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Visualizzazione post con etichetta Black. Mostra tutti i post
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sabato 19 aprile 2025

Wormwood - The Star

#PER CHI AMA: Melo Black
I Wormwood sono noti per il loro sound che mescola elementi di black metal con influenze melodiche e atmosfere evocative. 'The Star' rappresenta la quarta tappa della loro carriera, cominciata ormai nel 2014. E proprio in occasione del decennale della band, lo scorso anno ha visto l'uscita di quest'album ad andare a esplorare temi legati al collasso della società attraverso la loro lente oscura. Sette i brani a disposizione del quintetto di Stoccolma, a cominciare dall'iniziale "Stjärnfall", cantata in lingua madre, e che mette da subito in mostra le caratteristiche della band scandinava, ossia quello di alternare passaggi aggressivi e momenti più melodici (si ascolti il lungo break atmosferico di "pink floydiana" memoria, per capire cosa intendo), creando un contrasto che tiene l'ascoltatore coinvolto per tutto il tempo, nonostante la proposta dei nostri non brilli proprio in termini di originalità. Eppure è proprio grazie a questa modalità, all'uso di vocals sia in screaming che più pulite e accattivanti, che l'attenzione si mantiene sempre ai massimi livelli. Se passiamo a "A Distant Glow", non possiamo non notare le affinità con i Katatonia di 'Brave Murder Day' e non posso che esultare di fronte alle facili e melodiche linee di chitarra proposte. Parimenti, "Liminal", ma in generale un po' tutti i brani qui contenuti, mostrano caratteristiche piuttosto simili, con un uso distorto delle chitarre (spesso e volentieri in tremolo picking) coadiuvate da un ottimo lavoro alle tastiere, una batteria secca ma incisiva e ampie sezioni strumentali che offrono respiro e profondità, e in chiusura non mancano neppure ottimi assoli. Senza dimenticare anche qualche variazione dal sapore folk che possiamo riscontrare qua e là, e che proprio in "Liminal", nella successiva "Galactic Blood" o in "Suffer Existence", ne sento la maggior influenza. Poi citavo per l'opening track, i suoi break atmosferici, ebbene anche quelli fanno parte del corredo della band svedese, che sia attraverso l'uso di parti acustiche o dell'efficace violino di Martin Björklund, contribuiscono a rendere la proposta dei Wormwood costantemente accattivante, arricchendo ulteriormente il paesaggio sonoro. Non mancano nemmeno le tracce mega tirate (la già citata "Suffer Existence" ne è un esempio), tra blast beat, furiose gallopate, screaming selvaggi, voci femminili e parti folkloriche, giusto a ricordare che la band sa muoversi a 360° con grande disinvoltura e abilità tecnica. E il finale affidato a "Ro" rappresenta la summa di tutto questo, ancora con porzioni furiose, voci femminili, delicate componenti atmosferiche e parti più progressive. Insomma, 'The Star' è un lavoro a cui dare più di una chance, ve lo garantisco. (Francesco Scarci)

(Black Lodge Records - 2024)
Voto: 76

https://wormwood-official.bandcamp.com/album/the-star

giovedì 17 aprile 2025

Nocratai - Eternal Chill

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Metal
Allucinante, furibondo, questo demo della one man band Nocratai proveniente da Bassano del Grappa. La musica proposta è un industrial-noise, con dei riff di chitarra essenzialmente black metal. Suoni freddi e violenti, caos allo stato puro. Una voce infernale e filtrata s'insinua nelle canzoni, donando alle songs un’aria ancora più malsana e inquietante. Alcune parti strumentali mi fanno ritornare in mente i buoni vecchi Burzum, per via di quei suoi suoni ipnotici e decadenti. La registrazione è artigianale ma non confusionaria. Per i veri cultori del caos e della follia, sicuramente una proposta originale.

(Werwolf Productions - 1999)
Voto: 70

https://www.metal-archives.com/bands/Nocratai/48460

mercoledì 16 aprile 2025

Gonemage - Entranced by the Ice Storm

#PER CHI AMA: Experimental Black Metal
Dallas, Texas: è da qui che arrivano i Gonemage, la creatura solitaria di tal Galimgim che propone un EP di due pezzi che dovrebbe fare da apripista al nuovo album. 'Entranced by the Ice Storm' è cosi un assaggio di quello che ci dovremmo verosimilmente aspettare nel prossimo futuro. Il sound del factotum americano suona come una celebrazione, un frammento di un universo sonoro dove il black sinfonico degli anni ’90 si scontra con l’eco spettrale di sintetizzatori 8-bit e 16-bit, un’ode al caos digitale e alla furia primordiale. In queste due brevi ma dense composizioni, il mastermind statunitense sembra fondere l’eredità black con le texture di un computer anni '80 (ah, il mio bel Commodore 64, che ricordi/nds). È in questo contesto che il sipario si apre con "Entranced by the Ice Storm", una song in cui convivono synth retrò con riff affilati come stalattiti e Galimgim che si palesa dietro al microfono con grim vocals demoniache. L’atmosfera sintetica mi ha evocato un che dei nostri Progenie Terrestre Pura, anche se la proposta della band strizza l'occhio a un symph black industrialoide, contaminato da derive old fashion dei Dødheimsgard. I chiptune della seconda "Giga Axe Beam" pulsano invece come la scheda madre del mio computer mentre ascolto black metal, in un contrasto ipnotico e disorientante, per un esperimento che certo non si piega alle convenzioni, mentre le voci si sdoppiano o forse triplicano, in un tripudio di suoni che sembrano addirittura evocare un che dei Mr. Bungle, in un lavoro che alla fine è tutto da scoprire. (Francesco Scarci)

