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domenica 20 ottobre 2024

Rot Coven – Nightmares Devour the Waking World: Phase I + Phase II

#PER CHI AMA: Black/Drone/Ambient
L'universo musicale di questa band proveniente dalla Pennsylvania, è fatto di sensazioni cosmiche, costantemente avvolte da un alone sinistro, che disegnano un immenso spazio sonoro, decisamente oscuro e minaccioso, ampio e misterioso. La base di partenza è il noise e l'ambient dronico, sfregiati da lunghe e laceranti digressioni doom, death e black metal, in un infinito viaggio psicologico verso i meandri più oscuri della percezione umana. 'Nightmares Devour the Waking World: Phase I + Phase II' è un disco non di facile approccio e volutamente ostile al pubblico, che si rivela come un alternarsi di umori gelidi che generano suoni contorti, vortici capaci di introdurre chi ascolta, verso universi paralleli assai intriganti. L'amalgama sonora è in perfetta sincronia con un'ispirata vena compositiva, che in questo genere deve far da padrona o si rischia la caduta nell'inascoltabile o nel già sentito, e devo dire che in questa versione estesa dell'album (ricordo che la prima parte, Phase I, era uscita l'anno scorso), l'opera si compie a dovere, e per l'ascoltatore già iniziato a questo genere, la scoperta di questo disco (edito dall'Aesthetic Death), risulterà un'ottima sorpresa. Brani dagli intro apocalittici, colonne sonore noir che rasentano uno stile cinematografico in continua evoluzione, dove l'unico colore che emerge è il nero, ecco come si palesa il disco. La voce è inghiottita dal rumore, il distorto veglia su tutto e fa da padrone nel mood dell'intero lunghissimo lavoro (oltre 80 minuti), proiettando il suono verso lidi estremi di post metal di difficile collocazione ma con retaggi, per certi aspetti classici, che vengono ampliati, appunto, dall'uso di suoni strettamente lisergici e psichedelici, qui riadattati all'umore cupissimo della band. In tal contesto, non si può dimenticare il vistoso lato industrial dei Rot Coven, che è molto radicato nel DNA della band, cosa che, unita al maniacale piacere verso suoni distorti e riverberati, costituisce l'essenza del sound di quest'album. Paesaggi siderali costruiti per mettere a dura prova la resistenza psichica e una forte sensazione di disagio psicologico, sono le armi che vengono utilizzate nei solchi di questi brani apocalittici, accompagnati da un senso di caduta costante e tangibile. Non è di facile approccio, come detto in precedenza, ma questo disco, ascoltato nella totalità dei due album, è veramente un'esperienza da provare, ed è inutile smembrarlo per trovarne pregi o difetti tecnico-stilistici, poiché l'ideale è assimilarlo nella sua interezza, lasciandosi trasportare dalla sua fredda corrente. Buon viaggio nella parte più nascosta e oscura della vostra mente. (Bob Stoner)

giovedì 26 settembre 2024

Horthodox & Haiku Funeral – Serpentine Sorcery

#PER CHI AMA: Drone/Ambient
Quando due band del calibro dei francesi Haiku Funeral e dei russi Horthodox, uniscono le forze per dare alla luce un nuovo album insieme, il risultato non può che destare sorpresa e curiosità. Fondamentalmente, la musica espressa in questo album collaborativo è molto difficile da incanalare in un filone unico, anche se a grandi linee, potremmo identificarla come dark ambient drone, dalle tinte fosche e oscure. Se poi il concetto di base è dare un ambiente sonoro a testi di antiche canzoni bulgare, trovati in un libro del 1896, sul tema della stregoneria, serpenti, vampiri e ninfee dei boschi, come la Samodiva, tipica creatura fatata dei monti Balcani, il tutto prende un significato più ampio e interessante. In effetti, il disco si presenta a capitoli, con lunghe suite di synth, che oscillano tra gli 8 e i 12 minuti, tra tappeti di noise ambient, sibili e sussurri perennemente distorti, neri come la pece, con una voce narrante che gravita a metà strada tra un Sauron irato e uno stregone demoniaco che espone il proprio sermone diabolico. L'ago della bilancia viene spostato dall'ottima performance del sax di Alexander Timofeev, che in controtendenza all'intero sound di base, convoglia le atmosfere verso lidi più noir jazz, attenuandone la pesantezza e irrobustendo la complessità della proposta, rendendola più fluttuante e piacevole all'ascolto, tenuto conto che le due entità sonore sono note soprattutto per le loro opere ostiche e pietrificanti. A tutti gli effetti, l'ascolto di 'Serpentine Sorcery' potrebbe essere paragonabile a sfogliare un libro, dove il sound oscuro sostituisce il bianco delle pagine e il testo è inciso dal lamento gutturale della voce narrante. La deriva che scaturisce dalla nostra mente da queste letture, vengono poi trasportate dalle divagazioni del sax, che per assurdo, ha reminiscenze così impregnate di jazz sperimentale (ascoltate "The Mother and the Whore Bride"), che riesce in molti tratti, a far distrarre l'ascoltatore, fino a fargli dimenticare la tipologia di musica che sta ascoltando. Il ritmo è assuefatto al rumore: si mette leggermente in luce, tra disturbi distorti e interferenze, nella rumorosa title track con un'evoluzione noise devastante. Altrettanto, in bella ma pacata mostra, il ritmo si palesa anche su "The Hate Venom", mentre in "Vampyric Mantra" è per lo più usato come metronomo dal suono profondo. Alla stregua di un Necronomicon in mano a un ignaro primo lettore, l'ascolto di questo disco potrebbe arrecare parecchi fastidi e tormenti agli ascoltatori poco assidui a questo genere musicale. Al contrario, potrebbe configurarsi come uno scrigno nero incantato, tutto da scoprire. (Bob Stoner)
 
