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martedì 25 luglio 2023

Furvus - Deflorescens Jam Robur

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Ambient/Folk
Interessantissimo quanto coinvolgente e assolutamente sentito questo primo disco di Furvus, ennesimo progetto del livornese Luigi M. Menella. Si tratta di un concept album sul declino della cultura e del mondo pagano sul territorio italico, oscurato dalla violenta tirannia persecutoria della Chiesa. Questo concept è musicalmente rappresentato da brani di folk apocalittico e marziali, da altri più ambientali ed oscuri, e da brani di musica medievale. Il percorso storico del disco inizia con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, attraversa il Regno Romano Barbarico per giungere agli anni bui del Medio Evo fino ad arrivare al Rinascimento e al ripristino del riconoscimento dell’uomo-artista, focalizzando in particolar modo l’obiettivo sul genio di Leonardo. Il lavoro di composizione musicale/lirico e grafico è stato meticolosamente studiato e ragionato affinchè ogni immagine, ogni nota ed ogni parola (rigorosamente in latino o in italico antico) potesse rientrare correttamente e coerentemente nel periodo storico trattato in ognuno dei quattro “libri” (ognuno dei quali suddiviso in “capitoli” per un totale di venti brani/“capitoli” e 40 minuti di musica) in cui è suddiviso questo disco. Il lussuoso booklet riporta poi per ogni brano una fotografia di un dipinto, un luogo o un oggetto attinente ad esso ed una massima tratta dai classici della letteratura Greco-Romana. È un disco di grande spessore, pieno di particolari da scoprire e riscoprire ad ogni ascolto; un viaggio nella immortale memoria del passato guidato dalle superbe fotografie del booklet in cui si può perdersi per ore o per sempre.

(Beyond Productions/Mvsa Ermeticka - 1999/2012)
Voto: 75

https://mennella.bandcamp.com/album/deflorescens-iam-robur-remastered-reworked

sabato 15 gennaio 2022

Mystras - Empires Vanquished and Dismantled

#FOR FANS OF: Medieval Black
During the last two years the Greek scene has given so many great albums that it is quite difficult to highlight which ones have been the best. In any case, one solo-project has caught my attention already after its excellent debut. This project is called as Mystras and it was founded in 2019 by Ayloss, an artist involved in many different bands, being the most well-known, at least for me, Spectral Lore. Mystras debut album 'Castles Conquered and Reclaimed' received quite good reviews as it was an excellent example of black metal with a raw yet melodic nature. It also had a quite particular concept, as the project could be defined as medieval black metal, but focused on the point of view of the working class people of that time and with an anti-imperialistic approach, due to its underlying left-wing ideas.

The debut album left the fans waiting for the next step as it seems that Ayloss has many ideas as he only needed one year to release it sophomore effort entitled 'Empires Vanquished and Dismantled'. Although it was difficult to improve the surprising debut, I can safely say that this new effort is, at least, on the same level with its predecessor. Again, what we can find here is a medieval black metal which musically can be defined as raw black metal, with a combination of straightforward fury, pure rawness, an unquestionable melodic touch, and some delicate and tasteful folk touches here and there which make us travel to ancient times. It is not easy at all to combine all these elements which, at first glance, would have difficulties to cohabit, but Mystras has the talent and ideas to merge them appropriately. The production seems to have made a step forward in terms of balance. The sound is still raw, particularly in the line of the guitars, but they sound a bit cleaner and not so distorted and fuzzy as they sounded in the debut album. I think this is an adequate change, though some may prefer the previous production, even though I am pretty sure that no one will accuse this album of sounding too polished, that’s for sure. As it happened in the debut, 'Empires...' has again a superb work in the guitars, being the shining instrument through the whole album. Just check out the impressive first single of this album, "The Fall Of The Kingdom of Jerusalem", where the listener can appreciate a torrent of riffs through this monumental piece of fourteen minutes, where there is room for brutality, speed, slower sections and lots of melody behind the crude production. The album, as this track, is full of ups and downs in terms of intensity, combining furious pieces as "On the Promises Of Angels" or "To The Builders!", where it is literally impossible not to break your neck headbanging in certain moments, with atmospheric folkish pieces like the delicate and beautiful "Ah Ya Zein", or the more tribal and mysterious "Cheragheh Zolmezalem". The remarkable point here, is that these pieces are excellent and keep the listener in the correct mood to stay interested in the music, something that doesn´t happen many times as I have personally considered the albums that contain many instrumentals, a bit unbalanced and unfocused. Thankfully, this is not the case. 'Empires Vanquished and Dismantled' has a top-class ending with two great tracks, which maintain the extraordinary equilibrium between the fury and the aforementioned melodic touch. I personally highlight the album closer "In The Company of Heretics" which summarizes all the characteristics of the Mystras sound. The initial impetus, with the relentless blast-beats accompanied by the sharp riffing, progresses to a more mid-tempo section which sounds truly epic, thanks to the inclusion of a clean vocal choir in the background and, again, a tasteful guitar work, whose melodies are, once again, superb. The song and the album beautifully end with some very nice acoustic chords, what a great way to close this second chapter in Mystras existence.

For the second time in only one year Mystras has created an impressive piece of black metal, full of interesting elements and great compositions. The combination of rawness and melody is again original and top-notch, making 'Empires Vanquished and Dismantled' an excellent record. (Alain González Artola)

giovedì 24 giugno 2021

Moongates Guardian - Broken Sword

#PER CHI AMA: Epic Black
I Moongates Guardian sono un oscuro ma assai produttivo duo originario di Kaliningrad dedito ad un black dalle forti connotazioni tolkiane nei loro testi. E per questo, perchè non miscelare la fiamma nera con il medieval sound? Andatevi ad ascoltare la ricca discografia dei nostri e se intanto volete partire da quanto di più nuovo prodotto dai due russi, eccovi accontentati con un EP nuovo di zecca con tre pezzi, di cui uno, la cover degli AC/DC "For Those About To Rock", scelta quanto mai discutibile. Eppure, l'opener di 'Broken Sword' è un tipico pezzo marchiato a fuoco dai nostri, in cui abbinare ad un black nudo e crudo melodie folkloriche ed harsh vocals, con tanto di parti acustiche che sorreggono la loro primigenia forma musicale per un risultato epico. La seconda traccia è appunto la cover dei canguri australiani, in una versione completamente stravolta, con ottime e pompose orchestrazione, dove vagamente si può intuire il rifferama della song originale (soprattutto a livello solistico), ma dove il cantato in screaming ne altera completamente il risultato finale. Bell'esperimento ma francamente non avrei mai coverizzato una band come gli AC/DC. La terza traccia è affidata invece all'acuminata title track: chitarre zanzarose, batteria parecchio inascoltabile, vocals urlate, il tutto proposto a tutta velocità, con le solite e solide parti sinfoniche a dare brio ad una proposta che rischierebbe invece di (s)cadere nell'anonimato più totale. Insomma, un EP interlocutorio che non mostra le potenzialità della band russa, ma che può essere un buon punto di partenza per saperne un po' di più dei Moongates Guardian. (Francesco Scarci)

