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lunedì 7 settembre 2020

Dawn of a Dark Age - La Tavola Osca

#PER CHI AMA: Black Avantgarde/Folk
Dopo aver saputo che Vittorio Sabelli aveva ricostituito la sua creatura Dawn of a Dark Age (supportato questa volta alla voce da quell'Emanuele Prandoni di cui abbiamo recentemente recensito l'album degli Anamnesi), ero assai curioso di ascoltare i contenuti del nuovo disco. Abbandonato il filone relativo ai sei elementi della Terra, Vittorio è tornato questa volta con una tematica di carattere storico, 'La Tavola Osca' (o Tavola degli Dei), che dà appunto il titolo alla release e si riferisce ad un antico reperto di bronzo del III secolo a.C. appartenuto al popolo dei Sanniti, che testimoniò l'esistenza della lingua italica nella terra di origine del musicista molisano. Il disco pare muoversi attorno alle vicende che hanno portato al rinvenimento della lastra bronzea nel 1848 e alle sorti che la portarono a scomparire e ricomparire nelle mani di vari personaggi storici, ma il tutto è ben spiegato all'interno del booklet. Si parte dall'opener "La Tavola Osca - Le Divinità - pt.1 (Excerpt 1)", una song che sembra voler ricalcare il passato musicale dei nostri, attraverso la combinazione di un black serrato contrappuntato da una forte componente folklorica, il tutto palesato da ritmi incalzanti, screaming vocals ma anche da splendide melodie in sottofondo. Interessante il mid-tempo a metà brano con certi interessanti richiami a sonorità anni '70. Vittorio non rinuncia ovviamente alla furia del black, ma nemmeno alle trovate avanguardistiche che da sempre contraddistinguono il progetto. Si prosegue con i suoni pù calibrati di "La Tavola Osca - Le Divinità - pt.2 (Excerpt 2)" dove largo spazio viene concesso alla narrazione degli eventi da parte della voce di Vittorio stesso, ma l'apoteosi si raggiunge quando la scena se la prende l'imbizzarito clarinetto del polistrumentista italico, con un assolo da brividi, che mi fa ricordare il motivo per cui non vedevo l'ora di riascoltare la musica dei Dawn of a Dark Age. Quasi a voler parafrase il suo titolo, "La Tavola Osca - Processione Funebre pt.3 (Excerpt 3)" assomiglia ad uno di quei cortei funebri che sono stati messi in scena nella filmografia del sud Italia. Sicuramente un brano suggestivo a suggellare l'italianità di un lavoro che sembra voler affrescare scene della vita del nostro Mezzogiorno. Terminato questo trittico di brani facenti parti dell'Atto I del disco, ci troviamo di fronte al secondo Atto, che prosegue in "La Tavola Osca (I Atto)", con la narrazione da parte del factotum nostrano degli eventi storici come se si trattasse di un audiolibro, con tanto di strumenti acustici e clarinetto in background ad accompagnarne la lettura. Bisogna immergersi quindi nel coinvolgente contesto storico-musicale di queste parole e note, lasciandosi sedurre dal folk acustico del sempre più imprevedibile polistrumentista originario di Agnone, che da li a breve si lancerà in un'altra cavalcata dal sapore post-black. Ma la song, della durata di ben 23 minuti, regala sprazzi di grande musica evocativa, toccante, tribale, mediterranea, feroce quanto basta per definire questa suite un piccolo gioiello incastonato nella discografia del mastermind italico. L'ultimo atto, "La Tavola Osca (II Atto)", nei suoi 17 minuti narra di quando nel 1873 il British Museum acquistò la collezione artistica che includeva la tavola stessa e che oggi stesso ancora la preserva, alternando nel suo corso, fumantine esplosioni black con popolari intermezzi da sagra di paese. Gli ultimi dieci minuti che rappresentano verosimilmente l'ultima scena del lavoro, sono affidati ad un antico e litanico rituale in cui vengono menzionati peraltro i nomi delle divinità sannite incluse nella tavola. Alla fine, 'La Tavola Osca' segna il graditissimo ritorno sulle scene di uno dei musicisti più talentuosi e originali della nostra penisola, con un album strutturato, dotato di una buona dose di raffinatezza e sicuramente ben suonato, che peraltro unisce con grande interesse due ambiti culturali, la musica e la storia, ove il folklore popolare ne rappresenta il minimo comun denominatore. (Francesco Scarci)