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Visualizzazione post con etichetta Blackgaze. Mostra tutti i post
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venerdì 11 aprile 2025

Harakiri for the Sky - Scorched Earth

#PER CHI AMA: Blackgaze/Post Rock
Ragazzi, credo di aver già spolpato questo disco a forza di ascoltarlo! 'Scorched Earth', sesto capitolo degli austriaci Harakiri for the Sky, è una bomba che non tradisce lo stile che li ha resi grandi, ma ci aggiunge quel tocco in più, quei dettagli sonori che fanno la differenza. Qui si sente un’influenza post-rock ancora più marcata, che amplifica la vena introspettiva che colpisce dritto al cuore. Si parte con "Heal Me", un’apertura che è un’esplosione di (post-) black melodico, con accelerazioni da brividi e la voce di Tim Yatras degli Austere, che s'incastra alla perfezione. Tra squarci eterei e una malinconia che ti prende alla gola, grazie a chitarre, tastiere da standing ovation e alle urla taglienti di J.J., questo pezzo è già un biglietto da visita pazzesco. E poi arriva "Keep Me Longing" e, giuro, pensavo che la prima traccia fosse il top, ma qui si sale ancora! Melodie che ti mandano in estasi, raffiche furiose, atmosfere shoegaze da sogno e break acustici che ti avvolgono: c’è tutto, e funziona alla grande. La complessità di questi brani è impressionante, ti travolge con emozioni forti, anche grazie a testi che parlano di un mondo che cade a pezzi e della sua fragilità – roba che ti fa pensare. Le canzoni sono belle lunghe, siamo sugli otto minuti di media, e nella mia versione limitata (oltre 70 minuti con due bonus track, tra cui la cover spettacolare di "Street Spirit (Fade Out)" dei Radiohead cantata dal cantante dei Groza), diventano vere e proprie mini-suite dove il duo viennese-salisburghese riversa tutto il proprio talento. Sentite "Without You I'm Just a Sad Song": quel break acustico alla Alcest è pura poesia, un brano elegante e sfaccettato che farà impazzire i fan di vecchia data e conquisterà chiunque si avvicini alla band per la prima volta. Il livello resta altissimo con "No Graves but the Sea" e soprattutto "With Autumn I'll Surrender", dove una melodia catchy guida un pezzo oscuro e avvolgente che ti tiene incollato dall’inizio alla fine. Ok, magari la durata totale del disco potrebbe spaventare i meno pazienti, ma la cura e la raffinatezza con cui questi due austriaci si muovono tra le tracce sono semplicemente da applausi. Non posso non citare poi, "Too Late for Goodbyes", con la voce potente di Serena Cherry degli Svalbard che affianca J.J. in un duetto che spacca, e la chiusura con "Elysian Fields", dove Daniel Lang dei Backwards Charm porta un vibe quasi pop, spingendo gli Harakiri fuori dalla loro comfort zone con un risultato sorprendente. Insomma, 'Scorched Earth' è un disco riuscitissimo, un viaggio sonoro che consiglio a chiunque a occhi chiusi. (Francesco Scarci)

giovedì 10 aprile 2025

Zéro Absolu - La Saignée

#PER CHI AMA: Post Black
Gli Zéro Absolu rappresentano la rinascita dei Glaciation, storica band black metal francese attiva dal 2011 al 2016 e poi tornata in scena tra il 2021 e il 2024. A causa di dispute legali legate ai diritti sul nome, il gruppo ha deciso di ripartire con una nuova identità. E così, dalle ceneri di una battaglia ancora calda, prende vita 'La Saignée', un album che si presenta come una ferita aperta, intrisa di rabbia e tormento. Questo senso di sofferenza si manifesta attraverso due composizioni mastodontiche: la title track, "La Saignée", un brano di oltre 20 minuti che apre il disco, e i successivi 13 minuti di "Le Temps Détruit Tout". Il progetto, guidato da Valnoir, si sviluppa su un campo sonoro dove il black atmosferico incontra il post-black, tracciando paesaggi cupi e struggenti, arricchiti da melodie strazianti e sintetizzatori lucenti come ghiaccio sotto un cielo plumbeo. La band, supportata da membri di Regarde les Hommes Tomber e Alcest, sorprende per la sua abili nell'unire riff taglienti come lame gelide a melodie eteree e celestiali, generando un flusso musicale tanto travolgente quanto emotivamente intenso. Nonostante l'essenza black rimanga dominante, ci sono momenti di straordinaria bellezza atmosferica, chiaramente influenzati dall’approccio onirico tipico degli Alcest. Tuttavia, proprio quando sembra regnare una calma paradisiaca, il caos si risveglia e irrompe con la sua furia devastante. Il secondo capitolo dell’album non si discosta da queste atmosfere, proponendo un attacco sonoro implacabile, con ritmi feroci e urla graffianti che trasudano veleno puro attraverso uno screaming viscerale. Eppure, le sezioni ambient, arricchite da spoken word e sintetizzatori sinistri e ipnotici, tendono progressivamente a emergere, conducendo l’ascoltatore in un paesaggio desolato e mortifero. È qui che l’album si avvia verso il suo epilogo: un ultimo riff che esplode in tutta la sua possente disperazione e un grido finale destinato a dissolversi nel vento gelido. (Francesco Scarci)

