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lunedì 16 dicembre 2024

Daedric Shryne - S/t

#PER CHI AMA: Heavy/Epic
E questi altri da dove saltano fuori? I Daedric Shryne sono un nuovo terzetto proveniente da Amburgo che comunque vantano una pregressa esperienza in altre realtà teutoniche semisconosciute. Questo lavoro omonimo è un brevissimo EP di ben sei pezzi che dura addirittura solo 12 minuti e poco più, sufficienti tuttavia per incasellare (e per quanto mi riguarda, bocciare) la proposta dei tedeschi, nell'heavy epico. Breve intro in apertura, poi il classico riffing heavy metal con tanto di vocals pulite (che sversano anche nel power) che narrano di mitologiche battaglie, affidandosi a buone linee melodiche, gradevoli assoli e poco altro, per poter gridare al miracolo. Mi sembra una rilettura in chiave moderna dei grandi classici, quei Virgin Steele, Warlord, Agent Steel o Cirith Ungol, che hanno costruito fondamentalmente il genere, e che vedono oggi in band quali gli americani Visigoth, altri promotori di un genere che ho smesso di ascoltare quasi 30 anni fa. Ecco perché per me non è ammissibile ascoltare ancora simili sonorità, mi hanno stufato da tempo. Poi magari gli amanti del genere, troveranno anche freschissima - ma ne dubito - la proposta dei Daedric Shryne, per me rimane un no. (Francesco Scarci)

martedì 19 novembre 2024

Trollwar - Tales From The Frozen Wastes

#FOR FANS OF: Folk/Death
It's time to visit again the always interesting metal scene of Quebec with the band Trollwar. Contrary to previous occasions, we leave aside the black metal genre, focusing this time, on much more upbeat sounds. Trollwar was founded in Alma, Quebec, back in 2011 and currently consists of seven different musicians, forming a line-up that has been quite stable since its inception, apart from some minor changes. In any case, the band hasn't been particularly prolific, releasing two albums and some EPs.

After almost six years, Trollwar presents a new EP entitled 'Tales From the Frozen Wastes', which could help them gain a bunch of new fans. The band plays a mixture of folk and metal with a strong epic vibe, a fusion that has been quite popular especially in Europe in recent years. The eye-catching artwork gives the impression of containing something majestic, and thankfully, the four pieces and one intro contained in the new EP confirm this initial impression. First of all, the production is quite good, powerful, and clean, allowing all the different instruments and vocals to have their own room to shine. "The Unseen One" is the first proper track and contains all the elements that this genre usually offers: an aggressive main voice, closer to higher tones rather than purely metal growls, catchy yet powerful guitar lines, and some majestic arrangements in the form of keys and a solemn backing choir. The track also offers nice tempo changes which make the composition very enjoyable and headbanging friendly. Memorable and epic melodies are what you ask of this genre, and Trollwar surely knows how to create them. "Bane of the Underworld" is another fine example. It is a truly entertaining track, full of energy, great tempo changes, and addictive harmonies, both in the guitar lines, the vocals, or in the use of other elements such as keyboards or choirs. Additional clean vocals are also included in the majestic closing track "The Offering", which has plenty of speedy parts that make this composition one of the most energetic ones. I prefer other sorts of vocals, but all the additions are welcome as they help to enrich the band's music.

In conclusion, Trollwar's 'Tales From the Frozen Wastes' is a notable work. The production, composition quality, and the tastefulness of the melodies are unquestionable. Hopefully, this EP should boost the band's career in the difficult journey of standing out from the hard competition, particularly in this sub genre. (Alain González Artola)