(Aesthetic Death - 2024)
Voto: 70
 

lunedì 2 settembre 2024

Mekigah - To Hold Onto A Heartless Heart

#PER CHI AMA: Drone/Ambient/Experimental
Ho recensito tutti gli album degli australiani Mekigah, seguendo da vicino l'evoluzione sonora di Vis Ortis, partendo dagli esordi dark gothic di 'The Serpent's Kiss', attraversando la fase death doom, fino ad arrivare alle ultime derive dronico-avanguardistiche dell'ultimo uscito 'Autexousious'. Un percorso assai complesso quello del mastermind di Melbourne, che con questo 'To Hold Onto a Heartless Heart', taglia il traguardo del quinto album. Una miscela sonora quella contenuta nelle sei tracce di questa release, come sempre parecchio ostica da digerire, che si dipana dalle atmosfere sinistre della lunghissima song posta in apertura. "Collapsing Under" dura infatti oltre 14 minuti, costituiti da suoni complessi, infausti e disomogenei, che spaziano con una certa disinvoltura dal drone all'ambient, passando per suoni tribali, noise, funeral e quant'altro di sperimentale possiate immaginare, il tutto accompagnato da un cantato in screaming in sottofondo, che evoca riti sciamanici o litaniche possessioni. Come immaginavo, nulla di quanto ascolterete qui è di facile ascolto, nemmeno la seconda "Broken Rhythm Pressure", che sembra debuttare più teneramente rispetto all'opener, ma presto si immerge in sonorità orrorifiche, affidandosi a suoni stralunati, vocals ingarbugliate, atmosfere tra il rarefatto e il rumoristico, e consegnandoci di fatto, un altro brano assai malato e angosciante, che richiede una grande fermezza d'animo per essere affrontato e non rischiare la pazzia. Se poi siete degli audaci, beh, allora potrete continuare a vivere il delirio musicale servito dal factotum australiano, passando attraverso la sghemba e alienante "Away Drifting From", più easy-listening delle precedenti, ma non per questo, di meno complicato ascolto. Le atmosfere continuano a mantenere contorni agghiaccianti, complice lo stridolio vocale del frontman e un incedere apocalittico che permea il disco nella sua interezza. Un cantico sirenesco sembrerà ammaliarvi nella più breve "An Infinitesimal Difference", ma fate attenzione a lasciarvi sedurre da quei suoi quasi gentili suoni, che lasceranno ben presto il posto alla marziale glacialità della sua coda noisy che sfocerà nelle derive infernali di "It Hisses So", un brano che potrebbe mischiare l'approccio danzereccio degli Hocico con la depravazione sonora degli Aevangelist, ma rallentato e amplificato rispetto alla violenta furia della band finlandese. Chi avrà la forza di arrivare sino in fondo, troverà "Eyes Glazed Over", l'ultima strenua prova di sopravvivenza offerta da quest'album; già vi avverto che non sarà affatto semplice, data la natura ipnotica, stridente e dissonante del brano che potrebbe condurre definitivamente alla follia. Pensavo che l'effetto sorpresa si fosse esaurito, ma mi sbagliavo, il buon Vis Ortis ha ancora molto da offrire. (Francesco Scarci)

