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giovedì 16 ottobre 2025

Van Diemen - Van Diemen III

#PER CHI AMA: Melo Death
I Van Diemen, dopo essere emigrati definitivamente in Australia (in realtà solo un membro della formazione è tedesco), tornano con il loro terzo lavoro, intitolato un po' banalmente, 'Van Diemen III'. La proposta del quartetto della Tasmania, che già in passato abbiamo avuto modo di recensire qui nel Pozzo, in occasione del secondo disco 'Sarcophilus Laniarius', viaggia lungo i binari di un death metal melodico, con il più classico muro di chitarre a costituire l'intelaiatura dei nostri, a cui aggiungere una bel growling ficcante, e un'ottima dose di solismi che, già dall'iniziale "T.D.M.", mi fa sobbalzare dalla sedia. Insomma, questo per dire che non siamo affatto di fronte a degli sprovveduti, ma già ai tempi del precedente album, avevamo avuto modo di constatarlo. Quello su cui semmai posso recriminare è una mancanza di freschezza a livello musicale, insomma nulla di particolarmente originale o cosi personale, da farmi gridare al miracolo. C'è la componente catchy, ruffiana per dirla in italiano, con i cori in "A Patient Man", che aprono la strada a un bridge di chitarra e a un dinamitardo assalto all'arma bianca nella seconda metà del brano, un preludio a un altro assolo, tuttavia non altrettanto incisivo come nell'opening track. Un buon arpeggio, forse un filo ridondante (tre minuti e mezzo dello stesso giro di chitarra, li avrei evitati), apre "I'll Die a Free Man", una song robusta, ma certo penalizzata da un riffing che alla lunga stanca, almeno fino all'assolo che chiude in fading. Più mid-tempo oriented e dal piglio malinconico, "Shadows of the Dead" si dispiega, seguendo un determinato pattern musicale per un tempo forse eccessivamente lungo. Ecco qual è il problema del disco, il fatto di dilungarsi un po' troppo nei brani, e far calare l'interesse nell'ascoltatore, che brama quanto prima, l'arrivo salvifico di un assolo a interrompere ritmiche estremamente prolisse ("The Land of Fire and Stone" è un altro esempio emblematico). Per il resto, i brani sono sicuramente piacevoli, soprattutto per coloro che bazzicano questo genere votato al melo death di stampo Dark Tranquillity (la conclusiva "Such is Life" potrebbe essere il manifesto programmatico dei nostri, peccato solo sia strumentale) o più death doom atmosferico, come ascolterete in "Internal Scars", o ancora nella più deflagrante "Thylacine", una song al limite del black metal. Insomma di carne al fuoco ce n'è, andrebbe grigliata meglio viste le potenzialità che i nostri hanno, per fare molto bene. (Francesco Scarci)

(Self - 2025)
Voto: 70

mercoledì 15 ottobre 2025

The Blood Mountain Black Metal Choir - Demo I "Folklore"

#PER CHI AMA: Post Black
Sebbene il demo sia stato registrato tra il 2022 e il 2023, questo 'Folklore' vede la luce soltanto nel 2025. Figlio di The Blood Mountain Black Metal Choir, one-man-band americana, il disco si muove su coordinate affini ad altri due progetti del mastermind statunitense, ossia Isleptonthemoon (splendido il loro ultimo lavoro) e Wounds of Recollection (altra release interessante, la loro ultima), e quindi di un black metal viscerale che ci accoglie tra miti e leggende della catena montuosa degli Appalachi, che ormai, al pari del sound cascadiano, ha creato un certo interesse tra i cultori del black underground. E cosi mi appresto ad ascoltare i cinque pezzi di questo demo che sprigionano la loro mistica energia dall'opener "Blue Ridge" e da un arpeggio che viene presto rimpiazzato da una cavalcata che guarda proprio al post black cascadiano, con i suoi ritmi incalzanti, le vocals laceranti e una buona dose di melodia di fondo. Se devo citare una band a cui affiancherei i nostri, vi direi in prima battuta i Panopticon, poi ovvio che di sfumature che portano altrone, se ne potrebbero trovare a bizzeffe. Comunque sia, il lavoro scivola via piacevolmente tra le dirompenti linee di chitarra della traccia d'apertura e passando per gli arpeggi e le distorsioni di "3:19", permettendo alla musica di darci modo di evocare nel nostro immaginario, quelle suggestive montagne che si estendono da Terranova, in Canada, fino all'Alabama. La title track è un breve intermezzo acustico, ancora scuola Panopticon, mentre "Televangelism" attacca roboante, manco fosse "God Alone" degli Altar of Plagues, per poi tranquillizzarsi a metà brano e riprenderci a schiaffoni con la serrata ritmica nella seconda metà. In chiusura l'outro acustico "Closing", ci conferma che la scena a stelle e strisce, dedita all'appalachian black, è più viva che mai, basta solo andarla a scovare. (Francesco Scarci)