martedì 22 giugno 2021

Givre - Le Pressoir Mystique

#PER CHI AMA: Medieval Black
Dalla famigerata scena del Quebec, ecco giungere a noi i Givre, terzetto originario di Rouyn-Noranda, autori di un black metal dalle tinte depressive/medievaleggianti. 'Le Pressoir Mystique', secondo atto del trio canadese, apre con un'evocativa intro parlata, per poi concentrare le proprie energie in un black mid-tempo con il brano "Rebatons Notre Chair Vilainne", rigorosamente cantato in francese e dotato di un riffing di matrice burzumiana stile 'Hvis Lyset Tar Oss', forse anche più lento. Qui, il cantato corrosivo del frontman catalizza l'attenzione, accompagnato dalle melodie paranoiche delle chitarre che quasi mi offuscano i sensi. "Blanche Biche" (che si rifà ad una ballata bretone del 16° secolo) presenta i nostri sotto una luce diversa ancor più suggestiva, peccato solo il suono risulti cosi impastato rischiando di far perdere potenziali dettagli intriganti di una proposta che, in taluni frangenti, ha il merito di suonare originale. Si, il sound dei Givre non è affatto male, anche se una produzione più pulita avrebbe dato maggior beneficio soprattutto nelle parti più atmosferiche e arpeggiate che costellano questo brano cosi come pure il successivo "Jamais Ne Vestiray Que Noir", il più lungo del lotto, con il suo fare introspettivo, complice la presenza alla voce di una gentil donzella, inserita in un contesto che mi ha evocato certe produzioni dei nostrani Evol ai tempi dello splendido 'Portraits'. Più grezzotta e anonima invece "Source de Plour", un black mid-tempo che francamente non offre grandi spunti di interesse, sebbene la decadente melodia in sottofondo guidata dalla chitarra, alla fine abbia il suo perchè. In chiusura, "Adieu Ces Bons Vins de Lannoys" che riprende trasponendola a oggi, un'altra opera medievale francese del 14° secolo in un black oscuro, furente ma di grande impatto. Alla fine 'Le Pressoir Mystique' è un lavoro davvero interessante che vi invito ad ascoltare con attenzione, potreste trovarvi infatti ottimi spunti. (Francesco Scarci)

giovedì 1 aprile 2021

Forest of Frost - S/t

#PER CHI AMA: Ambient Black
Dall'Aquitania ecco giungere una nuova one-man-band guidata dal polistrumentista Moulk, uno che ha anche un gruppo con questo moniker e con cui ha rilasciato una cosa come otto full length e quattro EP all'insegna di un folk metal sinfonico, sebbene gli esordi fossero più radicati nel punk rock. Da qui si evince che il mastermind di oggi non sia certo uno sprovveduto, ma direi semmai un musicista navigato quanto basta per registrare quest'album (che a quanto pare rimarrà un episodio isolato) in due sole settimane durante il primo lockdown, deliziandoci con un inedito black atmosferico che ha colto successivamente l'attenzione della Narcoleptica Productions, l'etichetta russa che ha rilasciato il cd proprio in questi giorni. Cinque i pezzi, tutti intitolati con numeri romani. Si parte chiaramente con "I", che delinea immediatamente i tratti somatici di questa neonata creatura transalpina. Il sound dei Forest of Frost è gonfio di passione per lunghe partiture strumentali, costruite su multistrati eterei di synth e chitarre a costruire splendide melodie, con le harsh vocals che fanno la loro apparizione solo di rado. E allora cosa di meglio che farsi cullare dalle estasianti ambientazioni sonore erette da Moulk, che vedono i soli punti di contatto col black, in sporadiche accelerazioni e in quelle voci di cui facevo menzione poc'anzi. Tutto molto interessante non c'è che dire, anche quando la durata dei brani va dilatandosi. Si passa infatti dai quasi otto minuti dell'opener, ai quasi dieci di "II" e ai dodici abbondanti di "III", attraversando paesi incantati quasi fossimo stati catapultati in un mondo senza tempo, o nel più classico "Signore degli Anelli" del plurinominato Tolkien. E qui il consiglio è di lasciar andare la vostra fantasia, occhi chiusi e tanta immaginazione. Vedere draghi, unicorni, gnomi e folletti per cinquanta minuti non sarà un'eresia ma la normalità. Per chi ama realtà affini agli Eldamar o ai nostrani Medenera, credo che qui potrà cibarsi di un valido esempio di fantasy black corredato da suggestive e ariose melodie, che trovano forse la sua massima espressione in "IV", cosi orchestrale e malinconia al tempo stesso, nella sua strabordante epica musicalità. Personalmente, avrei preferito un pizzico di vocalizzi in più altrimenti una release come questa rischia di essere presa come una colonna sonora piuttosto che un album di metal estremo. Che poi di estremo c'è veramente poco, quasi niente... (Francesco Scarci)

