obbligatoriamente dal movimento sperimentale Geniale Dilettanten. Niente di nuovo musicalmente, neppure se valutiamo questo lavoro nella sua prima data di uscita, nessuna nuova strada, nessuna nuova idea sonora, ma è proprio per questo che 'Zemsta', è da considerarsi un'ottima uscita, un'opera stoica e prolifica di mantenimento del genere, messa in atto da un nipote di quei mostri sacri, che l'elettronica l'hanno veramente plasmata. Prendete il tocco pop di Falco, il cupo dei Clock Dva, i Cabaret Voltaire, il glam oscuro e sintetico dei primi D.A.F., il taglio robotico dei precursori Kraftwerk, uniteli al genio tossico di Alec Empire e soci, aggiungete poi la forza d'urto della prima techno da rave devastanti, scarnificatela e rendetela a tratti gotica e molto dark, e avrete finalmente solo una vaga descrizione della radice sonora di questo disco. Spesso ideale per un night club oscuro e sinistro, una fede incrollabile, votata ad un suono freddo tra cemento e acciaio, al digitale, e per finire un'attrazione per l'industrial dei Rammstein, tolte le chitarre distorte e attitudine metal. "Jeans und Leder" apre le danze ed assieme a "Maenner Meiner Heimat" e "In Shoeneberg", formano un trittico di pura goduria elettronica, timbrica dura, pulsante e suoni sgraziati, poca melodia e ritmi rigidi, glaciali e industriali. "Meine Tabletten" si apre a certo post punk con un ottimo ritornello/filastrocca che parte al minuto 2:47, degno di un film horror, inaspettato e geniale, sulla scia di autorità irraggiungibili del calibro delle Malaria!, che sancisce definitivamente anche il legame storico di questo disco con il movimento Neue Deutsche Welle, costola evoluta e ibrida tra punk e new wave tedesca, nato qualche decennio prima dell'uscita di 'Zemsta'. Tra sussulti alla Depeche Mode epoca 'A Broken Frame', e pulsazioni techno sperimentali ("Liebe, Krass und Ass" e "Am Boden Zerschmettert") , rumori e synth a gogo, si avanza senza perdere un solo colpo. "Sad Ostateczny" è forse la meno interessante del lotto sotto il profilo sperimentale, mentre la successiva "Angst vor Feuer" è un esempio di come dall'utilizzo di un classico tempo techno, si possa, con gusto ed intelligenza, creare un ottimo brano, con un effetto sulla voce che ricorda alcune cose cantate da Tom G. Warrior nei Celtic Frost! "Zemsta" presta il titolo all'intero album ed è techno, macabra e noir, pulsante, con presenza di voci agghiaccianti sempre perfettamente in linea con la trama di qualche film horror. "Internist und Internet" torna al sound elettronico del dark/synth wave di inizio anni '80, con un riff di tastiera che in qualche accento richiama, per assurdo, "N.I.B" dei Black Sabbath, come fosse suonata dai Devo. Si chiude con "Chce Zostac Twoja Matka", un brano dalla struttura tipica del post punk elettronico vicino ai conterranei Grauzone. Cantato sia in lingua tedesca che polacca, penso che 'Zemsta' sia uno degli apici più alti di questo artista, innamorato dell'estetica sonora e della potenza sovversiva intrinseca della musica, dell'alternativo che lo ha portato ad utilizzare il verbo della techno e della new wave come mezzo espressivo per la sua arte. Quindi, musica ad effetto, interessante e destabilizzante, per una carriera che dura ancora oggi dal lontano 2007. Bisogna dire anche che, ad oggi, la musica di Jemek Jemowit, è mutata ed ha spostato la bilancia più verso lidi dance e techno, relegando i canoni più dark e post punk ai fasti del passato. Un artista comunque originale, che in questo specifico caso, ha superato ogni aspettativa, raccogliendo e rinvigorendo il seminato ed il raccolto già ricco, dei padri putativi del genere. Un disco che potrebbe finire nella vostra collezione di musica elettronica senza se e senza ma e per cui vale solo esclusivamente l'obbligo d'ascolto. (Bob Stoner)
 
