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mercoledì 8 aprile 2015

Mothercare - Chronicles of Ordinary Hatred

#PER CHI AMA: Death/Thrash, Forbidden, Slayer
Dati per bolliti, imborghesiti o addirittura additati come "commercialotti", i veronesi Mothercare spazzano via ogni nube con una prova che conferma quanto di selvaggio già avevamo ascoltato nel precedente 'The Concreteness of Failure'. 'Chronicles of Ordinary Hatred' è il loro nuovo lavoro, costituito da sei tracce inedite e due cover, tra l'altro mica prese a caso: "Relics" dei Nasum e "Piss Angel" dei Pig Destroyer, ma andiamo con ordine. Il cd attacca con "Lingering Over the Tide to Float", song aperta dal suono del mare e dei gabbiani. Nella quiete eterea di quest'immagine romantica, irrompe furente il sound fragoroso dei nostri, che viaggia in bilico tra il death/thrash degli Slayer (anche a livello vocale) e alcuni frangenti (soprattutto nel finale) che potrebbero richiamare gli esordi dei Cynic, il tuo riletto in una chiave decisamente più estrema e a tratti originale. Sono un po' spiazzato lo ammetto. Provo pertanto a skippare alla successiva "Devouress (Part 1)" e altri suoni si materializzano nella mia mente. Ricordate Craig Locicero, frontman dei grandissimi Forbidden? Bene, non solo il vocalist, Simone Baldi, richiama un potenziale ibrido tra lo stesso Craig e il buon vecchio Tom Araya, ma la musica dei Mothercare scomoda quella delle due band californiane: riffoni belli grossi, ritmica selvaggia (bravo Marco Piran dietro le pelli che lavora in perfetta sinergia con Mauro Zavattieri alle percussioni) e un sound carico di groove a manetta, che si riflette anche nella seconda più breve parte del brano. Con "Bent to the Almighty" a venire scomodati questa volta sono i Pantera, complice un giro di chitarra che l'immortale Dimebag Darrell si sarebbe divertito nel proporre e alle vocals di Simone che ripropongono un Phil Anselmo in versione più raw. "La Stanza Dipinta Di Viola” è un bell'esercizio di percussioni, in cui l'eccezionale Sbibu (Farabrutto tra gli altri) dà un breve accenno della sua classe da jazzista avanguardista. Con "Venomous" si torna a picchiare su ritmiche death/thrash (ottima la sezione ritmica completata da Mirko Nosari e Rudy Pellizon alle chitarre e Jacopo Ravagnani al basso) e tra i guest questa volta appare Sebastian “CP” Platzer (Not To Save One’s Life – Kàla). E veniamo infine alle due cover e al perché della loro scelta: la furiosa “Relics” vuole essere un tributo al grande Mieszko Talarczyk dei Nasum, che perse la vita nello tsunami del dicembre 2004, Mieszko che fu guest vocals nel disco dei Mothercare, ‘Traumaturgic’. E per l'occasione, è proprio l'ex vocalist di quel disco, Guillermo Gonzales, a prendersi carico in modo spietato, delle vocals che furono del cantante polacco. "Piss Angel" invece è una perla di suoni old school da cui i nostri hanno tratto parte della loro ispirazione. Che dire, se non che i Mothercare sono in forma e incazzati più che mai... (Francesco Scarci)

(Kreative Klan Records - 2015)
Voto: 75

sabato 29 gennaio 2011

Mothercare - The Concreteness of Failure


La Kreative Klan Records, neo etichetta del chitarrista dei Mothercare, Mirko Nosari, esordisce sul mercato discografico proprio con la band del suo proprietario, che finalmente dopo un silenzio durato 5 anni e che ha visto diversi avvicendamenti all’interno della band, torna prepotentemente alla ribalta con un album che si potrà certo accostare ai gods mondiali, sfoderando una maturità artistica mai prima riscontrata. Sia ben chiaro che non ci troviamo di fronte a dei pivellini di primo pelo, ma ad una storica realtà italiana che da quasi vent'anni calca la scena underground. Abbandonate le suggestioni nu metal degli esordi, assoldato un nuovo vocalist a sostituire il defezionario Guillermo Gonzales, prese un po’ le distanze dal thrash/hardcore del precedente “Traumaturgic”, il combo veronese si presenta ai propri fan con un lavoro intelligente, moderno, dirompente che non potrà non conquistarvi per la sua estrema immediatezza, dovuta essenzialmente ad una azzeccatissima miscela di suoni brutali uniti ad una inaspettata vena melodica. Non vorrei depistarvi con la parola melodia, perché all’interno del cd scorrono fiumi di odio nei confronti di una società estremamente corrotta, che si tramutano in arrembanti ritmiche, contraddistinte da apocalittiche atmosfere, in grado come sempre di creare uno stato di disagio e profonda angoscia interiore. Dopo l’intro “The Art of Diplomacy”, esplode forte la rabbia, il furore e la violenza di “The Slow and the Proud March to Conformity”, subito eletto il mio pezzo favorito, dove tra hyper blast beat, ritmiche mozzafiato e rallentamenti in stile “meshuggahiano”, possiamo godere già da subito dell’ottima performance vocale di Simone Baldi, coadiuvato dalle backing vocals di Mirko e Fabiano, bravo a muoversi tra un growling mai troppo esasperato e vocalizzi di impostazione cibernetica. Finito l’headbanging iniziale, mi getto nella mischia con la successiva “To Be or to Sink” che dà l’idea di essere una song più ragionata della precedente, con un tappeto ritmico sempre di notevole spessore, forte anche di una produzione cristallina, effettuata presso i Bunkker Studio e mixata poi ai Kreative Klan Studio, song capace di ammiccare a certe sonorità grooveggianti d’oltreoceano, per poi proseguire in un crescendo di aggressività e tecnicismi, in cui non può non emergere la tecnica disumana dell’ottimo Marco Piran dietro alle pelli. “Ten Easy Lessons”, song interessantissima per il suo testo e le sue dieci semplici lezioni da rispettare, mostra il lato più sperimentale dei Mothercare, con Stefano Torregrossa, preso in prestito dagli Aneurysm, a divertirsi con i synth. Il risultato? Notevole e garantito, con echi di Fear Factory che emergono qua e là fino allo strepitoso assolo conclusivo. Sono senza fiato, accasciato al suolo dalla costante e martellante efficacia di questi sei loschi figuri. “Blessed Be the Useless” conferma la creatività dell’act veneto e la grande voglia di sperimentare, per uscire fuori dagli schemi classici e garantire un prodotto competitivo a livello mondiale. È un destro-sinistro montante che non lascia assolutamente scampo, i Mothercare sono finalmente tornati e più in forma che mai. La dimostrazione è data anche dalle successive “Gateway to Extinction”, in cui basso e batteria si rincorrono in movimenti tellurici spaventosi, con il buon Simone che continua a vomitare odio nel microfono; “Mother” aperta da un basso malato, la psicotica e psichedelica “Phobic”, passando attraverso la pachidermica e sperimentale title track fino alla conclusiva “slipknottiana” “Uncontrolled Hatred”. Decisamente un gradito ritorno; dei Mothercare sentivamo la mancanza e questo “The Concreteness of Failure” placherà questa nostra voglia e colmerà decisamente il gap tra la scena italiana e quella estera. Ben tornati Mothercare, vi stavamo aspettando! (Francesco Scarci)

(Kreative Klan Records)
Voto: 80