(Fiadh Productions - 2025)
Voto: 70

lunedì 13 ottobre 2025

Superion Tyrant - Demo MMXXV

#PER CHI AMA: Death/Grind
Della serie lavori da cui tenersi alla larga, ecco il demo 2025 degli italiani Superion Tyrant, quartetto che vede tra le proprie fila, membri di Node, Derelict, Mind Snare e Heathen/Lifecode, quindi non certo gli ultimi sprovveduti. E forti di queste provenienze dal mondo black/death, il four-piece italico si lancia in sonorità che abbracciano anche il grind e che in tutta franchezza, non mi vedono proprio supportare questo genere. Quattro pezzi più intro per nemmeno undici minuti di musica, che vogliono i nostri stuprare la propria strumentazione in un sound che potrebbe evocare i Napalm Death di 30 anni fa. Ecco, 30 anni fa queste sonorità mi potevano andare anche bene (d'altro canto amavo il suono rilasciato dal martello pneumatico), oggi non più. Desidero qualcosa di fresco, moderno e innovativo, anche e soprattutto in ambito estremo, quello che sa sempre amo. Altrimenti, preferisco andarmi a prendere gli originali, che erano decisamente meglio. Tecnicamente ineccepibili, ma nulla di più, nemmeno l'ombra di un assolo per regalarmi un sussulto, ma la costante sensazione di stare su una carrozza del treno impazzita (il finale di "Allotropic Deathforms" è emblematico). (Francesco Scarci)

(Self - 2025)
Voto: 50

Malepeste - Ex Nihilo

#PER CHI AMA: Ritual Black Metal
Ci sono voluti ben dieci anni per veder il ritorno sulle scene dei francesi Malapeste, se escludiamo uno split album con i Dysylumn nel 2018. 'Ex Nihilo' è dunque il nuovo lavoro, il terzo per i nostri, che vede la luce grazie al supporto della sempre attenta Les Acteurs de l'Ombre Productions. Sei nuovi pezzi a testimoniare il processo evolutivo del quintetto di Lione, alle prese qui con un suono che bilancia tradizione e introspezione e che vede i Deathspell Omega come fonte di ispirazione per le strutture dissonanti che ci accolgono sin dall'iniziale "Ab Chaos", un pezzo breve che funge più da introduzione che altro. La musica dei Malepeste inizia infatti meglio a fluire dalla seconda "Quaestionis", un pezzo sicuramente obliquo per le sue linee ritmico-melodiche, che vedono i nostri muoversi su un black mid-tempo dotato di arrangiamenti stratificati con un uso minimale dei synth che servono a creare un velo atmosferico ritualistico al tutto. L'utilizzo delle vocals poi non è mai troppo efferato, passando da rauchi gutturali a urla strazianti e pulite, che per certi versi mi hanno evocato i Primordial. Il basso è lì, con la sua carica pulsante a guidare una musicalità che di estremo sembra aver ben poco, se non qualche fiammata di blast beat qua e là lungo il disco. Abbiamo citato i gods irlandesi nella seconda traccia, li citerei anche nella terza "Imperium", per i vocalizzi di Larsen che ricordano a più riprese, quelli di Alan A. Nemtheanga, anche se con un minor grado emozionale. La musica prosegue poi su ritmi mai troppo forsennati, sebbene nella seconda metà del brano, la ritmica si faccia decisamente più tellurica. "Stupor" si muove su dinamiche affini tra mid-tempo e una raffinata componente liturgica (scuola primi Batushka) che alla fine potrebbe essere quell'elemento che contraddistingue il sound del five-piece transalpino e che troverà maggior spazio nelle atmosfere più criptiche della successiva "Acceptio", un brano che vanta peraltro un'interessante componente solistica e una coda dal piglio solenne. In chiusura, ecco "Relapsus", il cui significato latino evoca la ricaduta, con il brano che sembra avere un andamento ciclico, come se tornasse su se stesso, ricreando la tensione iniziale e chiudendo il cerchio attraverso un suono che trova modo di esplodere in maniera definitiva, muovendosi sempre in bilico tra un black melodico dalle venature dissonanti e le ormai già citate, sonorità liturgiche. Insomma, un ritorno gradito, soprattutto per tastare lo stato di forma dei Malepeste e i segni di un sound in costante evoluzione. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2025)
Voto: 73

