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lunedì 21 ottobre 2024

King Satan - Abyss of the Souls

#PER CHI AMA: Electro/Industrial
E questi King Satan da dove saltano fuori adesso? In tutta sincerità, la band finlandese non la conosco affatto, sebbene sia in giro dal 2015 con quel suo concentrato di elettro-industriale, sporcato di venature death, ma pure heavy classiche. E penso all'assolo che caratterizza la prima traccia, nonchè anche title track, di questo 'Abyss of the Souls', EP che anticipa l'uscita di un full length a stretto giro. Comunque, l'ascolto dei nostri finnici mi ha riportato immediatamente alla mente una versione ancor più ruffiana dei norvegesi The Kovenant, grazie a melodie importanti supportate da ritmiche industrialoidi, effettate growling vocals che vanno a braccetto con quelle più leggiadre della classica gentil donzella (non proprio una spada, diciamolo), orchestrazioni pompose, brevissime fughe in territori death'n'roll e appunto spettacolari assoli heavy metal. Questo quello che certifica la traccia in apertura, cosi come pure le successive "Chaos Forever Now" e "New Aeon Gospel", che completano il trittico di brani inclusi in questa brevissima release. Tanto groove, suoni ruffiani ma sempre interessanti, belle schitarrate possenti, ottimi ritmi di scuola "ramsteiniana", break danzerecci di derivazione Hocico, uno spettacolare uso dei synth a richiamare gli svedesi Deathstars, un pizzico di tocco gotico alla Gothminister; infine, qualche accelerata black e ora, non ci resta altro che attendere il nuovo album in uscita a novembre, con una certa curiosità. (Francesco Scarci)

(Noble Demon Records - 2024)
Voto: 72

https://www.kingsatan.net/

domenica 20 ottobre 2024

Rot Coven – Nightmares Devour the Waking World: Phase I + Phase II

#PER CHI AMA: Black/Drone/Ambient
L'universo musicale di questa band proveniente dalla Pennsylvania, è fatto di sensazioni cosmiche, costantemente avvolte da un alone sinistro, che disegnano un immenso spazio sonoro, decisamente oscuro e minaccioso, ampio e misterioso. La base di partenza è il noise e l'ambient dronico, sfregiati da lunghe e laceranti digressioni doom, death e black metal, in un infinito viaggio psicologico verso i meandri più oscuri della percezione umana. 'Nightmares Devour the Waking World: Phase I + Phase II' è un disco non di facile approccio e volutamente ostile al pubblico, che si rivela come un alternarsi di umori gelidi che generano suoni contorti, vortici capaci di introdurre chi ascolta, verso universi paralleli assai intriganti. L'amalgama sonora è in perfetta sincronia con un'ispirata vena compositiva, che in questo genere deve far da padrona o si rischia la caduta nell'inascoltabile o nel già sentito, e devo dire che in questa versione estesa dell'album (ricordo che la prima parte, Phase I, era uscita l'anno scorso), l'opera si compie a dovere, e per l'ascoltatore già iniziato a questo genere, la scoperta di questo disco (edito dall'Aesthetic Death), risulterà un'ottima sorpresa. Brani dagli intro apocalittici, colonne sonore noir che rasentano uno stile cinematografico in continua evoluzione, dove l'unico colore che emerge è il nero, ecco come si palesa il disco. La voce è inghiottita dal rumore, il distorto veglia su tutto e fa da padrone nel mood dell'intero lunghissimo lavoro (oltre 80 minuti), proiettando il suono verso lidi estremi di post metal di difficile collocazione ma con retaggi, per certi aspetti classici, che vengono ampliati, appunto, dall'uso di suoni strettamente lisergici e psichedelici, qui riadattati all'umore cupissimo della band. In tal contesto, non si può dimenticare il vistoso lato industrial dei Rot Coven, che è molto radicato nel DNA della band, cosa che, unita al maniacale piacere verso suoni distorti e riverberati, costituisce l'essenza del sound di quest'album. Paesaggi siderali costruiti per mettere a dura prova la resistenza psichica e una forte sensazione di disagio psicologico, sono le armi che vengono utilizzate nei solchi di questi brani apocalittici, accompagnati da un senso di caduta costante e tangibile. Non è di facile approccio, come detto in precedenza, ma questo disco, ascoltato nella totalità dei due album, è veramente un'esperienza da provare, ed è inutile smembrarlo per trovarne pregi o difetti tecnico-stilistici, poiché l'ideale è assimilarlo nella sua interezza, lasciandosi trasportare dalla sua fredda corrente. Buon viaggio nella parte più nascosta e oscura della vostra mente. (Bob Stoner)

lunedì 23 settembre 2024

Godkiller - Deliverance

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Industrial/Black
Terza release per questa one man band proveniente da Monaco. Dal ’94, anno in cui uscì il primo EP, 'The Rebirth of the Middle Ages', all'uscita di 'Deliverance', sono cambiate molte cose visto che Duke Satanaël ha completamente perso i connotati black epici di un tempo, dedicandosi a un dark oscuro con all’interno molti inserti elettronici. Questo cambiamento avvenne già con il secondo album, 'The End of the World' del ’98, dove vi erano parti elettroniche, non così marcate come qui. La chitarra ha ancora suoni tipicamente metal (quando c’è) e può ricordare i Samael dei bei tempi. Le melodie create sono tutte molto tristi e sofferte, dovute sicuramente all’uso di suoni freddi ed elettronici, usati con cognizione e con una certa ricercatezza, quasi atta a ipnotizzare l’ascoltatore e guidarlo in un mondo buio e angosciante. La voce di Duke è flebile e in linea con il tappeto musicale proposto. Chi ha seguito e apprezzato il nuovo cammino di Godkiller, non potrà che trovare nuova linfa creativa anche in 'Deliverance'.