lunedì 7 aprile 2025

Caelestra - Bastion

#PER CHI AMA: Post Black/Shoegaze
Il debutto dei Caelestra mi decisamente aveva catturato, un’eco di emozioni crude e immediate che ancora risuona nella mia memoria. Con 'Bastion', pubblicato nel dicembre 2024 senza clamori o annunci roboanti, Frank Harper propone un lavoro che porta il peso della lotta della moglie contro la fibrosi cistica. È un disco che si muove tra ombre di tristezza e barlumi di celebrazione, un riflesso di vita che, pur non eguagliando la scintilla diretta del predecessore, si staglia come un’opera dignitosa, carica di un’intensità velata di malinconia. 'Bastion' si dipana attraverso una fusione di post-metal e progressive black metal, tessendo un arazzo sonoro ricco e stratificato, ma forse meno immediato di quanto ci si potesse aspettare. L’apertura con “Halcyon” è un abbraccio dolceamaro, un’intro che si espande in paesaggi sonori che richiamano il respiro cosmico di Devin Townsend, accogliendo l’ascoltatore in un’atmosfera densa di nostalgia. Laddove il primo album brillava per la sua accessibilità, qui Harper opta per una complessità più meditata, come si sente in “Soteria”: un brano che dal post-black vira verso lidi shoegaze, con vocalizzi che dallo screaming si dissolvono in sospiri eterei, accompagnati da synth celestiali che sembrano guidarci verso un aldilà irraggiungibile. È un momento di rara bellezza, un punto di forza che testimonia la capacità di Harper di bilanciare aggressività e delicatezza. “Finisterre” colpisce con ritmiche che ruggiscono come un urlo soffocato, eco del dolore che abita l’anima del mastermind, ma si placa in sezioni più quiete, quasi a voler offrire un respiro, un equilibrio che dà corpo al suono della sua one-man band. L’effetto sorpresa del debutto, tuttavia, sembra essere svanito, lasciando spazio a una sensazione di déjà-vu che a tratti, ne offusca l’impatto. Eppure, in pezzi come “The Hollow Altar”, gli arrangiamenti si ergono con un’aura cinematografica: dai cori iniziali che si librano come un lamento sacro, si passa a un’esplosione ritmica che evolve in un intreccio denso di significato, un altro segnale della cura che Harper riversa nel suo mestiere. La chiusura arriva con “Eos”, una suite di 11 minuti che si snoda lenta e struggente. Le sue melodie malinconiche, intrecciate a una musicalità estrema – veloce, dinamica, a tratti furiosa – colpiscono nel profondo, come un addio che non trova pace. È qui che 'Bastion' rivela il suo cuore: un disco che, pur non raggiungendo l’altezza del predecessore, si distingue per la sua sincerità e per la capacità di trasformare il dolore in arte. Non è un trionfo, ma un viaggio significativo, un’ode alla resilienza che merita di essere ascoltata con attenzione, anche se con un pizzico di rimpianto per ciò che sarebbe potuto essere. (Francesco Scarci)

martedì 18 marzo 2025

Isleptonthemoon - Only the Stars Know of My Misfortune

#PER CHI AMA: Blackgaze/Depressive Black
Per gli amanti di sonorità depressive/blackgaze, ecco 'Only the Stars Know of My Misfortune', ultimo album della band statunitense Isleptonthemoon. Il tutto è confermato sin dall'iniziale "Safety", che ci permette di inserirci nella trame oscure e introspettive (direi post-rock) della one-man-band di Atlanta, prima delle esplosioni post black che ci accompagneranno invece nella seconda parte della traccia, tra screaming vocals e furenti blast beat. Questo sarà un canovaccio che vedremo ripetersi in più occasioni all'interno del disco, già a partire dalla furiosa ritmica di "Dimming Light", che lascia comunque aperta la porta ad aperture melodiche ed eteree, per quanto, a un primo ascolto, potrebbe suonare come una song caustica e caotica, che trova anche modo di evocare i Deafheaven degli esordi. Sublime per le mie orecchie, tanto che ho già ordinato il vinile. E si prosegue con le chitarre acustiche di "Maybe I Don’t Know It Yet, but Good Things Are Coming Soon", e uno slowcore che ben s'incastra in un contesto più allargato del disco. Il finale è puro depressive/suicidal black metal con un melodico tremolo picking da lacrimoni. Ancora poesia per le mie orecchie con "I Belong to the Void" e le sue atmosfere soffuse che vanno via via crescendo in una evoluzione sonora tesa tra blackgaze (scuola Alcest), luci soffuse post rock e un'emozionalità intensa, immensa. "Like Dying" sembra iniziare con modalità affini ai nostri Klimt 1918 per poi evolvere invece verso sonorità post black di grande impatto e una coda dal piglio ambient. La chiusura affidata alla malinconica "Keep Hidden", ci dice che quella che abbiamo nelle nostre mani è una piccola gemma da tenerci stretti, un lavoro dove ogni traccia è un tassello di un mosaico emotivo complesso e autentico. (Francesco Scarci)
 