(Lilang Isla - 2025)
Voto: 69

https://gonemage.bandcamp.com/album/entranced-by-the-ice-storm

lunedì 14 aprile 2025

Aura Noir - Increased Damnation

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Thrash
Questa è un'ottima occasione per conoscere i primi lavori dei norvegesi Aura Noir, qui proposti in versione live, insieme ad altre chicche (remastered, uncut versions, ecc.) che faranno la gioia dei patiti della band. 'Increased Damnation' è una compilation fatta di brani grezzi, veloci, seminali. Per collezionisti, ma non solo. Ascoltate "Mirage", "Dreams Like Deserts" o il brano live "Swarm of Vultures" e coglierete l'essenza stessa del thrash metal: incontaminata energia selvaggia! Segnalo la presenza di Fenriz alle vocals in un paio di brani. Se volete disintossicarvi dalle atrocità musicali che vanno per la maggiore alla radio, questo è l'album che fa per voi.
 
(Hammerheart Records - 2000)

lunedì 24 marzo 2025

Panzerfaust - The Suns of Perdition - Chapter IV: To Shadow Zion

#PER CHI AMA: Black/Death
Ignoravo l’esistenza dei Panzerfaust, e ora mi maledico per questo abisso di ignoranza! È stata una casualità, un inciampo su Spotify, a condurmi tra le spire di 'The Suns of Perdition - Chapter IV: To Shadow Zion', l’ultimo atto dei canadesi, e sono rimasto pietrificato, la bocca spalancata davanti a un’oscurità che mi ha divorato l’anima. Questo disco non è solo un album: è il capitolo finale, trionfale e funereo, che sigilla l'oscura tetralogia iniziata nel 2019, un’opera monumentale che mi ha trafitto con la sua cupezza fin dalle prime note. “The Hesychasm Unchained” mi ha ghermito con ritmiche iniziali che stillano disperazione, mentre i vocalizzi dei due cantanti – simili a lamenti di dannati – s'incastrano in una struttura ritmica che soffoca, un mélange spaventoso e irresistibile di black e death, brutale eppure melodico, marchio di fabbrica di questo quartetto dell’Ontario. È un’epopea macabra, una cavalcata di cinque capitoli che si dipana per tre quarti d’ora, un viaggio nelle tenebre dove l’opener brilla come un faro nero, ma dove ogni traccia pulsa di un’energia maledetta. “When Even the Ground Is Hostile” irrompe con sincopi che tagliano come lame arrugginite, mentre “The Damascene Conversions” si erge più lenta, quasi solenne, con una dinamica che intreccia cambi di ritmo, graffi acustici che lacerano il silenzio e armonie strumentali che affascinano come un rituale proibito. Niente interludi, stavolta: il flusso è inesorabile, un torrente di desolazione sorretto da atmosfere che ti avvolgono come nebbia su un camposanto abbandonato, amplificando una narrazione che stringe il cuore in una morsa. E poi, l’apice del terrore: “Occam's Fucking Razor” è una lama di black/death sghembo e martellante, un assalto che squarcia ogni speranza, seguito dalla conclusiva “To Shadow Zion (No Sanctuary)”, un monolito opprimente che cala il sipario su questo disco come una sentenza di morte. Non ho scampo: questo lavoro mi ha incatenato, obbligandomi a scavare nelle viscere degli altri capitoli della saga. I Panzerfaust sono una rivelazione oscura, e io sono condannato a seguirli nell’abisso!(Francesco Scarci)

martedì 11 marzo 2025

Räum – Emperor of the Sun

#PER CHI AMA: Raw Black
Dagli abissi di Liegi, ritroviamo i Räum che tornano a squarciare la realtà con 'Emperor of the Sun', secondo sigillo scagliato nel vuoto in questo inizio 2025, come sempre sotto l’egida della Les Acteurs de l’Ombre Productions. Dopo aver recensito, non troppo brillantemente a dire il vero, il precedente 'Cursed by the Crown', mi ritrovo oggi ad ascoltare una band che nel frattempo dovrebbe aver affinato la propria arte, costruendo un altare di gelo e fiamme che brilla di un’oscurità tanto feroce quanto ipnotica. Sette lame di un black metal che sanguina melodia (poca) e disperazione (tanta), laddove non c’è redenzione, ma un inno alla caduta, un’eco di grandezza e rovina che si riflette nei resti di un’umanità condannata a divorare se stessa. Il nuovo disco si apre con "Eclipse of the Empyreal Dawn" e uno squarcio di chitarre gelide che si leva su un drumming furioso, mentre folate atmosferiche s'intrecciano a un cantato che sembra emergere dalle viscere della terra. L’atmosfera è densa, quasi sulfurea, ma vi garantisco che lo sarà ancor di più in "Grounds of Desolation", un’eclissi che soffoca la luce con melodie eteree, un lamento da terre desolate spezzate da un black mid-tempo, che vede in un asfissiante break centrale, un interludio spoglio, quasi spettrale che lascia spazio a un vuoto che inghiotte. Ci eravamo persi "Nemo Me Impune Lacessit", ma che dire di un brano sparato alla velocità della luce e tagliente come schegge di ossidiana, grazie al suo black crudo, selvaggio e lacerante? E sulla medesima falsariga, ecco accendersi le fiamme di "Towards the Flames", un assalto furioso, al fulmicotone, con un riff impetuoso, uno screaming indemoniato che si eleva su un drumming martellante. Non troppa originalità per i nostri, ma questo già lo immaginavo. E la causticità sonora prosegue anche in "Obscure", un altro brano in cui non c'è il benché minimo avviso di tregua. Solo blast-beat feroci e chitarre in tremolo picking che urlano la propria malvagità, guidandoci attraverso il puro caos. Con la title track, il ritmo sembra finalmente rallentare in un'introduzione lenta e inquietante che dura, ahimè, solo pochi secondi. Poi spazio ad altre sciabolate ritmiche, sebbene il riffing torni a muoversi su ritmi più compassati e oscuri. Quello dei Räum è un suono alla fine troppo glaciale per i miei gusti, non che sia male ma mi trasmette poco, ma questo l'avevo già sottolineato un paio di anni fa. E la conclusiva "A Path to the Abyss" non stravolge la mia valutazione finale, vista la sua viscerale brutalità che chiude la porta di quell'abisso infernale in cui siamo sprofondati. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2025)
Voto: 64