(Narcoleptica Productions - 2021)
Voto: 75

https://forestovfrost.bandcamp.com/album/forest-of-frost

martedì 2 marzo 2021

WitcheR - A Gyertyák Csonkig Égnek

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Li abbiamo incontrati meno di tre settimane fa in occasione della riedizione da parte della Filosofem Records del loro EP del 2012. Li ritroviamo oggi con 'A Gyertyák Csonkig Égnek', secondo lavoro uscito in realtà a fine 2019. La proposta dei magiari WitcheR rimane più o meno ancorata a quella del vecchio 'Néma Gyász', ossia un black atmosferico che entra con delicatezza con la lunga title track in un connubio di atmosfere malinconiche, costruite da un riffing mid-tempo e da una distesa abbastanza notevole di tastiere che costituiscono la struttura portante dell'intera traccia, che non vive di particolari sussulti musicali, ma sembra piuttosto muoversi in territori medievali affini a Empyrium e Summoning. Questo è confermato anche dalle successive "Feloldozás" e "Az én Csendemben", tutti brani che viaggiano oltre gli otto minuti di durata, combinando melodie delicate con ritmi estremamente compassati, vocalizzi affetti da una leggera raucedine e ampi spazi strumentali in cui a parlare sono i synth e le chitarre educate (fin troppo) del duo ungherese. Fortunatamente, la seconda delle due tracce di cui sopra, ha un inizio più dirompente rispetto alle altre, prima di tornare a sonnecchiare con partiture più controllate. Ma il pezzo gode di sbalzi umorali, mai stati cosi utili in una situazione statica come questa, visto che ci sono ancora alcune accelerazioni che alterano lo stile fin troppo garbato e monolitico della band, cosi come avevo già osservato nella precedente release. Serve il giusto mix di coraggio, incoscienza e personalità per uscire dall'elevato rischio di insabbiarsi in pericolose sabbie mobili. I nostri ci provano a più riprese anche con "Az Utolsó Utamon", sfoggiando ancora un mood piuttosto malinconico che mostra qualche picco di un certo interesse lungo i suoi otto minuti abbondanti di calibratissimi suoni black atmosferici che potrebbero fare da accompagnamento alla narrazione di una fiaba o come colonna sonora di un film in stile 'Il Signore degli Anelli'. In chiusura, la gemma, la splendida ed inattesa cover "A Hattyúk Tava" (Il Lago dei Cigni) di Pyotr Ilyich Tchaikovsky in una rilettura, ovviamente di stampo medieval black, che mi sento di premiare. Ecco se devo essere franco, mi aspettavo che dopo sette anni dal loro debut EP, la band avesse fatto passi da gigante nel proprio sound, invece non ho scorto grosse differenze tra i due lavori. L'invito è pertanto quello di sempre, ossia di osare di più, se la reale intenzione è quella di emergere dall'anonimato del sottobosco musicale. (Francesco Scarci)

venerdì 12 febbraio 2021

WitcheR - Néma Gyász

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Quello che ho tra le mani oggi non è altro che l'EP del 2012 dei WitcheR, rispolverato dalla Filosofem Records con una traccia addizionale, che porta la durata di 'Néma Gyász' a quella effettiva di un full length, senza dimenticare poi l'utilizzo di una nuova veste grafica per l'artwork di copertina. Il disco consta di cinque tracce per oltre quaranta minuti di musica. L'album si apre con una tastieristica intro ambient a cui segue "Egyedül": qui grande spazio viene concesso alla componente strumentale che delinea immediatamente il sound del duo ungherese come un black atmosferico. Quando la voce di Roland irrompe col suo gracchiare, i toni diventano più compassati e la proposta dei WitcheR sembra ammiccare a quella dei loro conterranei Sear Bliss. Questo per dire che i due musicisti ungheresi non propongono chissà quale ricercata proposta sonora, tuttavia il compito lo portano a casa con diligenza e intelligenza. Si sente ovviamente che il sound non è ancora del tutto formato, pecca ancora in fase compositiva e sembra essere un po' carente in fatto di personalità, per non parlare poi di una pastosità nei suoni che ne minano la riuscita finale. Nella title track si possono scorgere altri riferimenti che portano i nostri ad abbracciare anche l'epica di Summoning e Falkenbach, con un sound in cui i synth di Karola punteggiano l'intera ritmica del pezzo, affiancati dallo screaming strozzato di Roland e da una linea ritmica talvolta un po' gracile e più nelle retrovie. "Esőnap" è un lungo pezzo strumentale ascrivibile al dungeon synth, visto che qui le keys la fanno da unico padrone. In chiusura la sostanziosa bonus track, "Keresztúton", quindici minuti che ci riconducono alle radici del black atmosferico degli anni '90, per uno splendido salto nel passato che vuole rendere tributo a 'Stormblast' dei Dimmu Borgir oppure ai Gehenna degli esordi. I ritmi si confermano rilassati per quasi l'intera durata del brano, la cui stesura è comunque concomitante a quella degli altri pezzi. Eppure nel finale qualcosa cambia, un licantropo sembra impossessarsi di Roland che sprigiona dalla sua bocca voci demoniache, cosi come la ritmica qui si fa più incalzante e tirata che nel resto del disco, mostrando un lato che fino ad ora non avevamo apprezzato cosi tanto. Se il mattino ha l'oro in bocca, allora dobbiamo aspettarci grandi progressi per l'ultimo album realizzato, quel 'A Gyertyák Csonkig Égnek' che presto recensiremo su queste stesse pagine. (Francesco Scarci)

(Rotten Crowz Productions/Filosofem Records - 2012/2020)
Voto: 70

https://witcherband.bandcamp.com/album/n-ma-gy-sz 

sabato 12 dicembre 2020

Darkenhöld - Arcanes & Sortilèges

#PER CHI AMA: Medieval Epic Black, Windir
Quinto album per i francesi Darkenhöld, alfieri del black epico in casa Les Acteurs de l'Ombre Productions. 'Arcanes & Sortilèges' arriva con nove nuovi pezzi che fanno della melodia accompagnata ad una buona dose di aggressività, i capisaldo della musica del trio di Nizza. Si parte con le burrascose intemperanze di "Oriflamme" ed un black che gode di influssi folk-medievaleggianti che spezzano la ferocia ritmica dei nostri. Ancora, ottime le partiture tastieristiche, l'assolo a metà brano e il fraseggio più oscuro nella seconda parte. Più orientata al post-black invece la seconda "L'Ost de la Forteresse" con una ritmica nervosa sorretta dallo screaming di Cervantes e da una prova maiuscola alla batteria da parte di Aboth. La traccia riserva anche le non troppo invasive linee di tastiera che accompagnano chitarra e basso, nonchè le sporadiche clean vocals di Aldébaran. La proposta del terzetto pur non proponendo fondamentalmente nulla di nuovo, è comunque dotato di ottime atmosfere e anche di fini orchestrazioni, soprattutto nel finale più epicheggiante della traccia. Niente di nuovo dicevo, però il disco si lascia piacevolmente scoprire ed ascoltare, complice una linea musicale che vede diverse variazioni di tempo a salvare, anzi esaltare, le qualità di questo lavoro. Ancor più lineare la melodia che guida "Incantations", una song dove appare il suono di un flauto in sottofondo e in cui la porzione chitarristica è più orientata al versante heavy classico che a quello estremo. Il bel bridge di chitarra, cosi come il lungo break acustico, confermano la volontà dei nostri di non risultare mai scontati e cercare continue variazioni al tema, soprattutto in un finale dove un altro assolo di chitarra illumina la scena. Molto più oscura e meno patinata la successiva "Mystique de la Vouivre", un brano forse più legato alla matrice viking che non trovo interessante quanto i precedenti, il che mi spinge a passare oltre. Detto che "La Tour de l'Alchimiste" è un brevissimo intermezzo ambient, soffermiamoci a "Héraldique", un brano cadenzato, assai melodico che concede ampio spazio alle parti atmosferiche e che in quelle più tirate ammicca ai Windir, soprattutto a livello dell'assolo conclusivo e nelle ancestrali in chiusura. Molto più violenta e dritta "Le Bestiaire Fantastique" mentre il refrain di "Le Sanctuaire Embrasé" mi ricorda un che dei primi Emperor, anche se la complessità del brano ci conduce poi in scenari fantastici che si esplicano attraverso ottime linee melodiche, interessanti atmosfere e sfuriate black che la elevano a mia traccia preferita di questo articolato 'Arcanes & Sortilèges'. A chiudere ci pensa l'outro ambient di "Dans le Cabinet de l'Archimage", nel tipico dungeon synth style che conferma la giusta epica collocazione dei Darkenhöld in questo contesto musicale. Bene cosi. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2020)
Voto: 74