(Bindrune Recordings - 2024)
Voto: 80
 

martedì 11 febbraio 2025

Unreqvited - A Pathway to the Moon

#PER CHI AMA: Post Black/Shoegaze
Il buon William Melsness (aka 鬼), nonostante la sua giovane età (30 anni compiuti da poco), è arrivato al ragguardevole traguardo del settimo album con gli Unreqvited, senza contare poi EP, split sotto lo stesso moniker e altri album sotto il nome H V N W R D ., The Ember, the Ash, il fantasy dungeon dei Ilúvatia o l'emo dei Write Home. Insomma, un artista a tutto tondo che in 'A Pathway to the Moon' trova, a mio avviso, la sua consacrazione. Il nuovo album si presenta come un'opera audace e intensa, che esplora le profondità dell'emozione umana attraverso sonorità ricche e stratificate che portano avanti il marchio distintivo del blackgaze/post black degli Unreqvited. Dopo l'intro di rito, ecco esplodere, quasi inaspettatamente, il black di "The Antimatter", un brano che sembra coniugare l'orchestralità dei Dimmu Borgir con atmosfere più eteree, mescolando splendide melodie con passaggi più violenti (quasi djent), creando un contrasto in grado di destabilizzare chi conosce bene la one-man-band canadese, tra cui il sottoscritto. Riconosco invece il marchio di fabbrica del polistrumentista nord americano in "The Starforger", un pezzo onirico, dannatamente malinconico, quasi straziante nelle sue melodiche linee di chitarra e nel dualismo vocale tra voci pulite e scream. Un brano, subito eletto come il mio preferito, che avvolge come un tenero abbraccio da cui sarà difficile staccarsi. Ma il disco è un susseguirsi di emozioni in grado di indurre una profonda analisi introspettiva. Pezzi come "Void Essence/Frozen Tears" e "Into the Starlit Beyond", offrono altri esempi ineccepibili di un sound incentrato su uno shoegaze evocativo, coinvolgente, delicato che merita di essere ascoltato e soprattutto vissuto, con tutto quell'impatto emotivo che da essi ne deriva. 'A Pathway to the Moon' è un gioiello che vede ancora in "Departure: Everlasting Dream", l'ideale colonna sonora del nuovo capitolo della saga di Avatar, 'Fuoco e Cenere', di prossima uscita, per quella sua capacità di creare paesaggi sonori complessi ed evocativi. Un lavoro questo che, enfatizzato da una produzione spettacolare, permetterà di accogliere nuovi adepti tra i fan degli Unreqvited, per un viaggio sonoro che merita di essere esplorato da chiunque. (Francesco Scarci)

martedì 8 agosto 2023

Gnot – Свет

#PER CHI AMA: Blackgaze
Dopo tre anni di silenzio, tornano i russi Gnot con il loro blackgaze. Solo un EP di due pezzi a disposizione del quintetto di San Pietroburgo, che aveva la curiosità di avere quattro dei cinque membri che si chiamano Sergey (ora ridotti a due). A parte la scarsa originalità nei nomi, la band sciorina in realtà un sound ricco di atmosfere e impennate post black che già dall’iniziale “Лёд”, ci deliziano con parti acustiche, furiose accelerate, screaming acidissimi, rallentamenti con cambi di tempo incorporati, ma anche una buona dose di melodia avvolta da quell’aura malinconica che da sempre contraddistingue le band di questo genere. Pur non proponendo nulla di innovativo e cantando per di più in russo, a me la band francamente piace, soprattutto per quella loro capacità nell’introdurre elementi non propriamente black, che conferiscono una certa ariosità al flusso musicale. E cosi anche “Свет” apre con un bell’arpeggio per poi liberarsi in un agguerrito riffing black, con tanto di dualismo nelle vocals, caustica la prima e pulita (ma più deboluccia) la seconda. Il sound è comunque solido e convincente, anche nelle parti più sognanti, il che non fa altro che alimentare il mio personale interesse verso il prossimo lavoro dei cinque musicisti russi. (Francesco Scarci)

(Self – 2023)
Voto: 70

https://gnotband.bandcamp.com/album/-

venerdì 24 marzo 2023

Luminescence - S/t

#PER CHI AMA: Depressive Post Black
One man band dalla Cina questa dei Luminescence e il qui presente 2-track omonimo altro non è che una gustosa anticipazione di quello che sarà il full length in uscita a giugno per la Pest Productions. La band, originaria di Shandong e fondata solo nel 2021, è guidata da Bureauty (qui supportato da T.Z.) che propone la propria esplorazione intimista del mondo post black, con una eleganza che potrebbe evocare band del tipo di Heretoir, primi Alcest o Dreariness. "水蝶/Mizucho" è uno dei due snack che fungono da antipasto a questa release, e presenta una matrice black depressive per quanto concerne l'architettura musicale, con le grim vocals del frontman sorrette da un'arpeggiata e malinconica linea di chitarra e un'altra in tremolo picking, per un mid-tempo che qui, non troverà mai modo di esplodere. Con la successiva "萤/ Glowworm", i Luminescence provano a mostrare il loro lato più aggressivo, ma l'approccio resta fin dalle prime note decisamente compassato, tra spoken words, parti acustiche, scream vocals e break atmosferici. Il polistrumentista cinese proverà tuttavia, nel corso del pezzo, a dar sfogo alla propria furia, ma solo per qualche striminzito secondo. Insomma le premesse sembrano buone, vediamo se il nostro nuovo eroe riuscirà magari a conferire una maggiore originalità alla propria proposta. (Francesco Scarci)