(Wounded Love Records - 2000)
Voto: 73

https://godkiller.net/

venerdì 6 settembre 2024

Inerth - Hybris

#PER CHI AMA: Death/Sludge
Gli spagnoli Inerth tornano con il loro concentrato di violento e melmoso sound. 'Hybris' è il terzo lavoro, dopo l'EP di debutto e il full length del 2022, 'Void'. L'inizio affidato a "Midlife Wasteland" ha un che dei Napalm Death di 'Utopia Banished', con un impatto pesantissimo delle chitarre, sulle quali irrompe un super vocione growl (che verrà poi accompagnato da linee vocali pulite). La cosa affascinante sono le interferenze melodico industriali che evocano un che di Godflesh/Killing Joke, e che alla fine renderanno il death dei cinque madrileni, davvero carico di groove e più "facilmente" ascoltabile. Quest'approccio, per certi versi avanguardistico, è confermato anche nella seconda "Oblivion", un po' più mid-tempo come ritmica, e che apre immediatamente con le vocals del frontman in formato "clean", in un sound che sembra richiamare anche un che di post metal e sludge, senza rinunciare a un interessante break atmosferico, in cui a mettersi in luce è la batteria di J. Moya. Poi, una ripresa piuttosto roboante, affidata a un muro di chitarre mastodontico (e dal refrain quasi hardcore) e a dei vocalizzi da orco cattivo. I nostri iberici se la cavano alla grande nell'armeggiare i loro strumenti e non stupisce quindi, quando a divampare nello stereo, si pone la terrificante e muscolosa "Fentanyl", che sembra riportarci alle atmosfere orrorifiche del death anni '90, a cavallo tra gli Entombed di 'Clandestine' e i Celtic Frost. "A.I.", la più doomish delle quattro song qui contenute, è un pezzo che strizza l'occhiolino ai Disembowelment, però con un dualismo vocale che rimane comunque spiazzante e che dopo due minuti, troverà il modo di accelerare i giri del motore, scatenando tutta la sua furia dirompente a firmare la chiusura di questo interessante dischetto. (Francesco Scarci)
 
(Abstract Emotions - 2024)
Voto: 74
 

mercoledì 24 luglio 2024

LLNN/Sugar Horse - The Horror/Sleep Paralysis Demon EP

#PER CHI AMA: Sludge/Experimental
Una volta si facevano gli split album, oggi il minimalismo sonoro è arrivato addirittura a uno split 7": una canzone per uno quindi, cosi che i danesi LLNN e gli inglesi Sugar Horse, sono accontentati, e con loro, tutti i fan delle due band targate Pelagic Records. Si parte con gli LLNN e la loro "The Horror", un trip sonico all'insegna di un sound ambient-ritualistico, che riesce a sfociare in sonorità che parafrasano il titolo del brano, cosi orrorifiche e angoscianti, con l'arcigna voce affidata a Martin Skou guerriero live dei folksters Heilung. La proposta è davvero intrigante, con un sonicscape electro-industrialoide inquietante al massimo, affidato a suoni freddi e sintetici. Quando arriva la band di Bristol, è quasi un toccasana per le mie orecchi, vista una proposta qui virante a un post punk dissonante. Ecco infatti come si presenta "Sleep Paralysis Demon" sin dalle sue strambe e oblique note introduttive, con una voce pulita che lascerà presto il posto a lancinanti grida hardcore e al ringhiare delle chitarre, che arrivano a sprofondare successivamente nei meandri di uno sludge melmoso e altrettanto sghembo e disturbante, che proverà a insediare quei pochi neuroni residui del mio cervello. Anche qui la proposta è piuttosto particolare e alla fine devo ammettere, che avrei voluto ascoltare di più di entrambe le band. Speriamo pertanto che questo 7" sia il giusto antipasto per una portata di ben altra consistenza. (Francesco Scarci)