lunedì 7 ottobre 2024

Aorlhac - La Cité des Vents Reissue

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Epic Black
A completamento della 'trilogia dei venti' degli Aorlhac manca a rapporto ancora 'La Cité des Vents', disco che rappresentò il vero esordio sulla lunga distanza per il terzetto francese e che ricordo, far parte della raffinata riedizione (guardate i super curati booklet per coglierne l'eleganza) da parte della Les Acteurs de l'Ombre Productions. Si comincia con la consueta intro strumentale, e un menestrello che mette a servizio della corte la propria chitarra acustica. "Le Bûcher des Cathares" divampa con le sue epiche chitarre a narrare leggende e vicende medievali dell'Occitania, mentre il buon Spellbound alla voce, gracchia come un corvo appollaiato sulla torre di un castello. La proposta, per quanto furibonda sia a tratti, mostra più ampie partiture atmosferiche rispetto al passato. Interessante ma breve, l'intermezzo acustico a metà brano, cosi come il mid-tempo melodico che ne contraddistingue il finale. "Plérion" sembra spiritata, complici le velocità sostenute a cui ci sottopone la band, al pari dell'isterica voce del frontman. Piacevoli comunque le melodie che chiamano in causa i Windir, anche se la band norvegese era di gran lunga migliore dei colleghi francesi. Il disco prosegue su binari similari anche con le successive canzoni, faticando forse a garantire una certa originalità tra un brano e l'altro. Ecco quindi focalizzarmi su "Le Miroir des Péchés", "Sant Flor, la Cité des Vents" e "Les Enfants des Limbes", tutti pezzi che, oltre a mantenere una durata più o meno simile (attorno ai sei minuti), mostrano un'intelaiatura ritmico-strutturale piuttosto omogenea, con grandi cavalcate di chitarra, intermezzi acustici, ripartenze melodiche che evocano la musica classica, e una vocalità che rischia però di divenire il punto di debolezza della band con quel fare troppo gracchiante del suo diabolico frontman. Nemmeno l'uso randomico di un violino coniugato a echi folkish, contribuiscono a 'La Cité des Vents' di fare il proverbiale salto di qualità, rimanendo ancora troppi paradigmi radicati nel passato del black, che fatico a digerire. Sicuramente, l'epicità che ritroviamo in un brano come "Vers les Honneurs" stimola non poco la mia fantasia, ma persistono ancora sbavature e storture che mi fanno storcere la bocca, a partire dai riferimenti vampireschi, a la Cradle of Filth, di "La Comptine du Drac" o alla conclusiva cover dei Taake, "Over Bjoergvin Graater Himmerik IV", che chiude un disco sicuramente meglio strutturato del precedente EP, ma che necessita di un'opera di sgrezzatura ben più importante. Alla fine, la riedizione di 'La Cité des Vents' si conferma un bell'oggetto per inguaribili collezionisti. (Francesco Scarci)

(Those Opposed Records/LADLO Productions - 2010/2024)
Voto: 66

https://ladlo.bandcamp.com/album/la-cit-des-vents-reissue

Aorlhac - A la Crois​é​e des Vents Reissue

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black/Epic
Mi scuserete se il mio recensire il trittico dei francesi Aorlhac, non abbia rispettato un ordine ben preciso. Ho iniziato dall'ultimo lavoro, 'L'Esprit des Vents', per poi passare al primo EP, 'À la Croisée des Vents', di dieci anni più vecchio, che segnava l'inizio di questo epico viaggio. Un EP di sei pezzi che espone l'allora terzetto di Aurillac a un mondo meno underground rispetto a quello in cui vide la luce il loro demo 'La Chronique des Vents'. Il genere proposto però non sposta di una virgola quando abbiamo detto almeno degli ultimi due cd dei nostri. La proposta della band è infatti affidata a un black dalle vaghe tinte epiche, che non vede momenti di calma, fatto salvo per la breve e atmosferica intro d'apertura. Da lì in poi esploderanno infatti le classiche cavalcate ritmiche che contraddistinguono la band francese, tra zanzarose chitarre di scuola norvegese, grim vocals e melodie che attenuano la furia maligna dei nostri. E cosi, è facile passare dalla sprezzante "La Guillotine est Fort Expéditive", con le sue semplici linee di chitarra e col caustico latrato di Spellbound, a "La Mort Prédite", in cui la melodia di fondo sembra fondamentalmente essere una propaggine del brano precedente, con le sue stilettate malefiche e qui addirittura, un break acustico centrale, a spezzare il ritmo infernale imposto dal terzetto. Con "Le Charroi de Nîmes" sembra di aver a che fare con una band hard rock, almeno nei suoi primi 30 secondi, poi la band si ricompone e riparte da un sound più mid-tempo che però stenta a decollare, se non in un finale decisamente più folkish. Una song parecchio confusa che non lascia troppi punti di riferimento e che rappresenta una sorta di pecora nera nell'economia del disco. Parecchio più oscura invece la successiva "1693-1694: Famine et Anthropophagie", un pezzo che lascia intravedere le potenzialità di una band, qui ancora parecchio acerba. "Aorlhac" segna con il suo black melodico, la conclusione di quello che fu il vecchio EP della band, che al tempo uscì per la Eisiger Mond Productions: il nuovo lavoro, nella sua rinnovata veste grafica, include altri tre brani: "Mémoires d'Alleuze", che era invece incluso nella riedizione dell'EP del 2016 a cura della Those Opposed Records: in termini musicali questo non vede però grandi novità nel genere proposto, se non un tentativo, mal riuscito, di mettere delle clean vocals nei cori del brano. Poi siamo di fronte alla solita proposta che non aggiunge nulla di nuovo o entusiasmante agli Aorlhac: c'è il tentativo di donare più atmosfera in un break temporalesco, ma nulla di davvero memorabile, se non quel finale acustico, quasi in grado di mettere i brividi. "L'Oeil du Choucas" è un breve intermezzo acustico dalle tinte folk, mentre la conclusiva "Les Charognars et la Catin", prova a offrire qualcosa un filo più originale (quasi black'n roll) tra le sue laceranti pieghe ritmiche; nulla di epico, ma apprezzabile comunque il tentativo, soprattutto nello spettacolare assolo conclusivo che riesce finalmente a esaltare la riuscita del brano. Alla fine questa riedizione, a parte la rinnovata veste grafica, non offre grandi sconvolgimenti nella release degli Aorlhac, quindi l'invito ad avvicinarsi a questa release, è rivolto a coloro che non conoscono le gesta della band francese e vogliono raccogliere, in un sol boccone, l'epica trilogia degli Aorlhac. (Francesco Scarci)