venerdì 17 febbraio 2023

Jours Pâles - Tensions

#PER CHI AMA: Depressive Black
Avevo recensito il primo album dei Jours Pâles, trio transalpino, i cui membri arrivano da realtà similari quali Asphodèle e Aorlhac. 'Tensions' è il loro secondo lavoro edito dalla lunga mano della Les Acteur de l’Ombre Productions e ingloba nove nuovi pezzi all’insegna di sonorità estremamente orecchiabili (basti ascoltare la super ruffiana "Jour de Pluie, Jour de Fête" in apertura, per avere una vaga idea della proposta dei nostril qualora non li conosceste). Melodie frizzanti, voci pulite e qualche growling vocals sparata qua e là (con testi rigorosamente in francese, come accadde anche in 'Éclosion'), qualche intermezzo atmosferico affidato a porzioni arpeggiate di chitarra e il gioco è fatto. I Jours Pâles sono pronti a prendere il volo anche se probabilmente non saranno i fan più estremisti dell’etichetta transalpina quelli che si avvicineranno ai nostri, visto l’interesse per realtà più death/black oriented. Con la successiva "Saint-Flour Nostalgie", l’aura sembra farsi più malinconica, e accanto a questa tendenza depressive, il terzetto accosta anche qualche breve sfuriata black che rinforza quanto di buono avevo avuto modo di ascoltare in passato. E la schizophrenia black si palesa anche nelle note iniziali della terza "Ecumante de Rage" che oltre a dar sfoggio di estremismi sperimentali, quasi di scuola Pensees Nocturnes, si dipana in splendidi giri di chitarra e sonorità che potrebbero evocare l’eleganza blackgaze degli Alcest nei giri forbiti di pianoforte, ma è comunque la struttura globale del brano, cosi asservita a continui cambi di tempo, tra rallentamenti ed epiche galoppate, che la renderanno alla fine anche il mio pezzo preferito. Forse perchè nel corso dell’ascolto troveremo qualche altro brano davvero interessante: dalla tumultuosa title track a "Saturnienne Lassitude", che fa l’occhiolino ai Les Discrets nel suo portamento cosi drammatico e decadente, ipnotico e quasi avanguardistico, ma dal finale di scuola tipicamente classic metal. Non ci si annoia di certo durante l’ascolto di 'Tensions', soprattutto quando tempeste ritmiche si affiancano a delicati break strumentali ("Hâve") o se a fare la sua comparsa è una qualche guest star come accade in "Ode à La Vie (Chanson Pour Aldérica)", dove incontriamo le sinuose vocals di Natalie Koskinen dei mitici Shape Of Despair in un pezzo dai tratti soffusi che avrà modo di evocare un che dei nostrani Novembre lungo la sua traiettoria sonora. Ultima menzione per il post punk di "Dose(s)" e delle spettrali melodie della lunga e conclusiva "Les Feuilles Tombent". Diavolo, stavo poi per dimenticarmi dello splendido artwork di copertina, a cura del buon Niklas Sundin dei Dark Tranquillity che testimonia come 'Tensions' sia un lavoro ispirato che sottolinea le ottime qualità dei Jours Pâles, e soprattutto di una dose di personalità da vendere. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 78

https://ladlo.bandcamp.com/album/tensions

martedì 14 dicembre 2021

Cepheide - Les Échappées

#PER CHI AMA: Depressive/Blackaze
I Cepheide sono una one-man-band che seguo sin dal primo demo, 'De Silence Et De Suie', peraltro recensito proprio su queste stesse pagine nei primi giorni del 2015, e a seguire abbiamo scritto anche degli altri album dell'act parigino. Ho sempre apprezzato lo stile depressive black del buon Gaetan Juif (qui alias Joseph Apsarah), il mastermind dietro a questo moniker, che abbiamo già avuto modo di incontrare anche con Baume e Scaphandre. Il musicista francese, dopo l'ultima uscita in compagnia dei Time Lurker, torna con il nuovo 'Les Échappées' e quel suo sound black multiforme, a tratti disperato (soprattutto a livello vocale) che in questo platter mostra a mio avviso una progressione sonora interessante. Il genere ovviamente rimane quello di sempre con scariche impazzite di carattere post black, lanciate a tutta velocità ma sempre contraddistinte da un'apprezzabile dose di melodia quasi si trattasse di una versione invasata dei Windir, con quello screaming sgraziato che tuttavia ha sempre il suo perchè, se inserito in un contesto musicale come questo. Preparatevi dunque ad assalti all'arma bianca come quello dell'opener "Le Sang" o della successiva e più atmosferica "L'oubli", che per lo meno mostra una serie di break onirici che interrompono quel tormentato maelstrom ritmico che spesso vede inglobarci mentalmente e dal quale si fa davvero tanta fatica ad uscirne intatti. Non so infatti se esista un segreto per non venire sgretolati dal vertiginoso sound di Mr. Gaetan, tante e tortuose sono le ritmiche dentro le quali il polistrumentista transalpino sembra volutamente farci perdere. È decisamente più esotico, direi mediterraneo, l'incipit di "L'ivresse" (dal quale è stato estratto anche uno psicotico video) che per un paio di minuti sembra addirittura cullarci in un più protetto flusso sonoro. Anche il proseguio del brano in realtà non è cosi schizofrenico come i primi due pezzi, e prosegue in modo più o meno normale per altri 90 secondi, prima che si apra un'altra voragine dove finire inevitabilmente inghiottiti dalle ritmiche lanciate a velocità doppie o triple della luce, spaventoso! Soprattutto perchè non ho la sensazione di venire schiacciato dai ritmi infernali dettati dall'ultratecnico strumentista, semmai mi sento parte della sua idea, un'idea che mi avvinghia, mi ingloba nelle sue strutturate e destrutturate armonie, dissonanze e melodie tra black, epic e blackgaze, come quello che mi ipnotizza nella celestiale e un po' "alcestiana" (ma anche doomish) "Les Larmes". Il disco mi piace: sebbene si tratti di un lavoro alquanto estremo, devo ammettere che il risultato conclusivo sia davvero ispirato, originale e accattivante e potrebbe addirittura piacere a chi a sonorità cosi estreme non si è mai avvicinato. Certo, non tutte le tracce sono sullo stesso livello, forse "Les Cris" è quella più criptica, che meno mi convince forse perchè la più caotica e che meno mi tocca i sensi. La chiusura è poi affidata a "La Nausée", il brano più lungo del lotto e quello che meglio riassume la poliedrica proposta musicale dell'artista francese tra passaggi oscuri, fraseggi black prog e vocals sperimentali che mi fanno pensare a grandi prospettive per il futuro dell'imprevedibile Joseph Apsarah. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2021)
Voto: 77
 

