#PER CHI AMA: Post Black, Death, Crust, Behemoth, Dissection |
Cheffigata. Vorrei liquidare così la recensione di questo "Morok" degli ucraini Agruss. Sono veramente senza parole dopo l'ascolto di questo lavoro. Felicemente sconvolto dalla loro opera mi metto a cercare le parole giuste per descriverla al meglio per poter trasmettervi quello che ho provato io all'ascolto delle prime note di questo trionfo della morte. Non è tanto la musica a far da padrone a quest'opera ma le atmosfere che essa produce. Beh comincio presentandoveli con informazioni reperite dalla rete, dato che le uniche parole del packaging sono solo la tracklist sul retro della confezione. Gli Agruss si formano nel 2009 a Rivne, e "Morok" è il primo disco di una trilogia riguardante la "vita" dopo il disastro di Cernobyl. Difatti l'opera è stata rilasciata durante il 26° anniversario della disgrazia sovietica. L'attitudine della band è orientata verso il crust, quindi due cantanti (uno specializzato in growl ed uno in scream), improvvisi cambi che portano a ritmi forsennati ed atmosfere malsane. Dai tag avrete già capito che ha qualcosa di speciale questa musica. Ma bisogna davvero ascoltare per riuscire a capire veramente ciò che vorrei raccontarvi. L'opera si apre con "Damnation", preludio colmo di un oscuro shoegaze, accompagnato da apocalittici cori che vanno a sfociare in una malvagità senza precedenti. Il primo impatto è un black/death imponente dal ritmo pestato, ma all'entrata del rullo giunge il black metal più totale, con lo screaming lacerante che poco dopo si alterna ad un growl gutturale, accompagnato da veloci fraseggi chitarristici. Con il blast beat si raggiunge l'apice della violenza di questo primo scorcio di dolore, stoppato da un breakdown che mi trasporta in un attimo di calma shoegaze per poi rifiondarmi di nuovo nella più totale brutalità crust. La traccia, alquanto prolissa e sconvolgente come introduzione di quest'opera ci lascia, scemando con un sottofondo costituito da un ribollio inquietante che apre la seguente "Morok". La title track si presenta dalle tinte lugubri per poi trasformarsi in un death metal tecnico e corposo che in alcune occasioni si maschera di depressive. La parte centrale del disco presenta più compattezza compositiva con "Punishment for All", "Fire, the Savior From Plague" e "Ashes of the Future". Tracce capaci di concentrare al massimo il tecnicismo death, i gelidi riff del black e la devastazione del crust. "When the Angels Fall" sinceramente non m'ha preso subito come le altre, la ritengo la traccia più core per via dei vari breakdown e della prevalenza del growl, tuttavia ognitanto scopre delle parentesi con notabili sfuriate crust e tremolo picking black. Ora inizia la triade di "Under the Snow". Tracce che racchiudono la parte più shoegaze, depressive ed ambient della band, con episodi che a tratti raggiungono anche un funeral doom, in primis la parte III. Non viene però accantonata la vena più malefica del combo ucraino che puntualmente riprende il predominio sulle composizioni. Gli Agruss hanno saputo fondere vari generi ed ambientazioni assai ostiche, difatti ricordano i gruppi più disparati all'ascolto: breakdown in stile Molotov Solution, passaggi alla Nile, muri sonori tipici dei Nagflar o Behemoth, rabbia rifacenti ai Iskra e Martyrdod, insieme ai riff più freddi e malefici di Craft e Ancient. Ma i gruppi che più mi sovvengono come elemento portante di tutto sono i Dissection per come riescono ad amalgamare il black più grezzo alla potenza del death e i Black Kronstadt per la struttura musicale (ad esempio le classiche intro narrate o le malsane atmosfere) e lo spaziare dalle parti più tranquille al crust più cieco e devastante. Beh, che dire, sono stato veramente sorpreso fin troppo positivamente da questo debut album. Anche se non amante delle sonorità brutal death, mi son trovato davanti ad un prodotto veramente ben congeniato che merita l'appoggio di tutti gli amanti delle sonorità estreme. (Kent)
(Code 666)
Voto: 85
Voto: 85