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lunedì 21 ottobre 2024

King Satan - Abyss of the Souls

#PER CHI AMA: Electro/Industrial
E questi King Satan da dove saltano fuori adesso? In tutta sincerità, la band finlandese non la conosco affatto, sebbene sia in giro dal 2015 con quel suo concentrato di elettro-industriale, sporcato di venature death, ma pure heavy classiche. E penso all'assolo che caratterizza la prima traccia, nonchè anche title track, di questo 'Abyss of the Souls', EP che anticipa l'uscita di un full length a stretto giro. Comunque, l'ascolto dei nostri finnici mi ha riportato immediatamente alla mente una versione ancor più ruffiana dei norvegesi The Kovenant, grazie a melodie importanti supportate da ritmiche industrialoidi, effettate growling vocals che vanno a braccetto con quelle più leggiadre della classica gentil donzella (non proprio una spada, diciamolo), orchestrazioni pompose, brevissime fughe in territori death'n'roll e appunto spettacolari assoli heavy metal. Questo quello che certifica la traccia in apertura, cosi come pure le successive "Chaos Forever Now" e "New Aeon Gospel", che completano il trittico di brani inclusi in questa brevissima release. Tanto groove, suoni ruffiani ma sempre interessanti, belle schitarrate possenti, ottimi ritmi di scuola "ramsteiniana", break danzerecci di derivazione Hocico, uno spettacolare uso dei synth a richiamare gli svedesi Deathstars, un pizzico di tocco gotico alla Gothminister; infine, qualche accelerata black e ora, non ci resta altro che attendere il nuovo album in uscita a novembre, con una certa curiosità. (Francesco Scarci)

(Noble Demon Records - 2024)
Voto: 72

https://www.kingsatan.net/

venerdì 28 giugno 2024

Trom - Evil

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine  
#PER CHI AMA: Occult Dark/Deathrock
Monumentalmente macabri e plumbei questi svizzeri Trom. Sicuramente non definibili black metal, almeno non musicalmente. Una band che, per quello che so, ha prodotto solo questo cd dal vivo nel lontano '96, un demo l'anno seguente, per poi ritornare nell'altra dimensione da cui era piovuta (e riapparire solo nel 2023 con 'Liber Mud'). Alcuni membri sono poco più tardi riapparsi in un progetto gothic/dark chiamato Undead Product, con cui hanno realizzato un 7", per poi sparire nuovamente nel nulla. Ma torniamo all'ascolto di questo lavoro che è accompagnato da un'aria pesante, mortalmente pesante, come le malsane esalazioni di un pozzo. Spesso durante l'ascolto, avrete la sensazione di vedere qualcosa apparire davanti a voi, perché questa non è musica ma magia, magia nera (in stile Urfaust per intenderci). Il cantato è di una bellezza che ipnotizza, una voce profonda e imponente, ma anche minacciosa e lugubre. Le liriche sono in francese, con peraltro parti in latino e tedesco; una soltanto è in inglese. Un lavoro che, seppur registrato dal vivo quasi trent'anni fa, gode di un buon suono, anzi forse proprio questo contribuisce a creare un'atmosfera più pesante, sembra quasi di vederli suonare avvolti in una densa nebbia. Come già detto, non siamo al cospetto di un cd black, ma direi piuttosto di occult dark death rock. Ascoltate e meditate.