mercoledì 28 agosto 2024

Eventide - Waterline

#PER CHI AMA: Experimental Sounds
Gli Eventide sono una costola che si è staccata del gruppo francese degli Epitaphe, o come da loro stessa ammissione, un'evoluzione sonora verso altri lidi musicali, territori che con la band madre non potevano essere evidentemente raggiunti, visto il genere prog, doom, atmospheric black metal trattato. Qui siamo di fronte a una naturale svolta verso l'ambient, il drone, con aperture al dark/jazz e una palese attitudine compositiva che ama le lunghe distanze, come se i brani fossero piccole colonne sonore. Si toglie spazio al ritmo, le chitarre diventano eteree, lisergiche, in funzione della ricerca atmosferica, in un'esplorazione che si avvale anche dell'aspetto sperimentale del jazz, e del suono del sax, che si mette sempre in buona luce in contesti simili. I 15 minuti di "Eventide", si aprono con aria mistico/ipnotica di casa Brendan Perry, con un cantato ancestrale (che è peraltro l'unico presente nell'album), per diventare in seguito un omaggio alle soundtrack degli Ulver, e alle lunghe sperimentazioni e libere improvvisazioni d'insieme. Si muove come una lunga intro dal suono d'ambiente, misteriosa e intensa. Il brano successivo, la titletrack "Waterline", l'unica a esser stata registrata in studio (il resto è tutto live), spiazza un po' l'ascoltatore con il suo mood virato a certe forme, almeno nella sua prima parte, lounge/ambient/jazz (ma prendete con le pinze questa definizione), e un ingresso di batteria che ricorda alcune cose più orecchiabili, e a mio modesto parere discutibili, sempre degli ultimi Ulver. Un brano che non spinge in realtà così tanto verso la sperimentazione, e che non aggiunge molto al già sentito in questi ambienti, e che sembra altresì adagiato su standard usuali, anche se mostra una buona coda finale. L'arrivo di "Adrift", è la cosa più disattesa, per quello che fin qui la band di Grenoble ci aveva fatto sentire. Si tratta infatti di un pezzo breve, di circa due minuti e mezzo, che si sorregge su note pizzicate di piano e acquisisce, per certi aspetti ipnotici, atmosfere eteree di matrice celtica, create dall'arpa splendida di Alan Stivell, che lo renderanno alla fine magico e assai intrigante, simbolo di una piena e raggiunta maturità compositiva. L'opera si chiude con la lunghissima "Sphere", che parte tra rumori in sordina e un sax in sottofondo, che mi ricorda le cose fatte dai Londinesi Lowering (non gli omonimi newyorkesi) in una versione più noise e underground, affidati però a una veste più ansiogena, strumentale e minimale del Dale Cooper Quartet and the Dictaphones. In definitiva, 'Waterline' si configura come un bel disco, sicuramente di transizione, che apre a un nuovo futuro per questi musicisti, un evidente distacco totale dalle belle cose fatte in passato con gli Epitaphe. Un nuovo tassello che va ad ampliare ulteriormente il già prolifico roster del multi artistico collettivo Eptagon di Grenoble. (Bob Stoner)

sabato 13 luglio 2024

Bríi - Último Ancestral Comum

#PER CHI AMA: Atmospheric Black/Trance
Devo arrendermi e ammettere che la proposta sonora della one-man-band brasiliana Bríi, è palesemente sconcertante quanto affascinante. La commistione di generi esibita nella loro ricetta musicale è spiazzante e per molte orecchie, poco avvezze alla sperimentazione, risulterà persino incomprensibile. 'Último Ancestral Comum' è la loro più recente uscita e fin dal primo brano ci si imbatte in un meltin' pot tra musica trance, ambient e atmospheric black metal, dalle tinte psichedeliche e space oriented. La produzione a bassa fedeltà, differenzia questo disco dalle precedenti release, e potrebbe non aiutare la comprensione totale di questo artista, al secolo Caio Lemos (aka Serafim), che già opera in altre band del settore tra cui Bakt, Rasha, Vauruvã, Kaatayra, coniugando una forte spiritualità e una profonda vena allucinogena che si esprime tramite il verbo del black metal più teso e atmosferico. Si parte con "Viajante Universal", un brano emozionale e di ottimo impatto, di oltre 12 minuti, che mette subito in chiaro gli intenti sonori del musicista brasiliano, il quale lavora molto di fino per mixare i generi citati, che sono così distanti fra loro. Quando si aprono le violente chitarre, per l'ascoltatore si apre un buco nero nello spazio, da cui si viene inghiottiti per entrare in un cosmo cervellotico e super emotivo. Nella seguente "Alienígena Interior", il viaggio continua in maniera più aspra e assume un sound al confine con il suicide black metal, tra urla lancinanti e ritmiche dal tiro infuocato per placarsi nel mezzo e riesplodere in un tripudio di melodia e violenza, quasi fosse una lunga intro degli Ozric Tentacles all'ennesima potenza oscura. Dieci minuti di grande crossover sonoro di ottima fattura. Quindi non farà clamore, cadere in un brano come "Ecos da Imaginação", che è un puro esempio di come la musica trance possa essere ancora suonata in un contesto intelligente e inserita in una lisergica cascata di suoni metallici, scream e derive black, per traghettare il disco alla canzone conclusiva, "Cada Canto do Universo", che sfugge dal mostrare la componente metal, a favore di risvolti etnici, in un suono che potrei facilmente mettere in relazione, per assurdo, agli stilemi degli Enigma, togliendo il canto gregoriano e ampliando il calore del folk latino, ma senza mai rinunciare a quella vena malinconica, cosmica e ipnotica intrinseca, che è presente per tutta la durata dell'album. Molto bello l'artwork di copertina, come lo è sempre stato per le uscite di Brii. In conclusione, possiamo guardare questo disco come un riassunto delle varie sperimentazioni fatte da Brii, nei precedenti album, con uno standard elevato dei brani, una ricerca dell'intreccio sonoro atta a spiazzare l'ascoltatore, l'utilizzo dell'elettronica e la ricerca di nuove strade ritmiche da usare come base di partenza. Un artista particolare per una musica ricercata e intelligente, per un genere che ha possibilità creative infinite. (Bob Stoner)