https://ladlo.bandcamp.com/album/arcanes-sortil-ges

giovedì 15 ottobre 2020

Crépuscule d'Hiver - Par​-​Delà Noireglaces et Brumes​-​Sinistres

#PER CHI AMA: Medieval Black, Summoning
Questo è il classico lavoro che avrebbe voluto recensire il mio compagno d'avventura Alain, visto il genere proposto in quest'album di debutto della one-man band transalpina dei Crépuscule d'Hiver, intitolato 'Par​-​Delà Noireglaces et Brumes​-​Sinistres'. Stiamo parlando infatti di suoni medievaleggianti, almeno per ciò che concerne la classica intro tastieristica che chiama in causa il dungeon synth. Poi quando irrompe la brutalità della seconda "Le Sang Sur Ma Lame", ritorniamo al buon aspro black metal di casa Les Acteurs de L'Ombre Productions, da sempre divulgatrice di suoni estremi ma assai ricercati. Il buon Stuurm, mente di questo progetto (qui aiutato da N.K.L.S degli In Cauda Venenum), mette in scena il suo desiderio di abbinare un feroce black con sonorità di stampo medievale con l'inserzione, seppur sporadica, di voci femminili. Il tutto evoca ovviamente i maestri Summoning, in una song peraltro dalla durata importante, con i suoi oltre 12 minuti. Interessante si, ma non eccezionale, molto meglio la successiva "Héraut de l'Infamie", che risalta le idee del mastermind originario de la Bourgogne, grazie a sonorità più mid-tempo oriented e a una maggior ricercatezza a livello musicale, anche se ci sono ancora parecchie cose da limare qua e là. Se da un lato ho apprezzato l'inserimento di una effettistica che conferisce una certa pomposità al sound di Stuurm, francamente ho fatto veramente fatica ad accettare l'asprezza delle sue vocals davvero maligne, cosi come certe linee di chitarra troppo dritte e scarne che alla fine non mi dicono granchè e abbassano il mio gradimento nei confronti della release. Fortunatamente, ci pensa poi un brano come "Tyran de la Tour Immaculée", la traccia più complessa, appettibile e melodica (seppur certi riffoni nudi e crudi) dell'intero lavoro, a risollevarne le sorti, anche qui con l'ausilio della gentil donzella a fare da sirenetta e addirittura un abbozzo di un chorus maschile. Chiaro, siamo ancora parecchio lontani dalla perfezione, l'abrasività delle chitarre non aiuta, però è quanto di meglio si possa ascoltare in questo lavoro e dovrebbe rappresentare un buon punto di partenza per il futuro del polistrumentista. Il disco però ha ancora altre tre brani (uno è un intermezzo in realtà) da sfoggiare. La lunga "Le Souffle de la Guerre" ci spara in faccia urticanti ritmiche spezzate da qualche fraseggio tastieristico e da un drumming che sembra volutamente zoppicare, immerso in un landscape tastieristico che ha modo di evocare anche un che dei Bal-Sagoth e nei synth più minimalistici, il buon vecchio Burzum. Interessante qui il comparto, per cosi dire, solistico, con quello che sembra assomigliare ad un vero assolo rock prima dell'ennesima sfuriata al limite del post black. Dicevamo dell'intermezzo medieval con "Les Larmes d'un Spectre Vagabond" che anticipa i 20 minuti (venti si, avete letto bene - l'intero album ne dura 69) della title track che riassumono, se cosi si può dire, la proposta della band in una song dal piglio sinistro immerso costantemente in quel magico ed epico contesto sonoro medievale, con una serie di trovate stimolanti. Ecco, se poi potessi dare un paio di suggerimenti, migliorerei la pulizia del suono, in alcuni frangenti un po' troppo impastato e li si corre il rischio di perdere di vista (meglio, l'orecchio) il suono dei singoli strumenti. Aggiusterei la voce principale, concedendo anche l'intervento di una porzione pulita maschile e non solo l'evocativo apporto della soave fanciulla che compare seducente anche qui. Poi quest'ultimo brano, nella sua infinita durata, è un compendio dicevo, di tutto quello che l'artista francese vuole o vorrebbe trasmettere con questo lavoro enorme e il risultato alla fine suona notevole e degno di un vostro ascolto molto molto attento. (Francesco Scarci)

sabato 3 ottobre 2020

Mystras - Castles Conquered and Reclaimed

#FOR FANS OF: Medieval Black
Two thousand twenty is being undoubtedly a brilliant year for the Greek metal scene, particularly in the black field, with excellent albums coming one after another. Sometimes these new works are opuses from veteran bands and other times they represent the first work of novel bands. In any case, quality and a good taste for melodies are always present, regardless of the degree of heaviness or rawness that each project delivers. Speaking about new projects, the Greek solo project Mystras has recently released its debut album. This project was founded only one year ago by Ayloss, a talented musician behind other interesting projects like Divine Element and especially Spectral Lore, a great atmospheric black metal band which I firmly recommend. Taking into account the previous projects, it is pretty clear that Ayloss has a huge number of ideas to develop in different directions. Mystras may have inherited some influences from other projects like the aforementioned Spectral Lore, its folkish melodies, or aggressiveness but focused on a totally new and different direction.