https://ladlo.bandcamp.com/album/emperor-of-the-sun

martedì 4 marzo 2025

Hell:On - Shaman

#PER CHI AMA: Thrash/Death
Quando il vento gelido delle steppe ucraine si mescola al clangore di un death brutale e primordiale, ecco nascere 'Shaman', settimo sigillo degli Hell:On. Avevo amato il precedente 'Scythian Stamm' e quindi, le mie aspettative per questo nuovo lavoro, devo ammettere fossero piuttosto elevate. Questa nuova fatica del quintetto di Zaporizhia si presenta come un rituale sonoro, un viaggio nelle tenebre che ci ricorda che la musica non è solo una forma d'arte, ma un modo per esplorare i recessi più profondi dell'anima. L'apertura dell'album, "What Steppes Dream About", è un pezzo che evoca immagini di antichi rituali tribali, sostenuta da un riff di chitarra che s'insinua come un serpente venefico. Il growl del frontman solca l'aria, trasmettendo un senso di invocazione, come se stesse chiamando a raccolta le forze oscure dei nostri antenati, mentre le chitarre di Hellion e Anton, costruiscono un muro di suono che crolla in un assalto death metal. "When the Wild Wind and the Soul of Fire Meet" è la classica quiete prima della tempesta: in principio, solo flebili suoni poi sostituiti da riff travolgenti e una batteria martellante che si fondono in un crescendo implacabile, atto a creare un muro sonoro che travolge l'ascoltatore, in un finale sincopato che mi ha evocato i primissimi Septic Flesh. Ma è forse con "Tearing Winds of Innerself", che la tempesta interiore prende forma in un assalto di blast beat e killer riff, un tornado sonoro che squarcia ogni difesa, anche laddove persistono le porzioni tribali, ma che prende il sopravvento quando i nostri ci lasciano cadere in un ubriacante maelstrom sonoro e ci avvolgono in un epico assolo conclusivo che lascia un’atmosfera incandescente. Si prosegue con il misticismo sciamanico di "Preparation for the Ritual", che va a fondersi con una brutalità sonora, creando un incantesimo che non lascia scampo, in una sorta di versione death metal dei Melechesh. Con "He with the Horse’s Head", il galoppo ritmico è un’eco di zoccoli su una pianura arida, mentre le chitarre intrecciano melodie mediorientali a un death metal possente, e in cui va sottolineata, ancora una volta, la performance solistica delle due asce e il dualismo vocale di Olexandr Bayev, abile a muoversi tra growl e vocals strozzate in gola. La caduta si approfondisce in "A New Down". Riff spezzati si uniscono a un ritmo forsennato, in una furente cavalcata che mi ha ricordato i Sepultura di 'Arise' uniti ai Death di 'Human', mentre un assolo vertiginoso squarcia la matrice sonora nella seconda metà del brano. Il drumming è un ruggito continuo, un tuono che non si ferma davanti a nulla, anche nella successiva "I Am the Path". Qui, la batteria di Leshiy colpisce con precisione brutale, alternando raffiche a pause cariche di un silenzio inquietante, mentre le chitarre s'intrecciano in armonie oscure e taglienti, e la voce ruggisce come un oracolo posseduto. A chiudere il disco, ecco la title track, un pezzo che apre con roboanti ritmiche scuola Morbid Angel, per poi cedere il passo a un’atmosfera doomeggiante, che è un misto tra misticismo e nichilismo. Alla fine, 'Shaman' non raggiungereà i livelli eccelsi del suo predecessore ma comunque si dimostra come un album solido, un rito, un cerchio di fiamme e teschi che chiama a sé gli spiriti di un tempo, di un’Ucraina ferita che respira guerra e sopravvivenza. (Francesco Scarci)

(Archivist Records Ukraine - 2025)
Voto: 80

https://hellonband.bandcamp.com/album/shaman

giovedì 27 febbraio 2025

Necrodeath - Arimortis

http://www.secret-face.com/

#FOR FANS OF: Black/Death/Thrash
Not an entirely long LP, roughly 39 minutes but, wow! How much these 3 sub-genre metalers (black/death/thrash) have amped up their game! I had 'Defragments of Insanity' (2019) & didn't hold onto it because it didn't really resonate with me. Then I heard this and, damn! I've been hooked! It seems a lot better sounding than many previous releases by the band, I suppose they said "let's go all out & see where it takes us!" That's a hypothetical, but really they are sounding awesome! The guitars are wicked & everything here (I'm guessing) made sense to them. Upon release, it made sense to me hearing new material that's not recycled over & over like it happens with so many bands in any type of music. But these dudes did one heck of a good job! The guitars don't repeat over & over, they stuck with solid riffs that sound in their own style, lead guitar outputs well executed too. They actually have a music video out for one of the songs here called "Storytellers of Lies".
 