(Self/Flowing Downward - 2023/2024)
Voto: 74

https://flowingdownward.bandcamp.com/album/ltimo-ancestral-comum

domenica 24 marzo 2024

Linnea Hjertén - Nio Systrar

#FOR FANS OF: Folk Music
Coming from Sweden, the young artist Linnea Hjertén presents its first effort entitled 'Nio Systrar' (Nine Sisters), which has been released by the well-known Swedish label Nordvis. Linnea’s obvious inspiration comes from her country’s folklore and traditional music. Instead of sorely focusing on creating songs which would be a mere portrait of traditionalism, this talented artist is influenced by a different range of projects and styles. In this album, she tries to blend these influences under behind the curtain of a darkened folk music.

Names like Forndom may come to your mind when you listen to Linnea Hjertén, or even the most ethereal sections of Wardruna, although other influences, a la Dead Can Dance, have also something to say in the conceptual inspiration of 'Nio Systrar'. Leaving aside other names, what Linnnea offers us is a dose of atmospheric folk with a strong ritualistic touch. Her angelic and ethereal voice is the driving force of this album, while the added folk instruments create the captivating ritualistic atmosphere around her. It is unsurprising to read that the artist herself mentions that the music was mainly composed in loneliness and with the lights off. I would also strongly recommend doing the same, both being at home or in the twilight moments of the day in the forest.

Linnea’s beautiful voice opens the album with a whispering voice in the album opener "Noder" while a background percussion and atmospheric arrangements, play a secondary role. This approach sets the bar of what we can expect from this album. An even more mysterious tone can be heard in "Vägen In", with this interesting combination of voices which is by far the most captivating aspect of this album and where Linnea has put more effort into it. In general, all the songs follow similar patterns, being some of them almost ambient pieces where the vocals are omnipresent, while others have a slightly greater presence of an acoustic rhythmic base. This homogeneity makes difficult to choose the highlights of the album, although I consider that "Vägen In" and more particularly "Återfödelse" and "Vägen Ut" are the ones whose vocals are especially captivating.

'Nio Systrar' at the end, is with no doubts a very pleasant and hypnotic experience. From my humble point of view, I would welcome a greater and more varied use of folk instruments, as I consider that this would help to create a more varied and surprising compositions. This kind of music perhaps does not need to be particularly varied, but an extra work on this aspect would be very positive, and it would surely help Linnea standing out from other projects. (Alain González Artola)


(Nordvis Produktion - 2024)
Score: 72

https://linneahjerten.bandcamp.com/album/nio-systrar

martedì 26 settembre 2023

Thierry Arnal - The Occult Sources

#PER CHI AMA: Drone/Ambient
Se anche per voi è tempo di nottate insonni, incubi notturni, angosce che lacerano l'animo, o pensieri che s'instillano e minano pericolosi la vostra già precaria stabilità mentale, beh allora vi suggerirei di posticipare l'ascolto a tempo debito, di questo 'The Occult Sources', opera ambiziosa del musicista francese Thierry Arnal, uno che in passato ha suonato con Fragment., Amantra, Hast & more, rilasciando i suoi lavori peraltro, su etichette tipo Denovali e Avalance, tanto per citarne un paio rilevanti per gli appassionati. Perchè il mio diretto consiglio iniziale di evitare un lavoro di questo tipo? Semplicemente a causa dei contenuti qui presenti, le cui venti scheggie impazzite di questo lavoro, enfatizzerebbero non poco, le emozioni, i sentimenti, le percezioni negative che potreste aver in seno, rischiando di portarvi quasi al delirio mentale. Non era in effetti il momento ideale nemmeno per il sottoscritto di imbarcarsi in una simile avventura o incubo musicale che dir si voglia, attraverso un flusso musicale che abbraccia paralleli mondi fantastici, esoterici, orrorifici, cibernetici e mistici, che non starò certo qui a svelarvi, tanto meno a descrivere traccia per traccia. Vi basti sapere che i segmenti qui inclusi potrebbero evocare i fantasmi di tre lavori di colonne sonore degli Ulver, 'Lyckantropen Themes', 'Svidd Neger' e 'Riverhead', grazie a quella semplicistica ma altrettanto efficace capacità di coniugare ambient, elettronica, drone e immersivi sperimentalismi avanguardistici, totalmente deprivati di una componente vocale, che qui certo avrebbe stonato. Largo allora a campionamenti in loop, strali cinematici, suoni post-atomici, mondi distopici, onde gravitazionali e altri simili suoni del cosmo più profondo, atti per lo più a trasferire un'insana sensazione di desolazione all'ascoltatore inerme. Preparatevi allora con la giusta tuta spaziale, ossigeno a sufficienza per affrontare una camminata di oltre un'ora nello spazio, uno scudo termico che vi scaldi di fronte al gelo emanato da questi suoni glaciali e sintetici e non mi rimane altro che farvi un grosso in bocca al lupo per la missione che vi apprestate ad affrontare durante l'ascolto di 'The Occult Sources', ne avrete certamente bisogno. Speriamo solo non facciate la stessa fine di 'Gravity'.  (Francesco Scarci)