(Greek Label Fabrika Records/Atypeek Music - 2011/2023)
Voto: 75

https://jemekjemowit.bandcamp.com/album/zemsta

lunedì 4 settembre 2023

Baphomet’s Cunt - 2023 - 616 Pleasures

#PER CHI AMA: Gothic Black
Con una bella e sobria copertina (a cui aggiungerei anche dei titoli del cazzo), andiamo ad ascoltare il nuovo parto degli inglesi Baphomet’s Cunt, presagendo che quello che sentirò probabilmente non mi piacerà. Invece attenzione, perchè il detto “l’abito non fa il Monaco” potrebbe valere per la release di quest’oggi. Infatti la proposta del folle The Baphomet General (che abbiamo già incontrato in Ebonillumini e The Meads of Asphodel) è un black metal fresco e genuin che potrebbe conquistare gli amanti di sonorità vampiresche alla Cradle of Filth. Certo un pezzo intitolato “Lord of Flatulence” perde di credibilità già in partenza, eppure le sue melodie, coniugate con una certa ricerca nei cambi di tempo, di atmosfere, e combinando il tutto con l’heavy o addirittura la musica classica, beh trova, in tutta sincerità, il mio più grande appoggio. Mai avrei pensato che le cose potessero andare in questa direzione dopo aver guardato la cover dell’album eppure il primo pezzo (con peto finale annesso) mi ha conquistato. E le atmosfere iniziale di “You Have to Be Cruel to Be Crueller” (titolo alquanto spassoso) proseguono nell'opera di addescamento da parte della one-man band britannica nei confronti del sottoscritto. Con sonorità che ammiccano all’EBM, all’industrial, al black e al gothic, e voci che si muovono tra il growl e il pulito (scuola Fields of the Nephilim), mi ritrovo completamente affascinato dalla proposta del polistrumentista inglese. In “Carry on up the Baphomet” è più evidente l’influenza di Dany Filth e soci almeno a livello ritmico, in realtà poi ci sono molti altri elementi che allontanano la proposta tra le due band, in primis l’ironia dei Baphomet’s Cunt, visto che i riferimenti sessuali nelle liriche potrebbero essere anzi un elemento di comunione. Comunque la band inglese mi piace, anche nella cover dei Soft Cell (synth pop band britannica degli anni ’80) “Sex Dwarf” che regala l’ultima emozione di questo inatteso ‘2023 - 616 Pleasures’ che la band vende peraltro in cd sulla propria pagina bandcamp a 2.99 sterle. E allora, che fate ancora qui, affrettatevi. (Francesco Scarci)

mercoledì 29 marzo 2023

Kuolemanlaakso - Kuolleiden Laulu

#PER CHI AMA: Death/Gothic/Doom
Evidentemente i finlandesi Kuolemanlaakso non sono riusciti a far stare questi tre pezzi nel full length uscito lo scorso anno, intitolato 'Kuusumu'. Questa deve essere la ragione dell'uscita di questo 'Kuolleiden Laulu', EP che racchiude tre song dedite ad un death gothic doom che apre con la super orecchiabile, almeno nelle melodie, title track. Sonorità alla HIM infatti imperversano per i suoi tre minuti e mezzo, tra voci goticheggianti, eteree e suadenti vocals femminili, melodie super ammiccanti sorrette da chorus ultra mega catchy. Decisamente più decadente e malinconica l'impronunciabile "Juuret Jalkojeni Alla", con un inizio soffuso e la voce del frontman che qui evoca quella di Fernando Ribeiro dei Moonspell. La traccia suona quasi come una ballad folk doom, con delle chitarre che richiamano anche il prog degli Opeth, ma verso metà virerà verso il death doom, con tanto di growling incorporato di scuola Swallow the Sun. A chiudere "Rautasiivet", un pezzo che prosegue col piglio malinconico della precedente tra arpeggi autunnali, vocals dalla tonalità ribassata, atmosfere dotate di quel struggente romanticismo da storia d'amore finita male, e delle liriche che, fin dall'inizio, proseguono in lingua finlandese. Insomma un bel modo per chiudere l'anno (è stato rilasciato a dicembre 2022) e fare contenti i fan e quelli che si avvicinano per la prima volta ai nostri. (Francesco Scarci)

