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giovedì 21 dicembre 2017

Clouds Taste Satanic – The Glitter of Infinite Hell

#PER CHI AMA: Stoner/Doom/Space Rock
Avere la genialità dalla propria parte non è cosa che appartiene a tutte le bands. I Clouds Taste Satanic ne sono intrisi fin dal loro esordio, geniali e unici lo sono infatti sempre stati, release dopo release. Non sbagliano un colpo i nostri e con questa nuova lunga uscita, 'The Glitter of Infinite Hell, si confermano splendidi sia nei contenuti sonori quanto nel proporre il solito, spettacolare e caratteristico artwork. Il quartetto di New york ci delizia così di un'altra chicca galattica, proveniente dagli inferi e diretta verso lo spazio più profondo ed infinito. Doom, stoner e space rock strumentale spinto all'ennesima potenza, senza plagio né contagio ma una semplice interpretazione originale di un genere musicale ampio e vario, in un suono unico e riconoscibile tra i tanti cloni che trascinano di diritto i Cloud Taste Satanic all'ingresso dell'Olimpo dell'impero psichedelico pesante. In questo lavoro infatti, la psichedelia è resa ancor più intrigante, misteriosa e carica di tensione, in un flusso continuo di stati emotivi che s'intrecciano tra allucinazione e ansia, un viaggio infernale sempre sorretto da un'angoscia che dilata le pupille e agita il sangue di chi ascolta. "Greed", "Treachery", "Violence" e "Wrath", quattro brani incredibili, tutti della durata colossale che si aggira intorno ai 18 minuti. 'The Glitter of Infinite Hell' supera per intensità e bellezza anche il suo, seppur ottimo, predecessore. Musica strumentale che macina rimasugli rock degli anni settanta e li mescola allo space e allo stoner attuale con costruzioni cinematografiche e un'attitudine doom, difficile da spiegare, ma assai facile da adorare, in un rituale che si ravviva ad ogni uscita, caratterizzato da chitarre mastodontiche, cavalcate e mid tempo infiniti, e un lavoro alle sei corde davvero esagerato. Tutti i fantasmi dei miti che hanno fatto grande la musica del deserto e del destino, si presentano all'altare dei Clouds Taste Satanic ad applaudire una costruzione musicale che li evoca, li elogia ma non li copia, anzi li riveste di nuovo e costruisce un nuovo credibile ponte tra passato e futuro, un collegamento fatto con le note e le intuizioni originali di questi quattro musicisti provenienti dalla Grande Mela, in un concetto sonoro che è sinonimo di ottime produzioni e tanta originalità, pur mantenendosi fedele al proprio genere. Dimenticate tutto il resto e fatevi rapire da questa nuova creatura demoniaca, il diavolo vi piacerà come non mai! (Bob Stoner)

Celtefog - A Faded Wisdom

#PER CHI AMA: Epic Black, Vintersorg, Negura Bunget
Esattamente un anno fa, proprio in questo periodo, scrivevo di 'Sounds of the Olden Days', secondo lavoro dei greci Celtefog. A distanza di poco più di 365 giorni, eccomi alle prese con il nuovo EP del sodalizio di Alexandria, passato da status di one-man-band a vera e propria compagine a cinque membri. Quindi, cosa di meglio che una nuova breve prova a testimoniare lo stato di forma di Archon e compagni? 'A Faded Wisdom' è un mini cd di tre pezzi, per poco più di 20 minuti di musica che si aprono con la tribalità e l'eterea voce di una gentil donzella, che ha il merito di dare il via alle danze con "An Ode to Wisdom", in cui forte è inevitabilmente il richiamo alla scena ellenica, pur mantenendo inalterato quello spirito etnico in stile Negura Bunget, che già avevo evidenziato lo scorso anno. Il sound è fosco, malinconico ed enigmatico, per almeno metà brano, prima dello scatenarsi di una ritmica di matrice Rotting Christ, su cui si stagliano le arcigne vocals del frontman, accompagnate dai soavi vocalizzi della brava Hildr Valkyrie e di un chorus che sembra invece strizzare l'occhiolino a Vintersorg. La tempesta va a placarsi e lascia al frinire dei grilli, l'ingresso a "My Inner Winter", un pezzo dall'aura oscura, ma dalla ritmica definitivamente black, con chitarre taglienti di scuola svedese che sul finire invece vireranno verso un più melodico epic folk. In chiusura, ecco una traccia strumentale (fatto salvo per un paio di urlacci), "She", pezzo piuttosto ritmato che, coniugato con una produzione in generale assai fredda, regala gli ultimi cinque minuti di un black atmosferico, dominato in sottofondo dal suono della tempesta. Alla fine, 'A Faded Wisdom' è un dischetto carino, che ingannerà l'attesa per un po' per il nuovo full length dei Celtefog. (Francesco Scarci)