(Shivadarshana Records - 1996)
Voto: 74

http://numa.chez.com/trom/

lunedì 15 agosto 2022

Murder Corporation - Tagged & Bagged

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death'n'Roll
Spietati, brutali, pesanti come macigni i Murder Corporation sono stati una band in cui militavano gli stessi componenti dei Deranged. Questi gangsters svedesi non concedevano un solo attimo di tregua all'ascoltatore. Si esce infatti storditi e boccheggianti dall'ascolto di 'Tagged & Bagged'. Johan & soci con gli strumenti ci sanno fare, come ben sapete. Se siete alla ricerca di un sound realmente granitico, 'Tagged & Bagged' è l'album che fa per voi. Non vi segnalo nessuna canzone in particolare, perché sono tutte meritevoli d'ascolto. Non poteva mancare una cover: in questo caso si tratta di "Survive" dei Nuclear Assault. I Murder Corporation, prima dello scioglimento avvenuto dopo questo stesso album, avevano tutte le qualità per far presa non solo sui fans del grind e del brutal death, ma anche sui patiti dell'hardcore. Le nuove canzoni suonavano quasi death’n roll. Del resto sono loro stessi a citare i Kiss tra i propri gruppi di riferimento! Tenete presente che il cd conteneva anche una traccia video davvero ricca di sorprese: ben quattro filmati (dal Fuck The Commerce Fest svoltosi nel ’98 in Germania: “Hostage Situation” e “Retract The Hostile”; quindi “Chaos Killed The World” in due versioni in studio); la storia del gruppo; informazioni dettagliate sulla discografia con tanto di copertine; e, per ciascuna release, una canzone da ascoltare. Ve le cito, per darvi un’idea della qualità del lavoro svolto per questo dischetto: "Bulls Eye Eight in the Head" (da 'Blood Revolution 2050'); "Violated" (da 'Kill'); "Chaos Killed the World" (da 'Murder Corporation'); "Retract the Hostile" (dal 7" omonimo); "Procreate Insanity" (dallo split con Vomitory); "Murder in Mind" (da 'Whole Lotta Murder Goin’ On'); "Fooled by Fools" (da 'Santa is Satan'). Tutto questo materiale va naturalmente ad aggiungersi alle 11 canzoni incluse. Mi domando cosa si possa volere di più.

giovedì 29 aprile 2021

Allhelluja - Inferno Museum

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death'n'Roll
Gli Allhelluja rappresentano l’imprevedibile collaborazione tra Jacob Bredahl (vocals dei danesi Hatesphere) e il batterista Stefano Longhi proprietario della Scarlet Records. Premesso che questo 'Inferno Museum' non ha nulla a che fare con il death/thrash proposto dalla band del cantante scandinavo, vi dico subito che è stato registrato ai GB Studios di Milano e masterizzato presso gli illustri Cutting Room Studios di Stoccolma (Rammstein, In Flames). L’album è liricamente ispirato al libro di Derek Reymond “Dead Man Upright/Il Museo dell’Inferno” (un masterpiece su uno “psycho-sex” serial killer). Le dieci tracce possono essere accostabili ad un perfetto mix tra i lavori degli Entombed più death’n roll oriented, con il feeling sporco dei Motorhead, il tutto coniugato al groove dei finlandesi Mind Riot (autori dell’ottimo 'Peak'), e miscelato col flavour stoner tipico degli statunitensi Kyuss. Un ascolto più approfondito del disco aggiunge poi altre influenze alle suddette: “Miss M” e "Inferno Museum" mi hanno richiamato alla mente un certo feeling alla The Doors per il suo incedere ipnotico a tratti psichedelico. Qua e là sono udibili passaggi accostabili agli Stone Temple Pilots, ma tante altre contaminazioni sono presenti in questo piacevole lavoro, che rappresenta forse, una sorta di omaggio ai mai dimenticati anni settanta. La voce di Jacob è sicuramente più godibile quando assume toni rockeggianti piuttosto che la tipica timbrica death metal. Mi è sembrato addirittura di sentir cantare il frontman degli australiani Jet (quelli di “Are You Gonna be my Girl”, per intenderci). Gli episodi migliori del disco sono le due tracce in apertura “A Perfect Man” e “Your Saviour is Here” oltre alla già menzionata title track che sanciscono definitivamente quanto questo disco sia puro rock’n’roll. (Francesco Scarci)