‘Castles Conquered and Reclaimed’ is the Mystras debut album and it supposes a tremendously personal and particular fusion of pure black metal aggression with a strong medieval vibe. The interesting aspects of this impressive debut are not only found in the music, but also in its conceptual side. In fact, the lyrics are based on the medieval times but this time they take from the oblivion of common folk instead of the traditionally arrogant and powerful kings and nobles. The album consistes of nine different tracks, being divided into the black metal ones and some folk interludes which bring to us the medieval traditional music and therefore, reinforcing the medieval atmosphere included. Although this is a solo project, Ayloss was helped by other talented musicians to provide an undoubtedly beautiful representation of Ars Nova repertoire. I sincerely think that this was a wise choice as the musician shows that he wants to achieve the best possible result for the album. Even though these tracks are really nice and enjoyable, I would focus on the metal tracks to make a final and fair evaluation of this debut. ‘Castles Conquered and Reclaimed’ has a truly raw production, which may alienate fans of metal who prefer a cleaner production, but it will rejoice those who consider that black metal achieves a greater result when the production is filthy because it creates a more unique and stronger atmosphere. Nevertheless, this raw production never surpasses a limit where guitars could be unintelligible. Fortunately, composition-wise this album has certain strong points that can still be enjoyed, through the crude sound. Five are the compositions inside the realms of black metal. All of them are highly enjoyable and with a truly epic atmosphere. The songs are usually fast, though sometimes they slow the pace in order to add some variety. The guitars are powerful presenting a distorted sound, though some great melodies are introduced, making the songs more interesting. Vocals are also a strong point here, with the expected high-pitched screams, accompanied in several songs by epic choirs, so impressively solemn that reinforce the sense of epicity and majesty. In the background, we find some key arrangements which play ai important role in increasing the stateliness of these compositions. The album opening track is a nice example of this mix of influences and resources. The guitars are rude but also melodic, showing a remarkably interesting sound, that even being brutal in its execution has a great room for melody and atmosphere. Subsequent tracks like "The Murder of Wat Tyler" and "Storm the Walls of Mystras" raise the bar of majesty with a long duration, and where melodic influences, a strong epic atmosphere and relentless fury are wisely fused. The medieval vibe is obviously present in all the tracks, though I must highlight songs like "The Zealots of Thessaloniki" and the aforementioned "The Murder of Wat Tyler" as fine examples of this influence. The previously mentioned folk and ambient songs serve as a bridge between the stormy track and reinforce this sense of a mystical journey through medieval realms.

‘Castles Conquered and Reclaimed’ is indeed an impressive debut that any fan of black metal should check out and enjoy. Fury, melody and atmosphere are the quintessential elements of the black metal genre and this album contains a great dose of all of them. (Alain González Artola)


lunedì 21 settembre 2020

Subway to Sally - Nord Nord Ost

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Folk Metal
Premesso, odio il cantato in crucco e trovarmi di fronte a questo disco, mi si scatena una sorta di allergia. Vabbè, cercherò di essere professionale fino in fondo. I Subway to Sally, come sapete, provengono dalla Germania, nazione importante solo per crauti e birra, per quanto mi riguarda. Formatisi nel 1992, vantano una discreta produzione discografica che spazia tra l’hard-rock e il metal, passando attraverso la musica folk-medievale, tanto da essere più volte accostati ai loro conterranei In Extremo. Questo 'Nord Nord Ost' album uscito una quindicina d'anni fa, non aggiunge più di tanto alle loro precedenti produzioni, se non per l’aver relegato in secondo piano la componente folk e vedere l’ingresso del batterista Simon Michael a completare la line-up. Per quanto riguarda la musica, direi che i Subway to Sally seguono il filone capitanato dai Rammstein, come era successo per 'Engelskrieger' con i classici pesanti riffoni di chitarra, musica elettronica e tante melodie popolari parecchio ruffiane. Alcuni brani non sono neppure malaccio, sempre dotati di ottimi arrangiamenti e piacevoli inserti acustici di liuto, violino e mandolino, tanto per citarne alcuni, ma poi quella voce, quella fastidiosa voce che si staglia sopra gli strumenti e che utilizza la “melodiosa” lingua tedesca per trasmettere le proprie emozioni, riesce nell’intento di rovinare tutto. No, proprio non riesco a mandare giù questo tipo di musica, ci ho provato con diversi ascolti, ma niente da fare, inoltre ho spesso trovato i brani fin troppo prevedibili e poco efficaci. Se anche voi, come me, non amate il cantato in teutonico, lasciate perdere; se siete amanti di Rammstein o In Extremo, i Subway to Sally potrebbero essere una discreta (ma niente di più) alternativa. (Francesco Scarci)

(Nuclear Blast - 2005)
Voto: 60

https://www.facebook.com/subwaytosally/

lunedì 24 febbraio 2020

Medenera - Oro

#PER CHI AMA: Atmospheric Black, Summoning
Medenera è una one-man-band italica di formazione abbastanza recente, nata infatti nel 2017 ma con già due album alle spalle. L'ultimo arrivato è 'Oro', un disco suddiviso in quattro sezioni a loro volta divise in tre parti. Il disco si srotola per quasi settanta minuti di musica evocativa che sin dalle iniziali parti tastieristiche chiama immediatamente in causa un nome, i Summoning. Di fronte a simili manifestazioni artistiche, la prima cosa che faccio, e accade di rado, è chiudere gli occhi e immergermi totalmente nelle atmosfere magiche che band inserite in tale filone, sono in grado di creare. E sembra che la voce femminile della prima terzina intitolata "Aurea", sia lì apposta per guidarmi in questo epico viaggio in un fantastico mondo lontano. Le melodie sognanti di questa prima lunga suite rapiscono la mia fantasia con quel loro ritmo cadenzato accompagnato da spettacolari synth che arricchiscono la base ritmica del misterioso factotum italico, che si sente cantare solo in piccole porzioni, lasciando alla musica il compito di riempirci le orecchie di splendide emozioni. Il trittico scivola delicato anche nella seconda parte tra sussurri, eteree atmosfere ma anche saltuarie sfuriate, in cui a venir fuori sono le screaming vocals del frontman. E il nostro ascolto prosegue cosi come le immagini che mi si parano avanti sembrano quelle di un Frodo Baggins che passeggia imperturbato a Hobbiton, immagini felici e di quiete che vengono spezzate da sporadiche accelerazioni black e dal cantato arcigno del mastermind. Con "Splendor" si apre un altro trittico di song che sembrano introdurci in un nuovo mondo fatato, complice un cantato femminile differente da quello ascoltato in principio. La musica invece prosegue con il suo incedere raffinato, in cui ampissimo spazio è concesso alle tastiere ma anche ad un drumming quasi tribale, che insieme costituiscono un lungo cappello introduttivo a quel riffing efferato che verrà fuori più avanti. La musica dei Medenera è in costante evoluzione, come se si trattasse di un racconto e la musica ne vada a rappresentare la spettacolare colonna sonora in un coordinato movimento stilistico in base a quanto narrato. Ovviamente a dischi del genere sono collegate storie legate a mondi immaginari e alla natura che vi appartiene, come quei luoghi narrati appunto da Tolkien nella sua epica saga. La terza parte raggiunge il massimo splendore espressivo, affidandosi nuovamente a delle spoken words femminili e ad un'ispiratissima ritmica. Il flusso sonoro come dicevo, è in costante mutamento e dalle arrembanti ritmiche in un batter d'occhio ci si ritrova in un ambient dalle tinte decadenti quasi ci si trovi di fronte al preambolo di uno scontro spaventoso. L'affacciarsi di una voce operistica in sottofondo, cosi come l'utilizzo di uno strumento di difficile identificazione, stemperano però quella tensione che si era creata in un cosi breve tempo. Nel frattempo si entra nel terzo episodio, "Ver Aeternum" e si palesa subito un cantato dai tratti esoterici come novità di questa terzina. La musica si conferma ispirata con le tastiere ormai elemento portante dell'intera release, sia in chiave ritmica che ambientale. La soave voce della gentil donzella di turno fa poi il resto cosi come la tribalità etnica del drumming va ad impreziosire ulteriormente una release già di per sè notevole che vede peraltro anche un flauto far capolino. A "Flumina Nectaris" è affidato l'arduo compito di chiudere la release e l'esordio è di quelli portentosi con un rifferama accompagnato da un maestoso tappeto tastieristico. Di nuovo però un rallentamento nella storia, un flashback, una digressione, un sogno sospeso, delicati tocchi di piano, eteree e folkloriche melodie che troveranno un nuovo risveglio nella seconda parte della song, ove la cantante, che sembra utilizzare una lingua inventata, va ad affiancarsi al growling del polistrumentista nostrano, qui in grande spolvero e che si prepara a chiudere la release con un pezzo all'insegna del dungeon synth. Ora, prima di lasciarvi alla sentenza finale, mi domando solo come sia possibile che le etichette italiane si siano lasciate sfuggire una simile release e abbiano obbligato i Medenera a chiedere asilo in Russia. Abbiamo forse trovato i degni eredi dei Summoning? Ascoltatevi il cd e fatemi sapere. (Francesco Scarci)