venerdì 10 ottobre 2025

Lycan Rex - Black Fire and Vitriol

#PER CHI AMA: Raw Black
Non sempre sono cosi fortunato a imbattermi in album stratosferici, buoni o banalmente normali. Capita anche la volta che mi ritrovi ad ascoltare dischi, dai quali meglio tenersi alla larga. È il caso dell'EP di debutto degli statunitensi Lycan Rex, intitolato 'Black Fire and Vitriol', orribile già dalla sua copertina. Per quanto riguarda l'aspetto musicale poi, diciamo che la one-man-band originaria dell'Illinois, non è affatto agevolata da una produzione, qui alquanto approssimativa e da una proposta che abbraccia un black, a tratti cacofonico, che non lascia ben sperare. Sei i pezzi a disposizione, per quindici minuti di musica selvaggia, nuda, cruda, che ci rimanda a un raw black/thrash/punk di stampo anni novanta, con chitarre ronzanti, laceranti screaming vocals, un timido tentativo di creare atmosfere nebulose con tiepidi tastiere in sottofondo, e poco altro. Fatico a trovare un pezzo più interessante degli altri proprio perchè il livello è tendente verso il basso, e anche più basso e allora quindi, meglio skippare in avanti e lasciare questo lavoro a chi nutre il proprio cervello con sonorità estreme e nefande. (Francesco Scarci)

(Self - 2025)
Voto: 45

Dor - The Dream In Which I Die

#PER CHI AMA: Dark/Folk/Psych
E questi Dor da dove saltano fuori? Dal flyer informativo in mio possesso, leggo che si tratta di un quartetto italico, nato in realtà come one-man-band nel 2019, che torna sulla scena con questo 'The Dream In Which I Die', a distanza di un paio d'anni dal full length d'esordio, intitolato 'In Circle'. Questa seconda loro fatica, al pari del predecessore, è ispirata alla letteratura, più specificatamente alla rilettura di Giorgio Manganelli al 'Pinocchio' del Collodi, e sembrerebbe far ripartire la band là dove aveva lasciato, ossia da uno psichedelico e occulto dark rock, tuttavia esplorando qui sentieri musicali leggermente differenti. Guardando la cover dell'album, è inevitabile che il primo pensiero vada a 'In the Court of the Crimson King' dei King Crimson, ma musicalmente parlando, non trovo ci siano cosi tanti punti in comune con la famosa band progressive britannica. Le dodici tracce incluse si muovono infatti dagli umori dissonanti dell'opener "Silence", un pezzo non certo semplice da digerire tra spoken words, litaniche e sghembe linee ritmiche che in taluni frangenti mi hanno fatto pensare anche a derive noise (forse la reale novità tra l'esordio dei nostri e questa seconda fatica). Un delicato arpeggio apre e guida "Mangiafuoco", attraverso vicoli bui che sembrano quasi proiettarmi nella narrazione dell'oscura e losca figura del burattinaio collodiano. Un riffone imponente, altra novità rispetto a 'In Circle', apre la successiva "Rigmarole", una song sinistra, poco lineare, a tratti malata, e che nelle sue distorsioni ritmiche, mi ha evocato certe cose dei Black Heart Procession. Apprezzabili i tocchi di piano nella seconda metà del brano che provano a contrapporsi a un clima che si fa ben più cupo e morboso nel finale. "When My Life Was Ebbing Away" ha un incipit tiepido al pari delle sue vocals, timide in sottofondo, a richiamare il dark folk statunitense. Saranno nuovamente le sonorità oblique delle chitarre a prendere il sopravvento nel corso del brano, quasi a indicare la nuova via intrapresa dal combo abruzzese. Avendo ascoltato anche il precedente album, posso immaginare che chi aveva apprezzato quel disco, magari si troverà maggiormente in difficoltà qui, dove in certi frangenti, si viene investiti da roboanti approcci ritmici. Non è certo il caso della sognante "Time Machine", in linea con le sonorità intime e minimali del debutto. Tralasciando il superfluo intermezzo di "Gazing", ascoltatevi semmai le divagazioni math/jazz di "The Light Keeper", per scoprire le nuove avanguardistiche e intellettualoidi trovate della band italica, che ama sicuramente sperimentare, catalizzando con molteplici trovate (e l'utilizzo di svariati strumenti) l'attenzione di chi ascolta. Lo facevano più timidamente nel primo lavoro, affidandosi ad atmosfere sognanti atte quasi a cullare l'ascoltatore, lo fanno in modo più diretto e "shockante" in questa release, quasi a voler sottolineare una progressione stilistica rispetto agli esordi. Forti poi di una produzione cristallina che enfatizza ogni singolo strumento (spettacolari a tal proposito le percussioni iniziali di "Icona", che mi deflagrano in cuffia), i Dor cavalcano l'onda del post rock cinematico nel finale di "Rest", affidandosi invece a deviate suggestioni dark folk nella conclusiva "Nobody Knows". Alla fine, per il sottoscritto che ha ascoltato prima il qui presente disco rispetto al debut, sembra evidente il passo in avanti stilistico, soprattutto alla luce di una maggior varietà dei suoni, dopo le eccessivamente blande melodie degli esordi, che forse non mi avrebbero entusiasmato più di tanto. (Francesco Scarci)