venerdì 10 aprile 2020

Blissful Stream - When The Wolves Start To Circle

#PER CHI AMA: Black'n'Roll/Doom, Venom
Qualcosa di magico alberga nel nuovo full length della one-man-band svedese Blissful Stream, dove Equimanthorn si prende l'onere e l'onore, di essere unico musicista e compositore delle affascinanti otto tracce che formano il disco. Dopo alcuni Ep, dove già si poteva intuire lo stile originalissimo del progetto, si arriva a questo rude, gioiellino underground, pregno di oscurità e fondamenta metal, orgogliose e pure. In realtà dietro a 'When The Wolves Start To Circle' c'è un vero e proprio esempio di conoscenza del genere sotterraneo, dal doom alla psichedelia, passando per rock'n'roll e gothic rock. Calcolando inoltre la militanza dell'artista tra le fila di una black metal band di culto, come i Pest (quelli svedesi), non possiamo che avvicinarci a questo album con interesse particolare. Prendete il concetto cantautoriale blues di stampo apocalittico dei The Devil's Trade ed accostatelo al maligno cataclisma sonoro dei Venom, unitelo alla profondità dei capolavori creati da band magiche come gli In the Woods e per finire avvicinatelo ad un panorama, simile per attitudine, agli intrecci chitarristici carichi di allucinazione, dei mitici 13th Floor Elevators. Solo così potremmo essere preparati ad ascoltare un'esplosiva e pericolosa miscela di black'n'roll dalle tinte fosche e drammatiche, che trafiggono il lato più dark dell'ascoltatore. Un magma sonoro oscuro e travolgente, che in meno di mezz'ora di musica ci proietta in una dimensione parallela nerissima, dall'umore tetro ma sempre carico di un'adrenalina hard rock/metal impensabile. Le danze si aprono con la bordata di "We See the Light" con il ricordo di Cronos e compagni ancora vivido; di seguito la spettacolare title track, con un riff portante di chitarra che fa terra bruciata intorno ed una interpretazione vocale da brividi. La lenta cadenza di "Sow the Seeds of Discontent" con il suo canto pulito ed un magnifico ritornello evocativo, non fa prigionieri nella sua semplicità devastante e gotica, che porta alla memoria (e non chiedetemi il perchè di questa mia impressione) certi primi lavori dei Joy Divison. Ci si inoltra sempre di più nella scaletta di un album pressochè perfetto, nella psichedelia sgraziata di "Covenant of Decay" e via verso altri quattro brani micidiali. Quando si parla di rock'n'roll dalle chitarre sonanti, dal timbro oscuro e violento, fatto con ispirazione e carico di emotività, di vera ribellione, di gotica genuinità con un certo indimenticabile sound stile batcave e un solenne, strascicato, passo pieno di enfasi, verso la musica del destino (DOOM), da oggi non potrete non ricordare questo magnifico disco. 'When The Wolves Start To Circle' è un album davvero degno di nota, il cui ascolto è a dir poco obbligato. (Bob Stoner)

domenica 5 aprile 2020

Allhelluja - Pain is the Game

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death’n’Roll, Xysma, Spiritual Beggars
Avevo particolarmente amato 'Inferno Museum', full length di debutto datato 2004 della super band italica Allhelluja. Dopo 15 mesi, i nostri tornano in pista di nuovo pronti a sconquassare il mondo con quell’incredibile mix di suoni seventies, stoner e death’n roll. Dopo gli ottimi responsi ricevuti e le gig di supporto a nomi del calibro di Down, Raging Speedhorn, Gluecifer e Black Sabbath, la band rilascia il secondo 'Pain is the Game'. Undici brani per 39 minuti di musica sono sufficienti a spazzar via ogni dubbio che l’eccellente qualità dell’album di debutto non è stato, dopo tutto, un caso. La band di Stefano Longhi, sempre coadiuvata alla voce dal vocalist degli Hatesphere, Jacob Bredahl (sempre meno in versione growl, molto più rock’n’roll), è più incazzata che mai: la prova che sfoderano i nostri è quanto mai di classe, grazie anche al supporto di Tue Madsen (The Haunted, Sick of it All) alla consolle. Il sound di questo lavoro del combo italo-danese, in linea di massima non si discosta più di tanto dai suoni grezzi e ruvidi del debut cd: le ritmiche sono più rabbiose e sostenute, il che è forse andato a scapito di quelle influenze più ipnotiche e psichedeliche che contraddistinsero l’esordio dei nostri. Tecnicamente la band si discute, così come il gusto per la melodia; ottima dicevo la produzione, sempre attenta a porre in risalto il basso, vero protagonista di questo 'Pain is the Game'. Se avete amano il debut della band, non potrete fare a meno neppure di questo secondo gioiellino e della miscela esplosiva d’insano rock’n’roll; se non li conoscete e amate questo genere di musica, acquistatelo a scatola chiusa, tranquilli garantisco io per loro. (Francesco Scarci)