Nine songs OK, but just all of them are simply wicked! I just heard this once & was blown away. And part director Milos Forman's 'Amadeus' (1984) where Mozart accused the Italians as being "musical idiots!" was well, far off! I think listeners on this will definitely disagree with that film based musical-judgment as it pertains to Italian artists.
 
Four people in this band right now: Flegias, who sounds black metal-like on voice, the guitars by Pier Gonella are death/thrash sounding & the remainder of the band (GL & Peso) keep up rather well! I was hoping to get a copy of this LP on Amazon, but it's temporarily out-of-stock! I've heard prior releases from the band, just I've not been as interested in them until hearing this! They've been around rather a while, 1984-1985 or thereabouts!
 
This exceeded my expectations by a ton, how can you possibly like metal & pass this one up!? Be ready for an onslaught of noise coming out of your speakers & your brain having a super hard time keeping up with it all! (Death8699)
 
(Time To Kill Records - 2025)
Score: 83
 

lunedì 24 febbraio 2025

Häxkapell - Om Jordens Blod Och Urgravens Grepp

#FOR FANS OF: Black/Folk
The Scandinavian music scene is full of talented musicians, which explains the quantity and quality of projects in the metal scene. The musicianship, displayed in these projects, proves how crucial it is to teach young people to play and love music. It also shows how a single member can create a very competent project with little or no help from other musicians. Today, we focus on one of these intriguing projects, called Häxkapell. It was founded in the northern lands of Sweden by the musician Oraklet, who plays all the instruments except for the drums, with some guest appearances.

After its remarkable debut 'Eldhymmer', and as a celebration of its ten years of existence, the interesting Swedish solo project is back with its sophomore effort, entitled 'Om Jordens Blod Och Urgravens Grepp'. I like the fact that the lyrics are written in Swedish as it gives authenticity and personality to Häxkapell’s music. I have always considered that the black metal genre, where this project is firmly rooted, gives a great room to sing in each own's language, as the genre has proven to be a great portrait of different cultures’ expression. Häxkapell’s musical approach does make a strong connection between this metal subgenre, as its music has an influence from Sweden’s folklore and cultural heritage. Häxkappel’s compositions are not a generic black metal collection of songs, but compositions that have an intimate connection to that land and its history. The wise use of atmosphere and resources like acoustic guitars or folk instruments reinforce this idea. For example, a song like "Vindar Från Förr" successfully combines a strong folk touch thanks to the violin and clean vocals, with the trademark high-pitched screams and the traditional black metal riffing. This essence is also immediately felt in the album opener "Satans Rötter". Its riffs and vocals remind me of the traditional approach of pagan black metal bands, with this barbaric and powerful riffing, hammering drumming, and a great combination of aggressive vocals, which are dominant, and the clean ones. All in all, the purest black metal essence is clearly present in many sections, which sound darker and more aggressive, thanks to the well-known use of tremolo picking. There are many moments to choose, but the listener will easily appreciate it in a quite straightforward composition like "Metamorfos".

The way an album ends is essential, as it leaves you with a greater or worse impression of it. Häxkapell surely was conscious of this fact, and it closes this second album with a magnificent track called "Den Sanna Modern Talar". This is the longest and most epic piece, with an excellent combination of all the elements used by this project throughout 'Om Jordens Blod Och Urgravens Grepp'. It’s a fast, yet varied track that combines folk and black metal elements in a very inspired way, achieving a majestic and energetic tone that makes you headbang like a beast. I personally love how powerful riffs are combined with the violin or the acoustic guitars, and the result sounds so well fused. The excellent clean vocals are also an interesting addition, as they enhance the majestic yet mature tone of this track. This is certainly a tasteful way to end an album.

In conclusion, 'Om Jordens Blod Och Urgravens Grepp' is a step forward as it successfully continues with the fundamentals seen in the first album, but with improved compositions and a great variety, which results in a phenomenal album. (Alain González Artola)