venerdì 16 aprile 2021

Caelestra - Black Widow Nebula

#PER CHI AMA: Post Black/Melo Death
È un death black dal forte impatto emotivo quello della one-man-band britannica Caelestra che nel debut 'Black Widow Nebula' ci delizia con sette pezzi e poco più di mezz'ora di sonorità estasianti. La musica di Frank Harper, polistrumentista di Bristol, scivolano via che è un piacere a partire dalla stratosferica opening track "Solaris", che evidenzia tutte le qualità dell'artista inglese, che tra post black e oniriche parti atmosferiche, screaming e sofisticate clean vocals, mi dice che quello che ho fra le mani è uno degli album più interessanti dell'ultimo anno. Nella prima parte di "The Astral Sea" siamo nei paraggi di un prog metal delicato e soffuso, nella seconda più vicini alle sonorità cinematiche dei Fallujah, in un pezzo a dir poco celestiale. Ma l'apice a mio avviso lo tocchiamo in "Cassiopeia", cosi ricca di groove che permette al mastermind di oggi di scrollarsi definitivamente di dosso la scomoda etichetta black. "In Utero" è un intermezzo ambient noise che ci introduce ad "Everglow", dove ad aspettarci c'è un'altra intro vocale davvero spettacolare, ricca di malinconia e che evidenzia ancora le sorprendenti qualità vocali del frontman, con parole dapprima sussurrate alla musica che va via via crescendo in intensità senza mai realmente minacciare di sfociare in una vera baraonda sonora. Arriva ahimè troppo presto l'atto conclusivo di 'Black Widow Nebula' affidato a "Caelum", emozionante nel suo incipit atmosferico, più tormentato nella sua grinta black che si affianca a fantastiche melodie progressive di scuola Opeth, che chiudono in modo esaltante questo sorprendente lavoro dei Caelestra, band da ora in poi, da tenere assolutamente nei vostri radar. (Francesco Scarci)

domenica 7 febbraio 2021

La Fin - The Endless Inertia

#PER CHI AMA: Post Metal, Cult of Luna
Ci sono voluti quattro lunghi anni per partorire il full length di debutto dei milanesi La Fin. Era il 2016 infatti quando i nostri uscivano con l'EP 'Empire of Nothing', facendosi notare per una proposta in bilico tra post metal e post hardcore. Ora l'ensemble italico, forte anche di un deal con l'Argonauta Records, è riuscita finalmente a dar seguito a quel dischetto, rilasciando questo 'The Endless Inertia'. Il disco consta di nove tracce che aprono l'album con "Inertia", un brano lento e magnetico che evoca inevitabilmente come riferimenti principali i Cult of Luna, sebbene nelle parti più cervellotiche, ci siano dei richiami che spingono la band nei paraggi di un prog death, almeno questa la sensazione percepita al minuto 4 dell'opening track. La linea ritmica si conferma comunque solida con accelerazioni caustiche nella seconda metà della traccia, laddove maggior spazio viene concesso alla parte strumentale, pur non disdegnando frammenti acustici che mitigano la proposta dell'act italico o fraseggi che evocano ancora un che di suoni progressivi. Questo in soldoni come delineare la prima song di quest'album e come indirizzarne l'ascolto. Molto più dirompente e decisamente più hardcore oriented, l'incipit della seconda "Zero", visto che dopo il marasma sonoro creato, la band torna a giocare con suoni più calibrati, melodici e sempre coadiuvati dalle harsh vocals di Marco Balzano. Ma l'ascolto del pezzo porta comunque ad una girandola emotiva che evolve con le atmosfere generate e contestualmente, con la comparsa di clean vocals che ammorbidiscono di molto le intemperanze ritmiche dei nostri, che nel finale sembrano voler emulare i Fallujah più cinematici. "Hypersleep"ci mostra un'ulteriore faccia dei La Fin, qui più venata di un tocco malinconico, anche nei momenti più ruvidi. Quello che apprezzo è comunque il lavoro alle chitarre con una sovrapposizione di ben tre asce che si amalgamano con batteria e basso in una matrice ritmica davvero intensa e di elevata perizia tecnica, nonchè dispensatrice di una grande dose di emotività. Un breve intermezzo ambient ci accompagna a "Repetitia" e al suo beating pulsante iniziale, prima che la band si lanci in un'alternanza di riff nervosi e parti quasi shoegaze e ancora, palesi influenze djent o si scateni in lancinanti fughe black. Ma ogni brano sembra avere una sua anima per quanto l'album sia in realtà un concept legato al concetto di inerzia e quella che è la tendenza di un corpo a conservare il suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, cosa che in quest'album in realtà non viene confermata. Si, perchè "Disembody" ha un inizio più ruffiano che si esplica successivamente attraverso un post metal erudito a tratti comunque gonfio di rabbia estrema, laddove i blast beat saturano le casse con nevrotiche scariche di violenza. Eppure, la band continua a muoversi con la politica del bastone e carota, alternando momenti atmosferici a parti urticanti, leggasi per questo la violenza di "Blackbody", brano carico di contenuti estremi ma anche di parti più cerebrali, rendendolo forse il pezzo più complicato da digerire di 'The Endless Inertia'. Con "Endless" si torna a suoni più tecnici, con certi fraseggi che mi hanno evocato un ibrido tra post metal e prog, Amenra e Cynic, in un pezzo comunque altalenante nelle sue forme ed espressioni. L'ultimo atto è affidato a "Eulogy", il brano più lungo del lotto, quello in cui il sestetto condensa tutto quanto ascoltato in 'The Endless Inertia', in nove minuti e più di alternanze ritmico-emotive, di rabbia contrapposta a malinconia, di furia strumentale opposta a tenui partiture acustiche, di yin e yang, di bianco e nero, che si consumano come un cerino acceso, negli ultimi 30 secondi della traccia. Questo è solo l'inizio, sono curioso di assistere all'evoluzione estatica dei La Fin. (Francesco Scarci)