(Celtic Fog Productions - 2017)
Voto: 70

https://celtefog.bandcamp.com/album/a-faded-wisdom

martedì 19 dicembre 2017

Gut Scrapers – Getting Through

#PER CHI AMA: Hard Rock
Devo ammettere che questi Gut Scrapers mi piacciano molto nonostante ci abbia messo un bel po' ad inquadrarli. Con buona soddisfazione, dico che è stato divertente scoprirli nei particolari e capire quanta passione ci sia dietro questa loro proposta. Partiamo subito col dire che se vi aspettate qualcosa di nuovo, avete sbagliato cd, ma pensare alla solita zuppa riscaldata devota ad un banale rock'n roll, alla fine è ancor più sbagliato. La band di Nimes rispolvera in grande stile il culto vero del rock in varie salse, dall'hard'n roll al blues fino allo sleeze con un tocco di grunge e di roccioso metal style da classifica, facendolo in grande stile e con una propria personale, piacevole interpretazione. Il gruppo suona molto bene, si esprime come se gli Screaming Trees volessero imitare Slash, come se Alice Cooper giocasse con i brani storici dello street metal o degli Aerosmith ed è oltremodo interessante vedere come tra gli ispiratori della band ci siano anche i gloriosi Tesla. Così, l'assemblamento da guerra è pronto e pesca in tutti i settori del rock d'annata e in quello moderno, con il tiro sonoro che strizza l'occhio all'ultimo Ozzy e vede riaffiorire splendide chitarre vintage a stelle e strisce rieccheggianti il riff capolavoro di 'Wanted Dead or Alive' del buon vecchio Bon Jovi nelle tracce più melodiche, mentre assoli incandescenti e coretti alla Motley Crue aiutano a sostenere l'alto tasso adrenalinico dei brani cantati da un Thierry Pitarch in splendida forma, che fa il verso ad Alice Cooper, quanto all'oscuro crooner rock, Mark Lanegan. Il tutto condito con quella verve elettrica alla Dogs d'Amour o ai The Quireboys, rockers consumati, di strada, vissuti, che respirano polvere e trasudano energia senza mai dimenticare il concetto di libertà interiore nei confronti di una società decadente, concetti ben espressi nei testi di questo secondo lavoro della band transalpina uscito per Brennus Music e lanciato dalla Dooweet Agency. Esperienza, passione, qualità, una bomba pronta ad esplodere ed essere contagiosa, ottima nella sua proposta musicale quanto nel suo fumettistico artwork di copertina. Un album coinvolgente con brani decisamente trascinanti. Ascoltatevi "Thankful", "Ahead", "Ride" e provate a dire il contrario! Consigliato! (Bob Stoner)

(Brennus Music/Dooweet Agency - 2017)
Voto: 75

https://gutscrapers.bandcamp.com/album/getting-through

Devlsy - Private Suit

#FOR FANS OF: Post Black, Altar of Plagues
Post-black metal is one of those genres that I find too trendy and too hip to listen to. To tell you all frankly, there is only one post-black metal band that I dig, and that is the already split up trio of Ireland’s Altar of Plagues. The band’s first two full-lengths, 'White Tomb' and 'Mammal', are the perfect example of how to create a black metal album that emphasizes more experimentation and a creative expression than other forms.

Today, we have a Lithuanian band named Devlsy who attempted to pull off what Altar of Plagues had achieved with their early releases. However, what Devlsy put out with their sophomore studio record 'Private Suit' had failed to accomplish the standard craftsmanship of their forefather. 'Private Suit' is a record containing a distinctive stylistic blend of post-rock, a little touch of doom along with gothic metal, and of course black metal.

While the album has that upside on its enthralling aura, its overall quality is nothing unique to the post-black metal category. Right from the beginning of the album, the listeners are presented with extensive post-rock strumming which is collaborated with generic blast beats eruption shortly after. There are a reasonable amount of tremolo riffs used in here, but it is just basically to try and catch the listeners attention in an attempt to not make them feel bored. Yes, there is a perceptible presence of black metal ingredient here, but it is not that powerful.

