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domenica 10 settembre 2023

Myrdød - Consciousness 6​.​337​.​9664

#PER CHI AMA: Black/Death/Grind
I Myrdød non li conoscevo, nonostante abbiano sul groppone già tre Lp e sei EP, incluso questo ‘Consciousness 6​.​337​.​9664’. Un lavoro, quello della band di Bethlehem – Pennsylvania, che sprigiona tutta la maligna forza black death del duo formato da Søppelskaler e Fractal Creature. Si parte con l’atmosferica intro per poi lasciarsi travolgere dalla furia dirompente di un sound che sembra ammiccare in primis ai Morbid Angel, in una versione più destrutturata e schizoide, con tanto di vocals che si muovono tra lo screaming, il growling e il pig squeal. Le ritmiche sono serratissime, dall’urticante “Invisi-Tomb” fino alla più grind/sperimentale “Flesh Shelter” (il cambio di tempo nel finale è ai limite del delirio), passando per la più controllata (vi prego, passatemi il termine) “Force of Ungloth”, in una sequenza ubriacante di ritmiche sparate in your face e cesellate da un lavoro alla chitarra solista (e un basso in sottofondo che macina km e km a braccetto con una batteria al limite del disumano) che aprono ad ampi margini di crescita per il duo statunitense. Mi preme come sempre sottolineare che non abbiamo nulla di originale in mano ma, se vi piacciono sonorità in linea con Morbid Angel, Anaal Nathrakh, Cattle Decapitation e compagnia bella, beh una chance a questi pazzi scalmanati, la darei anche. (Francesco Scarci)

(Shadow Speculum Productions – 2023)
Voto: 66

https://myrdod.bandcamp.com/album/consciousness-63379664

sabato 9 settembre 2023

Immorior - Traitor of the Light

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Metal
Bisogna sormontare ogni confine dell'umana costruzione, bisogna lasciar vagare i propri pensieri, schiudere l'anima, divincolare il proprio animo per poter ascoltare gli Immorior (da non confondere con gli omologhi tedeschi/ndr), che ci propongono delle atmosfere spettrali e spirituali allo stesso tempo. Sia ben chiaro, la spiritualità che aleggia nell'opera della band nostrana originaria di Modena, non è quella della ricerca cosmica del Karma, ma è una spiritualità soffocante e oscura, liberatoria solo per chi sente realmente il proprio spirito dannatamente oscuro. Nell'opera si alternano pianoforti sofferenti a chitarre classicheggianti, per dar vita ad un'opera black metal davvero unica nel suo genere (peccato solo che la storia dei nostri si sia chiusa qui/ndr).

Ævangelist - Palaces in the Æther

#PER CHI AMA: Black/Death
Con gli Ævangelist faccio sempre un gran casino nel capire se stiamo parlando della band finlandese o di quella americana, poi fatalità decidono puntualmente di far uscire i loro album in modo concomitante. Speriamo risolvano al più presto le loro beghe legali e si riesca ad avere un’unica band. Quella di oggi è comunque la formazione di Tampere, quella guidata dal buon Matron Thorn (Benighted in Sodom, ex Bethlehem e Leviathan), che propone un nuovo EP, ‘Palaces in the Æther’, dopo essere uscita non più di due mesi fa con ‘X​α​ρ​ί​σ​μ​α​τ​α’. E il tetro, caotico e scomposto sound dell’ensemble nordico torna a colpire in quest’unica traccia, che apre con quella che pare essere la voce di una sirena pronta a voler ammaliare l’ascoltatore incauto, prima di gettargli addosso quel magma sonoro che in tutte le sue forme, caratterizza da sempre il moniker Ævangelist. E quindi, largo al caos sonoro, un viaggio diretto nel centro delle viscere della Terra dove affrontare bestie demoniache (le vocals di Matron Thorn sono assimilabili a quelle di una mostro infernale) immersi in un maligno calderone infuocato dove trova forma il black spaventoso, obliquo, mefitico, terrificante, e allo stesso tempo cosi affascinante di questa band. Quel senso di totale frastornamento che provo quando ascolto una release di questi pazzi scatenati lo potrei provare solamente quando con l’altra loro versione americana, anche se, in tutta franchezza, devo ammettere di apprezzare maggiormente questi Ævangelist, cosi psicotici, nichilisti e alienanti. (Francesco Scarci)