martedì 14 maggio 2024

La Mer - Tetrahedra

#PER CHI AMA: Experimental Black/Alternative
Se doveste iniziare ad ascoltare quest'album, cosi come ho fatto io, le impressioni di primo acchito, potrebbero condurvi a pensare di trovarsi al cospetto di un album rock con venature elettroniche. Una sensazione che dura giusto un paio di giri di orologio nell'iniziale "To the End", prima di essere investiti da un sound più estremo, almeno vocalmente parlando, che comunque mantiene un elevato gusto melodico. Questo perché gli scozzesi La Mer, in questo quinto capitolo della loro discografia intitolato 'Tetrahedra', propongono uno strano connubio di generi. In tutta franchezza devo ammettere che non conoscevo, almeno prima di questo disco, la one-man band di Glasgow, guidata dal buon Jeremi, in arte La Mer, a cui devo riconoscere il fatto di aver rilasciato una coraggiosa release che mi ha piacevolmente colpito. Un lavoro questo, che per certi versi mi ha evocato, per una serie di analogie musicali, i transalpini H.O.P.E. e i nostrani Drastique. Il progetto di Jeremi si muove infatti trasversalmente su coordinate gothic industrial electro rock, che sembrano trarre spunto anche da vari mostri sacri, quali Nine Inch Nails, Type O Negative e The Cure, tanto per citarne qualcuno in ordine sparso. La cosa stravagante è che poi il factotum scozzese ci butta dentro vocalizzi black, qualche bel guizzo estremo che alla fine ben si amalgama con la sperimentale architettura musicale ideata dal mastermind. E cosi ne vengono fuori pezzi azzeccatissimi, e penso all'atmosferica "Patina", all'industrialoide "Last One Out", alla katatonica (si, ci sono echi anche dei godz svedesi) e a tratti più ruvida, "Sunsets". Un concentrato di brani davvero orecchiali che passano anche attraverso le sonorità post punk/cold wave di "Stratch", corredata qui da screaming vocals e un paio di belle accelerate estreme. Audace il buon Jeremi, almeno fino a quando il disco sembra perdere l'effetto sorpresa all'altezza di "Death Dogs" e, quelle trovate che avevano reso il mio ascolto sin qui curioso, vanno lentamente ad appiattirsi nel resto del disco. Ancora degne di nota rimangono comunque la distruttiva "Gallows Hill", in grado di combinare black a suoni alternativi; gli echi dei Katatonia in "Hell Can Wait" (vero masterpiece del disco), mentre la chiusura è affidata a una poco conosciuta (e che non ho particolarmente apprezzato) cover dei polacchi Myslovitz, "Nienawiść", per un tributo finale a una band che probabilmente ha avuto fortuna solo all'interno dei propri confini. In definitiva, 'Tetrahedra' è un album per certi versi, sorprendente, soprattutto considerando l'uscita sotto l'egida della Godz ov War Productions. Un'uscita ardita a cui vi invito di dare più di una possibilità. (Francesco Scarci)

(Godz Ov War Productions/Analög Ragnarök - 2024)

lunedì 27 novembre 2023

Latex Baby - Stab

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Industrial Black
I Latex Baby sono nati dall’unione di Dr. Morbus (proveniente dalla death/black metal band Antrum) e Fetish X (proveniente dall’harsh noise band Involucro). Quello che vi presento oggi è il primo interessante lavoro della band (prima che se ne perdessero completamente le tracce, tant'è che non abbiamo trovato nemmeno uno straccio di sito internet/ndr). Dimostrazione di ciò è il fatto che il gruppo comparve anche nella compilation 'Death Odours' dell'importante etichetta italiana Slaughter Productions. Il primo brano ("Weak Flesh Persecution") è composto da una dinamica parte elettronica a cui si sovrappongono voci filtrate e una parte noise. I due brani successivi ("Cut-Off Throat" e "Lacerated Wombs") sono sostenuti da un riffing metal che si muove tra industial, death e black e che spesso serve solo come componente ritmico (come ossatura direi) in quanto la parte principale è affidata allo strato noise assai ben sviluppato, coinvolgente e scorrevole. È molto ben riuscita l’amalgama tra le singole partiture e sono forti le sensazioni che riesce a dare lo spesso sound di "Stab". L’ultimo brano ("Pierced Clits & Razorblades") è un morbido ed avvolgente pezzo industrial, morboso e pericolosamente attraente; potrebbe tranquillamente fare da colonna sonora a qualche bella scena del film 'Naked Blood'. È un peccato che questo lavoro duri solo un quarto d’ora; avrei proprio voluto ascoltare cosa i Latex Baby sarebbero stati capaci di fare su un full-length! Disco consigliatissimo.
 
(Necro.files Music - 2000)
Voto: 70


giovedì 5 ottobre 2023

Mysticum - In the Streams of Inferno

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Industrial Black
I Mysticum sono un gruppo norvegese di black-industriale molto particolare, con atmosfere glaciali ed inquietanti (ma auspico che la maggior parte di voi già lo sappia/ndr). La drum-machine in questo 'In the Strems of Inferno' è simile ad un martello pneumatico volutamente ripetitiva e prorompente. La voce black è malvagia però, quasi in sottofondo rispetto alla musica. Nei Mysticum l’uso dei synth e di campionatori è d’importanza rilevante perché è proprio in queste parti dove viene concentrato il suono freddo e industriale. Le otto tracce qui presenti sono un inno al male, ed è inutile addentrarsi nella spiegazione di ogni singola canzone visto che il lavoro è oscuro in ogni suo elemento e privo di cali di tensione. Ascoltatelo quindi in completo silenzio, fatevi rapire dalla follia compositiva. Imperdibile.

