#PER CHI AMA: Death/Doom, My Dying Bride, October
Tide, Paradise Lost
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Già dalle prime note sono eccitato per questo album. Sinceramente non sapevo bene cosa aspettarmi, l'intro di "White Noise" è alquanto enigmatica e mi ha subito conquistato. Poco più avanti emerge nettamente la natura death/doom della band russa. Parto subito dicendo che la qualità audio è perfetta e riesce a far risaltare ogni strumento facendomi apprezzare ancor di più questo lavoro. Che la band non sia emergente (le cronache narrano di una loro formazione nel 2002) si sente subito dal songwriting che abbraccia sia lo stile decadente britannico che quello più cupo svedese. Le tracce sono originali e ben strutturate, colme di interessanti intermezzi e riff strazianti. La proposta artistica non si ferma però ai clichè del genere, in quanto riesce ad implementare parti originali come l'arpeggio mistico di "White Noise", gli armonici di "Rain in Inferno" o la cavalcata sludge della seconda parte di "Falling Leaves", traccia per questo paragonabile a "Shutter" dell'ultimo lavoro dei Forgotten Tomb. Nel loro piccolo i nostri compagni sono arguti nel non sfiancare mai l'ascoltatore. Questo full-lenght non è un susseguirsi di morte-depressione-claustrofobia-morte-romanticismo inglese, bensi presenta delle piacevoli parti in acustico dove i musicisti danno prova del loro lato più tranquillo e pacato. Anche se leggermente malinconiche queste parti contribuiscono a creare, oltre che una splendida atmosfera, uno stacco dall'aria pesante ed oscura che prevale sul disco. Insomma, si può dire senza paura che questi Graveflower sono veramente validi. Le idee non mancano, la tecnica pure, un’ottima produzione contribusce ad impreziosire il tutto. A parte l'artwork che non mi aveva convinto molto al primo approccio, direi che per il prossimo futuro mi aspetto molto da questo combo russo. (Kent)
(Solitude Productions)
Voto: 80
Voto: 80