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sabato 26 febbraio 2022

Godspeed You! Black Emperor - Asunder, Sweet and Other Distress

#PER CHI AMA: Post Rock
L'incedere epico dei pezzi anziché apocalitticamente ascetico, una minore emozionalità più rock-oriented, la scomparsa di tutti quegli ammenicoli sonori funzionali all'esperienza live ma fastidiosi in cuffia: nel quinto album dei terroristi del borborig-metal attraverserete il deserto del Maghreb seduti sul parafango di un carro armato in un tardo pomeriggio autunnale col cielo scuro di petrolio bruciato (vi basti ascoltare "Peasantry" o "Light! Inside of Light!"); darete la caccia a un fastidioso calabrone di mare coi piedi attaccati alla carcassa di un sommergibile a testata nucleare arenata sul fondo dell'oceano ("Lambs’ Breath"); attraverserete il Nunavut (non sapete cosa diavolo è? andatevelo a cercare su Wikipedia) attrezzati esclusivamente con un thermos di punch e un paio di racchette da tennis ai piedi ("Asunder, Sweet"). Dopodichè, manderete a cagare questo album, i Godspeed e l'autore di questa cialtronata di recensione e vi andrete a sedere in balcone con una moretti ghiacciata, una paglia, 'Slippery When Wet' dei Bon Jovi a palla nel giradischi e vaffanculo al secchio ("Piss Crowns are Trebled"). (Alberto Calorosi)

venerdì 27 aprile 2018

Godspeed You! Black Emperor - Luciferian Towers

#PER CHI AMA: Post Rock
Sgretolare le luciferine torri del potere. Grattacieli. Centri direzionali. Nei (dis)suoni eternamente autoperpetranti percepirete un'incombente sensazione di matematico caos. Una sorta di antiouverture sinistra e vagamente jazz-lizard-crimsoniana. "Undoing a Luciferian Towers". Sbarazzarsi incontrovertibilmente di quella disgustosa moltitudine umana costituita da incravattati egemoni del potere. "Bosses Hang". Ben fatto. Sì. Nel trionfale anthem introduttivo (poi ribadito in chiusura), potrete assaporare qualcosa come il 40% delle canzoni rock di vostra conoscenza (due a caso delle mie: "With a Little Help From my Friends" nella versione di Joe Cocker e "A New Day for Love" di Neil Young), sempre che siate disposti a perdonare a voi stessi l'aver erroneamente paragonati i G-Y!-B-E a qualcosa di lontanamente rock. "Fam/famine". Nel carestioso ground zero terzomillennaristico, riscontrerete un necessario minimalismo post-apocalittico, denso e funereo. In chiusura, l'anti-inno della dissoluzione occidentale, forse dell'intera umanità. Finalmente, vien da dire. "Anthem for No State". L'unica composizione in cui ravviserete quell'incedere necessariamente epico che riconoscete nei G-Y!-B-E e che imparaste ad amare quindi anni fa. L'unica in grado di donarvi una certa emozione sottocutanea. (Alberto Calorosi)