giovedì 16 marzo 2023

Evol - Dies Irae

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Folk Black/Ambient/Gothic
I primi demotape della band italiana Evol non erano facilmente reperibili. L'idea di proporli (e riproporli più di recente/ndr) su cd fu pertanto lodevole. 'Dies Irae' contiene i demo 'The Tale of the Horned King' (1993) e 'The Dark Dreamquest - Part I' (1994), più due tracce registrate dal vivo nel 1995. Chi conosce gli Evol e ne ha apprezzato lo stile non si faccia sfuggire l'album in questione. Per coloro che li hanno sentiti solo nominare si rendono necessarie alcune informazioni supplementari. Gli Evol erano fautori di un "black metal" (ammesso che questa definizione sia legittima) molto atipico. Nulla a che vedere con Darkthrone e Mayhem, per intenderci, né con i primi Satyricon ed Emperor. Nelle loro composizioni musicali, caratterizzate fra l'altro dalla presenza di una trasognata voce femminile, le parti aggressive erano assai rare. Le atmosfere, lungi dall'essere lugubri, inclinavano semmai verso l'onirico e il fiabesco. Caratteristiche, queste, che si sono venute accentuando nel corso degli anni, sino ad imporsi con assoluta evidenza nell'ultimo vagito della band, 'Portraits' (1999).

(Black Tears/Iron Goat Commando - 2001/2019)
Voto: 66

https://www.metal-archives.com/bands/Evol/6145

martedì 28 febbraio 2023

Moonspell - Memorial

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Gothic Metal
Ricordo di aver atteso a lungo quel momento, ero preoccupato che una delle mie band preferite di sempre, potesse deludermi e che potessi allontanarmi definitivamente dalla loro musica, ma questo capitolo discografico dei lusitani Moonspell fugò via ogni mio dubbio sulla loro classe. Freschi di contratto con la SPV, dopo anni passati alla Century Media, Fernando Ribeiro e soci sfoderano qui una grande prova, rilasciando 'Memorial' a distanza di tre anni dal discreto 'The Antidote'. Devo ammettere di aver avuto qualche dubbio sulla valenza dei quattro portoghesi dopo le non eccelse ultime uscite; avevo amato 'Sin/Pecado' e i precedenti lavori ma, da lì in poi, avevo creduto in una parabola discendente della band. Fortunatamente il settimo lavoro in studio dell’act portoghese, spazzò via tutte le polemiche che erano ruotate attorno al quartetto e qui sono i fatti a parlare: tredici grandi pezzi (più una bonus track nella limited edition) per più di un’ora di musica, musica di gran classe che non può non richiamare alla mente gli album storici 'Wolfheart' e 'Irreligious' che diedero popolarità e gloria alla band. Un’intro vampiresca apre le danze di 'Memorial', album oscuro e intenso che ci colpisce già dalle prime note per un indurimento del sound dei nostri. "Finisterra" (il singolo apripista) attacca selvaggiamente con una ritmica parossistica di vago rimando ai Rotting Christ. La voce di Fernando ha abbandonato (quasi del tutto) l’attitudine recitativa per dar sfogo alla sua rabbia attraverso il cantato growl. "Memento Mori" non fa che confermare la direzione intrapresa dal quartetto: ritmica pesante, atmosfere goticheggianti ma è la parte centrale del brano ad entusiasmarmi quando Fernando utilizza la sua splendida e calda voce in versione pulita mentre le tastiere giocano un ruolo predominante negli arrangiamenti assai ben orchestrati. Sembra quasi di ascoltare una versione gotica degli ultimi lavori dei Dimmu Borgir, una sorta di symphonic gothic metal. Un breve arpeggio e poi è il momento di "Blood Tells", brano in cui la componente sinfonica si fa sempre più forte, ma è forse con la successiva "Upon the Blood of Men" che si tocca il punto più alto del disco: la violenta ritmica si fonde alla perfezione con le tenebrose tastiere e con la voce di Fernando, vero e indiscusso protagonista dell’album; un bellissimo assolo chiude poi il brano. I Moonspell sembrano qui essere tornati quelli di un tempo e ne ho le prove con "At the Image of Pain" e la successiva "Sanguine", i brani più vicini alle prime produzioni, in cui è sempre un ispirato Ribeiro a farla da padrone e in cui le chitarre si rincorrono in armonici giochi di chiaroscuri. 'Memorial' si confermava un ottimo album, al passo con i tempi. Oscuri, malinconici e potenti, grazie soprattutto alla cristallina produzione di Waldemar Sorychta, ormai quasi quinto membro stabile del clan lusitano, questi sono i Moonspell del 2006. Vi dicevo anche della limited edition, un lussuoso digipack con 10 pagine con serigrafia argentata e la bonus track "Atlantic", da avere nella vostra collezione. Coinvolgenti! (Francesco Scarci)