(Eisiger Mond Productions/Those Opposed Records/LADLO Productions - 2008/2016/2024)
Voto: 62

https://ladlo.bandcamp.com/album/a-la-crois-e-des-vents-reissue

Aorlhac - L’Esprit des Vents Reissue

#PER CHI AMA: Epic Black
La Les Acteur de l'Ombre Production ripropone la trilogia degli Aorlhac, volta a narrare le storie e le leggende medievali dell'Occitania, in una nuova veste grafica (un elegantissimo digipack A5 con una cover rinnovata, che si incastra alla perfezione con quella degli altri due lavori riproposti - un po' come fecero i Carcass nelle loro riedition), un minimo cambio nell'ordine dei pezzi e pochissimo altro. Noi (anzi il sottoscritto), 'L'Esprit des Vents' l'ha già recensito sei anni fa, e non posso far altro che parafrasare le mie stesse parole del 2018, magari con un orecchio leggermente più allenato alle sonorità dell'act transalpino. Per chi non lo conoscesse, l'album si sviluppa attraverso dieci brani, partendo dall'energica "Aldérica" e terminando con la strumentale "L'Esprit des Vents", presentando un viaggio musicale che sposa un black/thrash in modo epico e combattivo. I momenti di quiete sono davvero pochi tant'è che il disco è caratterizzato da un ritmo frenetico e audace, rispecchiando fieramente le sue radici ancestrali. Durante l'ascolto emergono molteplici influenze, con chiari richiami al metal classico in alcuni assoli (spettacolare quello di "La Révolte des Tuchins"), combinati con influssi provenienti dal Nord Europa. Sebbene il risultato finale non sia estremamente originale, il black metal degli Aorlhac risulta onesto e ben strutturato con melodie accattivanti, come il ritornello folkish di "Infâme Saurimonde", e un'ottima preparazione tecnica, che pone un particolare accento sulla prova del batterista. Le linee di chitarra vichinghe in "Ode à la Croix Cléchée" evocano i primi Einherjer e Windir, andando a sostenere il cantato abrasivo ma piuttosto originale, di Spellbound. "Mandrin, l'Enfant Perdu" si muove tra sonorità black/thrash, in grado di richiamare anche i cechi Master's Hammer e i norvegesi Taake, fino ad arrivare a un evidente rimando agli Iron Maiden verso la conclusione. Tra i miei brani preferiti spicca sicuramente "La Procession des Trépassés", ricca di intense ritmiche e potenti melodie malinconiche. Un ultimo cenno poi lo merita "L'Ora es Venguda," che trasuda sonorità simili ai Primordial. In sintesi, 'L’Esprit des Vents' è un album che saprà entusiasmare gli amanti del black pagano, anche se personalmente, dopo sei anni, non lo definirei un masterpiece. Certo, ora il cd tra le mie mani, sembra un oggetto per collezionisti. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2018/2024)
Voto: 70

https://ladlo.bandcamp.com/album/lesprit-des-vents-reissue

venerdì 21 giugno 2024

Akvan - Savushun

#PER CHI AMA: Black/Folk
Li avevamo già incontrati qualche anno fa in occasione del loro EP 'City of Blood'. Nel frattempo, la one-man band iraniana ha continuato a produrre musica con uno split, un singolo e questo nuovo EP che conferma quanto di buono avevamo avuto modo di sentire tre anni fa, ossia un raw black contaminato da sonorità etniche mediorientali. Niente di nuovo all'orizzonte penserete voi, visti gli innumerevoli interpreti che popolano la scena con una proposta similare da parecchio tempo (e penso in primis ai Melechesh) e in effetti potreste avere tutte le ragioni del mondo. Tuttavia, nella sua ancestrale sinfonia musicale, il buon Dominus Vizaresa, lo trovo sempre più affascinante di tante altre band, forse perché ogni volta si fa portavoce di una storia nuova che deriva questa volta, cosi come il titolo, 'Savushun', da una novella di una scrittrice iraniana, Simin Daneshvar. Il racconto si incentra sulla storia di una famiglia iraniana che ha vissuto a Shiraz, sotto l'occupazione anglo-russa durante la Seconda Guerra Mondiale. A parte la componente lirica sempre peculiare, Vizaresa insiste poi con questi quattro nuovi pezzi (di cui uno strumentale) a tracciare un primitivo black folklorico che, attraverso le iniziali e ispirate "Aryan Fire" e "Execute by Guillotine", regalano un pizzico di speranza a chi come me crede ancora che ci sia da dire qualcosa di nuovo in ambito estremo. Chiaro che ci siano ancora ampi margini di miglioramento, soprattutto a livello sonoro, però un pezzo come l'evocativa chiusura affidata a "سووشون", cosi carica di mistero, fascino ed esotismo, rende ancor più curioso l'ascolto di una simile release, sebbene mantenga tutti i sacri crismi del black metal, tra chitarre glaciali, vocals gracchianti, ma anche notevoli melodie che evocano immagini di quello che poteva essere l'impero persiamo. Epico. (Francesco Scarci)