sabato 10 ottobre 2020

Hyperborean Skies - Severances

#PER CHI AMA: Blackgaze, Agalloch
Altra creatura solista proveniente dagli States, questa volta da Oklahoma City. Si tratta degli Hyperborean Skies, guidati sin dal 2013 dal factotum Ben Stire, un altro che in fatto di progetti vanta anche Black Eyed Children, Annihilating Eden, Drowned Dead e Half-Light. Insomma Ben non riesce certo a stare con le mani in mano e dopo aver pubblicato un Lp nel 2017, un split album con gli Endless Voyage X nel 2018, eccolo tornare quest'anno con un trittico di song a dire che la band è viva e vegeta. Tre brani quindi per questo EP intitolato 'Severances', che apre con "Departing Song", un pezzo che ci introduce al mondo spirituale degli Hyperborean Skies, che apre a facili ed inevitabili accostamenti ad Agalloch e compagnia. Certo non siamo di fronte alla classe della compagine ormai sciolta di Portland, però qualche soluzione interessante nel black mid-tempo del polistrumentista americano ci sarebbe anche. Nulla da far gridare al miracolo però la vena black progressive del mastermind di quest'oggi è quanto meno da apprezzare. Le melodie ancestrali, lo splendido break atmosferico che spezza a metà il brano tra un inizio più tranquillo ed una seconda parte più tirata, lasciano intravedere le buone potenzialità del bravo Ben, capace peraltro di deliziarci con un bell'assolo conclusivo di stampo prog rock. Forse ancor meglio nella seconda "Wistful Wanders (Redux)", dove il latrato scream della voce, lascia posto ad un cantato (non eccelso a dire il vero) più orientato al versante shoegaze, accompagnato anche da una musicalità adeguata, che ci mostra un altro lato della medaglia di questa realtà statunitense. Le malinconiche linee di tremolo picking garantiscono poi un risultato emotivamente coinvolgente che non lascerà del tutto impassibili davanti alla proposta di oggi. Certo, sembra mancare un po' di spinta, una maggiore verve e originalità ma Ben sembra essere sulla strada giusta. Certo "Hold this Light" in chiusura è più un pezzo ambient che nulla aggiunge a quanto fatto finora e forse mi lascia un po' con l'amaro in bocca, in quanto mi aspettavo qualcosina in più anzichè una semplice outro. Attendiamo comunque fiduciosi nuove release in un immediato futuro. (Francesco Scarci)

domenica 20 settembre 2020

Nornes - Threads

#PER CHI AMA: Death/Doom, Candlemass
I Nornes sono un quartetto proveniente dal nord della Francia che sta muovendo i primi passi nel mondo del doom. Dopo 'Vanity' uscito due anni fa, è il turno del sicuramente più strutturato 'Threads', le cui atmosfere si rivelano decisamente azzeccate in questo confuso periodo di pandemia e isolamento sociale. La prima traccia “Hurt” ci fornisce un quadro piuttosto chiaro delle coordinate della band: la voce angosciosa del cantante, i ritmi lenti e solenni e l’arsenale di riff ombrosi richiamano alla memoria i Candlemass di 'Nightfall', seppur con alcune digressioni più vicine al blackgaze degli ultimi Alcest che affiorano qua e là. "Near Death" spinge sull’acceleratore e osa spingersi su territori più vicini al blackened death\doom dei Dragged Into Sunlight: si parte con un blast-beat per poi sviluppare trame claustrofobiche che si attorcigliano come il filo tessuto dalle Norne da cui il gruppo prende il nome. La title-track esce decisamente dal seminato: si tratta di un brano costruito su una linea melodica di basso che si snoda tra sinistri effetti ambient e l’inquietante parlato in francese di una donna, quasi una colonna sonora per un film noir. Il disco si chiude con la conclusiva "Burning Bridges", brano dall’arrangiamento un po’ confuso che si distingue per toni sempre più cupi e atmosfere goticheggianti. 'Threads' è la prova di un gruppo volenteroso che però deve ancora trovare un’identità ben definita: ci sono buoni spunti che andrebbero coltivati con cura per poter raccoglierne i frutti alla prossima uscita. (Shadowsofthesun)

(Sleeping Church Records - 2020)
Voto: 63

https://sleepingchurchrecords.bandcamp.com/album/threads

domenica 30 agosto 2020

Amiensus - Abreaction

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Gli Amiensus li conosciamo molto bene, avendoli peraltro da poco recensiti nello split album con gli Adora Vivos, ma quello era un apripista per questo nuovo lavoro, che sarà presto fuori per la Transcending Records. 'Abreaction' ci consegna una band in ottimo stato di forma, ma questo era già stato appurato nell'ultimo dischetto. La proposta del quintetto del Minnesota prosegue alla grande in quella sua ricercatezza musicale che ha reso grandi gli Agalloch ad esempio, ma credo che la band sia già un passo avanti rispetto all'ensemble originario dell'Oregon. Lo si capisce immediatamente da "Beneath the Waves", splendida traccia d'apertura che mostra le eccelse qualità dei nostri che si muovono a cavallo tra black, suoni atmosferici, blackgaze, dark e progressive con una disinvoltura da veri fuoriclasse. E in parallelo con quest'alternanza musicale, anche i vocalizzi di James Benson fanno altrettanto, tra growl e clean vocals. Splendido l'incipit corredato con tanto di archi, della seconda "Divinity", una song malinconica e coinvolgente nel suo tiepido avanzare che ben presto, nonostante la delicatezza delle vocals, ci sommergerà con una ritmica dirompente ed un placido finale nuovamente affidato al violoncello. Ma la compagine statunitense è davvero ispirata e il black compassato della terza "To the Edge of Life" ci offre uno spaccato differente, più aggressivo degli Amiensus, pur senza rinunciare a break atmosferici e ad un acustico finale. Ancora black mid-tempo con "A Convocation of Spirits" (tra l'altro riproposta in chiusura interamente acustica), una song sinistra permeata da una diabolica vena doomish, in grado comunque di palesare tutta la classe del combo soprattutto nell'ampio utilizzo degli archi e dalla presenza di un interessante dualismo vocale. Il disco è un susseguirsi di piccoli gioiellini che mostrano gli enormi passi in avanti compiuti da questo collettivo in pochissimi anni. Quindi se dovessi suggerire un altro paio di pezzi, direi senza dubbio "Cold Viscera", canzone devastante che forse si distacca dalle altre, complice un feeling che mi ha evocato qualcosa dei Dissection. Infine "All That is Unknown", scelta invece per la sua vena sinfonica che rappresenta un altro unicum di un album che si candida ad essere una delle sorprese di questo strano 2020. (Francesco Scarci)