lunedì 23 gennaio 2017

Transilvanian Beat Club - Willkommen Im Club

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death Rock
Facciamo un salto indietro nel passato per conoscere un act ormai sciolto, non proprio fortunatissimo e brillantissimo. Sto parlando dei Transilvanian Beat Club che nel 2006 proposero il loro debut album, 11 tracce di un death rock influenzato da sonorità gotiche, dark e doom, interamente cantato in tedesco, lingua che notoriamente faccio fatica a digerire in ambito musicale. Comunque sia, la band tedesca, che includeva membri di Eisregen e Ewigheim, nonché come guest star Martin Schirenc dei Pungent Stench, propina uno strano mix di suoni: un gothic-black sporcato da sonorità rock punk e musiche da B-movie horror, su cui fanno capolino female vocals e un sax (credo, ma non ne sono certo), che richiama parecchio i suoni degli ungheresi Sear Bliss. Per il resto, se potessi azzardare un paragone un po’ folle, mi verrebbe da dire che il disco è un po’ come se i Motorhead suonassero brani dei Rammstein, quindi in modo grezzo e privo ma dotato di quella pomposità che contraddistingue la band tedesca. Se il lavoro fosse stato curato maggiormente, soprattutto a livello di suoni, di sicuro avrebbe ottenuto un riscontro più positivo da parte del sottoscritto. Da segnalare infine, che l’ultima traccia dell’album è la cover “Transilvanian Hunger” dei Darkthrone, forse il pezzo più interessante di questo 'Willkommen Im Club'. A meno che non siate dei grandissimi fan degli Eisregen, ne farei a meno. (Francesco Scarci)

(Massacre Records - 2006)
Voto: 50

http://www.transilvanian-beat-club.com/

giovedì 17 settembre 2015

A.C.O.D. - II The Maelstrom

#PER CHI AMA: Death/Thrash, Machine Head
È interessante vedere come il death metal non sia solo un fenomeno relegato al paese a stelle e strisce. Anche l'Europa dà segni di vita in questo ambito e lo fa, manco farlo a posta, nella nazione con la scena più attiva negli ultimi anni, la Francia. Gli A.C.O.D. vengono infatti dalla Costa Azzurra, Marsiglia per l'esattezza, a infuocare il panorama death/thrash mondiale. Tredici sassate per un pomeriggio di assoluto relax fra arrembanti aggressioni sonore, riffoni trita budelle, in pieno stile Machine Head, growling vocals, blast beat e taglienti assoli. Non vorrei che 'II The Maelstrom' alla fine si riduca a questa breve descrizione, altrimenti il rischio di annoiarsi con un simile album poteva essere parecchio elevato. Fortunatamente il quintetto transalpino ha capito l'antifona e ha pensato bene di inserire qualche variazione al tema, per rendere più interessante il prodotto finale. E cosi non sarà difficile anche per voi imbattervi in qualche divagazione industrial ("Abuse Me") o in un qualche episodio che sfocia nel black metal come "Words of War", la traccia che in assoluto rimane la mia preferita. In "Ghost Memories" addirittura fa la sua comparsa l'ubiquitario Björn 'Speed' Strid, con le sue inconfondibili vocals. Se "Black Wings" è una song abbastanza lineare a livello ritmico, la breve "Rise" vi scalderà con il suo death'n'roll. Una intro acustica ed è il turno di "Cold", la traccia più imprevedibile del lotto, capace di stop and go, rallentamenti e belle sfuriate omicide. In "Unleash the Fools" ecco il secondo ospite dell'album, Shawter dei Dagoba, a prestare la sua voce e impreziosire ulteriormente 'II The Maelstrom', in un brano che vanta anche un ottimo liquido break centrale. Altri tre i pezzi a disposizione degli A.C.O.D. mirate a superare le vostre ultime perplessità: la melodica e oscura "Fallen", altra traccia inserita tra le mie preferite, la caustica "Crimson" e la conclusiva "To the Maelstrom", che ci catapulta definitivamente nell'inferno creato dagli A.C.O.D.. Album in definitiva interessante, soprattutto per la sua capacità di andare oltre i classici dettami del death metal. (Francesco Scarci)