(Full Moon Productions/Peaceville Records - 1996/2023)
Voto: 85

https://www.facebook.com/mysticums

martedì 19 settembre 2023

Steamachine - City of Death

#PER CHI AMA: Groove Death/Metalcore
Con un incipit di "pensees nocturnes" memoria, si apre l'album dei polacchi Steamachine, 'City of Death'. Se la title track nonchè traccia d'apertura, ci dice che siamo nei paraggi di un death melodico dai tratti piuttosto compassati, tanto che sembrerebbe addirittura una lunghissima intro tra scanzonati cori, riffing di circensi reminescenze, e vocalizzi growl, la successiva "Show of Death" sembra meglio demarcare i tratti di questo stralunato quartetto. La song infatti, un filo più robusta, ritmata e dinamica della precedente, apre con scoppiettanti e marcati riff pregni di un esorbitante quantitativo di groove e deliziose melodie che trovano in un breve break atmosferico, il punto di ristoro del brano. Voler però catalogare a tutti i costi la proposta dei quattro musicisti originari di Olsztyn, peraltro al loro secondo album in due anni, potrebbe però essere oltremodo oltraggioso, data l'eccelsa capacità di far transitare più generi nella stessa cruna dell'ago, che vanno da sporadiche capatine black al deathcore progressivo e l'esempio più calzante potrebbe essere rappresentato da "Monsterland", senza tralasciare death, dark, prog, metalcore, steampunk, alternative e thrash metal. A proposito di quest'ultimo ecco che "Sinister Reflection" sembra far confluire influssi industriali sopra un rifferama thrash metal oriented, con tanto di voci nu-metal e sonorità parecchio sinistre, cosi come vuole il titolo. Robusta, cattiva, acida nelle sue partiture vocali (sebbene corredata da clean vocals che andrebbero invece riviste) è invece "Acrobats of the Abyss", che tuttavia nel corso dell'ascolto mostra parti sperimentali di synth e keys che si abbineranno ad una costante ricerca di cambi di tempo. La song poi s'interrompe bruscamente per lasciar posto alla più oscura "Journey of Madness", piacevolissima da un punto di vista musicale, ma che lascia intravedere che forse l'elemento debole della band sia la voce, qui lontana dall'essere convincente. Molto meglio invece nella più pazza e schizoide "Toys Factory", che chiude brillantemente con le sue più malinconiche melodie il disco, prima delle tre bonus track "The Book of War" I, II e III, che altro non sono che i tre pezzi inclusi nell'EP uscito a maggio di quest'anno, tre brani che palesano un mood più orrorifico e tenebroso e che nella parte II vede peraltro un fantastico assolo messo in mostra. Gli Steamachine sono una bella band che davvero non conoscevo, she sembra avere qualche punto in comune con i Pyogenesis di 'A Century in the Curse of Time', ma con una maturità e personalità davvero invidiabili. (Francesco Scarci)

lunedì 4 settembre 2023

Baphomet’s Cunt - 2023 - 616 Pleasures

#PER CHI AMA: Gothic Black
Con una bella e sobria copertina (a cui aggiungerei anche dei titoli del cazzo), andiamo ad ascoltare il nuovo parto degli inglesi Baphomet’s Cunt, presagendo che quello che sentirò probabilmente non mi piacerà. Invece attenzione, perchè il detto “l’abito non fa il Monaco” potrebbe valere per la release di quest’oggi. Infatti la proposta del folle The Baphomet General (che abbiamo già incontrato in Ebonillumini e The Meads of Asphodel) è un black metal fresco e genuin che potrebbe conquistare gli amanti di sonorità vampiresche alla Cradle of Filth. Certo un pezzo intitolato “Lord of Flatulence” perde di credibilità già in partenza, eppure le sue melodie, coniugate con una certa ricerca nei cambi di tempo, di atmosfere, e combinando il tutto con l’heavy o addirittura la musica classica, beh trova, in tutta sincerità, il mio più grande appoggio. Mai avrei pensato che le cose potessero andare in questa direzione dopo aver guardato la cover dell’album eppure il primo pezzo (con peto finale annesso) mi ha conquistato. E le atmosfere iniziale di “You Have to Be Cruel to Be Crueller” (titolo alquanto spassoso) proseguono nell'opera di addescamento da parte della one-man band britannica nei confronti del sottoscritto. Con sonorità che ammiccano all’EBM, all’industrial, al black e al gothic, e voci che si muovono tra il growl e il pulito (scuola Fields of the Nephilim), mi ritrovo completamente affascinato dalla proposta del polistrumentista inglese. In “Carry on up the Baphomet” è più evidente l’influenza di Dany Filth e soci almeno a livello ritmico, in realtà poi ci sono molti altri elementi che allontanano la proposta tra le due band, in primis l’ironia dei Baphomet’s Cunt, visto che i riferimenti sessuali nelle liriche potrebbero essere anzi un elemento di comunione. Comunque la band inglese mi piace, anche nella cover dei Soft Cell (synth pop band britannica degli anni ’80) “Sex Dwarf” che regala l’ultima emozione di questo inatteso ‘2023 - 616 Pleasures’ che la band vende peraltro in cd sulla propria pagina bandcamp a 2.99 sterle. E allora, che fate ancora qui, affrettatevi. (Francesco Scarci)

venerdì 16 giugno 2023

Count Nosferatu Kommando - Ultraviolence Über Alles

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Electro-Industrial
C.N.K. è il side project di Rheidmarr, cantante degli Anorexia Nervosa. Si tratta di un buon album di electro-industrial metal in cui le parti di chitarra (dalle ritmiche spezzate e molte accentate) rivisitano, in chiave modernistica, riff di retaggio thrash/death; in sottofondo poi, sono presenti delle melodie di tastiera che completano molto bene i brani e li rendono più particolari. La classica batteria è stata sostituita da una ritmica elettro-industriale completamente campionata e ben programmata che sostiene sempre poderosamente i brani. La voce, sempre un po’ effettata, è urlata, sporca e violenta. Per quanto riguarda il concept lirico, penso che il titolo del disco sia abbastanza chiaro e riveli le intenzioni belliche dei nostri. La produzione è buona ma se fosse stata un po’ più spessa e un po’ più “chirurgica”, i brani avrebbero reso ancor di più. Buon esordio con possiblità di ulteriori miglioramenti.