martedì 18 febbraio 2025

Oranssi Pazuzu - Muuntautuja

#PER CHI AMA: Psych Black Sperimentale
Converrete con me che gli Oranssi Pazuzu siano un unicum nel panorama estremo. 'Muuntautuja' è il loro sesto album sempre focalizzato a mescolare elementi black metal, psichedelia ed elettronica, in un'opera che sfida ancora una volta, ogni tipo di convenzione. Con questo lavoro, la band finlandese riesce a mantenere la propria identità unica esplorando nuovi territori sonori mantenendo comunque intatta quell'atmosfera oscura e ipnotica, marchio di fabbrica del combo di Tampere. I brani oscillano tra momenti di intensa aggressività (come nell'iniziale "Bioalkemisti" o nell'ancor più sghemba "Voitelu") e sezioni più tranquille e riflessivo (come accade nella title track, che segna una transizione verso un sound più minimalista e fluido, con l'elettronica che gioca un ruolo centrale, ove dominano sintetizzatori inquietanti e ritmi pulsanti), creando comunque un flusso sonoro avvolgente. I brani possono passare da esplosioni di rumore a momenti di calma quasi meditativa (ascoltare l'angosciante "Hautatuuli"). Un break rumoristico ("●") e siamo già proiettati verso un finale apocalittico con un trittico di song che vede in "Valotus" un esempio di umorale rumoristica espansione primordiale, song straniante dotata di un finale in cui il black sfocia in un puro noise dronico. "Ikikäärme", la traccia più lunga del disco, ha un incipit inquietante e un carattere comunque assai stralunato, quasi stessimo assistendo a un incubo a occhi aperti; il pezzo alterna comunque parti aggressive a sezioni atmosferiche che evocano immagini di paesaggi alieni. La conclusiva e ambientale "Vierivä Usva" conferma l'audacia di un lavoro che si configura a essere come una vera e propria odissea sonora, capace di condurre l’ascoltatore attraverso territori sconosciuti al di là delle Colonne d’Ercole. (Francesco Scarci)

Evoking Winds - Your Rivers

#PER CHI AMA: Black/Epic/Folk
L'album 'Your Rivers' degli Evoking Winds si è rivelato per il sottoscritto una delle sorprese più entusiasmanti del 2024, consolidando il talento di questa band bielorussa che continua a stupire con la sua capacità di fondere black metal e folk in un equilibrio impeccabile. Giunto al loro sesto lavoro, il gruppo dimostra una maturi artistica notevole, spingendosi verso nuove direzioni sonore senza tradire il proprio stile distintivo. Questo disco, composto da dieci tracce per un totale di 51 minuti, si distingue per la sua atmosfera incredibilmente evocativa e malinconica, un viaggio musicale che intreccia riff di chitarra possenti con melodie folk ricche di profondità e intensità emotiva. Brani come l'opener "Verily Said" o le straordinarie "The Lights of Skellige" e "Lilac and Gooseberries" sono perfetti esempi della versatilità della band: momenti di feroce aggressività si alternano a sezioni melodiche e contemplative, intrise di una magia eterea che deve molto anche alla presenza di vocalizzi femminili sognanti. La strumentazione usata dalla formazione a otto elementi, è un vero punto di forza dell’album: flauti, arpe, cornamuse e ben tre chitarristi creano un senso dinamico e stratificato, arricchendo ogni traccia con contrasti affascinanti. Questo connubio tra strumenti acustici e parti elettriche si fa particolarmente evidente in episodi come "Brotherhood of Brenna" o la title track, dove soluzioni orchestrali amplificano l'aspetto epico e cinematografico del disco. La produzione è impeccabile, riuscendo a valorizzare ogni dettaglio senza mai sacrificare l’impatto emotivo o l’intensità dei brani. Blast beat furiosi, tremolo picking raffinati e arrangiamenti curati convivono in un insieme che non stanca mai, offrendo un’esperienza sonora a dir poco immersiva. I testi affrontano con sensibilità e profondi temi universali come i mutamenti del mondo, i conflitti, l’amore, la morte e il ciclo perenne della vita, conferendo ulteriore spessore a un’opera già straordinaria sotto il profilo musicale. Seppure disponibile solo in versione digitale unico piccolo rammarico 'Your Rivers' si guadagna, senza esitazione, un posto tra i migliori album dell’anno, almeno per il qui presente. È un lavoro imprescindibile per chi cerca autenticità, innovazione e una freschezza rara nel panorama musicale contemporaneo. Una scoperta che merita tutta l’attenzione possibile. (Francesco Scarci)

martedì 4 febbraio 2025

Rheinkaos - All my Being is a Dark Verse

#PER CHI AMA: Black Avantgarde
Ci sono voluti ben 16 anni per risentir parlare dei Rheinkaos, band greca che era uscita nel 2008 con un demo - che il sottoscritto aveva recensito - e poi il nulla. Un silenzio assordante. Si era parlato di un primo full length nel 2010, ma questo rimase strozzato in una carenza di budget che mi fece pensare alla prematura capitolazione dell'act ellenico, cosa che effettivamente accadde nel 2015. Eppure, la creatura di Dimitrios B. aveva lasciato un segno, per quel sound industrial-avanguardistico che scomodava mostri sacri come Dødheimsgard e Ulver. Poi con mia grande sorpresa, lo scorso anno ho letto che la band si era riformata, e addirittura aveva deciso di completare le due tracce lasciate abbandonate una decina d'anni fa. Il trio ha quindi rilasciato questo EP di due pezzi, intitolato 'All my Being is a Dark Verse', che include "Beta Religion" e "The Commencement Fear". Devo dire che i pezzi riflettono assolutamente quanto avevamo già apprezzato su quel 'Demo 2008', ossia una base avantgarde su cui imbastire una ritmica black coadiuvata da elementi sperimentali, che portano i nostri a sbandare in derive di "ulveriana" memoria, complice peraltro un uso possente dei synth, ed evocando, in altri momenti, le cose più progressive degli ultimi Enslaved, con la band greca che arriva a citare addirittura i Fates Warning, tra le proprie influenze. La proposta del trio è davvero molto interessante, con pulsioni cosmiche che divampano dalle linee di basso, chitarra e componenti elettroniche varie, al pari delle esplosioni vulcaniche sulla luna di Giove, Io, mentre la voce del frontman si alterna tra parti pulite e harsh vocals. L'inizio della seconda traccia è ancor più affascinante, e qui si sentono probabilmente quelle influenze che conducono al prog dei Fates Warning, ovviamente in una veste più pesante viste le grim vocals che duettano con altre più cibernetiche e insieme si affacciano comunque su una matrice musicale davvero da brividi. Uno strabiliante break atmosferico centrale miscela hammond e chitarre, mentre oniriche visioni psichedeliche, coadiuvate da giri di chitarra acustica, fughe post rock, un sax delirante e orchestrazioni da applausi, completano un brano esagerato, lasciando trasparire le enormi potenzialità di una band che potrebbe realmente configurarsi come la maggior sorpresa di questo 2025. Per ora mi tengo basso con il voto (e sarà un 75!), solo perchè il qui presente dischetto è stato partorito oltre 10 anni fa e include due sole song, ma la curiosità di conoscere lo stato di forma dei Rheinkaos oggi, vi garantisco che è enorme. (Francesco Scarci)