(Dischi Bervisti - 2025)
Voto: 75

giovedì 9 ottobre 2025

Mysthicon - Bieśń

#PER CHI AMA: Black/Death
Dieci anni di vita e due soli album (e un EP) all'attivo per questo quintetto polacco, nato dalla collaborazione di alcuni membri (ed ex) di Lux Occulta, Vader, Hate, Batushka e Karpathian Relict, per una band quindi, con un certo pedigree alle spalle. 'Bieśń' si configura quindi come un lavoro solido e sicuramente votato a sonorità estreme, visti gli interpreti coinvolti. Lo si evince immediatamente dall'esplosività di "Shapes", la traccia che apre il disco in modo piuttosto deciso, evocando però sin dai primi passaggi, echi dei primi Rotting Christ, a livello vocale, e dei Samael a livello atmosferico, anche se in certe rasoiate di chitarra, mi è venuto in mente addirittura 'Skydancer' dei Dark Tranquillity. Insomma, avrete già intuito che all'interno dei sei pezzi di 'Bieśń', tra cui una cover dei Lux Occulta ("Creation"), troviamo tutto quello che l'armamentario estremo ha da offrire: black, death, partiture atmosferiche e anche un pizzico di doom. Sebbene la produzione di 'Bieśń' sia un esempio di equilibrio tra crudezza e modernità, gli arrangiamenti sono stratificati e dinamici, con un uso prominente di chitarre che dominano attraverso riffs distorti ma sempre melodici, ben supportati da una batteria che varia da ritmi mid-tempo a blast beat sporadici, creando un contrasto tra aggressività e atmosfera. Il basso fa il suo, fornendo un fondale solido e pulsante, ma anche aprendo timidamente una song come "Unbearable Silence", in cui si assiste anche a un dicotomico utilizzo delle voci, pulite e strazianti (e in taluni casi anche growl). Lo screaming si palesa comunque con un timbro in grado di emanare un senso di disperazione viscerale, in una traccia che si muove in bilico tra sfuriate black e rallentamenti più ragionati, senza mai per forza rinunciare alla melodia. Tra i brani chiave citerei anche "We Are The Worms", un inno alla putrefazione, che si srotola con un rifferama groovy che marcia oppressivo, creando un contrasto tra il doom e un bridge black che accelera il tempo, e per finire, vocals piuttosto convincenti, soprattutto nella loro conformazione più graffiante. Buona e non esagerata la componente tastieristica che va a bilanciare le scorribande black in cui si lanciano i nostri, evocando, per certi versi, anche un che dei Lux Occulta, laddove emergono blande influenze dalle tinte sinfoniche. Certo, i Lux Occulta erano a mio avviso - ma io sono un loro grande fan - una spanna sopra nel creare possenti sinfonie, ma il tentativo di inseguire certi sperimentalismi, si confermano vincenti. Se da un lato ho trovato "Na Naszej Krwi" più trascurabile per la sua sterile e fine a se stessa veemenza, è invece su "The Storyteller" che mi soffermerei maggiormente. Qui è più evidente la ricerca di conferire maggior melodia e nel creare ambientazioni sinistre e orrorifiche, senza tuttavia strafare in termini di velocità ingaggiate, ma concentrandosi piuttosto su una narrazione oscura, coadiuvata da interessanti giri di basso e aperture atmosferiche. Chiudere con "Creation" dei Lux Occulta, estratta dal debut 'The Forgotten Arts', poteva portare i suoi rischi, invece il brano viene reinterpretato alla grande, con un approccio più pesante rispetto all'originale, godendo peraltro di una produzione mille volte migliore, e un esito finale, davvero positivo. Insomma, se siete amanti degli estremismi sonori black/death spruzzati di una buona dose di melodia, il nuovo disco dei Mysthicon, potrebbe fare al caso vostro. (Francesco Scarci)

