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giovedì 13 aprile 2023

Dying Fetus - Purification Through Violence

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death/Grind
L'album ha qualche anno ma poco importa perchè i Dying Fetus suonano death-grind, un genere che se ne infischia dei trend imperanti. Chi conosce il genere sa quali siano gli ingredienti: tempi di batteria veloci, accelerazioni improvvise, voce gutturale alternata ad una più acuta, testi che sono un concentrato di odio e violenza, a volte parossistici e quindi divertenti come in "Skull Fucked" e "Raped on the Altar", a volte impegnati come "Nothig Left to Pray for". Personalmente penso che le convinzioni politiche siano roba da punk-hardcore e non c'entrino niente con il metal. Comunque quello che conta maggiormente sono le parti suonate: i pezzi sono buoni, anche se la produzione è un po' debole per quanto riguarda il suono di chitarra, la durata breve (28 min) contribuisce a non stancare chi ascolta. È presente anche una cover dei maestri Napalm Death, "Scum" , qui richiamata "Skum (Fuck the Weak)". Non consiglio l'album ai puristi dell'heavy, mentre lo faccio a chiunque voglia mettere nello stereo un cd estremo ma allo stesso tempo divertente.

(Pulverizer Records/Relapse Records - 1996/2021)
Score: 65

https://dyingfetus.bandcamp.com/album/purification-through-violence

martedì 11 aprile 2023

Niden Div.187 - Impergium

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Old School
Già con il mcd d’esordio 'Towards Judgement' nel ’96, questo gruppo svedese si era distinto per le qualità malsana e grezza del suono. Nel ’97 la band sforna il suo primo ed unico full-lenght , dopo di che se ne perdono le tracce. Prima di entrare nel vivo della recensione vorrei soffermarmi un attimo sul booklet, perché è rappresentativa del concept trattato all’interno dell’album e cioè la guerra con le sue atrocità ed ingiustizie. Il suono proposto è sporco, con una voce fetida e allucinata in stile black. Le chitarre costruiscono trame semplici e ossessive con tempi tirati all’inverosimile. Direi che se non fosse per la registrazione volutamente underground o per altre caratteristiche oltranziste della band, il loro sound potrebbe essere identificato come black svedese ma le visioni oscure, atroci, deliranti della musica sono qualcosa di unico e irripetibile. Se ancora fosse in circolazione questo album, lo consiglierei a chi cerca atmosfere allucinate e totalmente estreme. 27 minuti d’inferno.

(Necropolis Records/Self - 1997/2021)
Voto: 68

https://nidendiv187.bandcamp.com/album/impergium

Räum - Cursed by the Crown

#PER CHI AMA: Post Black
Una grandinata di riff caustici come la morte irrompono in questo debut album dei belgi Räum, intitolato ‘Cursed by the Crown’. “Andromeda” è la furibonda traccia che esplode nei nostri cervelli con quel riffing scarno e angosciante, mentre la voce ringhiante di Olivier Jacqmin, lascia trasparire tutto il proprio odio. Si tratta certamente di un furente post-black dai rari tratti atmosferici (giusto un paio di break acustici interrompono infatti la furia cieca del quartetto originario di Liegi) che potrebbe evocare nelle partiture più ragionate, un certo black norvegese di metà anni ’90. Ci provano infatti solo per pochi secondi nella title track, secondo atto di questo disco, a offrire un sound più compassato, ma dopo pochi attimi si riparte con un suono glaciale, tiratissimo (dove peraltro non mi convince affatto l’acustica della batteria), decisamente asciutto e questo screaming che alla lunga diventa a dir poco fastidioso. Fortunatamente il mattatoio messo in atto dai nostri s'interrompe a metà traccia, lasciando il posto a sonorità più affabili, quasi sognanti e con la comparsa contestuale di vocals pulite e oscure che comunque abbassano quella tensione quasi insopportabile che si era creata nei primi 11 minuti di ascolto. Con un fare vicino a certe sonorità death doom, la band sembra ripartire da un black più ragionato che per lo meno non persiste in frustate continue. Addirittura, un assolo dal piglio scandinavo chiude un pezzo comunque movimentato e più interessante di quello in apertura. Il sound tipicamente old school riprende però nella terza “Fallen Empire” e lo fa macinando riff serrati a mo’ di contraerea nei cieli di Baghdad con un rifferama tagliente, qualche episodico frangente melodico e poco più, il che non arriva a scardinare la mia emozionalità in fatto di sonorità estreme. Un peccato, perchè qualche idea discreta ci sarebbe pure, ma la sensazione che avverto, anche alla fine della lunghissima (12 minuti), spettrale e meno ammorbante “Beyond the Black Shades of the Sun“, è che quello che ho fra le mani, sia un prodotto austero, forse ancor troppo ancorato ai dettami della tradizione black. C’è ancora un po’ da lavorare per scrollarsi di dosso quell’impronta old fashion che rendono i Räum, ancora una band tra tante. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions – 2022)
Voto: 64