Tigguo Cobauc - Fountains of Anguish

#PER CHI AMA: Black/Sludge
The English band Tigguo Cobau, whose peculiar name has historic ties with its hometown Nottingham, presents its sophomore effort entitled 'Fountains of Anguish'. The second album is always a crucial moment for a project as they must make a step forward and distinguish themselves from the fierce competition. Tigguo Cobau's approach is quite interesting as they blend some black metal influences into their core sludge metal sound, while adding a strong atmospheric touch.

'Fountains of Anguish' incorporates all the aforementioned elements, achieving a remarkably solid balance between abrasion and atmosphere. The typical aggressiveness of sludge metal is complemented by melodic and ambient sections, resulting in songs that have a unique touch. This blend is evident not only in the band's instrumental music but also in the vocals. The raspy vocals play a significant role, but cleaner vocals are also utilized throughout the album. The album features ups and downs in intensity and tempo changes, creating a dynamic listening experience. Take, for example, the track "Eternal Quietus," which showcases marked contrasts between different sections and overall intensity. The vigorous pace and crushing riffs, accompanied by ferocious screams, make this song one of the heaviest yet mesmerizing with its hypnotic atmospheric parts. Renatos Ramos delivers a stellar vocal performance, effortlessly varying his tone as needed. He typically uses high-pitched tones for extreme vocals but also incorporates lower tones, closer to metal, as seen in the crushing and heavy "Inner Disaster." Another standout track is "Engaged Putridity," where all the elements that define the album are tastefully combined. The song is vibrant from start to finish, exuding tremendous energy with top-notch guitar work, abrasive vocals, and the ever-welcome atmospheric essence that enhances the entire work.

'Fountains of Anguish' by the English band Tigguo Cobauc, is definitely a remarkable album. The different elements and influences of the band are combined in an inspired way, creating compositions that exude energy and honesty. I strongly recommend giving it a chance if you enjoy songs with a well-balanced brutality and atmosphere. (Alain González Artola)


(Exitus Stratagem Records - 2024)
Score: 83

https://www.facebook.com/tigguocobaucband

domenica 2 febbraio 2025

Irae - Promiscuous Fire

#PER CHI AMA: Black Old School
'Promiscuous Fire' è un EP che cattura l'essenza del black metal portoghese, un genere noto per la sua intensità e atmosfera assai oscura. Gli Irae, one-man band tra le più rappresentative della scena (con sei album, tre EP e ben 19 split all'attivo!!), dimostrano anche qui di voler proseguire nel loro intento di proporre un black old school. Il 4-track si apre con l'atmosfera cupa e minacciosa di "The Curse of Lael", caratterizzata da riff di chitarra taglienti e una produzione grezza che ricorda le origini del black metal, senza però rinunciare a una certa chiarezza sonora. Le tracce sono costruite su strutture complesse, con cambi di tempo repentini e melodie ancestrali che evocano un senso di disperazione e rabbia. Lo screaming, aspro e disperato, di Vulturius si fonde perfettamente con l'atmosfera generale, aggiungendo un ulteriore strato di intensità emotiva. Tracce come "Vinho de Gólgota" e "Porco de Satanás", sembrano voler rievocare le radici del black, chiamando in causa i primi Bathory e i Darkthrone, e sono esempi perfetti di come il mastermind lusitano riesca a creare brani veloci e malvagi, mantenendo intatta l'essenza del black primordiale. La produzione, pur mantenendo un suono crudo e autentico, permette di apprezzare ogni dettaglio della composizione, dalle dissonanti linee di chitarra (ascoltare la controversa "Endless Circle") alle debordanti mazzate alla batteria che contribuisce a creare un ritmo incalzante che trascina l'ascoltatore in un vortice di emozioni contrastanti. Insomma, 'Promiscuous Fire' è un discreto ritorno che conferma gli Irae come una delle band più interessanti del panorama black iberico e che vede la band proseguire nel personale desiderio di non tradire le radici del genere, offrendo un'esperienza sonora intensa e coinvolgente. Consigliato però ai soli appassionati di black old fashioned. (Francesco Scarci)

