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martedì 8 agosto 2023

Thumos - Musica Universalis

#PER CHI AMA: Instrumental Post Metal
Recensiti da poco con l’infinita raccolta di loro demo, ecco riaffacciarsi i Thumos e il loro angosciante post-metal strumentale, nonostante in questo 2023, abbiano già visto la luce un full length e un altro EP. ‘Musica Universalis’ è il loro ultimo parto, un lavoro breve che potrebbe fare da preludio ad una nuova, ennesima, più lunga e strutturata release che sicuramente, la prolifica band americana starà architettanto. Nel frattempo, ascoltiamoci “Mysterium Cosmographicum”, un pezzo che riflette tutti i sacri crismi del post metal, grazie a chitarroni super distorti, atmosfere accattivanti, melodie non scontate, ma anche accelerazioni furiose che strizzano l’occhiolino al black metal, come già abbiamo più volte sottolineato in occasione di precedenti recensioni. In questo caso, il sound è piuttosto vario, di più facile ascolto e, sebbene continui a trovare l’assenza della voce penalizzante, non posso che godere della proposta dei quattro anche nella successiva “Astronomia Nova”, un pezzo che nella sua brevità, sembra raccontare in musica, le recenti scoperte fatte dal telescopio James Webb. “Harmonices Mundi” continua su binari similari al primo brano, mostrandosi ancor più varia, sofisticata e in taluni frangenti, davvero aggressiva. Insomma, un buon antipastino in vista di qualche nuovo piatto ricco, che sono certo la band statunitense, stia preparando. (Francesco Scarci)

(Snow Wolf Records – 2023)
Voto: 70

https://thumos.bandcamp.com/album/musica-universalis

Spider God - The Spiders - Blast Masters Volume One

#PER CHI AMA: Epic Black
Che gli inglesi Spider God non fossero un gruppo come gli altri, l’ho sempre sostenuto. Ora con questa nuova release che include quattro cover dei Beatles, mi tolgo definitivamente ogni dubbio. Si parte con la splendida “Eleanor Rigby”, song estratta dall’album ‘Revolver’ dei Fab Four, qui ovviamente riletta in chiave black, tra vocals arcigne e furiose ritmiche, ma le melodie del classico dei Beatles del 1966 rimangono intatte nella sua veloce cavalcata. Adoravo l’originale, adoro questa versione super caustica. Per non parlare poi del singolo un po’ più vecchio (1963), “She Loves You”, incluso in ‘The Beatles' Second Album’, che rappresenta peraltro il maggior successo di vendite dei quattro ragazzi di Liverpool in Inghilterra. Qui diventa una cavalcata tra black ed heavy classico, tra vocals corrosive e melodie super catchy. Si passa poi a “Norwegian Wood” del 1965 (‘Rubber Soul’) e qui la song potrebbe essere assimilabile a un pezzo di True Norwegian black miscelato ad un qualcosa di epico stile Windir. Fantastici. Il gran finale? Non poteva essere che “Yesterday”, il classico per eccellenza della band britannica, che ci catapulta nel 1965 e al lavoro ‘Help!’. Rimane inconfondibile la melodia di fondo, cosi come pure quel senso di malinconia che l’ammanta e ne fa forse il brano più conosciuto in tutto il mondo. Insomma, un’uscita divertente che mi fa ulteriormente apprezzare la vulcanica proposta black degli Spider God. (Francesco Scarci)

Kodiak Empire - The Great Acceleration

#PER CHI AMA: Math Rock/Prog
Gli australiani Kodiak Empire tornano sul luogo del delitto con un nuovo e breve (mezz’ora tonda tonda) quarto album, sotto la super visione della Bird’s Robe Records. ‘The Great Acceleration’, un concept album che affronta i temi della crisi climatica e dell’impatto dell’uomo sull’ambiente, si presenta come un mix di rock progressive, post-rock, ambient, math e sperimentalismi vari. Il disco si caratterizzata sin dall’iniziale “The Difference”, da melodie evocative e influenze che chiamano sicuramente in causa i conterranei The Mars Volta e gli ultimissimi Tesseract, con un fare a tratti un po’ troppo pop per i miei gusti. A far da contraltare a queste sonorità un po’ ruffiane, ci pensano però giri di chitarra ipnotici, che sembrano trarre linfa vitale dal math rock ma qualcosina anche dal djent, cosi come pure quei lunghi e poderosi assoli dall’elevato tasso tecnico, tengono la band di Brisbane ancorata a un rock decisamente robusto. E “Within the Comfort” non fa altro che ribadirlo, con quel suo inizio tumultuoso e super distorto, anche se non appena entra la morbida voce del vocalist, il suono diventa decisamente più mellifluo. Non temete comunque, visto che nel corso del brano ci sarà un’alternanza di tempi, sorretti da ritmiche sostenute, sghembe ed imprevedibili che indirizzano i nostri nuovamente verso lidi math. E questa fondamentalmente sembra essere la forza dei Kodiak Empire, ossia accostare l’irruenza del rock progressivo (che tende talvolta a sfociare nel metal) con il pop. Certo, qualcuno storcerà il naso alla parola pop (me compreso), ma questa è la peculiarità del quintetto australiano. Un pezzo come “Animist” mette in luce un’anima più alternativa, ma la cosa che più mi ha colpito qui è in realtà un drumming estremamente fantasioso coniugato ad un intrigante gioco di atmosfere guidate da un synth dai tratti malinconici. “Maralinga”, complice la sua breve durata, la leggo più come un ponte tra “Animist” e la conclusiva “Marcel”, anche se nei suoi 141 secondi, condensa il lato più sperimentale della band, tra sinuose partiture atmosferiche, turbamenti noise e schitarrate metalliche. In chiusura, la già citata “Marcel” si srotola lungo i suoi quasi nove minuti, attraverso atmosfere suffuse, ammiccamenti pop (complice anche qui il cantato eccessivamente ruffiano del frontman), cambi di tempo bizzarri e gagliarde accelerazioni, peraltro in combinazione con un inatteso growling, che alla fine spariglia completamente le carte in tavola e ti spingono a volerne di più. Invece, il disco si ferma qui, come se voglia ingolosire gli ascoltatori in vista di un nuovo travolgente lavoro dei Kodiak Empire. (Francesco Scarci)