(SPV Steamhammer - 2006)
Voto: 78

https://www.facebook.com/moonspellband

giovedì 8 dicembre 2022

Summoner - Summoner' Sign

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine 
#PER CHI AMA: Gothic Black
Un artwork molto bello. Peccato poi che il solito black metal a la Cradle of Filth, proposto dai Summoner, non sia all’altezza. Pur essendo suonate bene, queste quattro tracce che compongono 'Summoner' Sign', non portano niente di nuovo in un panorama ormai saturo di questi lavori. La voce soprattutto è identica a tante altre che cercano di imitare lo screaming che hanno reso famosi Dani & Co. Le capacità musicali dei Summoner sono buone: serve solo un po’ più di personalità nella composizione. Capisco bene che all'epoca questo tipo di musica era quella che tirava di più, ma dopo un po’ ha finito per stancare.

lunedì 14 novembre 2022

Ashes You Leave - Fire

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Gothic/Doom
Nonostante il mercato sia abbastanza saturo per quanto riguarda i gruppi gothic, gli Ashes You Leave, band croata, è riuscita a produrre un’ottima opera che poteva sicuramente a farsi largo ed imporsi all’attenzione del pubblico scalzando tanta spazzatura che immeritatamente affolla da sempre la scena. Una buona miscela di gothic e doom metal; un giusto incrocio tra Tristania e My Dying Bride. Atmosfere alquanto struggenti, create da ottime orchestrazioni di tastiera e violino e da un pianoforte che, grazie ad un suono veramente interessante ed originale (provate ad ascoltare la traccia numero due, "In Vein"), fa da ottimo accompagnamento alla voce assai bella e melodica di Marina. Non manca tuttavia la potenza in queste canzoni, anche se trovano più spazio le sperimentazioni darkeggianti: a buona ragione in questo caso. Visto il genere proposto ed il buon uso del violino, il risultato non può che essere originale. Buona la produzione, che fa risaltare tutte le componenti necessarie per gustarsi 'Fire'. Purtroppo non ho i testi ma, da quanto intuisco, sembrano indispensabili per seguire il concept: musica e parole per una triste poesia.

(Morbid Records - 2002)
Voto: 70

https://www.facebook.com/ashesyouleave

martedì 13 settembre 2022

Greyswan - Promo 2001

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Gothic/Dark
In che genere inquadrare i nostri Greyswan mi è abbastanza arduo. La definizione più giusta, secondo me, sarebbe quella di un gothic-doom metal molto malinconico, improntato su un buon lavoro della chitarre che incedono in riff ben articolati e in ritmiche semplici ed azzeccate. Discreta la voce che si esprime in un cantato pulito; nella seconda track noto una certa somiglianza con alcuni toni tipo Moonspell. Musica semplice ma ben articolata, dai toni soffusi ed allo stesso tempo depressi ed incazzati. Una nota particolare vorrei dedicarla ai testi, che con mio gran piacere ho trovato inclusi. Da notare la prima song, “Sleepless Night”, un manifesto al self-hateing, dove la solitudine la fa da padrone: un testo quasi degno del primo Nick Cave. Non posso dire che questo sia un masterpiece metal, ma la sua bella figura, tra le decadenti note di chi vive nella notte, la può fare benissimo.
(Self - 2001)
Voto: 68