martedì 18 giugno 2024

Houle - Ciel Cendre et Misère Noire

#PER CHI AMA: Epic Black
Li avevo particolarmente apprezzati in occasione del loro EP omonimo del 2022, tornano oggi gli Houle con il loro debut album su lunga distanza. 'Ciel Cendre et Misère Noire' è il titolo di questa nuova opera del quintetto parigino, che aveva peraltro ben figurato, con il loro dischetto improntato su di un black melodico dal taglio scandinavo. Questi nuovi otto pezzi confermano quindi quanto di buono avevo scorto nel ribollente sound dei nostri. Le danze si aprono con una breve ma inutile intro; largo poi alle spigolose ma melodiche chitarre de "La Danse du Rocher", un brano che si muove tra scorribande al fulmicotone e parti più atmosferiche, in cui la voce della brava Adèle Adsa (aka Adsagsona), passano contestualmente da uno screaming efferato a un cantato più evocativo e pulito. Il giochino dell'alternanza furia pirotecnica/parti compassate consta di tre giri con il medesimo canovaccio, ove si possono percepire i molteplici stati d'animo che la band vuole trasmettere. "Mère Nocturne" ripropone invece quelle epiche linee di chitarra che già mi avevano colpito ai tempi dell'EP, sia a livello ritmico che solistico. Il brano scorre via veloce anche con la classica alternanza vocale fino alla più crepuscolare "Sur les Braises du Foyer". Questa propone un black mid-tempo, almeno nei suoi primi due minuti, ma poi si lancia in un più ferino attacco iconoclasta che sembra ammiccare tra l'altro, a un che dei primi Cradle of Filth, vuoi per una certa animosità vampiresca che per certe ambientazioni dal taglio gotico. Il risultato è buono, ma devo ammettere che qualitativamente parlando, avevo maggiormente apprezzato l'EP di debutto, forse per una maggior freschezza di idee. Le stesse che ci vengono in aiuto in "Derrière l'Horizon", brano incisivo, solido e dotato di buone melodie che ancora mi richiamano però 'Cruelty and the Beast' di Dani Filth e soci. Non che sia un male anzi, visto che per me quello rimane il top album della band inglese, solo che permane la sensazione che i vecchi brani mostrassero un pizzico di originalità in più. Un breve break strumentale evocante i suoni del mare (e ancora torna in auge ciò che la band definisce "Marine" black metal) e arriva il momento di "Sel, Sang et Gerçures" e quel suo pulsante basso in apertura da cui ripartire con una turbolenta ritmica nera come il carbone in supporto allo screaming efferato della frontwoman. Interessante in questo pezzo la parte corale che anticipa un bridge che chiama in causa l'epicità nordica dei Windir e da cui si dipana per un paio minuti, prima di afflosciarsi nelle note conclusive del pezzo, in un lungo arpeggio di chiusura che ci accompagna delicatamente a "Née des Embruns". Qui ad attenderci il suono delle onde del mare (e il garrito dei gabbiani), su cui si accoderà un lungo e malinconico giro di chitarra acustica (chi ha citato gli Shining?) che sembra presagire un'ultima violenta ondata black che esplode puntuale in una sorta di fuoco d'artificio vero e proprio, arricchito però da melodie folkloriche e parti più veementi, che confermano definitivamente la bontà dell'ensemble transalpino. (Francesco Scarci)
 