(GS Productions - 2019)
Voto: 82

https://medenera.bandcamp.com/album/oro

venerdì 14 giugno 2019

Darkenhöld/Griffon - Atra Music

#PER CHI AMA: Atmospheric Black/Folk
Torna la Les Acteurs de l'Ombre con una produzione nuova di zecca, tutta made in France, come da tradizione in casa dell'etichetta transalpina. Questa volta trattasi di uno split album, in cui a condividere il minutaggio, ci pensano i Darkenhöld, trio originario di Nizza, e i Griffon, quintetto proveniente da Parigi. La proposta di 'Atra Music', questo a proposito il titolo del dischetto, si apre col folk black di quest'ultimi e i loro quattro pezzi a disposizione con i quali farci assaggiare la loro personale visione del black. Oltre alle variegate contaminazioni folk, quello che colpisce in "Si Rome Vient à Périr", è un uso alquanto originale delle voci, tra il declamato e lo screaming arcigno, il tutto su un impianto ritmico a tratti nevrotico e urticante, ma in grado anche di deragliare in anfratti più sinfonici, proprio come accade nel finale dell'opening track. Lo sferragliare di "Souviens Toi, Karbala" sembra evocare il suono della battaglia grazie ad un black tirato, interrotto solo da qualche frangente più ragionato e melodico, nonchè tribale, ancora una volta sul finire del pezzo. In "Jérusalem" rieccheggia il suono di un black battagliero, di scuola "windiriana" che sottolinea le influenze della band ma che ci dice anche che non c'è nulla di nuovo all'orizzonte, aggrappandosi ad idee interessanti fino ad un certo punto, sicuramente già largamente sfruttate da tutto quello stuolo di band dedite ad un atmosferico ed epico black metal. L'outro folkish dei Griffon ci dà modo di prepararci al sound acustico di "Marche des Bêtes Sylvestres", la prima delle quattro frecce da scoccare da parte dei Darkenhöld. Con mia somma sorpresa però apprendo che la proposta dei nostri sia interamente affidata a suoni acustici e quella che io credevo una sorta di intro, rappresenta in realtà lo standard dell'offerta dei Darkenhöld anche nelle successive "Le Sanctuaire de la Vouivre", "Les Goules et la Tour" e via dicendo ove i nostri ci deliziano con un sound all'insegna di un medieval black metal, dove la parola black è affibiabile esclusivamente alle grim vocals. La ritmica infatti, è affidata a flauti, violoncelli, arpe e percussioni, il ttuo in versione completamente unplugged. La proposta del terzetto mi ricorda per certi versi il brano contenuto in 'Rotten Light', “Dialogue with the Sun”, dei nostrani Laetitia in Holocaust, per quel suo drumming incessante che va ad intersecarsi alle chitarre acustiche e ci permettono di conoscere qualcosa di più della personalità camaleontica dei Darkenhöl. Esperimento riuscito, anche se non so quanto possa aver presa sui fan. Vedremo. (Francesco Scarci)

giovedì 4 maggio 2017

Kinit Her - The Blooming World

#PER CHI AMA: Avantgarde/Musica Medievale/Psichedelia/Ambient
Immaginate Angelo Branduardi, Enya e i Mumford & Son fatti di allucinogeni; ora, dategli in mano strumenti medievali, trattati di esoterismo ed una manciata di campioni elettronici, tritate il tutto per bene, e avrete i Kinit Her. Troy Schafer e Nathaniel Ritter sono le menti dietro questo progetto arcano e sperimentale, che unisce musica corale, folk, psichedelia e musica classica in un disco perfettamente prodotto ('The Blooming World' è addirittura il dodicesimo album per i Kinit Her, attivi ormai da oltre 7 anni!). Il songwriting è fortemente influenzato dalla scrittura medievale, condita da una forte volontà avanguardista: non aspettavi quindi ritmiche decise, né battute in quattro, né una forma canzone tradizionale. Chitarre acustiche e percussioni danno la struttura (“Learning Conveyed in Daylight”), ben supportate da string e da una per nulla artificiale elettronica sullo sfondo (“Blooming World”), che pure si concede episodi più ambient (“Opposition”). E poi voci, voci e voci; cori che decantano formule magiche e versi arcani; sussurri, intonazioni orientali, vocalizzi lontani, cantiche gregoriani, litanie inquietanti. Siamo di fronte ad un lavoro che è assolutamente fuori dal tempo e dallo spazio (i Kinit Her sono del Wisconsin, ma questo disco è internazionale — pesca a piene mani dalla tradizione musicale orientale e occidentale, passata e presente), un viaggio acustico e interstellare in un universo oscuro e inconoscibile. Per pochi. (Stefano Torregrossa)