Ibridoma - Norimberga 2.0

#PER CHI AMA: Heavy/Thrash
Ci arriva con oltre un anno di ritardo l'ultimo lavoro dei marchigiani Ibridoma, intitolato 'Norimberga 2.0'. Un lavoro, il sesto per la band, che mantiene inalterate le caratteristiche di base del combo italico, ossia un heavy metal bello tosto, cantato prettamente in inglese ma con qualche eccezione in italiano (ad esempio nella palesemente influenzata dai Megadeth - era 'Countdown to Extinction' - "Ti ho visto andare via"). Il full length si muove lungo dieci pezzi che dall'iniziale e già citata "Ti ho visto andare via", giunge alla conclusiva "Eyes of the Stranger", in quasi 40 minuti di sonorità che confermano quanto i nostri siano a tratti solidi e rocciosi nella loro proposta, genuini e forse per questo ancora un po' troppo poco maliziosi, nonostante 20 e passa anni di carriera. Con questo voglio dire che sebbene ci siano sonorità interessanti, belle linee di chitarra o taglienti assoli, buone melodie (e penso a pezzi come "Woman From the Stars", la massiccia title track, con tanto di voci growl, o ancora alla carica di groove "House of Cards"), trovo ci siano cose che suonano troppo obsolete in un contesto musicale che è in costante e rapidissima evoluzione. Le vocals del buon Christian Bartolacci ad esempio, fatico a digerirle, troppo ancorate ad un passato italico che vedeva la figura dei vocalist sempre deficitaria e qui, in tutta franchezza, la voce acuta del frontman sembra essere ancora l'elemento penalizzante per i nostri. Non me ne voglia la band, forse non sarò avezzo al loro sound, ma senza il cantato di Christian e con un qualcosa più personale e di impatto a livello musicale, li avrei ascoltati molto più volentieri. Poi c'è il problema di quei brani più mollicci, leggasi "Coming Home", "Where Are You Tonight" o la conclusiva "Eyes of the Stranger", che proprio mi portano a sbadigliare dall'inizio alla fine, fatto salvo per eventuali bridge e assoli di chitarra. Poi il quartetto si riprende lo smalto migliore con una più arrembante "Into this Sea" che mi evoca spettri di Annihilator, Pantera e ancora Megadeth, soprattutto in alcuni episodici utilizzi della voce. Risultato godibile per carità, ma avrei gradito qualcosa di più ricercato, sfrontato direi e accattivante altrimenti, esaurito un paio di ascolti, il cd rischia di finire nel dimenticatoio dove conservo altre tonnelate di dischi. Ci pensa tuttavia l'ottima ritmica di "Pandemia" a restituire quel filo di positività che mancava al lavoro, anche se le corde vocali del cantante, meriterebbero qui una revisione. Il disco alla fine non è malvagio, soprattutto a livello tecnico-compositivo. Certo, necessiterebbe di una serie di aggiustamenti a molteplici livelli, ma sono certo che i fan degli Ibridoma, che nel frattempo l'album, in questo anno abbondante, devono averlo ascoltato e consumato, non se ne lamenteranno. Quelli che invece si avvicinano alla band per la prima volta ecco, se non hanno un background profondo come quello del sottoscritto, beh un ascolto potrebbero anche darlo. Chi vive invece di pane e metal sin dagli anni '80 (e parlo ancora del qui presente), di lavori del genere ne ha ascoltati a bizzeffe e preferisce ancora oggi i più datati originali. (Francesco Scarci)