(LADLO Productions - 2024)
Voto: 75
 

martedì 11 giugno 2024

Black Edifice - The Miasmic Trance

#PER CHI AMA: Epic Black Old School
Passati quasi in sordina sul finire del 2023, la one-man band norvegese dei Black Edifice, ha visto il suo debutto per la Iron Bonehead Productions. Un EP, questo 'The Miasmic Trance', atto a testimoniare la proposta di questo baldo musicista nordico, tal The Archfiend, membro peraltro di altre quattro sconosciutissime band. Il dischetto si compone di sei tracce, in realtà quattro se escludiamo intro e outro. I contenuti sono parecchio old fashioned, con quello sguardo al passato che punta dritto ai primi lavori dei Bathory, dove coesisteva un'anima putrescente black, ma dove si intravedevano pure le epiche potenzialità di Quorthon e compagni. E cosi, l'ascolto di "Creeping Mists of the Nethertomb" mi ha catapultato indietro nel tempo di oltre 30 anni, facendomi pensare a lavori come 'Under the Sign of the Black Mark' o 'Blood Fire Death' dei godz svedesi. Forti di una registrazione old school, e alfieri di un black mid-tempo dalle tinte cupe e sinistre, The Archfiend ogni tanto si lancia anche in scorribande più ferali (la prima metà della title track), offrendo un ascolto che mostra peculiarità intriganti; e dire che all'inizio non ci avrei scommesso nemmeno un euro. Ma è forte l'aura folklorica che avvolge l'EP, e le note iniziali di "Into Perennial Gloom" lo testimoniano, tra chitarre zanzarose, uno screaming mai fuori posto, delle pompose proto-orchestrazioni che conferiscono un certo valore a questa release che rischiava di cadere nel dimenticatoio più totale. Spazio infine addirittura a una parvenza di assolo nella seconda metà, a rendere il tutto ancora più credibile. Niente male. Certo, non un disco per tutti, viste le sonorità malefiche che permeano un lavoro che in alcuni tratti (le chitarre di "Citadel of the Doomsayer, Swathed in Dusk ") mi hanno evocato un che degli Isengard più epici di 'Vinterskugge', ma qui senza clean vocals. Quindi, amanti della fiamma nera fatevi sotto e date una chance al buon The Archfiend, potreste rimanere piacevolmente sorpresi. (Francesco Scarci)

giovedì 6 giugno 2024

Enid - Seelenspiegel

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine 
#PER CHI AMA: Symph Black
Sono lieto di potervi riproporre il vecchio album di una band germanica dotata di uno stile personale, di un'identità non riconducibile a un modello predefinito. Proprio così: benché, in alcuni momenti (rari per fortuna), faccia capolino una voce sgraziata d'impostazione black, gli Enid non possono essere catalogati come un gruppo black metal. Le loro canzoni dal sapore malinconico sanno essere fortemente evocative. Se credete nel valore dell'epica e della tradizione, 'Seelenspiegel' saprà emozionarvi, facendo vibrare corde profonde del vostro animo. Delle nove canzoni di questo album, l'unica che non convince è la sesta, "The Forbidden Site", che paga, a livello di performance vocale, un tributo eccessivo al logoro canone black. Chi già conosce gli Enid, sa che per 'Seelenspiegel', loro terzo cd, non necessita di ulteriori ragguagli. Chi li sente nominare per la prima volta, sappia che non possono essere accostati a Falkenbach e Thyrfing, né tanto meno a Graveland o Windir (gruppi ai quali, beninteso, va tutta la mia stima): siamo in altri territori musicali, decisamente. Ma la diversificazione è una virtù, una risorsa preziosa, e le atmosfere di canzoni come "Nexus" e "Patience's Ring", sono talmente affascinanti che dubito possano lasciarvi indifferenti.
 
(Code 666/Self - 2002/2016)
Voto: 75
 

domenica 2 giugno 2024

Fellwarden - Legend: Forged in Defiance

#FOR FANS OF: Atmospheric Black Metal
Fellwarden is a fascinating project born from the mind of the always creative musician, The Watcher, who is involved in several projects. Fen is, for sure, the most well-known of them and one of my favorite projects out there. While Fen successfully combines atmospheric black metal with some post metal/rock influences, Fellwarden was born with stronger ties to the first subgenre. The project was created back in 2014, and it has released two excellent albums, which are an honest musical proof of The Watcher’s immense talent and passion for this style.

As this year marks the tenth anniversary of Fellwarden, the English solo-project is back with its third installment, which is usually a crucial one because it usually shows if a project is capable of reaching a new point of evolution in its sound. The name of the new opus is 'Legend: Forged in Defiance' and the title itself shows a certain idea of how the album can sound. This is an effort that does not differ dramatically from its predecessors, but it surely has a stronger epic tone in their compositions. A preconceived feeling that is reinforced if you take a look at the majestic artwork, courtesy of the legendary Belgian artist Kris Verwimp. 'Legend: Forged in Defiance' contains six songs (seven if you have the limited edition), in which The Watcher unleashes his creativity with long and rich compositions, where all the traditional elements of this project can abundantly be found. The album opener "Exultance" is for sure a great choice to start listening the album. Ten minutes of pure atmospheric black metal with a majestic tone thanks to the addition of some clean vocals and an excellent powerful riffing. The classic raspy vocals are also there as a great contrast and have a great presence as you could expect. The ups and downs in the pace are excellently placed and make the song flow adequately, never letting it to sound predictable or flat. The combination of fast and slower sections varies in its distribution depending on the composition. In any case, mid-tempo sections, and even slow ones, are more prominent, like you can listen to in compositions like "Despair", which is clearly slower than the album opener. The subsequent track, "Renewed Hope", has a great contrast between the different sections of the composition.

