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martedì 20 giugno 2023

Megalith Levitation - Obscure Fire

#PER CHI AMA: Stoner/Doom
Li avevo già recensiti un paio di volte e non mi avevano mai convinto. Chissà se questo nuovo ‘Obscure Fire’, nuova fatica dei russi Megalith Levitation, saprà questa volta colpirmi in positivo. Detto che il precedente split in compagnia dei Dekonstruktor non mi aveva fatto impazzire, questo nuovo lavoro, che consta di cinque tracce, prosegue su quella linea sottile tra stoner e doom, caratterizzato da un rifferama pesante, da atmosfere oscure e da una combinazione di voci litaniche e melodie dotate di una certa intensità. Quel liturgico cerimoniale che appariva nei precedenti album, si palesa anche nell’introduttiva title track, una lunga traccia surreale, psichedelica, sulla scia di mostri sacri quali Sleep e primi Cathedral. Il tutto giocato ovviamente su dilatazioni soniche, delay chitarristici, tonnellate di fuzz e la riproduzione fedele degli insegnamenti dei maestri Black Sabbath, questa volta con un esito più che convincente. Chiaro, la band non sta inventando nulla di nuovo, considerato poi che il disco è permeato da dettami che coprono cinquant’anni di musica e più. Le distorsive aperture di chitarra, la solidità della ritmica e il salmodiante cantato del frontman, iniziano a rappresentare il vero marchio di fabbrica dell’ensemble originario dei monti Urali, che mi colpisce favorevolmente con la seconda “Of Silence”, un pezzo che per quanto, ribadisco, non sia manifesto di originalità, mostra quel carisma che forse era mancato in precedenza ai nostri, attraverso oltre dieci minuti di suoni che scomodano anche paragoni con i My Dying Bride in più di una linea di chitarra, tanto da rendermi dubbioso sul fatto che se la band non decolla, forse il problema debba essere ricercato in una componente vocale forse fin troppo monolitica. Perchè poi per il resto, il terzetto sembra migliorare ulteriormente con il successivo trittico di pezzi che, dall’interlocutoria e funerea “Descending”, sino alla conclusiva, claustrofobica e quasi estenuante (per la sua ridondanza di fondo) “Of Eternal Doom”, passando dalle incursioni stoner-space rock di “Into the Dephts”, riescono in un sol boccone, a sciogliere i miei ultimi residui dubbi. Il terzetto russo è tornato e questa volta con un album più convincente che mai, pronto a sublimare in un multistratificato approccio psichedel-catartico. (Francesco Scarci)

sabato 12 febbraio 2022

Megalith Levitation - Void Psalms

#PER CHI AMA: Psych/Stoner/Doom
Dall'oblask russo di Chelyabinsk ecco tornare il trio dei Megalith Levitation, band che avevo recensito su queste pagine nel 2020, in occasione del loro split in compagnia dei Dekonstruktor. Il trio formato da KKV, PAN e SAA propone un nuovo lavoro all'insegna di uno stoner doom psichedelico che già poco mi aveva fatto impazzire in occasione dello split album e che ho l'impressione non mi entusiasmerà più di tanto anche in questo caso. 'Void Psalms' contiene quattro lunghe tracce che ammiccano nuovamente ai Black Sabbath o ai primissimi Cathedral, cosi come pure ai nostrani Ufomammut e agli Sleep, certo con una minor dose di classe. Il disco si apre con "Phantasmagoric Journey" ed un sound che fa della pesantezza e della litanica componente vocale i suoi punti cardine. Metteteci poi anche una durata smisurata dei pezzi ("Temple of Silence/Pillars of Creation" dura poco meno di 20 minuti), che portano inevitabilmente alla noia, e capirete il perchè della mia freddezza nei confronti di questo lavoro. Non trovo infatti spunti di grande originalità nel cd, anche se sicuramente è da registrare un passo in avanti rispetto allo split che avevo trovato ben più monolitico del qui presente. Ci provano con qualche variazione al tema per evitare di farmi sbadigliare eccessivamente di fronte alla lentezza, a tratti snervante, della loro proposta. Anche "Datura Revelations/Lysergic Phantoms" si muove su questi stessi binari con un riff che rimarrà tale per tutti i suoi quasi 13 minuti, mentre l'aura che avvolge il brano, è quella sulfurea dei gironi più profondi dell'Inferno. La voce, pur palesandosi nelle sue due componenti, salmodiante e scream, non raggiunge picchi di eccellenza, seppur possa fungere come classico timoniere nel nostro viaggio infernale. Il pezzo suona comunque abbastanza scontato fino a quando un break di basso e chitarra finiscono con l'ipnotizzare l'ascoltatore e una nuova voce, ben più ammalliante, sembra collocarsi in sottofondo. Forse sta qui l'apice del disco perchè la già citata maratona musicale di "Temple of Silence/Pillars of Creation", metterà a dura prova il nostro ascolto con quel suo doom di sleepiana memoria, asfissiante e per lunghi tratti troppo simile a se stesso, almeno fino a quando, arrivati al dodicesimo minuto, i nostri si divertono ancora a giocare con quel duetto di basso magnetico e chitarra solista che sembrano far finalmente svoltare il pezzo, però prima che fatica. In chiusura "Last Vision", non fosse per la brillante performance al sax del guest Anton Maximov, sarebbe un pezzo davvero ostico da digerire, complice una ritmica mostruosamente lenta e ossessiva che metterà a dura prova i vostri sensi ancora una volta. Il ritorno dei Megalith Levitation è alla fine un lavoro per certi versi interessante, sebbene si dilunghi in estenuanti giri ritmici di cui avrei fatto volentieri a meno. (Francesco Scarci)