giovedì 31 agosto 2023

Gråande - S/t

#FOR FANS OF: Atmospheric Black
Coming from Sweden, Gråande is a new project recently created by two musicians, Nichil and Nachtzeit. The later one needs no presentation as he is the creator and only member of the well-stablished and respected project Lustre, among many other projects, all of them the quite enjoyable. Backed by the label Nordvis Produktion, the project has released a self-titled debut EP, consisting of only two tracks, but making it clear that Gråande has a quite interesting potential.

The EP 'Gråande' unsurprisingly confirms that the new project is firmly rooted in the black metal genre and, more precisely, in the niche of atmospheric black metal, as it happens with Lustre. However, contrary to his most famous project, Nachtzeit and his colleague Nichil, have forged two tracks with a slightly less trance inducing touch than what we can see in Lustre. The guitars, the rhythmic base and the vocals sound more powerful and powerfully rhythmic, and the music is definitively more intense here. But don’t get me wrong, the similarities are there and both projects don’t differ that much. The hypnotic keys are definitively present, and the general ambience also has its trance inducing touch, but with Gråande, the music definitively sounds a bit heavier. The second and shorter track, "Evighetens Kvarn", is the clearest example with its faster drums, quite unusual in Lustre, its cold-biting riffs and Nichil’s excellent shrieks, that sound quite powerful and desperate. The track is definitively a fine example of a crossover between atmospheric black metal and DSBM. The EP opener "Sjöar Ovan" sounds closer to what we have heard in Lustre or the always present influence of Burzum. This influence is stronger in two thirds of the song, where the evocative keys along with the mid-tempo guitars and the drums represent the trademark of the aforementioned projects. Nevertheless, as it happens in the second song, and as a characteristic aspect of this project, we can enjoy more energetic sections, where the drums have a more vivid pace and the guitars sound quite raspy, creating an excellent song of pure atmospheric black metal. In both tracks, shine the powerful vocals of Nichil, which is definitively a successful inclusion in Gråande.

This self-titled debut EP is without any doubt, a very solid beginning for Gråande, it brings the classic influences of Nachtzeit, but with a refreshing touch and, more important, a quality work in the creation of both tracks. Personally, I can’t wait to listen to a full-length of this project, as I am quite sure that many fans of the genre will rejoice. (Alain González Artola)


(Nordvis Produktion - 2023)
Score: 80

https://lustre.bandcamp.com/album/gr-ande

mercoledì 30 agosto 2023

In the Ponds - Fever Canyon

#PER CHI AMA: Heavy Blues
Rilassiamoci un attimo con il sound dei californiani In the Ponds che, in questo ‘Fever Canyon’, sembrano voler divertirsi con una jam session all’insegna dell’heavy blues, sporcato da partiture ambient e venature western. Questo almeno quanto ci racconta la chitarra che apre “The Lost City” e sembra catapultarci in un mezzogiorno di fuoco di un qualunque film western anni ’70. La chitarra ulula che è un piacere, un po’ come se fosse il lupo di una qualche tribù indiana che guardando la Luna, volge il muso verso il cielo rilasciando il suo inconfondibile verso. Non troverete altri strumenti qui, se non l’intrigante ricamo di David Perez alla sei corde, supportato dai tocchi di basso di Jennifer Gigantino. “Windmill Blades” e “Making Time” si muovono sulla medesima falsariga, offrendo quindi lo stage alla chitarra e ai suoi giochi in chiaroscuro, una sorta di strimpellare al bagliore di un fuoco acceso in mezzo alla foresta, ammirando il pallore della Luna e assaporando l’aria fresca dei boschi del mid-west. (Francesco Scarci)