https://ladlo.bandcamp.com/album/cursed-by-the-crown

Trup - Nie

#PER CHI AMA: Black/Death/Noise
Prosegue l’opera della Godz ov War Productions nello scovare talenti sempre più feroci e incazzati. Oggi è il turno dei polacchi Trup e del loro corrosivo ‘Nie’. Il lavoro del trio di Varsavia si palesa quasi come un intransigente concentrato di black old school anche se nelle cinque schegge impazzite incluse in quest’album, si riescono a rintracciare anche elementi caratterizzanti la proposta dei nostri. Si parte con la furia sonora di “29”, song lanciata alla velocità della luce che trova in qualche elemento hardcore la chiave di volta per dare una lettura più integrata di quanto proposto da questi pazzi scatenati. Detto che nelle note della successiva “30” ci sento una mistura di Darkthrone e Napalm Death, potrete immaginare la ferocia profusa da questi ragazzacci in 120 secondi di puro delirio musicale. Di ben altra pasta “31”, malmostosa e dissonante, quasi una versione più distorta dei Deathspell Omega (ma non credo sia possibile) che per ben tre minuti ci allieta comunque con sonorità estremamente melodiche prima di condurci in un calderone di furia disumana, che si paleserà anche attraverso un cantato strillato, manco si trattasse di ultrasuoni per i cani. Fortunatamente alternato a questo bordello, c’è spazio anche per parti più sludgy, giusto per farci rifiatare un pochino prima delle montagne russe finali che avranno modo di regalarci anche un assolo a dir poco psicotico (chi ha detto Aevangelist?). La title track si affida ad un orrorifico sludge black per catturare la nostra attenzione, ma si rivelerà meno incisiva delle precedenti. L’ultima, “33”, si perde in tre minuti di noise black, per poi abbracciare un mefitico sound in bilico tra ambient, sludge, drone, black e paranoia ai massimi livelli che decretano la notevole personalità di questi loschi figure nel proporre un qualcosa di assolutamente interessante ma di difficilissima digestione. Io vi consiglio caldamente di dargli un ascolto, con la premessa che qui se non avete la scorza sufficientemente dura, di male ve ne farete parecchio. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions - 2022)
Voto: 70

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/nie

mercoledì 5 aprile 2023

HolyArrow - My Honor is my Loyalty

#PER CHI AMA: Black/Thrash
Un tributo per l’esercito cinese della Seconda Guerra Mondiale (e speriamo ci si fermi qui), le forze di terra in “My Honor is my Loyalty” e per l’aeronautica in “March to the Sky”. Ecco il nuovo EP dei cinesi HolyArrow che funge da apripista per il quarto album in uscita per la one-man-band di Xiamen, guidata da Shi Kequan. Il mastermind (che abbiamo peraltro trovato anche in altre realtà quali Demogorgon e Rupture) ci offre un black non particolarmente innovativo che evoca battaglie militari fin dalla marcette che introducono entrambe le tracce del dischetto. Suggestive sicuramente, la trovata è per lo meno originale (anche quando è inserita nella matrice sonora del secondo dei due brani), ma la proposta musicale si perde poi in chitarre zanzarose, un black thrash che ha ben poco da dire e soprattutto da chiedere. Ci prova il factotum cinese con tutta una serie di cambi di tempo su cui s'innestano le grim vocals del frontman, ma in tutta onestà, fatto salvo per qualche trovata folklorica da attribuirsi all’introduzione di alcune linee melodiche che richiamano la tradizione cinese, trovo ben poco di interessante durante l’ascolto di questo EP. Non mi ero particolarmente emozionato ai tempi della mia recensione di ‘Fight Back for the Fatherland’, non mi sono emozionato oggi. Pazienza, evidentemente gli HolyArrow continuano a non essere nelle mie corde. (Francesco Scarci)

(Pest Productions – 2023)
Voto: 60

Vektor - Black Future

#FOR FANS OF: Prog Thrash
This album is incredible. The amount of work it took to put it together, riffs and all was probably a while! David DiSanto is probably one of the top progressive thrash metal guitarists known. His work is quite technical! The rhythms and leads are outstanding. I'm glad the band reformed, though with some different musicians. That is fine as long as they can keep up with this guy. Vektor is a band with an acquired taste to them, they're not for everybody. Even though they're not for everybody doesn't mean that metalheads should disrespect their work. This album quite resoundingly is just an ass-kicker. So fast in many parts, yet there are parts where tempos slow down.