domenica 26 gennaio 2025

Thy Catafalque - XII: A Gyönyörű Álmok Ezután Jönnek

#PER CHI AMA: Avantgarde/Black/Folk
Il nuovo album 'XII: A Gyönyörű Álmok Ezután Jönnek' dei Thy Catafalque rappresenta un ulteriore capitolo complesso e affascinante nella carriera di Tamás Kátai, la geniale mente dietro il progetto, consolidandone la reputazione nell’universo dellavantgarde black metal. Questo dodicesimo lavoro si distingue per una sorprendente fusione di stili, che si muovono dall’estremo al melodico, con un forte legame alla storia e alla cultura ungherese. La complessità musicale, una firma distintiva dell’artista magiaro, permea l’album attraverso elementi folk, prog, elettronica e avantgarde, oltre a intensi momenti di metal estremo. Per la prima volta, Kátai ha collaborato con il produttore Gábor Vári, ottenendo una produzione più raffinata rispetto ai lavori precedenti. Tra i dieci brani che compongono il disco, identificherei come di maggiore spicco "Mindenevő", un’intensa combinazione di growl e melodie accattivanti che richiamano vagamente gli Amorphis nelle note iniziali, a cui fa seguito una cavalcata black/death a guidarne il refrain. "Ködkirály" sembra articolarsi in due atti: una prima parte malinconica, impreziosita dalla voce femminile di Ivett Dudás (dei Tales of Evening) e una seconda, che si evolve in unesperienza sonora drammatica e potente, sospesa tra sonorità black e atmosfere imponenti dal sapore doom. "Lydiához" è una reinterpretazione malinconica e folkloristica di un brano dell’artista ungherese Sebő Ferenc, cantata con grazia, da Martina Veronika Horváth (The Answer Lies in the Black Void) e Gábor Dudás. I due artisti vanno a unirsi allo stuolo di collaborazioni (oltre 20 musicisti coinvolti) che hanno contribuito a rendere ogni traccia unica, arricchendo il tessuto sonoro dei Thy Catafalque, e donando sfaccettature sempre nuove ai pezzi. Nel frattempo si arriva a "Vakond", un vivace brano strumentale che intreccia stili e strumenti diversi, dal fischio al bouzouki, creando un’atmosfera festosa ma carica di nostalgia. La title track chiude il disco con melodie leggere e un ritornello coinvolgente, mettendo nuovamente in mostra la straordinaria versatilità della band. In definitiva, 'XII: A Gyönyörű Álmok Ezután Jönnek' riflette l’evoluzione continua e coraggiosa dei Thy Catafalque. Sebbene non raggiunga le vette dei precedenti 'Vadak' o 'Sgùrr' (che rimane il mio preferito), questo nuovo capitolo offre una ricchezza di suoni e ispirazioni che non mancherà di stupire anche lascoltatore più ignaro, regalandoci nuove prospettive ed esperienze sonore. (Francesco Scarci)

(Season of Mist - 2024)
Voto: 78

giovedì 23 gennaio 2025

Doedsmaghird - Omniverse Consciousness

#PER CHI AMA: Black Avantgarde
Pubblicato lo scorso ottobre, 'Omniverse Consciousness' dei norvegesi Doedsmaghird, si distingue come un’evoluzione artistica significativa dei membri Ms. Longue Vie Imminent Doom e Mr. Vicxit Baba Maharaja, ben noti per il loro lavoro con i Dødheimsgard (peraltro l'anagramma del moniker della band di quest'oggi). Questo side-project è interessante per la fusione di elementi elettronici con il nero verbo metallico. Fin dall’inizio infatti, c’è una forte sensazione di spontaneità e libertà creativa che differisce da alcune delle più recenti uscite dei Dødheimsgard. L’album ritrae la musica dei nostri come un'estensione naturale del suono distintivo della band madre, ma qui con un'inflessione più irriverente e sperimentale, dimostrata attraverso l'arricchimento del sound con una varietà di elementi sonori, tra cui "blips", "whooshes" e "chimes", che accompagnano chitarre e batteria, creando un'atmosfera quasi psichedelica. A ogni modo, basta ascoltare la prima traccia, "Heart of Hell", per intraprendere un viaggio sonoro che può sembrare confuso, ma che in realtà riesce a rivelare armonie e transizioni logiche all'interno di essa, mescolando darkwave con atmosfere contemplative. Altri brani degni di nota includono la super stralunata "Sparker Inn Apne Dorer" e "Then, to Darkness Return", che esplora (e abbina) ritmi tribali a sonorità cupe di valenza black metal. Infine, segnalerei "Adrift Into Collapse" che chiude l'album, prima dell'outro conclusivo, con una transizione verso atmosfere più eteree e poetiche, utilizzando campionamenti di violini in un contesto cyber-noir. In conclusione, 'Omniverse Consciousness' non è solo un debutto promettente per i Doedsmaghird, ma anche un'opera che espande i confini del black metal contemporaneo, invitando gli ascoltatori a immergersi in un universo sonoro complesso e affascinante. (Francesco Scarci)

lunedì 20 gennaio 2025

Luring - Malevolent Lycanthropic Heresy

#FOR FANS OF: Atmospheric Black Metal
USA's Luring is a trio whose members are involved in similar and equally interesting projects, particularly Azathoth's Dream, which I strongly recommend if you enjoy old school atmospheric black metal. Since the release of its first album, Luring has released albums each year, improving and refining its sound, which is firmly rooted in the purest essence of the black metal genre. As is common with these underground projects, the change and evolution is not particularly significant as they strive to maintain their core sound unaltered, yet the listener will notice a progression in each album.