domenica 22 novembre 2020

Megalith Levitation / Dekonstruktor - Split Album

#PER CHI AMA: Stoner/Doom/Drone
Chelyabinsk negli Urali e Mosca sono le città dalle quali arrivano queste due band, i Megalith Levitation dalla prima e i Dekonstruktor dalla seconda. Con dei moniker del genere, un artwork di copertina votato al bianco e nero ed un look piuttosto truce, mi sarei aspettato di ritrovarmi fra le mani uno split album votato al black più grezzo e ferale, invece, strano ma vero, questo 4-track mi conduce nei meandri di un doom sperimentale e ritualistico. E a proposito di rituali, si parte proprio con "Opium Ceremony", una traccia che sembra offrire un mantra sonico ad opera dei Megalith Levitation e a quella linea di basso in primo piano (accompagnata da distorsioni di chitarra e un coro quasi cerimoniale) che traccia una melodia ipnotica e lisergica che ci accompagnerà per tutti i suoi cinque minuti e più di musica. A seguire il chitarrismo stoner di "Despair" in un brano di oltre 13 minuti, ove questa volta in primo piano si pone un riffone nerissimo di chitarra plettrato a rallentatore, ancora con quel cantato liturgico in sovrapposizione che talvolta sfocia in uno screaming più efferato. Difficile dire altro vista la monoliticità di fondo che ha il sopravvento in un pezzo che purtroppo sembra proprio peccare in staticità per buona parte della sua durata, quando finalmente ad un certo punto i nostri ci sbattono una qualche variazione al tema, stile primi Cathedral. Un po' pochino, posso dirlo? Anche per i Dekonstruktor solo un paio i pezzi a disposizione per convincermi della bontà del loro sound. Anche in questo caso non si comincia proprio nel migliore dei modi, visto che "Beheaded Horizon" parte con un altro loop chitarristico che non fa altro che stordirmi e alienarmi, sebbene poi si sovrapponga un riffing granitico tipicamente stoner accompagnato questa volta da voci finalmente adatte al genere. Anche qui però il minimalismo ritmico ha il sopravvento e fatico ad arrivare al termine del brano e dirmi anche soddisfatto, sebbene nella seconda parte del pezzo, il terzetto moscovita provi a cambiare le carte in tavola con un mix di sonorità tra il doom e il drone, comunque non cosi semplici da digerire. In chiusura "Magma Pulse", un pezzo strumentale che ha il solo compito di darmi il definitivo KO con il suo incedere psych doom che puzza di una obsolescenza che si rifà ad un secolo differente dal nostro. Vetusti. (Francesco Scarci)
 
(Aesthetic Death - 2020)
Voto: 60

https://megalithlevitation.bandcamp.com/album/megalith-levitation-dekonstruktor