I liked all the songs on here and felt that every single one of them was put heart and soul into. The main things I like about it ARE the tempo changes and vocals. David's high-end screams shriek but most of the time they're tolerable. The abilities here with the songwriting capabilities are just astounding. I don't care what anyone says, Vektor is in a league of their own. Far surpasses a lot of bands nowadays. These guys are truly respectable individuals in terms of music, maybe not morals. But that's not what concerns me here. All I care about is the band's music, not lifestyle habits or way of life. As long as they can hack it here, that is what matters.

I've been able to find this album in a local record store actually, it only took 10 years to show up at a record store. I thought being Vektor it's gotta be good. And as I came to believe that it was a good choice! The songs on here are somewhat long, some the tracks are over 10 minutes in length. But they never get boring. They're more interesting the more you listen to them. Being a former guitarist, I notice things about the riffs and that the tremolo picking is superior, the leads spellbinding! These guys are far above being amateurs. They're way more advanced, the music just slays. I wouldn't say any song on here is "dull." Quite the contrary.

Since I bought the physical CD, doesn't mean that it is required. As long as you get to hear this is what matters. But showing that you support the band in any way, that is what counts. These guys I hope will stick around for a long while. It's been 10+ years so far (with gaps), so I hope they will endure a long career. I always say to support the band by buying their album, but now people mostly revert to digitally downloading albums. Some of my friends don't even have a CD player! But stay old school and buy the CD if you still have a device that plays it! Vektor is sticking around, and what a debut 'Black Future' is and what they all have become! (Death8699)


(Heavy Artillery Records/Earache Records - 2009/2018)
Score: 85

https://vektor.bandcamp.com/album/black-future

Zeal & Ardour - Firewake

#PER CHI AMA: Black Sperimentale
La creatività di Manuel Gagneux è sempre alle stelle. Gli Zeal & Ardour erano usciti a febbraio 2022 con l'album omonimo; non fa nemmeno in tempo a finire l’anno, che se ne escono con un altro EP, ‘Firewake’, che in realtà è stato scritto tempo addietro ma che non aveva trovato posto nella precedente release. La proposta? Quella di sempre, ossia in grado di miscelare sonorità black metal con suoni sperimentali che ci riconducono alla tradizione gospel degli schiavi afro-americani. Una caratteristica questa che mi ha fatto apprezzare da sempre le qualità della stravagante creatura elvetico-americana. Due i pezzi a disposizione per i nostri per conquistarci con il loro sound evocativo: “Firewake” in apertura, la title track, con un incipit affidato alla classica coralità che evoca appunto la musica afro-americana, seguita poi da un rifferama ritmato e da grim vocals che si oppongono alle voci pulite (e fantastiche) del frontman. “Cinq” è invece un breve pezzo strumentale, guidato da una chitarra cupa che con la sua melodia, s’insinuerà con un certa disinvoltura nella vostra testa. Una release questa però che non merita un voto formale data l’esigua durata e visto che il solo vero pezzo è quello che dà il titolo all’EP. Non ci resta allora che assaporarci questi due pezzi in attesa di una nuova uscita. (Francesco Scarci)

(Sub Pop Records – 2022)
Voto: S.V.

https://zealandardor.bandcamp.com/album/firewake

The Meads Of Asphodel - The Excommunication of Christ

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Sperimentale
Come recensire il cd d'esordio degli inglesi The Meads of Asphodel? Non è facile, ci sono molte cose da dover considerare, per una band che non si può semplicemente definire black metal. È come ascoltare Venom e Sigh che suonano i loro pezzi mischiandoli a parti folk della tradizione est europea, con un'influenza musicale che li avvicina più a qualcosa dei primissimi anni '80 che ad altri loro contemporanei! Il cd contiene oltre a del nuovo materiale, anche alcune tracce già presenti sui precedenti demo ma ri-registrate, ed una cover degli ormai appartenenti alla preistoria del rock, gli Hawkwind, suonata peraltro insieme a Huw Lloyd Langton, loro chitarrista originale (tra l'altro gli Hawkwind sono stati anche una delle prime band di un tale Lemmy dei Motorhead), ma di ospiti su questo cd ce ne sono altri: c'è A.C. Wild dei Bulldozer che presta la sua voce per l'intro e c'è il cantante degli Old Forest che partecipa ad un'altra traccia. I componenti della band sanno sicuramente come suonare, ed anche se ad un primo ascolto vi chiederete "ma che stanno facendo?", vi accorgerete che ogni particolare è stato curato con la dovuta attenzione, ed il risultato è un cd ricco, sotto ogni punto di vista, dall'ottima veste grafica, al contenuto musicale, che finalmente suonava all'epoca come qualcosa di nuovo.