(Kodiak Records/Season of Mist - 2002/2009)
Voto: 70

https://thecnk.bandcamp.com/album/ultraviolence-ber-alles

domenica 26 febbraio 2023

Nocratai - Chaotic Prayer

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Industrial Black
Se il primo demo di questa one man band, 'Eternal Chill' del 1999, fu un vero e proprio bombardamento di black industriale all’ennesima potenza, questo secondo demo presenta varie differenze sin dall’iniziale “Satanicaholocaustica” che inizia con un sottofondo noise (che con campionamenti, effetti e modi diversi è presente per tutta la durata del demo) sovrastato da versi e sussurri diabolici seguiti poi da una semplice struttura ritmica dall’andamento marziale. È soltanto l’inizio del viaggio che vi offre sua maestà 4 (l’autore di tutte le liriche e delle musiche) per portarvi sempre più vicino alla fine. I vari versi, le urla e le growls di 4 vengono sempre effettate e filtrate e danno la voce appropriata a questa colonna sonora dell’apocalisse. “Our Hell Will Open” si apre con il suono di un allarme dal quale emerge un riff doomish black che esplode poi nel classico black industriale in stile Nocratai. La successiva “I Hear Only Calls From Hell” inizia con del dark ambient a cui subentra un ritmo techno intorno al quale orbitano suoni elettronici e voci campionate ed effettate per poi ripiombare nel brutale black industriale. “Purenoise666 No Life International” è uno dei brani che preferisco e inizia con dei samples (tratti da chissà quale film) sovrapposti ad una base musicale che si potrebbe adattare ad un film horror seguita da una bizzarra linea di violino campionata e ripetuta molte volte durante il pezzo; poi su sottofondo ambient/industrial si sentono dei versi diabolici (“…Satan take me!…”) e il pezzo prosegue nella follia sonora. Stupenda è “Klepoth” dove, su un inizio pseudo ambientale, compare in primo piano il miagolio di un gatto! Come vi sarà ormai chiaro, 'Chaotic Prayer' è tutt’altro che prevedibile. Il demo è una continua caotica commistione di suoni di matrice elettronica, black metal Industriale, noise e… deflagrante pazzia.

venerdì 2 settembre 2022

Peurbleue – La Ciguë

#PER CHI AMA: Black/Drone
La perlustrazione del sottosuolo francese prosegue senza sosta da parte della Les Acteurs de L’Ombre Productions, un’opera incessante volta a identificare i migliori talenti in terra transalpina. Quello dei Peurbleue è un progetto che fa capo a tal JC EX, un musicista legato all’underground drone ambient. Questo background diventa estremamente chiaro con l’incipit “Fecondation” che ci propina tre minuti di inquietanti suoni industriali. Auspicando che l’intero lavoro non segua la stessa piega, mi accingo all’ascolto della successiva “A la Gloire!”, ma anche qui accanto ad una voce quasi declamatoria, sono sonorità spettrali, fluttuanti e angoscianti a palesarsi, almeno fino al terzo minuto, quando la proposta destrutturata del duo, sembra finalmente prendere una forma più delineata ai confini di un suicidal black. Questo sound inizia a prender forma con la terza “Rosee Eternelle”, un brano orrorifico per componente vocale, atmosfere totalmente sghembe che richiamano quelle di film in cui l’immagine della realtà sembra distorcersi nella rappresentazione dello spazio, quasi fossimo in pieno hangover e non ci reggessimo nemmeno in piedi. I suoni sembrano frutto di una pura improvvisazione tra pazzi psicotici rinchiusi da decenni entro quattro mura di una stanza dalle pareti bianche imbottite. Questo per dire che quanto incluso in ‘La Ciguë’ non è qualcosa di cosi semplice da assimilare viste le influenze derivanti da band come gli Xasthur e vari epigoni o da ambiti musicali che fanno della distorsione, della follia e della sperimentazione il proprio mantra. Penso alla breve “Survie” e alle sue alterazioni sensoriali all’insegna di drone e ambient, cosi come alle stralunate atmosfere della successiva “Caniveau”. Quello dei Peurbleu, sia ben chiaro, non può essere definito un disco di cui possa apprezzare in toto i suoi contenuti, cosi schivi, tormentati e demoniaci, ma non posso nemmeno schiantarne la voglia esagerata di seguire nuove strade di ricerca, un qualcosa a cui ambisco ogni qualvolta mi metto ad ascoltare e recensire un disco. Insomma, ben vengano dischi di tali contenuti, anche se non apprezzabili tout court. Per ora va bene cosi, ma in futuro mi aspetto un pizzico di accessibilità in più altrimenti il rischio è che album di questo tipo sia riservato solo ad un pubblico di pochi eletti. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 68

https://ladlo.bandcamp.com/album/la-cigu

lunedì 29 agosto 2022

Nocratai - Drammaunico

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Industrial Black
'Drammaunico' è il terzo demo per questa band da cui non si sa mai che genere di stramberie sonore aspettarsi, come si era già potuto ascoltare sul primo grandissimo demo di industrial black metal apocalittico e sul secondo di bizzarra musica elettronica. Dunque, come descrivere questa ennesima bizzarria? Vi ricordate il pesantissimo ultra doom improvvisato degli Abruptum? Immaginatevi gli Abrubtum che, invece di suonare super doom, suonino super black; è così che dovete immaginare questo 'Drammaunico'. La chitarra fornisce un incessante ronzio di sottofondo ma, contrariamente a quanto ci si possa aspettare, è la batteria lo strumento che crea veramente la forma e la struttura dei brani cambiando vari ritmi (da mid-tempo a speed black) e a volte scomparendo per un po’. La voce di 4 poi è delirante e farfugliosa, declamatoria e sempre malignamente effettata. Strambi!