(Transcending Records - 2020)
Voto: 82

https://amiensus.bandcamp.com/album/abreactio

venerdì 13 marzo 2020

Sertraline - These Mills are Oceans

#PER CHI AMA: Blackgaze, Agalloch
Sertraline atto terzo, quanti gli EP (solo in digitale ahimè) fatti uscire negli ultimi tre anni dalla band di Buffalo, che prende il nome del generico dell'antidepressivo Zoloft. Ora avrei un desiderio, ossia che l'etichetta canadese Hypnotic Dirge Records che supporta la band, mettesse tutti e tre gli EP su supporto fisico, grazie. Ma veniamo a 'These Mills are Oceans', lo splendido lavoro di oggi. Tre pezzi per venti minuti di musica che combinano post metal, post black atmosferico e depressive con grande maestria ed efficacia per un risultato che ho trovato semplicemente intenso ed emotivamente destabilizzante. Perchè queste mie parole? Ascoltate la malinconicissima "Eyes as Tableau", un pezzo che viaggia su una ritmica post metal che vive di qualche sporadica accelerazione black, ma soprattutto di melodie struggenti su cui poggia il cantato in screaming del frontman Tom Muehlbauer. La seconda "Their Cities" potrebbe essere un mix tra Agalloch, Shining e Cult of Luna, il tutto ovviamente suonato in tremolo picking con una portanza emotiva davvero da applausi, tra rallentamenti in acustico e malefiche sfuriate post black, con la melodia sempre collocata in primo piano. A chiudere il dischetto ecco "Prague": lunga intro ambient con tanto di voci malvagie in sottofondo che cedono il passo ad un estatico intermezzo acustico e clean vocals per passare poi ad una tiepida atmosfera blackgaze con le chitarre che ammiccano qui agli *Shels. L'intensità va salendo e il riffing riprende quota acuendo la propria cattiveria a pari passo con lo screaming arcigno del vocalist, per un risultato finale veramente notevole. A parte desiderare i tre EP in cd, gradirei ora anche uno sforzo da parte della band, ossia un full length. Grazie mille per prendere in considerazione i miei desideri. (Francesco Scarci)

giovedì 12 marzo 2020

Holy Fawn - The Black Moon

#PER CHI AMA: Shoegaze/Post Rock, Slowdive
Credo che 'The Black Moon' sia uno dei lavori che più ho ascoltato negli ultimi tempi. Nelle ultime settimane, appena tornato a casa e acceso il pc, la prima cosa che facevo era far partire "Candy", la opening track di questo EP degli statunitensi Holy Fawn. D'altro canto, la band di Phoenix mi aveva già sedotto nel 2018 con 'Death Spells', ora questo 3-track mi ha preso ancor di più, rapendomi l'anima con le sue fluttuanti atmosfere shoegaze che instillano un senso di malinconia esagerata, un nodo alla gola quasi straziante, rotto solamente da qualche schitarrata (e urlata) che ci ricorda il retaggio black metal della band dell'Arizona. Poi è solo emotività allo stato puro che ci avvinghia e stordisce in un momento in cui la nostra sensibilità appare ancor più enfatizzata. L'animo fortemente shoegaze (e post rock) della band si riflette nei pesanti riverberi sonori e vocali, con la voce del frontman davvero calda e avvolgente. "Tethered" lascia spazio a suggestioni mentali, al desiderio di scappare da tutto quel caos che ci circonda e magari abbandonarci a scrutare il cielo stellato in una qualche isola sperduta nel bel mezzo del Pacifico. "Blood Pact" è l'ultimo atto dell'EP, una song di sette minuti affidati a sonorità ancora in bilico tra shoegaze e post-rock, questa volta contaminate dal drum-beat e da paesaggi sonori che evocano i maestri Slowdive, in una eterea matrice sonora sorretta dalle splendide vocals del frontman che nel finale si lanciano addirittura in uno screaming che fitta perfettamente con il messaggio musicale lanciato da questi musicisti di talento. Ora attendo solo il nuovo album. (Francesco Scarci)