(Supernal Music/Razed Soul Productions - 2001/2014)
Voto: 75

https://godreah.bandcamp.com/album/2001-2014-re-issue-the-excommunication-of-christ-lp 

lunedì 3 aprile 2023

Limbes - Ecluse

#PER CHI AMA: Post Black
Altro giro, altro regalo, nel senso di un'altra one-man-band francese, che ormai devo ammettere non faccia più notizia. I Limbes sono della scuderia Les Acteurs de l'Ombre Productions, e anche questo non sembra nemmeno più far notizia e se ci aggiungiamo il genere, beh che volete aspettarvi, black nella più classica tradizione dell'etichetta francese. Almeno cosi sembrerebbe... Già, perchè mi sa tanto che la label di Nantes ci ha visto lungo un'altra volta e ha aggiunto un'altra entità davvero fuori dagli schemi a quelle già interessanti del proprio roster. Guillaume Galaup, responsabile del progetto, che peraltro abbiamo già incontrato nei Blurr Thrower, ha tirato fuori un album di debutto sconvolgente, per intensità e violenza, con un lavoro sparato a tutta velocità fin dall'opener "Lâcheté", tra linee di chitarra selvagge, melodiche e taglienti, vocals strazianti ed un vertiginoso senso di inquietudine, sorretto da eccellenti atmosfere che più o meno interrompono quella furia bieca che contraddistingue la matrice di fondo delle sonorità qui incluse. I Limbes fanno male in 'Ecluse', nonostante le sole quattro tracce, ma se pensate che solo "Leurre" dura un quarto d'ora, potrete immaginare come qui ci sia ben poco da scherzare. E il buon Guillaume ci investe in "De Courbes & de Peaux" con un torrenziale sound, di quelli che non fa prigionieri, non salva nessuno, black nero come la pece in una pericolosa mistura di suicidal, depressive e post-black malefico e dolorante, che sarà solo in grado, con la sua inarrestabile furia, di devastare tutto quello che gli si para avanti. Non bastano i break atmosferici per darci una parvenza di melodia o più facile digeribilità di un disco che troverà nell'epicità delle chitarre di "Corridors" uno dei suoi punti di forza per poi annientarci definitivamente con quei quindici interminabili minuti del distruttivo finale affidato a "Leurre", una song che rappresenta la summa della proposta dei Limbes come tormento vocale, vigore sonico (l'impeto che si sente al quarto minuto non ha eguali nel disco) e malvagità. Insomma, un disco questo, da maneggiare certamente con estrema cautela. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2023)
Voto: 77

https://ladlo.bandcamp.com/album/ecluse

Vital Remains - Dechristianize

#FOR FANS OF: Death Metal
I got this on my digital release before I decided to buy the album. I still like their latest more, but oddly enough I'm scoring it the same as that one. The main beef I have with the album is the snare drum, other than that I thought it was an impeccable release. The songwriting is amazing. I love the riffs and intensity. It seemed like this one did well but I'd have to say that 'Icons of Evil' was more suitable to my pallet upon listening to and times I've listened to it. However, I thought that this one was a bit faster tempo-wise and aggressive. I don't care much for the early stuff and I have no idea what the new stuff is going to sound like when it's complete.

I'll probably just stick with the two Vital Remains releases not the old. I think the newer is less raw and more likable. This one is downright amazing. The riffs are just everywhere and brutal. They really hit-home with this one. I think that they just are great with having Glen via Deicide voluntarily in for lead vocals on here. He sounded more like the "newer" Glen on his vocals. The lineup is forever changing and I don't think there are going to be any of the original members on the new stuff. All of it is pretty much 21st century members. Time will tell when the new album arrives (if ever) and we'll see how it pans out.