sabato 25 giugno 2022

Klymt - Murder on the Beach

#PER CHI AMA: Coldwave/Post Punk
Ho provato quasi un brivido di freddo quando ho fatto partire questo lavoro dei francesi Klymt. Quello incluso in 'Murder on the Beach' è infatti un asettico concentrato di coldwave che vi raggelerà il sangue nelle vene già con le sintetiche sonorità d'apertura di "Analogue Bastard", dove confluiscono turbinii industrial che ammiccano ai Nine Inch Nails. Ecco, in linea di massima su quali coordinate si muovono i nostri, che con la successiva "Blind Fish" si affidano a sonorità ancor più artificiali, ove elettronica ed EBM si prendono per mano e saturano tutta la scena. Ben più diversa invece "Mood", tra post punk e darkwave, in un compendio musicale ben più semplice da fissarsi nella testa, grazie a sonorità qui più dirette e melodiche. "Blue Song" è decisamente più cupa e marziale nel suo incedere. La voce del cantante è ben calibrata nella sua sofferenza con il contesto musicale, sebbene ogni tanto sembri fare il verso a Matthew Bellamy dei Muse e qui mi piace un po' meno. Ma la musica è sempre piuttosto convincente anche nella più delirante ed incalzante "Stay at the Bottom", furiosa nel suo martellante beat. In chiusura, l'inquietante ed enigmatica title track, dove le vocals dei due cantanti finiscono per essere sorrette da una matrice sonora fredda come quel brivido provato all'inizio del mio viaggio. (Francesco Scarci)

(Atypeek Music/KdB Records/Anesthetize Prod./Araki Records/Postghost Recordings - 2022)
Voto: 74

https://klymt.bandcamp.com/

giovedì 12 maggio 2022

Déhà - Decadanse

#PER CHI AMA: Black Avantgarde
"Se non ci fosse bisognerebbe inventarla" citava uno spot di una famosa automobile parecchi anni fa. Ecco, applicherei la medesima formula anche ai Déhà, prolificissima one-man-band belga, il cui frontman, credo possa contare tra collaborazioni ed ex band, quasi 50 nomi, e se non è record questo, poco ci manca. E a proposito di record, 'Decadanse' è già il terzo album del 2022 (il secondo in ordine cronologico però), il 35esimo dal 2018 a oggi, se contiamo anche le collaborazioni e gli EP. Insomma, una fucina di idee (non tutte geniali per carità), il cui duro lavoro si concretizza quest'anno in questa nuova uscita targata Les Acteurs de l'Ombre Productions. Due nuovi pezzi, per tre quarti d'ora di musica pronti a condurci direttamente all'Inferno con un biglietto di andata/ritorno. La via per scendere negli inferi è quella offerta dalla criptica "The Devil's Science", e quel suo sound all'insegna di un black doom claustrofobico, compassato, oscuro e su cui si stagliano le urla dannate del frontman. In sottofondo, è un giochicchiare di effetti di synth, lugubri atmosfere, prima che lo stesso sound sfoci in cavalcate furenti di black privo di tanti fronzoli. Ma il sound estremo di Déhà fa dell'imprevedibilità il suo motto, ed eccoci risprofondare nelle viscere della Terra per altri frangenti di funeral doom apocalittico, pronto ancora una volta ad esplodere in derive industrial/EBM (addirittura rap) che rendono la proposta del mastermind di Bruxelles estremamente solida ed accattivante. Il viaggio di ritorno ce lo offre invece "I Am the Dead", un nome un programma: il pezzo si apre con nebulose melodie e ritualistiche voci in background. Poi anche qui si prosegue con atmosfere dal forte sapore funeral, da cui iniziare ad evolvere in primis, i vocalizzi (dallo screaming ad urlacci più nitidi, fino a clean vocals) e poi anche un sound che progredisce dapprima in un break acustico, poi tremebonde sfuriate grind (stile Anaal Nathrakh meets Dødheismgard) e ancora suoni epici, avanguardistici, il tutto in un divenire totalmente improvvisato e per questo meritante di tutta la vostra attenzione. Oramai il brano è un fiume in piena, che ha ancora da farci strabuzzare gli occhi con un assolo di synth, rutilanti ritmiche black/death, sprazzi elettronici o il banalissimo ma evocativo chorus indirizzato alla dea Kali. Un pot-pourri di generi che vi convincerà della bontà di quest'artista che se non esistesse, bisognerebbe semplicemente inventarlo. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 83

