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venerdì 16 marzo 2012

Rising Dark - Apocalyptic

#PER CHI AMA: Thrash Bay Area, Exodus
A me, questi quattro ravennati, piacciono. La band si forma del 2007, si da moltissimo da fare dal vivo e, nel 2011, dopo aver firmato per la SG Records, Michael Crimson (Voce e chitarra ritmica), Stanley Bleese (Chitarra solista), Freddy Blade (Basso e voce), Balzael (Batteria), danno alle stampe questo loro primo full lenght. L’influenza della Bay Arena si fa sentire, così come quella di gruppi come Exodus, tuttavia niente di preoccupante alle mie orecchie. Non si tratta di un lavoro puramente thrash; molti piacevoli innesti death spingono verso una direzione più violenta e arcigna, da me molto apprezzata. Difficile mantenere le dosi giuste con una tale scelta compositiva, infatti le tracce non sono sempre omogenee stilisticamente e in un album del genere rischia di sembrare un difetto. Niente di grave, ci mancherebbe, sono giovani e, d’altra parte, non si può non percepire il loro carattere e la loro passione infusi in questo primo LP. Sette canzoni complesse, con molte idee, varie e poco noiose. Un disco molto ben prodotto. Volete provare? Inserite il cd e premete “play”: si inizia con “Apocalyptic” un classico, ma sufficientemente funzionale, intro strumentale. Poi l’arrembante, tirata “Armageddon” ci fa capire con chi abbiamo a che fare, e ci toglie un po‘ di pensieri negativi (del tipo: ma non saranno flosci?). Quindi una song un po’ più calma, “This is War”. Si passa a “The Bofoid”, forse la traccia meno riuscita, potabile per carità, ma non a livello delle altre. Ecco, qui si nota in maniera decisa quella discontinuità stilistica di cui sopra. Più oscura, ma comunque travolgente “Yog Sothoth”. “Your Blood is on My Hands”, con una notevole introduzione di chitarra, è invece probabilmente la migliore: complessa, impetuosa, eseguita assai bene. La conclusiva “Phoenix” è un lentone che potrebbe non piacere a tutti. Personalmente non la trovo male; le tastiere e il piano aumentano l’effetto di una melodia particolarmente eterea, il che ne fa scaturire un certo contrasto con le tracce precedenti che mi intriga, non poco. Certo, proprio questo stacco potrebbe farla sembrare fuori luogo ad alcuni (de gustibus...), tuttavia questo pezzo mette in luce la capacità dei nostri di sapersi destreggiare con qualcosa anche di diverso dal thrash. Secondo me questi ragazzi ci sanno fare: solidi tecnicamente hanno nelle chitarre e nella parte ritmica il loro punto di forza; forse ancora un po’ acerbo il vocalist in alcune situazioni, si riconosce però una sua certa versatilità (ad esempio nella ballad “Phoenix”). Un buon album d’esordio, con buone promesse che possono essere mantenute se non con un lavoro di miglioramento compositivo e ovviamente con la ricerca di uno stile più peculiare. (Alberto Merlotti)