(Self - 2015)
Voto: 75

lunedì 31 agosto 2015

Cephalic Carnage - Anomalies

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Grind/Techno Death
Dodici brani suddivisi in 99 sottotracce per un totale di 45 minuti di musica malsana. 'Anomalies' è il quarto album, datato 2005 degli statunitensi Cephalic Carnage. La band proveniente da Denver (Colorado) sfodera l'ennesima prova eccellente, confermando (e non c’era il bisogno) di essere una delle band più creative e camaleontiche nel loro genere, un grind folle, unico, originale e senza compromessi. 'Anomalies' rappresenta un viaggio, un viaggio nella mente dei pazzi criminali che hanno concepito questo sound, un sound capace di annientare ogni nostra sicurezza e di stravolgere il vostro (e il mio) concetto di musica. Ci troviamo di fronte ad un mix di ipersonico e ipertecnico grindcore, granitico death’n roll miscelato ad un pachidermico doom e ad altre influenze non propriamente metal (jazz e punk su tutte). Il lavoro è un piccolo gioiello: pezzi come “Piecemaker” e “Dying will be the Death of me” piaceranno sicuramente anche a chi con questa musica non ha molta confidenza. Una sezione ritmica devastante e altamente complicata si abbina a ottime vocals (che possono rievocare i vari Lars Goran Petrov, Barney Greenway, Ozzy Osbourne, si avete letto bene!!), a una perizia tecnica mostruosa, con richiami dai folli Pan.thy.monium (creatura di Dan Swano), ai The Dillinger Escape Plan o alla lucida follia di Mike Patton; un’ottima produzione contribuisce a rendere quest’album un grande disco. Non so se sia per l’influenza dell’uranio contenuto nel granito delle Montagne Rocciose o cos’altro, fatto sta che ci troviamo di fronte a dei ragazzi che sanno il fatto loro, che hanno partorito un lavoro di grande valore, che farà sicuramente nuovi proseliti. Forse i puristi del grind storceranno un po’ il naso a questa mia recensione, vi invito, ad ogni modo a dare un’occasione a questo gioiellino, pregandovi di andare oltre ad un superficiale ascolto e addentrarvi nella psiche malata di chi ha prodotto questo strumento di morte. La “Carneficina” sta per iniziare... (Francesco Scarci)

(Relapse Records - 2005)
Voto: 90

lunedì 11 marzo 2013

Phazm - Antebellum Death’n Roll

# PER CHI AMA: Death’n’Roll, Allhelluja, Entombed
Come preannuncia già il titolo dell’album, ci troviamo di fronte ad una band di death’n’roll, nata dalla passione che accomuna Pierrick Valence e Patrick Martin (già membri degli Scarve) per questo genere di musica. A differenza di altri esempi di death’n’roll (i nostrani Allhelluja, gli Entombed o gli Xysma), qui la base di partenza ha un sound più oscuro e malvagio, pur mantenendo quel groovy di fondo che caratterizza questo stile: ascoltatevi “Hunger”, il miglior brano del disco, vera perla nera di brutalità mista a divertimento o “My Darkest Desire” o ancora la funerea “Damballah”. Il bello di questo disco è che i brani non sono per niente scontati: sono selvaggi, talvolta bizzarri come “Sabbath”, arrivano a sfiorare, ma senza mai raggiungere, i confini del rock’n’roll. Il risultato che ne deriva è ben diverso dalle band sopraccitate: mentre gli Allhelluja sfoderano una miscela esplosiva di death e stoner, o gli Xysma sono già immersi in atmosfere seventies, qui ci s’incammina in territori death-black-doom dove a dominare è la malvagità, ma poi stravaganti soluzioni (ad esempio l’uso dell’armonica), linee di chitarra non proprio ortodosse, seducenti atmosfere groovy ed altre decisamente più sporche, delineano suoni unici, che lentamente s’imprimono nelle nostre menti e non ci lasciano più un filo di tregua. Da sottolineare per ultimo gli ottimi assoli sguainati dai due axemen. Un bravo all'Osmose che colse nel segno, mettendo sotto contratto una band con un disco davvero sorprendente, la cui uscita è stata accompagnata anche da un bonus dvd. Simpatico inoltre l’artwork e il layout del cd, in stile fumettistico sexy e macabro. Davvero interessanti... (Francesco Scarci)