The guitar riffs, while semi-hypnotic in some ways, are very dry and tedious. It is pretty much that generic two-chord riff passages that we can usually hear in a lot of predominant corporate rock-style black metal bands. The riffs are repetitive, irritating, boring, overblown, and just do absolutely nothing special at all. They never progress and they aren’t aggressive. Undoubtedly, the massive sound and sludgy twist of the bass played its part in putting across an emotional meaning behind the tracks in their proposal. It is the only element in the album that gives the whole thing decency. It sets the mood and plays as a solid undercurrent throughout the whole playing time of this release.

We head to the drum part of this material, where it solely depends on the hard-hitting approach of the band’s drummer. There is nothing much exceptional about his style, as the drummer only utilizes those typical blasts that most bands in this genre had engineered and mastered for the duration of their existence. The vocals are also a bit annoying. The roars and spooky wails are kind of bearable, but the soft hissing and clean vocal transition in an effort to change the mood of the songs, ruined the whole thing.

Album mixing is crystal clear, as expected to those records coming out under the post-black metal tag. Almost every instrument is hearable in most of the parts, and their tone holds well together, nothing sounds majorly out of place. The songwriting is tedious, there are no particular frame of mind to the songs, and they don’t have a substantial story to tell. The band undeniably lacks of introspection and presentation while fabricating this material, because the composition of the tracks sounds bland.

To conclude, Devlsy had produced an album not so brilliant, with 'Private Suite'. Maybe if the band had gone to a more straightforward atmospheric black metal manner with this offer, they would have pulled it off and assembled an acceptable release. However, it is evident that these guys have a great potential to become good musicians, it is just disappointing to know that at this point in their career, they are not doing an effort to focus on improving more on the facets that they have odds-on mastering. (Felix Sale)


Affliktor - S/t

#FOR FANS OF: Black/Thrash
US American black thrash? Well, let's give it a try, even though it is only one guy that runs this project called Affliktor. Once there was a time, when a musician played guitar, bass or drums (and the keyword in this sentence is "or"). Today guys like Toby Knapp, the man behind Affliktor, plays the formerly unknown instrument namely "everything". Sometimes one can enjoy the work of a multi-talent, but mostly this is not the fact. Knapp does not belong to these guys which have been blessed with an overdose of abilities. Perhaps he understands the techniques, but he is not able to evoke any kind of emotions. In other words: the songwriting does not belong to his strengths. Due to whatever reason, he is not able to write pieces that are more than fairly structured noise.

The pieces want to be metal and the basic ingredients like screaming guitars, a malignant voice and a solid rhythm section are not missing. But I don't think that Knapp himself has an idea about what he is actually doing. I do not need necessarily a traditional verse-chorus-verse pattern, but to begin somewhere and to stop somewhere alone does not make a song. The voice lacks charisma and all of you who thought that black thrash has something to do with filth and behaviour, will be disappointed. Affliktor is aggressive, but the songs do not convey this feeling of dirt that ennobles the good albums of the bastard genre. Even worse, the aggression is not bundled. Logically, this feature alone is not enough to leave an impact.

The songs also have no organic flow. For example, listen to the nerve-shattering guitars at the beginning of "Chaos Magick Totality", the staccato riffing and the unnatural change to blast beats-compatible drumming. I can see no sense in this. The unauthentic nagging crowns the outbreak of futile terror. "Born to the Breeder" marks another example of sonic cruelty. Whenever Knapp has a good idea, he is not able to profit from it. Everything ends before it has really begun, for example in the solid riffing at the beginning of the aforementioned title. The inevitable finally happens: the entire song is going nowhere.

If I had the might to stop the release of albums like this one, I would use it immediately. But no one stops guys like Knapp that flood the market. Okay, the album is more or less well produced, but this alone is no reason to put it on the turntable, if I am not mistaken. The songs themselves suck and that's the crucial thing here. Especially the solos are an annoyance, because they add absolutely no value. Their emotionless dissonance sucks. Sad but true: I am sure that Knapp does not lack enthusiasm, but this album fails the test. Recommended to all of you who see no sense in being a metal freak any longer. (Felix 1666)


(Transcending Obscurity Records - 2017)
Score: 40

https://affliktor.bandcamp.com/

lunedì 18 dicembre 2017

Tongues - Hreilia

#FOR FANS OF: Black/Death, Necrophobic
A special talent is needed just to play death metal, while talent, skills and technique to play good death metal; passion, intelligence and a singular taste for darkness are necessary to craft the black metal arts; elegance, melancholy and sophistication are essential to creating doom metal. However, to mix the three of them and succeed gloriously is a task just true legends have achieved. The trinity of extreme metal captured musically is not just ambitious, but arrogant, and if it fails, the fall is endless and terrible. Most bands that have tried this fusion haven’t overcome the expectations and demands of their own music. In my knowledge there is only one band that has risen over the corpses of the others and prevails to reclaim the throne of this unique combination, being this band the British monster Abyssal with three outstanding full-lengths in their repertory. But now, I’m pleased to say that there is another band rising to this moorland: Tongues.