(SG Records)
Voto: 75
 

mercoledì 22 febbraio 2012

Chupacabras - Inciviltà

#PER CHI AMA: Crossover, Thrashcore, Sick of it All, System of a Down
I liguri Chupacabras hanno deciso di farci sapere cosa ne pensano dei nostri tempi: non ne sono particolarmente contenti. Almeno è questo che ho capito dopo il primo ascolto del disco. Visto il bello schiaffo sonoro ai miei timpani, direi di averci preso. Un lavoro adrenalinico, diretto, aggressivo, con una cattiveria piacevole e con una certa denuncia sociale. Undici tracce che sembrano frustate, le cui poche parti melodiche non ne riducono l’assalto sonoro. La musicalità è tipicamente crossover/thrashcore: riffoni roboanti, schitarrate poderose e corrosive, ritmica incalzante, suoni energici e pesanti. La voce ruvida del cantante completa alla grande il tutto. Ah, complimenti perché l’interpretazione in italiano (la nostra lingua non si presta molto a questo genere musicale, dicono...) funziona bene: i testi e il cantato si sposano come raramente mi sia capitato di sentire. Certo, alcuni passaggi non risultano subito chiari fin dal primo ascolto, colpa un po’ dell’urlato e delle velocità tipiche del genere; tuttavia se ci fate attenzione apprezzerete il loro sforzo anche a livello dei testi. Tra le song, da notare “Incubo Catodico” e “Affuoco” per le chitarre particolarmente ispirate al thrash. Più indisciplinate “God Of War” e “Maschere”, forse sono anche quelle che si fanno ricordare di più. Carino il gioco di richiamo tra la guerreggiante “Rabbia”, e la radiofonica ed eterea “Rabbia Vol. II”. È vero: questo contrasto non è immediato (a me è sfuggito ad un primo ascolto), ma una volta notato mi ha convinto appieno. Le altre canzoni non si discostano, l’insieme è coerente e continuo. Stavo per dimenticare una piccola sorpresa del CD. I nostri hanno inserito una frase di Roberto Giacobbo, tratto da “Voyager”, che parla del mitico (rullo di tamburi)... chupacabras! “Inciviltà” non verrà ricordato come molto innovativo, tuttavia c’è abbastanza personalità, bravura e carattere da far passare in secondo piano le ispirazioni presenti. Bravi. (Alberto Merlotti)

(SG Records)
Voto 75
 

mercoledì 26 gennaio 2011

Souldeceiver - Mankind's Mistakes


Premesso di non aver mai visto una copertina cosi brutta negli ultimi anni, ma soprattutto non riesco proprio a capire cosa sia preso alle nostre band nell'ultimo periodo, tutte alla ricerca di ricalcare sonorità ormai ultra datate nel tempo. Questo, non per dire che i toscani Souldeceiver siano dei brocchi musicalmente, ma per ribadire il concetto che la nostra musica, il metal, per sopravvivere abbia un forte bisogno di rinnovarsi. Il quintetto italico ci prova in ogni modo, già dall’iniziale “Memories of Centuries”, il cui risultato non sarebbe neppure neanche malvagio, ma quante volte abbiamo già sentito simili sonorità? Migliaia. Si prosegue con “Cold Eternity”, song spigolosa che mette in luce un buon riffing di matrice svedese e degli assoli veramente degni di nota, vero punto di forza di questo “Mankind’s Mistakes”, mentre le vocals di Francesco Meo, non brillano certo per energia o personalità nella progressione di questa release. “The Other Side” parte lenta con l’eccellente lavoro alle chitarre del duo Alessio Rossano e Luca Mosti, poi ancora una volta la song entra in un vortice di anonimato da cui sarà ben difficile uscirvi fino alla coinvolgente parte conclusiva, dove le 6 corde dei due axemen salvano la baracca con le loro sciabordate, ma quanto forte è l’eco di Chuck Schuldiner e soci in questa song, cosi articolata ma non del tutto riuscita. Anche “Automa X” e le successive songs cercano di ricalcare le gesta dei nostri paladini Death, ma mai nessuno (anche se confido fortemente nei Decrepit Birth) hanno mai colto nel segno. Voglio spezzare però una lancia a favore di questi Souldeceiver che tanto hanno studiato la lezioni dei maestri statunitensi, ma che ancora faticano a metterla in pratica: cercate di dare alla vostra musica una maggiore semplicità, non è di sicuro infarcendo i brani di giri arzigogolati di chitarra o l'essere ultra tecnici alla morte che si va a toccare il cuore dei fan, ma cercando di essere se stessi e lasciar parlare la vostra anima attraverso i vostri strumenti… però per favore cambiate le corde vocali del vocalist vero e proprio punto debole della band. La strumentale “Alchemical” (da panico la parte centrale e l’assolo conclusivo degno dei migliori Death di “Human”) ci fa prendere fiato prima dell’assalto conclusivo di “Terror of Knowledge”, la traccia dove i nostri sembrano osare maggiormente, alla ricerca di un proprio cammino, che sembra destinare i nostri sul percorso giusto. Un voto il mio, carico di fiducia per la difficoltà della strada intrapresa e consapevole che la band farà di tutto per concedersi maggiore libertà compositiva cercando di liberarsi dalle catene che li tengono legati ai canoni di un genere che invece dovrebbe essere rappresentato da pura libertà di espressione, cosi come il buon vecchio Chuck avrebbe desiderato… (Francesco Scarci)

(SG Records)
voto: 65