https://ladlo.bandcamp.com/album/decadanse

giovedì 5 maggio 2022

ITDJ - De Mon Demon

#PER CHI AMA: Industrial/Rap
Fissiamo subito un punto di partenza qualora vogliate dare una opportunità a questo disco dell'act italico dei ITDJ (acronimo per Il Tipo Di Jesi, il progetto precedente di Tommaso Sampaolesi, una delle menti della band), ossia vi deve piacere l'hip hop e il rap alla Beastie Boys. Se siete dentro a queste sonorità, sarete in grado di apprezzare anche le successive mutevoli vesti dei nostri che vi porteranno nei pressi di EDM, industrial ed alternative. Se invece quelle sonorità indicate in precedenza non dovessero rientrare tra i vostri ascolti, beh lasciate perdere anche questa recensione. Si perchè 'De Mon Demon', e con l'opener "Spara a Zero" sancisce immediatamente l'utilizzo di un sound che all'interno del Pozzo dei Dannati stona parecchio, questo perchè le vocals (in italiano) del frontman sono puro rap, mentre il sound è costituito da sperimentazioni elettro trip hop. Per carità, il tutto è estremamente accattivante, i chorus ruffiani ("Lasciate parlare la musica, lasciate parlare me...") ti si stampano nel cervello e non ti mollano più. "Demone" continua su questa scia con un pezzo veloce, arricchito da una certa tribalità che si amalgama con l'electro sound che domina la ritmica in sottofondo. "Giù!" è più cupa quasi a meritarsi l'etichetta di dark rap, ma ancora fatica a convincermi, quasi quanto la successiva "Karma" che mi colpisce sicuramente per i testi, per i cambi di vocalizzi (auto-tune?), aspetti tuttavia più interessanti per palchi quali X-Factor o San Remo, non per il Pozzo e questo è più un monito per chi invia lavori inadatti ad essere recensiti (anche per scarsa conoscenza del genere) su queste pagine. Andiamo avanti e mi lascio sedurre dall'avanguardistica "Nella Stretta", finalmente un pezzo folle che mi colpisce per l'originalità dei suoi campionamenti, le voci stralunate del vocalist, e quei tappeti elettronici a creare atmosfere angoscianti, per un brano davvero figo. "Tutti Contro Tutti" miscela ancora rap, suoni tribali e sperimentazione elettronica, con il featuring alla voce di Matteo "Boso" Bosi. "Perdono Perdono Perdono" potrebbe evocare una Caterina Caselli d'annata, in realtà il pezzo ha un forte accento industriale che mostra un altro peculiare aspetto della band. A chiudere "Come ti Ricordi" prosegue con questo intrigante mix tra elettronica, rap ed industrial. La cosa buffa è che se avessero cantato in inglese o addirittura in tedesco, forse avrebbero spaccato di brutto, in italiano mi evocano una di quelle proposte che vuole mettersi in mostra a X-Factor. (Francesco Scarci)

(Peyote Vibes - 2022)
Voto: 65

https://soundcloud.com/itdjsonoio

mercoledì 2 febbraio 2022

Haiku Funeral - Drown Their Moons in Blood

#PER CHI AMA: Black/Industrial
Sul nostro sito è sempre piacevole poter contare su vecchie conferme, ascoltarne le nuove idee e poterne apprezzare le loro progressioni. Tornano a farci visita i marsigliesi (ma solo di stanza) Haiku Funeral con il loro terzo disco (su sette) recensito su queste stesse pagine e peraltro da tre persone differenti. Interessante quindi notare come il buon Bob Stoner ne apprezzasse la miscela tra black d'avanguardia ed elettronica, mentre Shadowsofthesun sottolineasse la loro proposta come un'orgia ritualistica marziale e meccanica. Ora, trovarmeli di fronte con questo nuovo 'Drown Their Moons in Blood' e queste premesse, non mi mette proprio a mio agio, facendomi capire quanto di oscuro e imperscrutabile possa realmente aver tra le mani. E cosi mi metto ad ascoltare l'iniziale "The Universe Murders Itself" e capisco di aver a che fare con un sound all'insegna di un industrial dai forti connotati sciamanici. Ritmica si marziale, scevra di ogni forma empatica musicale, pura percussione dronico-cibernetica, perfetta per un contesto metaversico verso il quale la nostra società si sta pericolosamente proiettando. Vedo solo tanta oscurità in queste note e senso di impotenza verso un futuro dai tratti apocalittici. Le campane simil tibetane della successiva "The Head of the Innocent One", con il corredo ritualistico simil indiano che si porta dietro, provano però a smorzare quei toni da fine del mondo che avevo maggiormente percepito nell'opener e anzi mi danno maggior speranza, grazie ad un'andatura psichedelica che mi lascia piacevolmente colpito al termine del brano, in cui vorrei sottolineare anche la prova vocale del frontman, cosi efficace in quel suo cantato tra il demoniaco e il celestiale in un sancta sanctorum riservato esclusivamente a pochi eletti. E la porzione sciamanica dei nostri prosegue nella ricerca spirituale affidata alla seducente "Cherny Shamani/Черни Шамани", una sorta di trip lisergico dove semplicemente abbandonare i propri sensi. Le derive droniche continuano nelle trame distopiche e visionarie di "The Earth Burns and Burns", mentre "Split the Swollen Dark" è puro ambient sorretto da atmosfere glaciali e dilatate ed una voce lugubre quanto basta in primo piano. In chiusura ancora due pezzi: "To Illuminate a World" prosegue con quegli ambientalismi sottovuoto che fatico a digerire, in coda la title track, un'ultima danza al bagliore di una specie di sitar che suggella egregiamente le atmosfere create da una splendida componente percussiva. Il brano è in realtà assai lungo e sembra rappresentare la summa di quanto ascoltato nel corso di questo impegnativo ed ipnotico viaggio spirituale (quasi un'ora) percorso sin qui insieme. Alla fine posso finalmente dire che gli Haiku Funeral sono decisamente affascinanti (Francesco Scarci)