The production quality is quite good, a little bit raw though. But the music sounds top notch despite that. The guitars are fantastic. I felt that overall an impeccable album. They got better than the older (quite fast) and seemed to be the most mature on 'Icons of Evil'. I think that they deserve all the praise they seemed to on this album. Really innovative songwriting (as I say) and wicked leads. Overall, a very dark and depressing album. And the perfect lyrics for Glen right up his alley with the Satanism. If you might want to not read the lyrics to this release if you're bound by religion, but just maybe learn the titles of the songs.

Like I did, I downloaded this album first but didn't check it out right away. I waited a while. I thought that the new album was just more suitable to me. But most were in disagreement. I think that both are just amazing death metal. I don't think that anything on here was done wrong, I though that all the songs were solid. And the leads were top notch. Glen sounded brutal, just applicable to the music of this release. He did them justice both albums. So yeah, this was unrelenting and amazing, I wouldn't change much of any of it except the snare drum! Other than that, check it out!
(Death8699)

(Olympic Recordings/Cosmic Key Creations - 2003/2020)
Score: 80

https://www.facebook.com/vital.remains.official/

Fargo - Geli

#PER CHI AMA: Post Metal, Russian Circle
Quattro lunghissime tracce strumentali per i teutonici Fargo e il loro post-rock/metal sognante, reso ancor più suggestivo dall'idea di affidare i titoli dei brani ai nomi di alcun città tedesche (esperimento già fatto in occasione dei primi due EP). E allora, ecco che il nostro tour di 'Geli' (nickname dato a Angelika Zwarg, madre di due cari amici della band, che fu una insegnante d'arte e pittrice che morì nel 2018 dopo una lunga malattia) parte da "Dresden", affascinante città della Sassonia che sorge sulle sponde del fiume Elba, e da qui si snoda lungo i suoi nove minuti, attraverso sonorità dapprima delicate, e poi decisamente più dirompenti, laddove il rifferama si fa più pesante e contestualmente, si palesano, come unica eccezione, anche le strazianti vocals del frontman. Poi, a braccetto bello veder andare chitarra, basso e batteria, con ampie porzioni strumentali ad accompagnarci in quei landscape sonico-atmosferici, sorretti da un ispirato tremolo picking. La seconda tappa fa sosta in Baviera a "Regensburg", sul bel Danubio blu. Sarà la componente poetica legata a quella del fiume più famoso d'Europa a renderla anche più morbida? Una morbidezza che durerà comunque giusto il tempo di un paio di giri di orologio per lasciare poi spazio ancora ad esplosioni chitarristiche, interrotte comunque da parti più atmosferiche, e nel finale decisamente malinconiche. Peccato solo che qui non si palesi quella lacerante voce che avevamo potuto apprezzare nell'opener, avrebbe fatto giusto comodo per spezzare la monoliticità del riff portante, sorretto peraltro da un drumming che sembra scandire il tempo come le lancette di un orologio. Terzo stop nella capitale, "Berlin", la traccia più lunga con i suoi quasi 10 minuti. Un incipit che mi ha evocato la colonna sonora di "Inception", la splendida "Time" di Hans Zimmer, una scalata lenta e sensuale che per oltre tre minuti sembra quasi rassicurarci con le sue melodie, per poi ringhiare grazie all'ardore delle sue chitarre. Ma il nostro collettivo, che si avvale peraltro anche di un paio di guest star, è abile nell'alternanza di tempi, grazie e soprattutto alla prova magistrale del batterista dietro alle pelli. La band ci porterà con ottime idee fino all'ultima sosta del loro tour, a "Pforzheim", città che in tutta franchezza non conoscevo, ma che nelle sue note racchiude a mio avviso il meglio di questo disco, essendo cosi ricca di pathos, forza e intensità, pur includendo un sample di due minuti di un discorso di Winston Churchill contro le ideologie omicide, il medesimo però che abbiamo già sentito nel 1984 in "Aces High" degli Iron Maiden. Suggestivo ma forse un po' troppo abusato. Nonostante qualche piccola sbavatura comunque, 'Geli' rappresenta un ottimo debutto su lunga distanza per i nostri, sebbene io proverei a puntare maggiormente sulla presenza di un vocalist come parte integrante del collettivo. (Francesco Scarci)