"Desperation" is another excellent song, where the introduction of acoustic guitars, along with some touching clean vocals, creates an undoubtedly solemn and emotional atmosphere, excellently contrasted by the always necessary ferocious moments. The last part of the album follows very similar patterns, although the general pace is here predominantly slow, which is not actually an enormous issue. Nevertheless, at least for me, it leaves me with the feeling that the second half of the album lacks a bit of energy that some faster and heavier parts would give. From my point of view, this contrast between the solemn mid-tempo/slow parts and speedy sections would be beneficial for the album as whole.

All in all, 'Legend: Forged in Defiance' by Fellwarden is an excellent album. The tasteful and enriching compositions, the epic general tone and the great performance by all instruments and vocals, weights more than the occasional feeling in the final part of the album, that this effort lacks some ferocity. (Alain González Artola)


giovedì 18 aprile 2024

Borknagar - Fall

#FOR FANS OF: Epic Black/Viking
What a transitory epic platter that's filled with the utmost soul-driven heart. I'm not a big fan of bands like Amon Amarth or other Viking metal bands, but Borknagar is one of the ones that I'm totally into their vibe. They're totally chill and hold an illicit like vibe. These guys over the years have kept it mild. Not their first releases, but some that I've come across have been mellow. The more releases they put out, the more they mellow out. It doesn't make them totally like eunuchs, it just means they're getting older and more musical. They have made a turn for their best in precepts with their latest sound, which is the greatest they've put out.

The guitars go mainly in a slow pace with some variation and melodic as all heck, do they swarm. The music is the best part of the release, alongside the vocals. They're in unison of the music wholeheartedly. What melodies and an overall beautiful all be that will never 'Fall.'

Every song on here is full of passion in the music! The vocals sway from hoarse to clean and back again. It's killer if there's an exact moment to highlight the whole release is a highlight! The guitars seem to go well with the songs/album/riff by riff. I've been a fan since I got 'Winter Thrice.' I just like their overall sound to their songs. This stuff isn't appeasing the brutal metal people, just those of whom are more into bands like Katatonia, et al. They're way mild and intricate in that sense. Just getting milder and milder they seem with each passing bar. To that realm, they appease the masses of listeners to Viking mild sense of direction that they have become.

These guys have been around for some time now, belting out their melodic metal till way back in the 1990's. I think they've moved on with careful progression and sticking to their Viking metal roots! This is one you don't want to pass up on! So many great songs! (Death8699)

mercoledì 17 gennaio 2024

Fluisteraars - De Kronieken Van Het Verdwenen Kasteel - II - Nergena

#PER CHI AMA: Pagan Black
Ho recensito la prima parte di questo trittico di EP 10", degli olandesi Fluisteraars, mi sembrava quindi doveroso darvi un feedback anche sul secondo capitolo, in attesa del terzo atto. Beh, la band la conoscete, auspico tutti, e si fa portavoce di un black furioso, mistico e misterioso. Le melodie di "De Maan, Zon Van de Doden", che aprono 'De Kronieken Van Het Verdwenen Kasteel - II - Nergena', minimizzano quell'incedere distruttivo ma, direi meraviglioso, che contraddistinguono il pezzo. Un eco dei Negura Bunget a livello percussivo e nell'utilizzo di inusuali strumenti sonori, accompagnati dalle catramose vocals di Bob Mollema, mi fanno sussultare dalla sedia per un brano che vede un finale più doomish e venato da tinte folkloriche. Spettacolare, cosi come auspico lo sia altrettanto il side B del disco, "De Mystiek Rondom de Steen des Hamers". E questa, pur risultando in apparenza più lineare del side A, non delude le aspettative, e nella sua maestosa epicità, conferma la bontà della band olandese e una crescita musicale davvero invidiabile. (Francesco Scarci)

lunedì 23 ottobre 2023

Helheim - Terrorveldet

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Epic
Ripeschiamo un vecchio mcd degli Helheim, band norvegese di black epico. 'Terrorveldet' inizia con un‘intro molto strana ("Helheim Part 1") fatta di campionamenti di batteria e tastiere strutturate in modo epico, che può lasciare un po’ perplessi i meno inclini alla tecnologia ma tutto sommato ha un suo fascino ammaliatore. Arrivando agli altri due pezzi che compongono il dischetto, si può dire che la formula degli Helheim non è cambiata rispetto al passato, eccezion fatta forse per una semplificazione nella struttura dei pezzi, resi un po’ troppo insipidi e con poca personalità. Il mio consiglio è di cercare lavori più strutturati e interessanti (leggasi 'Yersinia Pestis' o 'Blod & ild').