(Self - 2025)
Voto: 72

Nihili Locus - Semper

#PER CHI AMA: Black/Doom
Prima di recensire 'Semper', ho voluto riascoltare '...Ad Nihilum Recidunt Omnia', EP di debutto della band piemontese, per capire cosa mi fece scattare l'amore per questa band e se il nuovo lavoro, potesse ripristinare quell'interesse che era andato perduto con il precedente 'Mors'. Ebbene, una capacità emozionale non indifferente, una forte componente melodica e l'utilizzo delle voci femminili, resero quel breve dischetto una pietra miliare del black/death/doom italico. Ora, eccoci alla resa dei conti, a quasi 30 anni da quel lavoro, con una band che vede riproposta per 4/6, la sua formazione originale. 'Semper' esce per la My Kingdom Music e sembra già dal suo incipit, "Lugubri Lai", abbandonarsi ad atmosfere desolate, toni cupi e malinconici, che vogliono realmente restituirmi quei suoni che tanto avevo apprezzato a metà anni '90. È in effetti un tuffo nel passato il mio, quello che mi catapulta in un periodo che vide affacciarsi altre realtà del calibro di Cultus Sanguine, Necromass, Sadist, Novembre, Opera IX, per una scena che non ha mai dovuto invidiare altre nazioni. E cosi i Nihili Locus sono ritornati dopo un silenzio durato altri 15 anni (fatto salvo per un paio di compilation) con il loro black doom decadente, drammatico e decisamente oscuro, che farà la gioia di chi come me, è cresciuto e si è formato con queste sonorità. Certo, il primo commento che mi verrebbe da fare, è che io nel frattempo mi sono evoluto nei miei ascolti e nel mio essere esigente in fatto di musica estrema, mentre i Nihili Locus, appaiono ancorati a un sound vetusto, che necessiterebbe di un tocco più moderno. Ma non siamo di fronte a una realtà mainstream e quindi, ci sta che la band abbia mantenuto inalterata quelle peculiarità che li avevano contraddistinti a suo tempo. Durante l'ascolto del cd, ritrovo alcuni elementi del passato nelle note anguste di "Pensieri Nebulosi", song che ci avvolge con il suo plumbeo presagio di morte, forte anche dell'utilizzo della lingua italiana nei testi, che aumenta in un qualche modo la sinistra atmosfera che sprigiona il brano, al pari con l'utilizzo di inquietanti tocchi di tastiera. Il pezzo è buono, non una spada, ma il suo giro di chitarra sicuramente mostra un certo fascino. Lo stesso che emana la successiva "(Grida) La Notte Eterna", dove le liriche sono riconoscibilissime e la song si caratterizza per un incedere cadenzato e solenne, cesellato poi da melodici giri di chitarra che accompagnano una voce sgraziata ma incisiva, in un'atmosfera surreale che si farà man mano più oscura e angosciante. "Incolore Aberrazione" palesa nuovamente il binomio vincente tra la melodia della chitarra e la straziante componente vocale, in un pezzo un po' più complesso e meno lineare da digerire. In chiusura, "Il Tuo Sangue per i Miei Maiali" si presenta malvagia più che mai, una traccia che avrei visto bene in un film come The Blair Witch Project, ma che da metà in poi, rivela un'attitudine accomunabile ai primi lavori della band di Nichelino, quella che mi fece innamorare di questa band che a distanza di oltre 30 anni dalla sua formazione, rimane ancora ben radicata nell'underground italico. 'Semper' alla fine è un gradito ritorno, utile per saggiare lo stato di forma dei Nihili Locus, dopo tante interruzioni nella loro storia. Tuttavia, a mio avviso, il sound della band necessita ancora di un lavoro di sgrezzamento, indispensabile per poter stare al pari dell'infinità di band che oggi popola il mondo estremo. (Francesco Scarci)

(My Kingdom Music - 2025)
Voto: 70