(Kapitän Platte - 2023)
Voto: 74
 

sabato 1 aprile 2023

Dobbeltgjenger – The Twins

#PER CHI AMA: Indie Rock/Alternative
Bisogna ammettere che la terza prova sulla lunga distanza del quintetto di Bergen, è da considerarsi la migliore realizzazione nella recente discografia dei Dobbeltgjenger. Musicalmente parlando, si nota fin da subito come una registrazione ed una produzione molto in linea con le mode dell'indie pop attuale, abbiano permesso il salto di qualità a lungo ricercato dalla band, negli album precedenti. Il quintetto ha saputo quindi focalizzare le proprie idee fino a renderle assai credibili, e in ambito pop, possono tranquillamente aspirare ad una visibilità su vasta scala. Il fatto che il pop sia predominante non crea nessun disagio alla proposta sonora offerta nel nuovo album. I suoni di 'The Twins' sono filtrati in una maniera molto moderna, e ricalcano certe vie intraprese da St. Vincent nell'omonimo album del 2014, e si mescolano ad una sana dose di funk e spunti rock, che ricordano certe cose degli Incubus più orecchiabili. Una sezione ritmica con un bassista virtuoso è nascosta nella ossessiva rincorsa al pezzo più cool, e a volte, ci si chiede persino perchè non abbiano optato per una soluzione più hard rock per questo album, ma la loro attitudine è più vicina ad album come 'The Chair in the Doorway' dei Living Colour, piuttosto che per qualcosa di più duro. La differenza è anche da ricercare in una raffinata sensualità, perfettamente in linea con alcune intuizioni pop degli INXS d'epoca e immagino che, se la band del compianto Michael Hutchinson fosse ancora tra noi, suonerebbe più o meno come questo nuovo lavoro della band norvegese. Basta sentire il finale di "Purplegreenish", oppure la stessa "Pink" per intuire che ingenuamente o volutamente, il riff di chitarra è pericolosamente ispirato dalla famosa "Suicide Blonde" o "I Need You Tonight", hit della band australiana, e questo mi piace parecchio, visto che nonostante tutto, le tracce riescono a mantenere un loro stile originale. Sono degli ottimi musicisti questi norvegesi, con un cantante bravo e padrone della scena e, al netto del taglio pop, i virtuosismi chitarristici e ritmici si sentono eccome. Certo, li avrei preferiti più rock ma forse questo è il loro contesto migliore e lo hanno voluto rimarcare con suoni ricercati, distorti ma di tendenza e ultra moderni, anche perchè, ditemi voi come si può stare fermi di fronte al giro funk di basso di "Genghis Khan", e alla sua esplosiva evoluzione. Un brano come "Shoot" potrebbe essere un out take dei Muse più dance oriented, mentre "Like Crocodile" e "Toughen Up" mostrano un lato più elettronico dai richiami dance e synth wave, dimenticando per un po' le chitarre. "When You Said That You Were Fine", vive di un basso frizzante per un free rock molto fresco e intelligente, e dimostra come l'esplorazione sia una prerogativa in tutte le tracce di questo buon disco che chiude degnamente con "Done", un esperimento di tre minuti tra space music ipnotica e un'apertura inaspettata ai confini cosmici del progressive rock in stile seventies che conferma la fantasia e l'abilità di questa interessantissima band. 'The Twins' è un album tutto da scoprire, per cui sono peraltro consigliati ripetuti ascolti anche in cuffia. Disco da non perdere. (Bob Stoner)

giovedì 30 marzo 2023

The Pit Tips

Francesco Scarci

In Flames - Foregone
Enslaved - Heimdal
Ne Obliviscaris - Exul

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Death8699

Cradle of Filth - Nymphetamine
Kreator - Extreme Aggression
Malevolent Creation - Retribution
 
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Alain González Artola

Sorry... - All that died was my innocence
Frayle - Skin & Sorrow
Jöjjön - Faust's grave

 