'Hreilia' is the debut album of the Danish black/death/doom metal band Tongues. It opens with the subtle sound of the water reaching a shore, a shore filled with corpses depicting the splendid cover art, and then a guitar plays an enigmatic — almost cosmic — melody, slow drums in the background, a mysterious voice talks of forgotten ages, while the pace and melody evolves creating anxiety along with chants, suddenly it stops, a new guitar tune appears bringing with its speed, percussions become stronger, unexpected a horrific scream of a tormented soul burst into chaos. Blasting and magnanimous metal is presented to us in a rich, complex and strong combination of ideas, riffs and violence. Tongues plays its music with passion and strength, the compositions are compound and full of surprising changes, besides an atmosphere of evil and darkness is present all the time.

From the very beginning the album sounds like a classic, I can’t believe this full-length is released in 2017, it is out of this age, to me it is in the vein of legendary bands such as The Legion, Lord Belial or Necrophobic. The production and mastering sound like an album from the golden age of Swedish black/death metal. The second song, “Theophagous Wounds Of Earth”, starts with this bombastic bass line that inevitably reminded me of the forgotten mythical band Blot Mine and their first record 'Porphyrogenesis', sharing this kind of cosmic elements in the music with Tongues debut album and the solid presence of the bass guitar. This Danish band has not only accomplished mix the genres superbly but also has accomplished recreate the sound of the golden age of metal.

As aggressive as it can get, as violent or fast, 'Hreilia' is a pessimistic album, I wouldn’t call it melancholic or depressive because it is not, due to the nature of its music, it never gets lost in the melancholy of a passage or riff to lose its death metal core, it never slows down to sadness so much to lose its black metal touch and give way to a depressive structure. Meditation is suggested but barely present, contrary of a doom metal anthem. And this last line leads me to the music combination, and I have to say that black and death metal are the dominant forces of this band, doom metal is never in the lead, but always present, either in the guitar tuning or the slower moments, but never in the main path.

Tongues debut is impressive and crushing. One aspect I have to mention, is the outstanding vocal performance, it sounds so natural and faithful to the music that it seems to be another music element. The guitar work is glorious, and besides the three main genres this band claims to play, you can find trash metal and more classical metal influences in the form of guitar solos or catchy riffs.

The lyrics are dark and enigmatic; they talk of epic and cosmic tales. My favorite song of the album is “Grove Of Mithridate” which starts with an evil riff, almost psychedelic, it feels cursed and devastating at the same time, it has a tragic feeling that the music communicates perfectly, it’s aggressive and brutal, yet decaying and miserable. But the best song of the record is the longest as well: “Acumen Numinous” every good thing Tongues does in the previous songs is present here, but this song has a different structure and notorious progression, the guitar solo is superb and the drum performance is formidable. Close the half of the song we get this change of rhythm and a confusing guitar line resembling chaos — the end is near — and a colossal ambience is presented to us with solid guitars and chants in the background, is cosmic and delusional.

'Hreilia' is a mastodon of a debut, probably will become a classic in the future, and I can only wait to see what this band is going to release in the years to come. A must listen to fans of black metal, death metal and metalheads in general. (Alejandro 'Morgoth' Valenzuela)


