#PER CHI AMA: Black Psichedelia, Blut Aus Nord |
Cambridge non è solo famosa per essere sede di una delle più antiche università al mondo o fantastico posto dove fare canottaggio, lungo il corso del fiume Cam, da oggi sarà nella mia testa anche la città di provenienza di questa fantomatica band black progressive che risponde al nome di Shoulder of Orion, che negli ultimi 2 anni ha rilasciato ben tre cd, di cui questo “Lunarborn” rappresenta l’ultima fatica. Un lavoro quello del trio britannico che sicuramente farà la gioia di chi, come il sottoscritto, apprezza enormemente i suoni angoscianti, sperimentali e psichedelici di realtà quali Blut Aus Nord o Lunar Aurora. E cosi, ecco squarciarci il nostro animo queste tre malvagie tracce di grim black metal che, complice anche una grezza produzione, vi soffocherà lentamente tra le sue tentacolari braccia. L’album si apre con i 13 minuti abbondanti e aggroviglianti della title track: spettrale ed inquietante, grazie ai suoni di chitarra ribassati e a quel basso, che in background, cavalca che è un piacere, mentre le screaming vocals di David White, passano in secondo piano, quando a sbizzarrirsi sono le tastiere, che ricamano immaginari paesaggi da epopea fantasy. Epici. Vinta la paura iniziale e la presunta feralità della band, è poi semplice abbandonarsi alle personalissime melodie del combo albionico, che nel mezzo del brano ci regalano un bridge che sa molto di rock/blues anni ’70. Un qualcosa di simile ed altrettanto avvincente, l’ho sentito ultimamente in casa Code 666 con i greci Hail Spirit Noir. Andatevi a cercare pure loro, noi andiamo avanti e rimango basito di fronte all’inizio di “Fall to Earth” e alla sua decadente e malinconica aurea, complice anche il flebile utilizzo di clean vocals. I ritmi non sono mai forzati, ma costantemente tenuti sotto controllo da questa band che reputo già matura per un contratto vero e proprio. La traccia, nei suoi avviluppanti 16 minuti, produce un sound unico, che, dipanandosi tra black, post rock, psichedelia, riesce nell’intento di ridurre a brandelli la mia mente. Poi, metteteci anche i continui cambi di tempo, col ritmo incalzante, ascendente, rilassante, crea dei pattern che rimbalzano tra l’ambient, il doom e suoni neoclassici, andando a citare tra le proprie influenze anche il cascadian black degli Agalloch, che irrompe qua e là nella costruzione delle song. A chiudere il disco, ci pensano i finali 16 minuti di “Son of the North”, più orientata verso suoni glaciali, ma comunque di grande impatto ed effetto, che sanciscono l’ingresso nella scena di un’altra band estremamente interessare da tenere sott’occhio. Label avvisate… (Francesco Scarci)
(Self)
Voto: 80
Voto: 80