(Bird’s Robe Records – 2023)
Voto: 73

Municipal Waste - Hazardous Mutation

#FOR FANS OF: Thrash/Crossover
Probably the strongest Municipal Waste release that I've heard! It clocks in in under 30 minutes but the music/vocals captivates! I like the guitar the most and well the vocals were anything but annoying. This is a definitely good crossover/thrash band that's put together a great career! I think they did the metal community justice after all these years. Their albums may be short, but they hell of pack a punch, that's for sure. I'm not big on the lyrical concepts, I support their music only. Not what they write about. This one again the songs are short but catchy as all hell! I liked every song on here!

The riffs are way cool and the intensity is high. Definitely a band that you either love or hate though. I say that because it seems to be the case with listeners. I'm new to crossover and I'm liking it a lot! It's a change from death metal, I just need a break from that. The whole band contributed equally on here. They definitely contribute to metal's unique twist here. Everything seemed to fit into place with this release. I like a lot of their albums though. But yeah, this one hits home for sure. They just put it out there to the listener and a lot of people are saying the same thing about this one: it rocks!

The sound quality was good, maybe top notch! Everything on here is mixed really well! I'm glad they had that happen for them where everything seemed to come together on here. I hope that they were definitely proud of this release. They sure as hell amped the intensity! It's a half an hour of ear grueling noise-core! The vocals compliment the music well. I'd say this was likeable the first time around! Really good job on here, the music is the most convincing. And the vocals seemed to keep up that pace here, ABSOLUTELY. They did this band justice with making an everlasting effort to their genres.

I ordered the CD to this album. It was released in 2005 but hey I'm still old school when it comes to LP's. I like to have the physical copy of the album. I'm downsizing my collection, but the classics like this one will stay! If you're streaming, this one is available. Actually, quite a few of theirs is online. I checked out some before I ran into this one. I'm looking at the review scores and have to agree that this one deserves a perfect score wholeheartedly. They put together some great songs. I just wish that the album lasted longer. Oh well, I value the whole 30 minutes of this one! Check it! (Death8699)


Gnot – Свет

#PER CHI AMA: Blackgaze
Dopo tre anni di silenzio, tornano i russi Gnot con il loro blackgaze. Solo un EP di due pezzi a disposizione del quintetto di San Pietroburgo, che aveva la curiosità di avere quattro dei cinque membri che si chiamano Sergey (ora ridotti a due). A parte la scarsa originalità nei nomi, la band sciorina in realtà un sound ricco di atmosfere e impennate post black che già dall’iniziale “Лёд”, ci deliziano con parti acustiche, furiose accelerate, screaming acidissimi, rallentamenti con cambi di tempo incorporati, ma anche una buona dose di melodia avvolta da quell’aura malinconica che da sempre contraddistingue le band di questo genere. Pur non proponendo nulla di innovativo e cantando per di più in russo, a me la band francamente piace, soprattutto per quella loro capacità nell’introdurre elementi non propriamente black, che conferiscono una certa ariosità al flusso musicale. E cosi anche “Свет” apre con un bell’arpeggio per poi liberarsi in un agguerrito riffing black, con tanto di dualismo nelle vocals, caustica la prima e pulita (ma più deboluccia) la seconda. Il sound è comunque solido e convincente, anche nelle parti più sognanti, il che non fa altro che alimentare il mio personale interesse verso il prossimo lavoro dei cinque musicisti russi. (Francesco Scarci)