'Malevolent Lycanthrophic Heresy' is the name of Luring's newest effort, and from the moment you see the album cover, you can realize that the USA-based project remains loyal to its roots. The black and white tenebrous artwork is a fine portrait of what you will listen to. This new opus sounds as dark as the previous ones, combining the pure aggression of the genre and a murky atmosphere. The production is, as expected, raw and lugubrious, but still enjoyable, not reaching the annoying levels of certain projects that sound like a noise ball. The short and straightforward album opener "Ravaged By the Teeth of a Feral God" is a fine example of it, with its aggressive riffs and raspy vocals. Although, I particularly enjoy songs where the atmosphere is more present, like the longer composition "Born With the Devil's Marking". This song has some nice tempo changes, making the composition quite interesting and enjoyable. The other longer track, entitled "The Odious Gaze of Chronos," is also remarkably inspired, showing that Luring finds the best room to shine in these lengthy songs. In this case, the pace is much slower except for the final section, although the riffs are equally sharp and tasty. The final proper track, entitled "Dying Wolf Beneath the Stars," is another enjoyable piece of atmospheric black metal with a particularly raw atmosphere that Luring masterfully creates. The guitar lines are again the best thing here, as they have the hypnotic essence that is a trademark of the genre. There are no big complaints from my side if we solely focus on the aforementioned songs, but the album lacks something important due to its shorter length. The whole record lasts 36 minutes, which in theory is enough, but half of the compositions are ambient/instrumental tracks. Don’t get me wrong, to a certain degree I enjoy them, but as this is a black metal album, having half of the compositions in this vein is a bit disruptive and leaves you with a feeling of wanting more.

In conclusion, 'Malevolent Lycanthropic Heresy is a quite good album when it focuses on its pure atmospheric black metal side. However, having so many ambient tracks leads you to think that this is more an EP than an actual full-length album. I sincerely think that a couple more tracks would have improved the experience a lot more. (Alain González Artola)


(Iron Bonehead Productions - 2024)
Score: 73

https://luring.bandcamp.com/album/malevolent-lycanthropic-heresy

domenica 12 gennaio 2025

Coffinwood - Acolythes of Eternal Flame

#PER CHI AMA: Black/Death
La Polonia ultimamente ci sta dando un bel gran daffare: dopo aver recensito i Runopatia, ecco sulla mia scrivania un'altra release polacca, targata questa volta Coffinwood, band originaria di Varsavia, da poco uscita con questo 'Acolythes of Eternal Flame', esordio sulla lunga distanza, dopo l'EP del 2020, 'Storm of Steel'. La proposta del terzetto non smentisce il paese d'origine, proponendo il classico mix death/black metal, che sembra andare un po' per la maggiore in quelle lande. Tutta quest'incazzatura si materializza attraverso otto tracce e 45 minuti di musica incendiaria che divampa quasi immediatamente dalle spoken words, che dovrebbero alludere ai tragici eventi di Chernobyl, e aprono la lunga "Disposition of Doom", evolvendo in una ritmica killer, che ben si alterna comunque a frangenti più ragionati. In tutto questo frastuono sonoro, ben si collocano le voci dei due cantanti, Beherit e Kumen, rispettivamente anche basso e chitarre del trio. Il sound che ne viene fuori suona come una sorta di rivisitazione delle sonorità estreme anni '90, sebbene abbia anche colto echi dei Melechesh, nella porzione conclusiva dell'opening track. Dai sette minuti della traccia d'apertura ai quasi tre della violentissima "Radionuclide", una rasoiata in pieno volto che, in totale assenza di schiuma, lascia come risultato una profonda cicatrice in faccia. E da li, ecco altre spoken words che dischiudono "Salvation Through Radiation", una song che ha nella ipertecnica performance del suo batterista l'acme artistico: la prova di Trommeslager dietro le pelli è davvero sontuosa ed efficace nel distogliere l'attenzione a una proposta che rischia di risultare ampiamente già sentita. Il focus sulla musica ritorna quando i ritmi si fanno decisamente più lenti e compassati, complice un claustrofobico break di chitarra che dona un pizzico di atmosfera a un disco eccessivamente dritto, forse troppo piallante e che necessiterebbe di qualche variazione in più al tema. Quella che i nostri azzardano nei 90 secondi di "90s" non è tuttavia sufficiente: la brutalità del brano necessita comunque di altro per giustificare l'ascolto di un lavoro troppo ordinario. E allora ci prova la title track, con una musicalità dotata di quel giusto mix di melodia (non troppa sia chiaro) e sonorità sghembe, che caricano di un certo interesse la release dei nostri. Altri attimi di angoscia arrivano con le sirene poste in apertura di "Biorobots" a evocare ancora le drammatiche scene del terribile incidente nucleare che ebbe luogo il 26 aprile del 1986. E la narrazione di quegli eventi prosegue nell'oscure trame chitarristiche di "Exclusion Zone" e della conclusiva "Sarcophagus", la prima con una ritmica thrash death devastante e un cantato in growl catacombale; la seconda più allineata a dinamiche black/death. Alla fine 'Acolythes of Eternal Flame' rischia di essere un disco interessante più per i contenuti lirici che musicali, ancora quest'ultimi troppo ancorati a un passato che fu e che deve essere ampiamente rivisto per non perdersi nell'infinito calderone di band che propongono la medesima zuppa. (Francesco Scarci)