(Punishment 18 Records - 2022)
Voto: 64

https://ibridoma.bandcamp.com/album/norimberga-20

Alma Irata - Pillole di Inquietudine Sociale

#PER CHI AMA: Punk/Post Hardcore
Nuovo capitolo per la band capitolina che si riappropria di una certa verve street punk e un sound diretto e d'impatto. Pochi fronzoli e canzoni ben strutturate correlate a testi intensi, legati a tematiche sociali di vita quotidiana, condivisibili per i più e irritanti al punto giusto per creare un contrasto emotivo nei riguardi di una società oramai senza più regole. Quindi, tra politica, religione e morale ci si imbatte in un rock pesante dai contorni orecchiabili, con riff importanti e una buona presenza di chitarre. Basti ascoltare "Ogni Santo Giorno", per farsi un'idea della proposta sonora del combo romano. Poche novità e sperimentazioni permettono alla band di dare vita ad un buon album compatto e dinamico che ben s'inserisce in un contesto italico con poche speranze, divenendone eccezione. Le strutture compositive, molto care alla cultura sonora degli anni '90, caratterizzano 'Pillole di Inquietudine Sociale' per stile e sonorità. Abbandonate le fragili velleità metal ed il canto in lingua d'albione di 'Deliverance', gli Alma Irata si distinguono, come detto, per un lessico musicale diretto e carico di risentimenti vicini al pensiero popolare, con ottimi risultati, dove concettualmente ci si può rispecchiare facilmente, sebbene alcuni temi risultino molto complessi per essere trattati nello spazio di una canzone. Musicalmente, si strizza spesso l'occhio a un certo sound di casa The Alchemy, per poi prendere la forza del metal e l'urgenza del punk, per un giusto equilibrio, con la lingua tricolore a rendere il prodotto più curato e accessibile. Questo non guasta all'intero disco, che si fa ascoltare piacevolmente, e si fa notare per una certa tensione nei testi pessimisti esposti dalla bella voce di Daniele Longo, che risulta a tutti gli effetti l'anima e il megafono del gruppo romano. Parlavamo di un certo gusto stilistico retrò anni '90 che in "Democricratico" o nella successiva "Spettri", si fa sentire molto, in una composizione che potrebbe rientrare nei parametri strutturali dei mai dimenticati Therapy? d'annata. Il canto è spinto, urlato in faccia in uno stile più melodico ma meno cantautoriale e teatrale mostrato dal Teatro degli Orrori, però altrettanto efficace e dal tono sempre polemico, riflessivo e urticante. Uscito per Overdub Recordings, il disco è sinonimo di un buon segnale nel panorama deficitario italiano, una musica che raccoglie vari testimoni e rilegge in un'ottica propria le caratteristiche di ottime realtà alternative ed intelligenti italiche, intriso di cultura antagonista e battagliera da centro sociale di un'era sonora che purtroppo è quasi sparita, dai Congegno ai Sottopressione, ai Rebelde, ai perugini Azione Diretta. Un buon disco per l'ascoltatore che vuole combattere il sistema consumistico, fatto da una band che sente ancora l'esigenza di dover scrivere musica per comunicare il disagio sociale. (Bob Stoner)

lunedì 4 settembre 2023

Mahira - Under Cover Of Darkness

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Doom
Questo demo non è male però non mi convince del tutto. Diciamo che si tratta di una sorta di black melodico (però non alla svedese) che a tratti sfocia in un black doom, volendo anche suggestivo. Sono perplesso perché a soluzioni interessanti ed a riffs efficaci, si accostano momenti banalotti e poco convincenti. Un buon pezzo è il quarto “Marte War’s King”, ed anche la successiva ed ultima title-track presenta giri validi e bastardi, nonché velocità più sostenute. Lasciamo, quindi, a questo punto il quartetto siculo che in futuro potrebbe sfoderare del materiale interessante e che parte comunque dal punto a favore meritato per aver evitato di scopiazzare idee altrui.