martedì 29 agosto 2023

Judith Parts - Meadowsweet

#PER CHI AMA: Ambient/Dreamwave
L'elemento base qui è il trip hop, in una forma ulteriormente rarefatta, liquefatta in profondi echi sconfinati, governati da una calda voce e da un radicato concetto di musica sospesa che condiziona tutta l'opera. È il caso del brano d'apertura che regala il titolo a questo nuovo album, 'Meadowsweet', delicata ma cupa, soave ma decisamente destabilizzante, in un contesto di sensibile estraneazione dalla realtà. Ed è in questo mondo surreale che Judith Parts, violinista, cantante, music producer e sound designer estone, con base operativa in Danimarca, libera ed elabora le sue visioni musicali. Tra musica eterea ed elettronica minimale e futurista, drone music e tappeti cosmici, Judith ha imparato bene la lezione di certo morbido acid jazz evanescente e i vari segreti del trip hop, raffreddando e smembrando gli acuti ritmici dei Portishead, utilizzandone la veste canora, adattandola alle sue tele musicali, utilizzandone i metodi e raffinandone un sound personale anche se non nuovo, che si impreziosisce di piccole venature rubate alla musica classica. E ancora, atmosfere al rallentatore, come quasi a tessere una trama che funge da colonna sonora di un film astratto e dai colori tenui, al contempo abbaglianti, ipnotici ed emotivamente pericolosi ("November"). La veste soundtrack rincorre spesso e volentieri tra i brani di questo secondo lavoro dell'artista baltica, ma è con la sua tonalità eterea da musa irraggiungibile, che unita ad una diffusa tensione emotiva, che si toccano le vette più alte, ed il romantico brano "Burn Like Witches" ne è la prova più tangibile, una song elevata quasi a forma mentale zen per le orecchie. "Intro 1" sembra un estratto da un documentario sciamanico e introduce "Nettle Field", uno dei brani più ritmati del disco, con un sound al confine con le geniali sonorità world music del compianto Mick Karn, ma debitamente ridotte all'osso e sezionate a dovere. "Apple Tree" si muove tra sussulti rumoristici, elettronica sperimentale e un cantautorato d'intima bellezza che trova un altro picco di massima espressione nella conclusiva "Spells", un brano dallo spaziale gusto organistico, dove possiamo immaginare un organo con visuale sul cosmo e in uno schermo ipertecnologico, un lento scorrere d'immagini tratte dai migliori film di Wim Wenders. Un brano che non avrebbe sfigurato nella magnifica colonna sonora del film "The Million Dollar Hotel". Questo disco segna il percorso che potrebbe dare una svolta credibile per una rinascita, ancora più intensa, sperimentale e ricercata della musica elettronica in chiave trip hop. Un disco da non sottovalutare per la qualità delle sue atmosfere sospese ed irraggiungibili, ideali per gli amanti della musica sognante e futurista. Ascolto consigliato. (Bob Stoner)

giovedì 3 agosto 2023

Hlidskjalf - Vinteren Kommer

#PER CHI AMA: Dungeon Synth/Black
One-man band russe, ne sentivamo davvero il bisogno? Ai posteri l’ardua sentenza, nel frattempo ci ascoltiamo il progetto di Svarthulr in questi impronunciabili Hlidskjalf da non confondere con gli omonimi francesi e tedeschi. La band di quest’oggi si muove musicalmente nei paraggi di un black synth dungeon cosmico-minimalista, mentre le voci sembrano lontani versi di forme aliene provenienti da un altro mondo. Tre soli pezzi compongono alla fine questo ‘Vinteren Kommer’, un disco che potrebbe evocare nelle sue note, un che del Burzum più sperimentale. “Vinteren Kommer I” è la song più lunga con i suoi oltre otto minuti di sonorità glaciali, ma al contempo sognanti, complici un riffing scarno che più scarno non si può, e dei giochi di synth che rendono il tutto più digeribile, per quanto poi il pezzo possa essere estremamente ridondante nel suo incedere atmosferico. I rimanenti due brani del disco sono puro ambient, quasi quella sorta di rumore bianco che uno si piazza nelle orecchie per dormire la notte. Un lavoro un filo indigesto che suggerirei ai soli appassionati del genere. E per rispondere alla domanda iniziale, forse non ne abbiamo davvero più bisogno di altre one-man band. (Francesco Scarci)