(Osmose Productions)
Voto: 75

http://www.myspace.com/thetruephazm

martedì 9 ottobre 2012

Ørkenkjøtt - Ønskediktet

#PER CHI AMA: Progressive Death Psichedelia , Opeth, Pink Floyd, Riverside 
Ma che ci sta a fare un cavallo seduto al pianoforte? Ma soprattutto, chi sono questi impronunciabili Ørkenkjøtt che si presentano alla grande, con un lavoro ben confezionato (splendido il digipack) dal contenuto musicale, che per quanto sia cantato in lingua madre, potrebbe tranquillamente fare il pari con un album degli Opeth? Incredibile ragazzi, qui abbiamo a che fare con dei perfetti sconosciuti, che fanno però parte di una generazione di fenomeni, insieme ai Leprous, con cui condividono anche il palco in questi giorni. L’album decolla immediatamente, mostrando la pasta di cui sono fatti questi cinque norvegesi, lasciando intravedere le influenze provenienti dal progressive di Porcupine Tree o dai polacchi Riverside e nei frangenti death, dei succitati Opeth, assai evidente nelle linee di chitarra. Vi basti sentire infatti “Skygger Og Støv” per carpire i riferimenti che vi sto riportando, tuttavia non voglio assolutamente parlare di questi ragazzi come clone band o quant’altro, perché qui abbiamo a che fare con gente preparata tecnicamente, che ha studiato a menadito gli insegnamenti dei maestri, tra cui anche lo stile sincopato dei Meshuggah. La seconda “Litets Frø” mi sembra proporre, nella elucubrante circonvoluzione delle chitarre, un che del death jazzato dei nostrani Ephel Duath, accompagnato inoltre da una splendida chitarra spagnoleggiante. Quello che mi appare come il lamento di un muezzin, apre invece la terza traccia (tra le mie preferite), che evidenzia, neppure ce ne fosse stata la necessità, la verve, la classe e la fantasia di questi cinque baldi giovani, che vedono, oltre che nella prova dei singoli musicisti, anche nel cantante Knut Michael, l’eccellente espressione della ecletticità degli Ørkenkjøtt, sia nella versione pulita che in quella growl. La musica è ovviamente un flusso costante di emozioni, con degli assoli sempre delicati e mai taglienti, aperture atmosferiche da paura ed un costante pathos palpabile: basti ascoltare “Havet, Døden og Kjærligheten”, dove mi sembra di udire lo stesso magico feeling dello splendido assolo di “Flying”, degli Anathema. Pelle d’oca alta una spanna. La successiva “Fem Soler” si fa notare per un break centrale di basso spaventoso che prepara ad una psichedelica parte conclusiva, che potrebbe tranquillamente risiedere in un disco dei Pink Floyd. Tanta roba, si direbbe da queste parti. “Profeten” si scatena con una proposta che esula decisamente da quanto udito sin qui, tale e tanta è la furia in esso contenuta, che viaggia a cavallo tra un pezzo death, doom e black, anche se poi nella seconda parte del brano, i nostri aprono a mille influenze derivanti da ogni ambito musicale, con un finale all’insegna del rock’n roll. Un’altra song acustica con gong e orpelli vari, irrompe nella strumentale “Røsten Fra Østen”: ormai mi rendo conto di essere non poco confuso e al contempo estasiato dalla musica di questi pazzoidi nordici. Siamo quasi alla conclusione e non so più che diavolo aspettarmi. “Skygger og Støv II” rivoluziona ancora una volta il concetto di musica, muovendosi a cavallo tra lo swedish death dei Meshuggah, le sonorità criptiche dei Tool, che fin qui avevo omesso come influenza, ed un assolo che trova la propria fonte di ispirazione nelle note degli Opeth. Spero non vi sembri negativo il fatto di aver citato tutte queste band come influenza dei nostri: non cadete nell’errore di considerare derivativo il sound dei norvegesi, sarebbe quanto di più sbagliato. Qui siamo al cospetto di una band dalle idee rivoluzionarie, che non ha certo paura della sperimentazione, e la follia delirante della conclusiva death’n roll “Redneck Randy”, ne è la testimonianza più palese. I nostri non si fanno mancare nulla e piazzano infine una sorta di messaggio fantasma nell’ultimo minuto e trenta del cd. Il rischio di “Ønskediktet” è di risultare fin troppo sperimentale per alcuni, ma vi prego, fatemi, anzi fatevi un favore, e date un ascolto attento a questo album, non ve ne pentirete assolutamente. Da avere ad ogni costo, anche solo per il dipinto visionario, stile Chagall, della cover cd. Magistrali. (Francesco Scarci)

(Nordic Records)
Voto: 85-90