Baphomet’s Cunt - 2023 - 616 Pleasures

#PER CHI AMA: Gothic Black
Con una bella e sobria copertina (a cui aggiungerei anche dei titoli del cazzo), andiamo ad ascoltare il nuovo parto degli inglesi Baphomet’s Cunt, presagendo che quello che sentirò probabilmente non mi piacerà. Invece attenzione, perchè il detto “l’abito non fa il Monaco” potrebbe valere per la release di quest’oggi. Infatti la proposta del folle The Baphomet General (che abbiamo già incontrato in Ebonillumini e The Meads of Asphodel) è un black metal fresco e genuin che potrebbe conquistare gli amanti di sonorità vampiresche alla Cradle of Filth. Certo un pezzo intitolato “Lord of Flatulence” perde di credibilità già in partenza, eppure le sue melodie, coniugate con una certa ricerca nei cambi di tempo, di atmosfere, e combinando il tutto con l’heavy o addirittura la musica classica, beh trova, in tutta sincerità, il mio più grande appoggio. Mai avrei pensato che le cose potessero andare in questa direzione dopo aver guardato la cover dell’album eppure il primo pezzo (con peto finale annesso) mi ha conquistato. E le atmosfere iniziale di “You Have to Be Cruel to Be Crueller” (titolo alquanto spassoso) proseguono nell'opera di addescamento da parte della one-man band britannica nei confronti del sottoscritto. Con sonorità che ammiccano all’EBM, all’industrial, al black e al gothic, e voci che si muovono tra il growl e il pulito (scuola Fields of the Nephilim), mi ritrovo completamente affascinato dalla proposta del polistrumentista inglese. In “Carry on up the Baphomet” è più evidente l’influenza di Dany Filth e soci almeno a livello ritmico, in realtà poi ci sono molti altri elementi che allontanano la proposta tra le due band, in primis l’ironia dei Baphomet’s Cunt, visto che i riferimenti sessuali nelle liriche potrebbero essere anzi un elemento di comunione. Comunque la band inglese mi piace, anche nella cover dei Soft Cell (synth pop band britannica degli anni ’80) “Sex Dwarf” che regala l’ultima emozione di questo inatteso ‘2023 - 616 Pleasures’ che la band vende peraltro in cd sulla propria pagina bandcamp a 2.99 sterle. E allora, che fate ancora qui, affrettatevi. (Francesco Scarci)

Embodied Torment - Archaic Bloodshed

#PER CHI AMA: Brutal Death
Voglia di un frullato di budelle? Non temete, ve lo servono gli Embodied Torment, quartetto di Sacramento che in questa strana estate, non aveva di meglio da fare che preparare un estratto di violenza e brutalità. Si, perchè ‘Archaic Bloodshed’ sarà in grado di triturarvi le ossa e trapanarvi il cervello con quel suo concentrato di brutal death marcescente che sarà inoculato nelle vostre orecchie. Slam brutal death deflagrato nei vostri culi, con una voglia malsana di farci del male fisico oltrechè mentale, anche laddove in “Deconsecration of the Monolith”, i quattro gringos abbandonano le ritmiche al fulmicotone per aprirsi ad un arpeggio inconsueto per una band dedita a queste sonorità. E qui scatta il mezzo punto in più perchè dopo che i quattro californiani mi hanno stritolato le palle nella loro morsa mortale, si confermano anche bravi nell'infilarmi la carotina (sempre là dove non batte il sole) per mettermi più tranquillo. E “Grasping Salvation” continua la sua opera di annichilimento totale tra suoni cacofonici, versi animaleschi, riffoni death, schegge grind, putrescenti atmosfere, splendidi e ubriacanti solo, iperbolici blast-beat ed una tecnica mirabolante che non può che lasciarvi a bocca aperta e pure senza fiato. La devastazione trova il suo compimento finale in “Tongue of Iron”, in una distesa ritmica senza freni che stupisce solo per un’improvvisa frenata di mezzo secondo, per poi ripartire di nuovo di slancio in una vorticosa sarabanda di chitarre che rallenterà a metà brano, quando ormai è troppo tardi ed ogni singolo neurone del nostro cervello, è ormai completamente disintegrato. (Francesco Scarci)