Ramen Holiday - Be Poor, Eat Rich B​/​W Crypto Crash

#PER CHI AMA: Punk/Hardcore
Credo di aver trovato la release più breve del mondo e l'ho voluta recensire proprio per tal motivo. Quello dei Ramen Holiday è un lavoro che dura due minuti e 14 secondi, di puro punk/hardcore nudo e crudo che peraltro giunge alle nostre orecchie a circa 21 anni di distanza da quando è stato mentalmente concepito, dalle menti di questi stravaganti musicisti. La band scrive infatti sulla propria pagina Bandcamp che uno dei membri, Curtis Grimstead, stava seduto con gli amici nella veranda del suo appartamento quando vennero colpiti alla testa da una pila di CD che svolazzavano nell'aria. Era il 2002 e quei CD erano i Sampler #1 della Robotic Empire. La band di Curtis ebbe quindi il sospetto che la Robotic Empire fosse stata cacciata da uno degli appartamenti locati nel suo edificio, e si scoprì che era effettivamente vero. Il batterista Adam Palmore pensò quindi che sarebbe stato figo chiedere alla Robotic di pubblicare qualcosa, il che non è mai successo, almeno fino ad oggi. 'Be Poor, Eat Rich B/W Crypto Crash' è il regalo che i nostri si sono finalmente concessi con questi due minuti di felicità hardcore con dei testi che trattano di istituzioni finanziarie, si avete letto bene. E cosi i tre pazzi papà americani si sono riuniti per prenderci a scarpate nel culo con "Be Poor, Eat Rich" (fantastico il coro che subito si fissa nella testa) e con lo schizoide finale corrosivo. Segue "Crypto Crash" che peraltro presenta l'ex Robotic Alumni Michael Backus (The Catalyst) e la guest star alla voce, Fredrika Herr (No Sugar) per un concentrato (e in questo caso vale proprio sottolinearlo) di punk stralunato. Ah, il fatto di essere la release più breve al mondo non ne ha fatto anche la recensione più breve. Un premio alla perseverenza nel crederci. (Francesco Scarci)

mercoledì 29 marzo 2023

BleakHeart - Twilight Visions

#PER CHI AMA: Doom/Shoegaze
Avevo particolarmente apprezzato la proposta dei BleakHeart ai tempi di 'Dream Griever' per quel loro flavour musicale che li avvicinava tremendamente ai norvegesi The Third and the Mortal. Questo EP, intitolato 'Twilight Visions', non sposta più di tanto la barra dell'act statunitense se addirittura non ne amplifica la componente doomish a livello musicale, lasciando tuttavia inalterati i vocalizzi della bravissima ed emozionante Kelly Schilling. La triste e decadente "No Way Out" si pone come apripista del dischetto, tra lugubri e catartiche atmosfere sorrette da un riffing intenso (emotivamente parlando non in termini di pesantezza, sia chiaro) e dalla stessa voce di Kelly che accompagna quelle linee di chitarra che ammiccano in più di un'occasione ai già citati master nordici. La title track sembra inglobarci invece in una delle surreali scene di Twin Peaks, magari dove il famigerato nano balla al ritmo della musica fluttuante dei BleakHeart che nel corso del brano, strizzerà l'occhiolino ai The Gathering. A me la musica di questo quintetto di Denver piace eccome e vi invito pertanto a dargli un ascolto. (Francesco Scarci)
 
(Self - 2022)
Voto: 74
 

Foul Body Autopsy - Shadows Without Light - Pt​.​3

#PER CHI AMA: Melo Death
Ho recensito la prima e la seconda parte di 'Shadows Without Light', non potevo quindi tralasciare quella che dovrebbe essere la terza e ultima parte di questa trilogia che, a differenza delle precedenti, si presenta con sole due tracce (il mix originale e la plan 9 mix - chissà poi che vorrà dire) anzichè tre. Fatto sta che il buon Tom Reynolds continua a macinare sonorità techno death infarcite di buone melodie. "Shadows Without Light - Pt​.​3" è sparata a tutta velocità con il classico sound "in your face", caratterizzato da buone linee di chitarra dritte ed essenziali, azzeccatissime melodie (mai troppo ruffiane), e accelerazioni furenti che mi hanno fatto venire in mente gli Anaal Nathrakh per precisione chirurgica e aggressività. La voce si conferma corrosiva e di ottimo impatto. Il plan 9 remix trasforma ancora una volta quella che è la traccia originale del dischetto e la sublima in una song strumentale (fatto salvo per qualche voce robotica pre-registrata) devota alla synth wave che conferma quanto il buon Tom si diverta nel proporre questo genere di soluzioni, che ora però suonano un filo scontate visto che l'esperimento è già stato ripetuto più volte. Perso l'effetto sorpresa, rimane quell'ottimo brano di death melodico e poco più, in attesa auspico, di ascoltare tutto di un fiato un disco decisamente più lungo. (Francesco Scarci)