domenica 8 marzo 2020

Anizvara - Atman

#PER CHI AMA: Blackgaze Strumentale
Un'altra one-man-band questa volta proveniente dal Cile, con un EP di tre pezzi che non deficitano certo in personalità. Gli Anizvara, stravagante moniker di questa creatura sud americana, propone un 3-track intitolato 'Atman', un dischetto che strizza l'occhiolino allo stesso tempo a blackgaze e post metal e che stuzzica non poco la mia curiosità in vista di una release più ufficiale di questa esclusivamente digitale. Comunque sia, i tre pezzi del lavoro si aprono con le furiose accelerazioni di "Krisis", stemperate dalle melodie malinconiche del mastermind di quest'oggi e da quelle suadenti atmosfere su cui il musicista cileno non lesina affatto. Bello immergersi in siddetti suoni con tanto di tremolo picking sempre in primo piano; vi basti ascoltare "Fire on Your Forehead" per schiarirvi ulteriormente le idee sulle eccelse qualità di questo progetto, cosi come pure con la conclusiva "Unknowable", due esempi di come si possa coniugare alla grandissima sonorità estreme con anche un più sognante post-rock intriso di splendide orchestrazioni e passaggi acustici (onore alla traccia di chiusura). Sin qui tutto benissimo ma, si c'è un ma, altrimenti mi toccherebbe parlare di un gran bel gioiellino. Ovviamente manca l'apporto vocale, per cui auspico già un cambio di rotta a partire dal prossimo album. Sapete quanto mi stia sulle scatole la mancanza di un vocalist che qui avrebbe rappresentato la classica ciliegina sulla torta. E allora, per favore, caro Anizvara, mettiamo un paio di urlacci sulla prossima release e un alto voto sarà qui garantito, promesso. (Francesco Scarci)

giovedì 12 dicembre 2019

Außenseiter - S/t

#PER CHI AMA: Blackgaze
Dalla regione dell'Appalachia ecco arrivare gli Außenseiter (non certo un moniker tipicamente statunitense) con il loro EP omonimo, che parrebbe narrare proprio di quelle regioni montane cosi misteriosamente affascinanti. Lo dimostra subito l'opening track "Appalachia", attraverso il suo aspro blackgaze, le vocals disperate del suo frontman e le melodie scoscese propinate nei primi quattro minuti dell'EP. "Endless Fog" prosegue sulla falsariga con un sound decisamente raw che vive di uncinate accelerazioni in tremolo picking, urla disumane e qualche raro chorus che emerge dalla coltre di nebbia che impera nell'album. "Blind Existence" conferma lo status casalingo a livello produttivo puranche il genere che abbracciano questi sinistri Außenseiter in questo 4-track che con qualche miglioria a livello di pulizia di suoni, potrebbero anche risultare pienamente interessanti. Per ora, la proposta della band, confermata anche dalla conclusiva strumentale "Throw Me Into the Water", e alla stregua di quanto anche recentemente proposto dai Wounds of Recollection, rimane piuttosto acerba e necessitante di una certa sgrezzata a 360 gradi. Le potenzialità ci sono ma non possono nemmeno essere espresse in questo modo, vanno assolutamente convogliate nella giusta direzione. (Francesco Scarci)

domenica 1 dicembre 2019

Ketoret - Departure

#PER CHI AMA: Post Metal/Blackgaze
'Departure' non è altro che una prova per vedere di che pasta sono fatti gli israeliani Ketoret, pasta buona direi io. La band di Gerusalemme propone infatti tre tracce per 26 minuti di musica all'insegna di un post-metal riflessivo, impreziosito da certe venature blackgaze. Questo è almeno quanto ho potuto assaporare dall'ascolto dell'opening track "Ivy", una song che si dipana tra melodie solenni e decadenti assai simili ad una colonna sonora degna di un colossal, che solo sul finire prende le sembianze di un post-black (con tanto di screaming vocals) davvero ispirato, che non fa che aumentare la mia curiosità per questa compagine. Con mia sorpresa, l'incipit di "Box" è molto più pacato, con voci pulite che sembrano condurci in mondi alternativi (musicalmente parlando); poi sprazzi di ferocia, ma sono ancora le sonorità alternative a prevalere, prima che nuovamente la band si conceda ad un finale suggestivo all'insegna di un blackgaze sognante, che mi fa ben sperare per il futuro. E visto che ci siamo, diamo un ascolto anche all'ultima traccia, gli undici minuti di "Departure in a Heartbeat" che partono dai sussurri del vocalist che evolvono a grida di dolore su di un atmosferico tappeto di melodie soffuse che va via via crescendo fino all'esplosione di un pathos disarmante che mi lascia senza parole e per cui auspico, che quanto prima qualcuno si accorga di questi affascinanti Ketoret. (Francesco Scarci)

sabato 24 agosto 2019

Nuitville - When The Darkness Falls

#PER CHI AMA: Blackgaze, Alcest
Dalla regione di Donetsk, ecco arrivare Tristan Nuit, polistrumentista ucraino, mente ed esecutore dei Nuitville. La band debutta per la Ashen Dominion con un breve EP di tre pezzi, 'When The Darkness Falls', proponendo un interessante concentrato di blackgaze e black atmosferico. Il risultato dell'opening nonchè title-track, ci fa ben sperare, visto che le melodie malinconiche ben si amalgamano con delle voci che si manifestano sia nella classica forma scream che pulita, mostrando più o meno vistosamente, una serie di punti di contatto con i maestri Alcest. Ottime melodie quindi con un imponente tremolo picking a supporto del drumming, con fortissimi sentori shoegaze che ci riconducono appunto alla band di Neige e soci. Se la seconda "Cold Water" si presenta un po' meno fluida a livello vocale, è sempre la componente melodica a farla da padrona e a convincermi della bontà di questo progetto. L'amore viscerale per Neige si manifesta poi con la conclusiva "Recueillement", una cover degli Amesoeurs, una delle band in cui l'artista francese ha militato nella sua carriera. Il brano? Un tributo dovuto al blackgaze dell'ensemble francese, ben eseguito ma non proprio indispensabile. Bene, capito ora di che pasta è fatto Mr. Nuit, gradiremo una prova più consistente per certificare i buoni sentori di questa opera prima. (Francesco Scarci)