(Ars Metalli/Night Birds Records - 1999/2013)
Voto: 60

https://www.facebook.com/helheimnorway

lunedì 9 ottobre 2023

Huginn - The Millennium End

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Epic Black
Lo splendido demo dei Huginn trascina l'ascoltatore, sin dalle prime note, in un clima altamente suggestivo, merito anche della buona qualità della registrazione. Il genere praticato dal polistrumentista piemontese è un black metal di stampo epico-battagliero, un incrocio fra Bathory, Falkenbach, Graveland, dove l'impasto sonoro non è mai caotico. Le canzoni (quattro in tutto) sono varie e ben strutturate. Alla one-man-band italica non interessa, per fortuna, scaraventare addosso all'ascoltatore una cacofonia inintellegibile. L'unico appunto che mi sento di muovere all'autore riguarda le vocals: se maggiormente diversificate, avrebbero accresciuto la già elevata qualità dell'opera. Sarebbe stato bello che a questo musicista fosse stata una proposta da parte di un'etichetta seria e affidabile. Se lo meritavano davvero, ma le cose sono andate diversamente con lo scioglimento della band e la successiva nascita degli Skoll. Intanto, accostatevi 'The Millennium End' senza timore: non ne rimarrete delusi.

(Self/Masked Dead Records - 1999/2016)
Voto: 75

https://maskedeadrecords.bandcamp.com/album/the-millenium-end-1999

sabato 12 agosto 2023

Immortal - War Against All

#FOR FANS OF: Black Metal
Demonaz has a strong sound to his vocals just liked Abbath did. Very similar. But on here, the riffs are tighter than most Immortal releases. There's a lot of the albums that I like, mostly 'At The Heart of Winter'. That one didn't have a strong production quality though. 'Blizzard Beasts' was a worst production but the riffs were great especially "Mountains of Might." This is another chapter of Immortal since the dispute didn't keep the band disconnected. I like the direction they're going on here. A lot of epic riffs all by Demonaz. This album is less than 40 minutes but it's worth every moment.

'Northern Chaos Gods' was good but I felt like this one is stronger. The riffs tighter and the intensity more so. Always have been a fan of this band and good to know that they're not dead, defunct. I'm not so impressed about what Abbath is doing with his project, but he has some good songs on his three releases so far. He's just got to quit drinking. This band had a little different dynamic when he was with the band. Less technical on the guitars than Demonaz but still there were a lot of great releases with him in the band. Demonaz was notorious for his lyric writing but now he's in the spotlight with the guitar riffs.

This band I hope has a long life following this one. I feel like the music is totally tight and original. Demonaz is a wizard with the riffs. Really creative and surreal in his music and it leaves Abbath in the dust with his technicality.

As long as Demonaz is the new frontman, he'll hopefully continue to write some more great music like he did on here. Really hit home with his riffs and the session musicians did a strong way in accompanying the riffs and vocals. Maybe he'll recruit some official musicians and tour. A lot of us want to see Immortal kicking ass even without Abbath. I know that's possible. This album tells it all! This guy has some great licks and the vocals emulate those of Abbath with a little twist. I do recommend every Immortal fan to listen to this one because it literally slays. On any platform, I bought the CD! Don't miss out on some great music! (Death8699)


martedì 8 agosto 2023

Spider God - The Spiders - Blast Masters Volume One

#PER CHI AMA: Epic Black
Che gli inglesi Spider God non fossero un gruppo come gli altri, l’ho sempre sostenuto. Ora con questa nuova release che include quattro cover dei Beatles, mi tolgo definitivamente ogni dubbio. Si parte con la splendida “Eleanor Rigby”, song estratta dall’album ‘Revolver’ dei Fab Four, qui ovviamente riletta in chiave black, tra vocals arcigne e furiose ritmiche, ma le melodie del classico dei Beatles del 1966 rimangono intatte nella sua veloce cavalcata. Adoravo l’originale, adoro questa versione super caustica. Per non parlare poi del singolo un po’ più vecchio (1963), “She Loves You”, incluso in ‘The Beatles' Second Album’, che rappresenta peraltro il maggior successo di vendite dei quattro ragazzi di Liverpool in Inghilterra. Qui diventa una cavalcata tra black ed heavy classico, tra vocals corrosive e melodie super catchy. Si passa poi a “Norwegian Wood” del 1965 (‘Rubber Soul’) e qui la song potrebbe essere assimilabile a un pezzo di True Norwegian black miscelato ad un qualcosa di epico stile Windir. Fantastici. Il gran finale? Non poteva essere che “Yesterday”, il classico per eccellenza della band britannica, che ci catapulta nel 1965 e al lavoro ‘Help!’. Rimane inconfondibile la melodia di fondo, cosi come pure quel senso di malinconia che l’ammanta e ne fa forse il brano più conosciuto in tutto il mondo. Insomma, un’uscita divertente che mi fa ulteriormente apprezzare la vulcanica proposta black degli Spider God. (Francesco Scarci)

