#PER CHI AMA: Black Symph, Dimmu Borgir |
Ormai dovrei considerare i Dark End quasi come degli amici, dato che li seguo qui dal Pozzo, fin dal loro cd d’esordio e oggi mi appresto a recensirne il terzo capitolo, quello della loro potenziale consacrazione. Continuando il percorso intrapreso con “Assassine”, i nostri continuano nel fare passi da gigante e progredire, sviluppando e articolando il proprio sound in modo incredibile. Mentre i maestri, i Cradle of Filth intendo, si stanno aggrovigliando su loro stessi, nella più totale involuzione, ecco che i discepoli della band inglese, invece prendono le distanze dalle origini del male, creando qualcosa di un po’ più originale, sinistro e quanto mai sinfonico, nella loro pur sempre conclamata malvagità. Il primo libro del Grand Guignol, si apre come ogni santo disco di black vampiresco dovrebbe fare, con un bel giro di tastieroni gotico-sinfonici, prima di attaccare con la ferocia di “Aeinsoph: Flashforward to Obscurity”, un bell’inno di musica rosso sangue, orchestrale e tirato al tempo stesso, con lo screaming animalesco di Animæ, vero punto di forza della band, insieme al tastierista Antarktica, abilissimo maestro dietro alle keys; e comunque in generale, a livello tecnico, ai Dark End non manca più nulla. Tornando alla componente vocale poi, non posso non esimermi dall’elogiare Fearbringer, guest vocals, per la sua performance nella quarta traccia, “Spiritism: the Trasmigration Passage”, dove la sua tonalità è molto vicina a quella di ICS Vortex, quando era nei Borknagar, spettacolare, mentre nell’ultima “Dawn: Black Sun Rises” sembra la risposta italiana a Vintersorg. Tornando alla prova musicale (quella lirica la lascerò sul fondo), la proposta della band emiliana viaggia costantemente sui binari del black sinfonico, offrendo un prodotto insuperabile a livello tecnico-compositivo, che potrebbe essere paragonabile a quanto fatto dai Dimmu Borgir, nel periodo di mezzo, quello più orchestrale per intenderci, senza mai tralasciare comunque la malvagità, che si evince, non solo da ritmiche serratissime, ma anche dai momenti più lenti e oscuri che popolano l’album. “Grand Guignol Book I” rappresenta un nuovo esempio di quanto sia in crescita il metal di casa nostra, e di quanto una band del sottobosco possa avere ampie possibilità di crescita, attraverso un genere di nicchia. Abili musicisti (mostruoso il drumming), raffinati tessitori di melodie e taglienti ritmiche (splendidi gli affilati assoli), il sestetto si dimostra essere ottimo anche come paroliere, costruendo un concept album intrigante, che partendo dal diario di Heinrich Himmler, maestro occultista e guida esoterica-spirituale del Terzo Reich e dalla figura di Cristo, secondo personaggio del racconto, traccia una sorta di parallelismo tra le due figure e la loro destinazione finale, il male per l’ufficiale e il bene per il Messia. Un viaggio affascinante che correrà attraverso l’occultismo, la spiritualità e gli antichi rituali magici; ma lascio a voi il gusto di scorrere attraverso gli scritti e le immagini contenute all’interno del booklet misterioso e pieno di sorprese di questo lavoro. Eccellente svolta! (Francesco Scarci)
(Arcane Witchcraft Cover)
Voto: 85
Voto: 85