martedì 25 luglio 2023

Furvus - Deflorescens Jam Robur

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Ambient/Folk
Interessantissimo quanto coinvolgente e assolutamente sentito questo primo disco di Furvus, ennesimo progetto del livornese Luigi M. Menella. Si tratta di un concept album sul declino della cultura e del mondo pagano sul territorio italico, oscurato dalla violenta tirannia persecutoria della Chiesa. Questo concept è musicalmente rappresentato da brani di folk apocalittico e marziali, da altri più ambientali ed oscuri, e da brani di musica medievale. Il percorso storico del disco inizia con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, attraversa il Regno Romano Barbarico per giungere agli anni bui del Medio Evo fino ad arrivare al Rinascimento e al ripristino del riconoscimento dell’uomo-artista, focalizzando in particolar modo l’obiettivo sul genio di Leonardo. Il lavoro di composizione musicale/lirico e grafico è stato meticolosamente studiato e ragionato affinchè ogni immagine, ogni nota ed ogni parola (rigorosamente in latino o in italico antico) potesse rientrare correttamente e coerentemente nel periodo storico trattato in ognuno dei quattro “libri” (ognuno dei quali suddiviso in “capitoli” per un totale di venti brani/“capitoli” e 40 minuti di musica) in cui è suddiviso questo disco. Il lussuoso booklet riporta poi per ogni brano una fotografia di un dipinto, un luogo o un oggetto attinente ad esso ed una massima tratta dai classici della letteratura Greco-Romana. È un disco di grande spessore, pieno di particolari da scoprire e riscoprire ad ogni ascolto; un viaggio nella immortale memoria del passato guidato dalle superbe fotografie del booklet in cui si può perdersi per ore o per sempre.

(Beyond Productions/Mvsa Ermeticka - 1999/2012)
Voto: 75

https://mennella.bandcamp.com/album/deflorescens-iam-robur-remastered-reworked

martedì 23 maggio 2023

Tragedy Begins - Where Evil Is

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Ambient
Viene dalla Grecia questa band formatasi addirittura nel 1988 (con il moniker Terror/ndr), che è stata per me motivo di una non semplice recensione. Da una parte un lavoro che è grezzo e vecchio stile in tutto, dalla musica alla produzione, e questo mi piace. Dall'altra un album che potrebbe essere in bilico tra il ridicolo ed una raccolta di cliché del genere. In ogni caso la musica è veramente oscura, un incrocio tra Darkthrone e Burzum del periodo black. Suoni comunque grezzi, qualcosa di simile ai loro conterranei Goatpenis. Alcune cose, come ho detto, sono veramente niente male, ed anche alcune tracce totalmente "synth-based" si ascoltano con piacere, ricordando anche in questo caso il buon caro Burzum dei momenti più ambient. In definitiva 'Where Evil Is' è un lavoro un filo scarso, o come dico spesso, solo per i fanatici.

domenica 14 maggio 2023

Lustre - Reverence

#FOR FANS OF: Ambient Black
The Swedish one-man project Lustre has become, since its inception, a primordial reference when we speak about atmospheric black metal. Henrik Sunding, better known as Nachtzeit, is undoubtedly a fanatic of black metal, particularly of the most atmospheric oriented one. He has been involved in several projects, each one having its own character, although the devotion to this genre is out of any discussion. I strongly recommend you to check out Ered Wethrin and Nachtzeit, which are my favourite ones. 
 
Going back to Lustre, the particular vision of Henrik for this project was quite clear since the debut album 'Night Spirit' that was released in 2009. Lustre’s music is trance inducing ambient black metal, strongly influenced by classic projects like Burzum, which obviously is a pivotal influence in the genre when we speak about introducing ambience into the black metal scene. What Lustre does is to create quite simple and repetitive structures. Don’t loose your time trying to find complex riffs or tempo changes, this is all about hypnotic sonic creations which transport you out of this reality. And this is what makes Lustre so special. Repetitiveness and simplicity can always be problem, and many would consider that this music lacks of interest after listening to a couple of songs. But somehow, Nachtzeit achieves the unquestionable merit of keeping releasing songs that captivate you, and this is something admirable.

So, after these years and a good amount of albums and EPs, Lustre continues to be quite active and its last offering is the EP entitled 'Reverence', which consists of one song with the same name. Those who don´t like this project won’t find any reason to like it now, but many others, and I include myself in this latest group, can enjoy this new release a lot. Although Lustre’s music hasn’t changed a lot since its creation, it is also unquestionable that Nachtzeit has perfected the formula during the project’s existence. 'Reverence', being a long song, gives a greater room to introduce little tweaks and more arrangements which make the track a great musical experience. Vocally, this song shows a more varied approach. The voices are classic black metal shrieks, but their tone and strength vary through the song, with moments where they sound louder and more intense, as it happens in the mid-second half of the song, in contrast to the initial part. About the arrangements, the simple yet beautiful keys play their usual major role leading the song, but we can also find some tiny touches here and there, especially in the background which enrich the composition. The electronic interlude in the middle of the composition is a nice one, and I find it quite interesting. As you can imagine, they are tiny adds or changes as the music needs to be trance inducing and nothing can distract you from this purpose. But this effort is very welcome for me, as a composition always needs to sound a bit fresh, regardless off its innovative nature of lack of it.