mercoledì 10 novembre 2021

Regen Graves - Climax

#PER CHI AMA: Electro Noise/Kraut Rock
Regen Graves è un personaggio istrionico dalle mille potenzialità. Noto produttore, bassista, batterista, songwriter, chitarrista e tastierista di tanti progetti, produzioni e collaborazioni, tra cui gli Abysmal Grief, Tony Tears, Apolion, Malombra e Damnation Gallery. Nel suo curriculum non poteva mancare un side project personale, dove poter dare libera espressione alla sua forma sonica più buia, surreale e futuristica. Una one-man-band che ha rilasciato negli ultimi anni una manciata di release molto attraenti, per i cultori del genere ambient, noise, elettronico-sperimentale. La sua ultima opera è intitolata 'Climax' ed evolve il suono dei precedenti lavori, sfruttando gli insegnamenti dei maestri del krautrock, dell'elettronica futurista e vintage di band come i Kraftwerk, il tutto quasi sempre rigorosamente strumentale, fatto salvo per piccole intromissioni di voci campionate. Dalle forme stilistiche ambientali in odor di space/horror dei precedenti 'Cruelty of Hope' e le atmosfere più intime e psicotiche di 'Herbstlicht', il musicista genovese, si evolve e amplifica il raggio d'azione utilizzando i synth in maniera egregia. Il sound è curatissimo e mantiene un particolare suono cosmico e caldo, pur presentando strutture compositive agghiaccianti e nerissime. Si aprono le danze con una lunga (ben 10 min), drammatica e robotica sequenza di organo, rumori metallici e campionamenti di voci in lontananza, stesi su di un vellutato ronzio di fondo che progressivamente prende il sopravvento sul resto di "Immutable Reality", che mostra anche nella distanza un tiepido battito ritmico. Una suite che introduce perfettamente l'ascoltatore nella meravigliosa "The Last Stage of Decline", una chicca costruita con l'intreccio di loop rimbalzanti dei synth, che penetrano nel cervello come il rumore delle biglie di vetro fatte cadere sul pavimento, coadiuvati da una voce narrante ed una tensione devastante in continua crescita che non lascia scampo. Da questo momento in poi, i brani si accorciano leggermente nella loro durata, senza mai perdere la prospettiva ipnotica e spaziale che caratterizza l'intero disco. La sensazione di ascoltare una vera e propria colonna sonora di qualche film di fantascienza di qualche decennio fa, si concretizza con "The Window", per poi passare alla violenza di "Diegetic Distortion", fatta di calda, rumoristica ed industriale sperimentazione sonora. "Nothing Will Be Better" è un drone di synth che trova il suo contraltare nella geniale inventiva di accostarlo ad un suono funebre di campane solenni, voci e rumori di varia natura. La conclusiva "Heat", che nella versione digitale è una bonus track, è un ulteriore passo verso l'universo kraftwerkiano, stravolto da un pianto di bambino che gela il sangue in un crescendo ritmico degno della migliore synthwave degli anni ottanta. Regen Graves, con questo nuovo lavoro, conferma la sua illuminata ispirazione, 'Climax' è un ottimo album, che merita ripetuti ascolti. Un disco spettrale con un'enigmatica copertina, curato nei dettagli, ricercato ed ispirato, per un pubblico sofisticato ed esigente, a cui consigliamo di ascoltare quest'opera anche in cuffia, oltre che in un buon impianto stereo, per apprezzarne a dismisura, l'intenso magma cosmico di cui sono costituiti questi brani. Ascolto obbligato. (Bob Stoner)

(Pariah Child/Yoshiwara Collective - 2021)
Voto: 80

https://regengraves.bandcamp.com/album/climax

martedì 31 agosto 2021

Manes - How the World Came to and End

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Avantgarde Music/Jazz
Dopo l’ascolto di quest’album, giunsi alla conclusione che in Norvegia ci doveva essere qualcosa di strano nell’aria, perché i gruppi norvegesi si sono rivelati, giorno dopo giorno, sempre più ispirati e in grado di reinventarsi musicalmente disco dopo disco. I Manes non sono mai stati esenti da tutto ciò: iniziata la loro carriera nel 1993 come blacksters super incalliti, hanno saputo evolvere il proprio sound in modo magistrale ed estremamente eclettico dapprima con 'Vilosophe' nel 2003. È seguito poi lo sperimentale 'View', presagio di cosa ci avrebbe riservato il futuro, arrivando con 'How the World Came to and End' a stravolgere totalmente la loro musica, con questo straordinario disco, che ho fra le mani. Questo lavoro sfugge infatti totalmente alla definizione di musica metal, perciò chi non dovesse avere una mentalità notevolmente aperta, si mantenga a distanza di sicurezza. Chi invece come il sottoscritto, ha saputo apprezzare l’evoluzione stilistica del sestetto scandinavo, potrà tranquillamente avvicinarsi a questa delirante produzione. Non saprei proprio da dove iniziare, tanto si presenta spiazzante all’orecchio dell’ascoltatore questo full length. Si parte con “Deeproted” che ci mostra subito la direzione cibernetica abbracciata qui dalla band: la voce di Asgeir è sempre ben riconoscibile su delle basi techno-jungle, che contraddistinguono il sound dei nostri. Con la successiva “Come to Pass” (e l’ottavo pezzo “The Cure-All”), assistiamo all’incredibile: l’uso di vocals rappate e suoni hip hop, stile Pleymo, inserito in un contesto oscuro e ipnotico, che termina in una fuga elettronica alla Prodigy. Con la terza traccia si celebrano atmosfere degne dei migliori Archive, mentre con “A Cancer in our Midst” vi è una ripresa dei suoni tanto cari ai Depeche Mode, con la sola differenza che le vocals sono filtrate, simil industriali. L’album di questi pazzi scatenati, viaggia lungo i binari del paradossale, attraversando lande desolate dal sapore vagamente jazzato, città futuristiche dai suoni spaziali e paesaggi notturni fatti di ritmi elettro-trip hop. I Manes hanno sempre avuto una marcia in più, versatili e dall’enorme inventiva: tutti i dieci brani riescono a catapultarci all’interno di un vortice di forme e colori, dal quale ne usciamo profondamente turbati e intontiti. Seguendo le orme dei compatrioti Arcturus e Solefald, ma ancor di più dei pionieri Ulver, i Manes hanno plasmato la loro mutante fisionomia, destabilizzando, con il loro sound, l'ormai “vecchia” concezione di musica metal. (Francesco Scarci)

(Candlelight Records - 2007)
Voto: 80

https://manes.no/