Che bello l’underground, cosi pullulante di band ai più sconosciuti, pullulante di band che meriterebbero peraltro un contratto più di un qualsiasi altro gruppo, magari già affermato. Questa premessa perché la scoperta di oggi arriva dal sottobosco lusitano ed è ancora una volta sorprendente quante cose interessanti possano annidarsi là sotto. Signori e signore vi presento i Maninfeast, act proveniente dal Portogallo, formatosi poco più di un anno e mezzo fa e capace di rilasciare questo introspettivo Ep di 5 pezzi. La musica proposta? Non è cosi semplice da descrivere, complice il perfetto mix tra sonorità provenienti dai più disparati ambiti musicali. L’apertura è affidata a “Speaking Void”, song tranquillissima, quasi una lunghissima intro a cavallo tra il rock progressive e l’ambient. La successiva “Ewige Wiederkunft” mi fa immediatamente drizzare le orecchie: per quella sua apertura arabeggiante, ho forse un desiderio recondito di sentire nuovamente le sonorità dell’Ep d’esordio dei loro conterranei Moonspell. Questa mia speranza persiste per qualche minuto, in cui il quartetto di Lamego ci ipnotizza con il loro sound quasi psichedelico, per poi strozzarsi quando i nostri iniziano a premere un po’ di più il piede sull’acceleratore (in realtà mai più di tanto). Il sound dei Maninfeast si potrebbe descrivere infatti come “oniric metal”, per quella sua (già matura) capacità di catapultarci in un’altra dimensione, quasi sognante con lunghe soffuse ambientazioni, in cui esplodono saltuariamente rocciose chitarre e qualche vocals al limite del growl. La terza “Keynesian Model” è un ponte di raccordo, al limite della musica elettronica per quei suoi stordenti loop di synth (ad opera di Francisco Pina), con “Beyond Blindness”, song ancora una volta dall’incipit oscuro con le vocals di André Lobão che si alternano intelligentemente tra un mood assai sporco (quasi stile Sepultura) e uno più pulito, mentre le ritmiche viaggiano sospese tra il progressive, la musica etnica, l’ambient e il sound psichedelico ala Tool. A chiudere il Mcd ci pensa “Magic Stones”, la song più metal delle cinque (e quella che mi piace anche meno tra l’altro), in cui la voce di André adotta uno stile più alternative, mentre le ritmiche più tirate rispetto ai brani precedenti, hanno un certo flavour stoner. Concettualmente vicino alla filosofia di Friedrich Nietzsche, al pensiero del teorico di Lord John Maynard Keynes e anche al libro di Madame Blavatsky, “How One Becomes What One Is” ci mostra una nuova realtà proveniente dal Portogallo, che ci fa ben sperare per il futuro. Forti della produzione affidata a Guilhermino Martins (ThanatoSchizO), tra l’altro anche in veste di guest come tastierista nella seconda traccia, I Maninfeast rappresentano a mio avviso la new sensation dal Portogallo. Promossi a pieni voti! (Francesco Scarci)
(Self)
Voto: 70
Voto: 70