All in all, the new 'Reverence' is a quite inspired one. Lustre has managed to compose a long track which has everything we know and like from this project. The hypnotic atmosphere and marvellous melodies are there, recognizable but still being capable of absorbing our attention and getting our love, and because of this, Lustre is a so unique project. (Alain González Artola)

(Nordvis Produktion - 2023)
Score: 82

sabato 29 aprile 2023

Les Dunes - S/t

#PER CHI AMA: Post Rock Strumentale
Come evolvono a volte le cose. La Norvegia, patria natia del black metal, ora è fucina infinita di talenti che si muovono in un sottobosco brulicante di eleganti sonorità post, prog e symph rock che ci hanno permesso ultimamente di perlustrare in lungo e in largo il territorio scandinavo. Oggi mi fermo a Haugesund, piccolo paesino nella contea di Rogaland, luogo da cui provengono questi Les Dunes. Anche qui, che cambiamento: una volta s’incensava la lingua degli antenati vichinghi, oggi si utilizza addirittura la lingua di altre nazioni. I Les Dunes non sono poi gli ultimi arrivati, visto che tra le proprie fila, inglobano membri di The Low Frequency in Stereo, Lumen Drones, Helldorado, Undergrunnen e Action & Tension & Space, che in questo album autointitolato, sciorinano otto pezzi strumentali condensanti post rock dai tratti dilatati, malinconici e meditabondi, che potrebbero evocare le sonorità intimiste di act quali Explosions in the Sky o addirittura Sigur Rós, laddove il trio si lancia in partiture più ambient (“Keisarholi”). Un approccio cosi tranquillo, che sfiora lo slowcore degli anni ’90, fatto di chitarre in tremolo picking, melodie soffuse (“Spectral Lanes”) e suoni minimalisti, ha però pregi e tanti difetti: nei primi collocherei una sana voglia di abbandonarsi ad un mondo sognante, tra i difetti, il fatto che dopo sole quattro canzoni non ne posso davvero più di andar oltre, inducendomi a slittare la finalizzazione della mia recensione il giorno seguente. L’effetto però si è rivelato il medesimo, con quello stesso desiderio di skippare al brano successivo e poi ancora avanti, perché dopo un po’, l’ascolto diventa dilaniante, noioso (“Zosima”), nonostante la band sia comunque composta da ottimi musicisti. Il fatto che rimane è che dopo un po’ non se ne può più, sebbene qualche buon spunto sia anche riscontrabile nel disco, ma forse qui più che altrove, l’assenza di un vocalist si fa sentire più che mai. In definitiva, ‘Les Dunes’ è un disco che mi sento di consigliare a chi non può proprio fare a meno della dose quotidiana di post rock strumentale, tutti gli altri si astengano se non vogliono ritrovarsi con un cappio al collo dopo pochi minuti. (Francesco Scarci)

(Kapitän Platte – 2023)
Voto: 60

https://lesdunes.bandcamp.com/album/les-dunes

Magnify the Sound - Don’t Give Us that Face

#PER CHI AMA: Suoni Sperimentali
Non certo una passeggiata la recensione del duo norvegese che risponde al nome di Magnify the Sound, una band in giro ormai dal 2010, ma di cui francamente non avevo mai sentito parlare, se non fosse che uno dei membri fondatori è Trond Engum che a suo tempo fondò pure i The 3rd and the Mortal e i The Soundbyte, il che aumenta a dismisura la mia curiosità. Escono con un nuovo album quindi, e ‘Don’t Give Us that Face’ sembra essere di primo acchito un esercizio di improvvisazione musicale che esplode potente nelle nostre orecchie (io l’ho ascoltato con la cuffia ed è stata una figata). Quello che deve essere immediatamente chiaro è che verremo sommersi da 40 minuti di suoni unici, affidati a chitarre, a una batteria pazzesca (a cura del jazzista Carl Haakon Waadeland) e all’elettronica, il tutto ideato come una sorta di jam session catartica proiettata nell’universo, un po’ alla stregua dei suoni della sonda Voyager I che inglobavano quelli naturali (le onde del mare o il vento), quelli prodotti dagli animali, come il canto degli uccelli e le balene, cosi come pure percussioni senegalesi o musiche di Bach, Chuck Berry o Mozart. Ecco, se avete avuto modo di ascoltare quel disco d’oro inserito nella famosissima sonda lanciata nello spazio infinito, e poi vi approccerete a questo 'Don’t Give Us that Face', le sensazioni sovrannaturali che sperimenterete potrebbero essere alquanto similari. Difficile parlarvi quindi di un brano piuttosto che di un altro, il flusso sonoro deve essere gustato tutto d’un fiato dall’inizio alla fine, liberi da ogni pregiudizio di sorta, e poi anche voi sarete pronti a contemplare l’infinito dello spazio profondo, ve lo posso garantire. (Francesco Scarci)

(Crispin Glover Records – 2023)
Voto: 74

https://facebook.com/MagnifyTheSound