(Self – 2023)
Voto: 70

https://gnotband.bandcamp.com/album/-

Big Red Fire Truck - Trouble in Paradise

#PER CHI AMA: Hard Rock
Un bel tastierone in stile “Jump” di Van Halen, apre ‘Trouble in Paradise’ degli australiani Big Red Fire Truck, un quartetto che si presenta come la più classica delle band glam rock anni ’80 (basti solo vedere la cover dell’album), con tanto di membri (un paio almeno) dai capelli cotonati e dai riccioli d’oro. La title track ci consegna un gruppo di musicisti che strizza l’occhiolino a Bon Jovi e già mi sento male. Che diavolo succede, la Bird’s Robe Records che da sempre mi ha abituato ad uscite di un certo calibro in ambiti stilisti decisamente differenti dal qui presente, ora mi propone hard rock che puzza di stantio? Rimango esterrefatto di fronte a questo lavoro, non tanto per i contenuti peraltro triti e ritriti nel corso degli ultimi 50 anni da migliaia di altre band e che quindi per il sottoscritto non hanno più niente da dire, ma per la scelta fatta proprio da parte dell’etichetta di Sydney, lontana anni luce dai propri elevatissimi standard. C’è poi chi afferma che questo genere di sonorità ora vadano per la maggiore, per quanto mi riguarda mi domando in quale galassia questo accada, io questa robaccia non la vorrei sentire nemmeno mentre sto percorrendo la mitica US Route 66, viaggiando a 70 miglia orarie, finestrini abbassati e picchiando con le mani, al ritmo della rockeggiante “Love Bite”, la fiancata della mia super muscle car. Mi spiace, i quattro musicisti di Sydney potranno essere anche bravi a suonare, saranno divertenti dal vivo, magari avranno testi impegnati (ma dubito visti titoli quali “Miami Skies” e “Hot Summer Nights”) ma un genere che ammicca a Def Leppard, Bon Jovi, Poison, Aerosmith e Motley Crue, credo rappresenti esclusivamente la colonna sonora dei miei peggiori incubi. (Francesco Scarci)

(Bird’s Robe Records – 2023)
Voto: 50

https://bigredfiretruck.bandcamp.com/album/trouble-in-paradise

domenica 6 agosto 2023

Nunslaughter - Red is the Color of Ripping Death

#FOR FANS OF: Death Old School
Pretty cool Pittsburgh/Cleveland, Ohio based death metal. I was more than happy with this CD, my first one I owned of theirs. The music is what I appreciated the most and the vocals are atypical. They fluctuate which is a good thing that you don't get with standard death metal vocals. It's something to appreciate when artists are of a little variety based rather than the burly voices that you get from bands. I thought that the musical element was quite good as well. They make their riffs varying in intensity. And this one is I'd say a "screamer." Various degrees of fluctuation. While they're to me not good as an "70" rating, this album sure is good despite.

I thought that this was a pretty atypical death metal album that has a lot of highs and not so many lows. They vocals were a pinnacle and the guitars just took over and dominated. They went alongside well with the vocals.

This band kills it live and the studio recording of this one was top-notch. They were on top of their game on this one and there wasn't a time on here in the whole 35 minutes that was uninteresting or not entertaining. They slabbed their death metal in such a way that it was way happening and in no way "boring." Fluctuations in tempos, heavy down picked guitar riffs and an astounding production quality for Hells.

There's more and more bands signing on Hells Headbangers that are super underground that put forth way intriguing metal albums. They just have a way of making these death metal albums especially here on Nunslaughter that has been a total devastation. Really great production sound that did the band justice. It's helping the underground scene grow popularity and helping them get recognized. Tons of bands now on Hells kicking ass because of the label and mixing quality with a minimum amounts of flaws. Keep note on this band and other bands on this label to get justice where it needs to be! (Death8699)


The End of Six Thousand Years – S/t

#PER CHI AMA: Sludge/Post-Metal/Crust
Ci hanno messo un po’ per rimettersi in sella i The End of Six Thousand Years. Dopo un silenzio durato 11 anni, fatto salvo per un singolo uscito nel 2020, il quintetto italico formato da membri ed ex di Postvorta, Hierophant e Viscera///, ci spara addosso un EP autointitolato di quattro pezzi. Quattro caustici brani che si muovono nei paraggi melmosi delle loro band originarie. Questo almeno quanto si evince quando a decollare nel mio lettore trovo “Collider”, che parte sludgy al punto giusto, per poi dare un paio di scarburate pesanti, tra accelerazioni alla Ulcerate, rallentamenti di scuola post metal, ripartenze feroci, il tutto condito dalla selvaggia voce dell’ex Postvorta Nicola Donà. La proposta della band è corrosiva quanto basta anche e soprattutto, nei momenti più atmosferici o dissonanti del disco. Si continua a picchiare durissimo con le chitarre funambolicamente “svedesi” di “Endbearer”, un pezzo che vede una certa apertura melodica che finisce per collidere con certo retaggio crust/hardcore dell’ensemble nostrano. Tra continui cambi di tempo, melodie sghembe e vorticose raffiche di chitarra si arriva a “Voidwalker”, un pezzo che è un’altra mazzata nello stomaco, come se i Deathspell Omega suonassero sotto l’influsso malsano del crust, in una poderosa e dirompente avanzata di chitarre imbufalite. In chiusura la cover dei Today is the Day, ossia “The Man Who Loves to Hurt Himself”, in una rilettura del brano della band statunitense, distorta quasi quanto l’originale, a decretare quanto i The End of Six Thosand Years siano oggi incazzati, in forma e tosti più che mai. (Francesco Scarci)