sabato 5 agosto 2023

Nattehimmel - The Night Sky Beckons

#PER CHI AMA: Epic/Pagan Black
Non potevo fare finta di niente, gli In the Woods... sono stati una parte importante nella mia crescita di metallaro essendo state una delle band che più ho amato a metà anni ’90 e vedere che oggi si sono formati sono altre spoglie, rispondendo al nome di Nattehimmel, non può che rendermi felice. I fratelli Botteri (menti anche dei Green Carnation) sono tornati e questo ‘The Night Sky Beckons’ è il loro demo del 2022 che ha anticipato l’uscita di quest’anno, ‘Mourningstar’. Lo stile dei norvegesi si avvicina molto a quello di ‘Light of Day, Day of Darkness’ dei Green Carnation con l'aggiunta alla voce di J. Fogarty, un altro che non ha bisogno di troppe presentazioni, vista la sua militanza negli Old Forest, Ewigkeit, ex voce degli In the Woods... e The Meads of Asphodel. Un gruppo ben assortito di musicisti che lungo queste tre tracce, ci delizieranno con il loro prog pagan doom che in alcune parti, sembra trovare sfiati black metal, come nel black cosmico dell'iniziale "Astrologer" o nel riffing marcescente a metà di “Mountain of the Northern Kings”, laddove la voce di Mr. Fogarty assume sembianze screameggianti anzichè palesarsi in un formato epicamente pulito. La musica del quintetto anglo-norvegese si conferma di assoluto valore, con sterzate stilistiche tra parti doomish e stilettate black (in stile In the Woods…) come avviene nell’ultima e anche title track, che non fa altro che confermarci come i fratelli Botteri siano ritornati alle loro origini, e a quella speciale forma di black misticheggiante che mi aveva totalmente rapito ai tempi di ‘Heart of the Ages’ nel lontano 1995. Ora non mi resta altro che ascoltare il nuovo album. (Francesco Scarci)

(Hammerheart Records – 2022)
Voto: 74

https://hammerheart.bandcamp.com/album/the-nigh-sky-beckons 

sabato 22 luglio 2023

Beenkerver – Twee Wolven

#PER CHI AMA: Epic Black
La saga delle one-man-band prosegue e questa volta ci conduce nel mondo di Beenkerver (all’anagrafe Niels Riethorst), polistrumentista originario di Gelderland, nei Paesi Bassi. Dopo il disco d’esordio uscito lo scorso anno, ‘Ontaard’, il mastermind olandese, in compagnia del batterista Nico de Wit (Alvader, Bezweing), torna con un nuovo EP di tre pezzi, ‘Twee Wolven’. La proposta della band ci porta nei paraggi di un black metal ispirato, melodico, e stranamente interessante, visti i contenuti alquanto scontati della proposta. Il concept del dischetto è legato ai racconti dei vecchi nativi americani e alla lotta simbolica tra due lupi che in realtà rappresentano le emozioni che albergano dentro ognuno di noi, l’uno collegato ad emozioni cattive (l’odio, l’invidia, il risentimento, l’avidità, ecc), il secondo invece legato a emozioni positive, quali gioia, pace, speranza e amore, ecc. Chi vincerà? Questa è la domanda che si pone l’artista mittle europeo in questi tre brani, pregni di melodie, suggestioni folkloriche (“Deel 2 – De Strijder”), accelerazioni post-black, harsh vocals, ed epiche cavalcate di scuola Windir, eseguite in tremolo-picking (“Deel 1 – De Dromer”), ingredienti sicuramente stra abusati, ma che in questo contesto, trovano un loro perchè. Tornando poi alla domanda del musicista, la risposta dei Cherokee sarebbe che prevarrebbe l’emozione che uno decide di cibare, mentre Beenkerver cerca di esplorare un'ulteriore opzione, ossia pensare alla co-esistenza dei due lupi. Insomma, la classica domanda esistenziale su cosa prevarrebbe tra bene e male, un argomento già sviscerato più volte in passato da altre band e che qui, trova per lo meno un pizzico di interesse, legato ad una ricerca musicale all’insegna di un black melodico che non lascerà del tutto scontenti. (Francesco Scarci)

(Vendetta Records - 2023)
Voto: 65

https://beenkerver.bandcamp.com/album/twee-wolven