(Self - 2016)
Voto: 65

https://kinither.bandcamp.com/

mercoledì 31 agosto 2016

Faun - Totem

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Neofolk, Medieval, Orplid
A distanza di un paio d’anni dal precedente lavoro, 'Renaissance' (datato 2005), tornò in pista il quintetto teutonico dei Faun, con un nuovo affascinante album. Dopo una lunga intro di quasi quattro minuti, inizia un viaggio nel loro mondo ancestrale. 'Totem' è suddiviso virtualmente in tre capitoli: la prima parte viaggia su binari dark gothic, con le voci di Lisa e Fiona sempre in risalto e l’intrigante uso di strumenti folkloristici, come il bouzouki irlandese, l’arpa celtica, il didgeridoo e l’hurdy-gurdy, che conferiscono al sound dei nostri, le emozioni tipiche della musica classica, per la sua capacità di essere senza tempo. Si tratta di composizioni vellutate, estremamente rilassanti, che ci riportano con la mente a paesaggi incantati, con quell’uso delle chitarre acustiche che tracciano dolci linee melodiche e angeliche vocals femminile che declamano splendide poesie. Ciò che mi fa storcere il naso è come sempre il cantato maschile di Oliver Sa Tyr in lingua tedesca, e quella sua incapacità di fondo di risultare melodica. La parte centrale del disco è invece orientata a sonorità medievali: sembra di essere scaraventati indietro nel tempo di quasi mille anni nella lande scozzesi che hanno ospitato il film 'Braveheart', grazie all’utilizzo di strumenti “vetusti” quali mandolino, flauti, percussioni e cornamusa. La terza parte del cd infine, torna a ricalcare il sound posto in apertura di questo lavoro, con ambientazioni più oscure e ipnotiche, fatte di atmosfere evocanti antichi riti pagani ed una certa spiritualità che mostra la connessione dei nostri con la natura. 'Totem' non è certo un disco di facile approccio, ma se siete alla ricerca di musica di sicuro non banale, la proposta dei Faun, potrebbe sicuramente fare al caso vostro. (Francesco Scarci)

(Curzweyhl/Rough Trade - 2007)
Voto: 70

http://www.faune.de/faun/pages/start_en.html

martedì 28 luglio 2015

Dreadnought - Bridging Realms

#FOR FANS OF: Folk/Progressive
Dreadnought (from Denver, Colorado) is one of those bands that defies easy description — but that's a good thing. 'Bridging Realms' is the band’s second release and their first full-length album. Although there are only five songs on this album, each one is epic in scope. The title of the third song, “Minuet De Lune” (Dance of the Moon or Month) somehow brought what meager snippets of junior high school French I’ve retained rushing back to the fore, as it would properly be titled “Minuet De Lune”. It tweaked my last nerve only because this band is so prodigiously literate musically that I found that misnomer distracting. Normally, I tend to dissect each release I review song by song, with an in-depth analysis of a select few. In this instance I will only provide an overview — as this is music so diverse that words truly cannot do it justice. Cliché as though it may sound, it remains nonetheless true that this is a work which must be personally experienced by each listener to be fully and truly appreciated. The music varies in some parts between an almost dissonant acid jazz interplay between guitar, drums, bass, keys and flute to heavy guitar. The comparison here to Jethro Tull is inevitable when the flute enters into counterplay with the rhythm section during jazzy interludes, while the heavier parts seem an homage to the best Mastodon sludge. Vocally, this is an extremely diverse work. This release ranges stylistically from 'Grace Slick' in early Jefferson Airplane to classic Yes-like melodies, to harmonies which could have come straight from a medieval Gregorian chorale — all the way to almost incidental death metal vocals. This is a musical work meant to be experienced holistically—in its entirety. If you’re a fan of progressive rock, metal or psychedelic rock you'll find something enjoyable and exciting to immerse yourself in on this release. Fans of any type of rock or metal need to give at least one uninterrupted and undistracted listen to this work. For the truly diehard fan of music, get yourself a copy of this on vinyl. Doing so will allow you to fully appreciate all the genre-transcendent nuances Dreadnought has seamlessly woven into 'Bridging Realms'. (Bob Szekely)

(Self - 2015)
Score: 90

mercoledì 14 agosto 2013

Picatrix - Quaestio Prima

#PER CHI AMA: Ambient elettronica downtempo
Difficile introdurre quest’artista, poiché avvolto dalla nebbia del mistero. L’unica cosa che si può narrare, è che pare quest’opera sia scritta e composta da Luigi Seviroli (autore, tra l’altro, di alcune musiche per fiction italiane e del film su Dylan Dog), ma non è chiaro se sia proprio lui sotto pseudonimo. Altra chicca, è l’intervento all’interno del booklet del famoso scrittore Valerio Evangelisti (ricordiamo “Il Ciclo di Eymerich”, e la trilogia di Nostradamus), che loda questa breve composizione di 5 tracce. Tutta l’opera, ormai datata 2005, catapulta l’ascoltatore in un limbo che evoca immagini di vita medievale, con sterminati campi e villaggi fatti di capanne sotto il castello, aiutati anche da note di cornamusa sintetizzate (presente in tutte le operette), oltre che a momenti di suspense in “Zohar et Metatron”. Note allegrette si possono sentire in “The Inquisitor” che con la cornamusa quasi crea un’atmosfera giocosa. Tutt’altra ambientazione viene creata in “From Hell”: cupa, inquietante, drammatica. 10 minuti angosciosi, che lasciano l’ascoltatore in sospeso ma che riportano alla perfezione la parte più nera e tenebrosa del medioevo, piena di fantasmi e ignoranza. Si chiude così quest’ambiguo album, perfettamente mimetizzato nella nebbia più fitta e che, nonostante i numerosi ascolti, risulterà veramente impenetrabile da comprendere. Di sicuro è perfetto per qualche serie televisiva in costume, o come sottofondo musicale per leggere. (Samantha Pigozzo)