mercoledì 13 dicembre 2017

This is not a Brothel - Far is Here

#PER CHI AMA: Stoner/Indie/Alternative Rock, A Perfect Circle
Tornano i This is not a Brothel, band di origine campana, con tutti i componenti sparsi in realtà in giro per Italia ed Europa. Li avevamo già conosciuti in occasione del loro debut album sia con un'intervista in studio che attraverso la recensione di quella release. Ora, i cinque musicisti casertani ci presentano la loro ultima fatica, un prodotto sicuramente competitivo da un punto di vista economico, visto che offre vinile e cd ad un costo risicato, ed una proposta musicale che prosegue il percorso musicale intrapreso nell'album omonimo. 'Far is Here' esce questa volta per la I Make Records e si presenta come un disco che richiama, sin dalle note iniziali, un certo alternative/stoner, che rimanda indistintamente alle scuole alternative americana e svedese, ma che da un punto di vista vocale, mi suggerisce invece un che degli Editors. Poco però i This is not a Brothel hanno a che fare con la band britannica; in "Black Madonna", sono infatti più i riferimenti agli A Perfect Circle e agli scandinavi Lingua ad indurmi il mio coinvolgente ma morbido headbanging. Decisamente più compassata la seconda "Do not Disturb the Driver", che evidenzia gli influssi post-grunge della compagine italica, in un brano ritmato ma dal graffiante assolo conclusivo. L'ensemble continua muovendosi su di una matrice soffusa anche con la title track che apre con un riff che s'incunea presto nella testa e la voce del bravo Fabio Giobbe ricama alla grande sfruttando la propria estensione vocale, in un altro pezzone davvero intrigante e dotato di sonorità decadenti. "Head High" conferma la mia visione brit per quanto concerne le vocals ma questa volta anche per ciò che riguarda la musicalità di un brano, sempre votato al versante indie, ma che volge il proprio sguardo anche verso un southern blues rock. È poi la volta di "Follow the Sign" ove il sound si fa più sinuoso: mi immagino una bella fanciulla mezza nuda che si muove sensuale attorno ad un palo di lap dance al ritmo di questa traccia. Con "I Say I", si continua invece a percorrere i torbidi sentieri del rock atmosferico, con una traccia che poggia su di un ipnotico giro ritmico, spezzato da un break che rimanda ai Nirvana, prima  che l'ennesimo assolo conclusivo regali quel quid addizionale per la buona riuscita dell'album. "Cold Like a Stranger" rappresenta il momento della ballata romantica, in cui è un certo mood malinconico ad affiorare, come in una uggiosa giornata di novembre con quell'ardore finale che strizza l'occhiolino ai Red Hot Chili Peppers. In "Missed Punch", i nostri non mi convincono troppo, e cosi skippo alla successiva "Queen of Nothing", song più movimentata rispetto alle precedenti, che sfoggia un riffing scuro, quanto la voce del bravissimo Fabio che mi incanta sempre più per la sua convincente performance vocale. Arriviamo nel frattempo all'ultima "Free To", che condensa la proposta dei This is not a Brothel in una traccia dai tratti disarmonici e più ostici da assimilare, che verosimilmente si propone di mostrarci la faccia più sperimentale della band italica. Dando infine un ultimo sguardo ai testi dell’album, vi basti sapere che sono stati affidati allo scrittore Gianluca Merola, autore di 'Dio Taglia 60', ed affrontano, in modo crudo, la realtà che ci circonda. Convincenti al massimo, ben fatto! (Francesco Scarci)

lunedì 11 dicembre 2017

Il Silenzio delle Vergini - Colonne Sonore Per Cyborg Senza Voce

#PER CHI AMA: Post Rock/Noise/Industrial
Me l'ero perso per strada questo lavoro d'esordio de Il Silenzio delle Vergini, devo ammetterlo: 'Colonne Sonore Per Cyborg Senza Voce' è un disco strumentale che consta di sette tracce cinematiche che si aprono con "001", che delinea immediatamente la proposta avanguardista industriale del progetto capitanato da tal Greco Armando (già nei Tic Tac Bianconiglio e nei Lexus). Trattandosi di musica sperimentale è ovviamente facile trovare un po' di tutto al suo interno: dall'eterea opening track alla più claustrofobica "002", song più criptica e minacciosa, che si lancia in alcuni frangenti in divagazioni più noise-oriented. "003" sembra più litanica nel suo ipnotico incipit, in cui si fondono suoni cibernetici con un post rock robusto e siderale, come se l'ascolto dell'album ci proiettasse nello spazio più profondo, lanciati da una fionda gravitazionale. La quarta song è un estemporaneo esperimento che ci presenta la band sotto una luce diversa: una musicalità gothic/post-punk, che per certi versi mi ha rievocato i torinesi Burning Gates, in un pezzo cantato in italiano ma in stile vocale vicino ai Fields of the Nephilim, addirittura con qualche rara incursione growl. Si riprende con le sonorità strumentali, visionarie ed intimiste: è il turno di "005", song malata, caustica, lisergica, comunque sempre imprevedibile, che se avesse avuto una voce black, poteva fare la sua bella figura in un qualche disco illuminato dei francesi Blut Aus Nord. Sonorità elettro-industrial per "006", che affida la sua ritmica ad un possente rifferama disturbato qui da sonorità droniche in background. 'Colonne Sonore Per Cyborg Senza Voce' chiude con l'ultima "007", un pezzo vibrante, guidato dai suoni di chitarra bella pesante che si amalgamo alla perfezione con le atmosfere rarefatte e nebbiose di quest'ultimo capitolo, che sancisce la conclusione di un disco quanto mai interessante e multisfaccettato. (Francesco Scarci)