lunedì 28 gennaio 2013

Midgard - Mystic Journey Through the Ages

#PER CHI AMA: Symphonic Black, Ancient, Satyricon
Troppo spesso alcuni miei amici mi han tirato fuori la storiella de "Eh, una volta si suonava questo, c'erano queste band, questo locale" ed io ipnotizzato dalle loro parole, mi immaginavo come potesse essere la scena tempo addietro e come avrei vissuto felicemente. Il pensiero che sto ascoltando quello che 15 anni fa era un genere da poco conosciuto nelle spiaggie italiane, e che questo era un nostrano manifesto del symphonic black metal primordiale, mi rende un po' nostalgico. Ma forse è meglio che vi spieghi di cosa sto parlando… È nel lontano 1995 che i Midgard si formano, appunto nella terra di mezzo italiana, l'amata Toscana. Dopo il debut con il demo del 1996 (mi dicono che se n'è salvata pure qualche tape), i nostri eroi si avventurano con l'ausilio di Luciano Zella (Death SS) ai Planet Sound Studios per la realizzazione di questo "Mystic Journey Through the Ages"; era il 1998. Già dalle prime note del disco con "A New Aeon in Black" capisco subito cos'ho tra le mani: una reliquia di quello che era il black metal italico anni orsono. Ovviamente il primo paragone che mi viene in mente è con gli Emperor per le sonorità, ma possiamo notare strutture chitarristiche tipiche dei Marduk primordiali ed atmosfere classiche dei primi Satyricon, con quelle tinte medievaleggianti che possiamo ritrovare fortemente nella title-track e nella breve ma intensa "Misanthropic Dream". Ma il vero pregio che ha questa release è che ogni traccia ha una struttura e delle sonorità differenti, un processo creativo e un'originalità "estranea" per la scena estrema italiana. Ma non solo ciò, perché nonostante la voce sia poco evocativa e la batteria eccessivamente aggressiva, le linee di basso sono eccezionali e le tastiere sanno non essere troppo invasive, in modo da salvaguardare l'opera da un'eccessiva sinfonizzazione, cosa che avverrà negli anni a seguire con band tipo Dimmu Borgir e Cradle Of Filth. Non c’è molto che non mi piaccia di quest'album, la produzione forse troppo cristallina (e poco adatta al genere) e certe atmosfere che riscaldano l'ambiente, ma anche queste sono peculiarità che fanno risaltare l'opera nel segno di un songwriting fuori dalla banalità. In conclusione qui stiamo parlando dell'ennesima band che ha avuto la sfortuna di nascere in Italia… e morirci? (Kent)

(Zappa and Hemicrania Productions - 1998 / Unter Null Productions - 2012)
Voto: 80

https://www.facebook.com/pages/Midgard/199123853352

domenica 11 marzo 2012

Saltatio Mortis - Des Konigs Henker

#PER CHI AMA: Folk, Gothic, In Extremo
I Saltatio Mortis sono conosciuti per suonare musica “gothic medievaleggiante” con strumenti storici: cornamusa, flauti e corni fanno infatti, parte integrante dell’organico strumentale della band, andandosi a miscelare egregiamente con la componente elettrica. L’attitudine del gruppo tedesco è assai vicino a quello di band conterranee quali In Extremo e Subway To Sally e come accade per queste band, il cantato in tedesco paga un fortissimo dazio all’esito finale dell’album, a chi, come me, fatica a digerire la lingua germanica. La musica del combo tedesco non è affatto male, con quelle sue ritmiche heavy metal, su cui s’inseriscono interessanti parti elettroniche e i già citati strumenti popolari, di cui però alla fine se ne fa largo uso. Tra i lati negativi, c’è da rilevare una certa ripetitività nella struttura dei brani: strofa, coro, strofa, coro e bridge con l’inserto persistente e alla fine stancante della cornamusa, il tutto condito ahimé, dal classico orrido cantato in lingua madre, a dare la mazzata ad un disco che se non fosse per le liriche in tedesco, si farebbe tranquillamente ascoltare e apprezzare. I Saltatio Mortis sono, infatti, abili nel trasmetterci le loro impressioni di un tempo lontano ormai dimenticato, e bravi a fondere queste suggestioni con i suoni moderni, le schegge elettronico-futuristiche, i breaks malinconici e i momenti trascinanti vicini al pop rock. Nonostante le critiche, “Des Konigs Henker” è un album che merita sicuramente il vostro ascolto, se volete calarvi in una dimensione popolare d’altri tempi... (Francesco Scarci)

(Napalm Records)
Voto: 65

domenica 19 febbraio 2012

Hekate - Goddess

#PER CHI AMA: Folk, Medieval
Dopo la pubblicazione del 2003 della raccolta “Ten Years of Endurance” e dopo un silenzio durato tre anni dall'uscita del precedente album (“Sonnentanz”), torna la formazione tedesca degli Hekate con “Goddess”, contenente undici brani che si ispirano ai miti e alle leggende d'Europa. Devo ammettere che, prima di ascoltare l'album, conoscevo gli Hekate solo di nome e "di presenza", avendo avuto l'occasione di vederli suonare dal vivo per Allerseelen, ma ora li annovero fra quelle piacevoli scoperte che da un po' di tempo a questa parte caratterizzano i miei ascolti e che comprendono, in ambito folk, anche Derniere Volonte e Tenhi, con i quali, tuttavia, condividono solo l'appartenenza al genere, avendo infatti gli Hekate un sound molto diverso da quello delle due band citate. Dicevo che i pezzi traggono ispirazione da mitologie legate al vecchio continente e, infatti, troviamo la leggenda della Fata Morgana tratta dalla mitologia celtica nel brano d'apertura “Morgan le Fay”, la leggenda di Grail che coinvolge i Catari del Castello di Montségur in Francia in “Montségur”, il mito germanico di Barbarossa e del Kyffhaeuser in “Barbarossa”, la leggenda dell'Europa basata sulle tradizioni Cretese e Miceana in “Europa”, la danza del toro tratta dalla cultura Minoica in “Dance of Taurus”, la storia di Spagna e influenze culturali dei Mori in “Maure”. Inoltre, vi sono richiami alla lotta per l'amore che unisce tutti i popoli in “Flammenlied” e “Ocean Blue”. Da un punto di vista prettamente musicale, “Goddess” può essere descritto come l'unione di sonorità folk con melodie medievali, accompagnate da una massiccia base di percussioni che infondono nei brani una forte energia dal sapore ritualistico e atmosfere magiche di impronta pagana. Bastano le prime note del brano di apertura, “Morgan le Fay”, per essere proiettati in un altro tempo e iniziare così un viaggio attraverso le culture e le tradizioni descritte superbamente dagli Hekate con la loro musica. I due elementi più caratteristici di questo progetto, ovvero le instancabili percussioni che accompagnano ogni brano e la voce di Susanne Grosche (a volte sostituita da quella di Axel Menz), sono anche quelli che più si apprezzano e che emozionano maggiormente durante l'ascolto dell'album. L'aura romantica e nostalgica di alcuni pezzi (“Morgan le Fay”, “Montségur”, “Barbarossa”) unita ad arrangiamenti moderni, a volte elettronici (“Flammenlied”, “Break the Silence”), a volte pop (“Dance of Taurus”, “Maure”), o ad atmosfere epiche (“Morituri te Salutant”, “Lord of Heaven”, “Europa”) rendono “Goddess” ancor più caratteristico e dalle sfumature sonore ed emotive variegate. Per i collezionisti e gli appassionati, il cd è uscito anche in una versione in digipack contenente un secondo disco che riporta tracce degli Hekate remixate da Arcana, Ordo Rosarius Equilibrio, Flatline, Sieben, Chorea Minor e Gae Bolg and the Church of Fand. Consiglio a tutti di non perdere questo lavoro, qualsiasi sia la versione che vorrete fare vostra. (Laura Dentico)

(Auerbach Tonträger)
Voto: 75