Kuolemanlaakso - Kuolleiden Laulu

#PER CHI AMA: Death/Gothic/Doom
Evidentemente i finlandesi Kuolemanlaakso non sono riusciti a far stare questi tre pezzi nel full length uscito lo scorso anno, intitolato 'Kuusumu'. Questa deve essere la ragione dell'uscita di questo 'Kuolleiden Laulu', EP che racchiude tre song dedite ad un death gothic doom che apre con la super orecchiabile, almeno nelle melodie, title track. Sonorità alla HIM infatti imperversano per i suoi tre minuti e mezzo, tra voci goticheggianti, eteree e suadenti vocals femminili, melodie super ammiccanti sorrette da chorus ultra mega catchy. Decisamente più decadente e malinconica l'impronunciabile "Juuret Jalkojeni Alla", con un inizio soffuso e la voce del frontman che qui evoca quella di Fernando Ribeiro dei Moonspell. La traccia suona quasi come una ballad folk doom, con delle chitarre che richiamano anche il prog degli Opeth, ma verso metà virerà verso il death doom, con tanto di growling incorporato di scuola Swallow the Sun. A chiudere "Rautasiivet", un pezzo che prosegue col piglio malinconico della precedente tra arpeggi autunnali, vocals dalla tonalità ribassata, atmosfere dotate di quel struggente romanticismo da storia d'amore finita male, e delle liriche che, fin dall'inizio, proseguono in lingua finlandese. Insomma un bel modo per chiudere l'anno (è stato rilasciato a dicembre 2022) e fare contenti i fan e quelli che si avvicinano per la prima volta ai nostri. (Francesco Scarci)

venerdì 24 marzo 2023

Luminescence - S/t

#PER CHI AMA: Depressive Post Black
One man band dalla Cina questa dei Luminescence e il qui presente 2-track omonimo altro non è che una gustosa anticipazione di quello che sarà il full length in uscita a giugno per la Pest Productions. La band, originaria di Shandong e fondata solo nel 2021, è guidata da Bureauty (qui supportato da T.Z.) che propone la propria esplorazione intimista del mondo post black, con una eleganza che potrebbe evocare band del tipo di Heretoir, primi Alcest o Dreariness. "水蝶/Mizucho" è uno dei due snack che fungono da antipasto a questa release, e presenta una matrice black depressive per quanto concerne l'architettura musicale, con le grim vocals del frontman sorrette da un'arpeggiata e malinconica linea di chitarra e un'altra in tremolo picking, per un mid-tempo che qui, non troverà mai modo di esplodere. Con la successiva "萤/ Glowworm", i Luminescence provano a mostrare il loro lato più aggressivo, ma l'approccio resta fin dalle prime note decisamente compassato, tra spoken words, parti acustiche, scream vocals e break atmosferici. Il polistrumentista cinese proverà tuttavia, nel corso del pezzo, a dar sfogo alla propria furia, ma solo per qualche striminzito secondo. Insomma le premesse sembrano buone, vediamo se il nostro nuovo eroe riuscirà magari a conferire una maggiore originalità alla propria proposta. (Francesco Scarci)

giovedì 23 marzo 2023

Secrets of the Moon - Stronghold of the Inviolables

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Dark
Quello di oggi è il cd di debutto per i tedeschi Secrets of the Moon (scioltisi ahimè lo scorso anno/ndr), che tra le loro fila vantavano ex-membri dei Martyrium, band attiva nei primi anni '90. Questo cd ci permette di conoscere una band che ha evoluto il proprio stile attraverso le precedenti releases (due demo, un promo, ed un 7" split con i Lunar Aurora), mostrando qui un suono meno melodico e sicuramente più oscuro, cosa dovuta ad una produzione più curata. Le influenze musicali sono tutte provenienti dalla scena nordica, con i Celtic Frost che fanno capolino di tanto in tanto, per una band che comunque non ha paura di sperimentare, pur restando sempre "nera". Dalle parti tiratissime fino ad ampie parti dark & slow, arrivando a quella che secondo me è una della migliori tracce "synth-based" che ho avuto modo di ascoltare negli ultimi tampi, "The Rise of Mercury". Qualcosa in più è stato aggiunto alla scena black metal. Se volete ascoltare qualcosa di interessante, ma saldamente ancorato nelle radici del black, non resterete delusi.

Opeth - Watershed

#FOR FANS OF: Prog Death
This is one HEAVY Opeth release. There's more aggression here alongside some bolstering riff-dynamics which are intriguing. Mikael said that he's "also a genius when it comes to music" and I'd have to agree up until they changed from progressive metal to progressive rock. They should've not sold out because my contention is that they lost some true fans. But anyway, 'Watershed' some call "disjointed" but I say on here highly experimental. When they belt out heavy riff, that's something to admire and bang your head to. Although I like older Opeth more meaning 'Blackwater Park' and 'Still Life', 'Watershed' still has it's moments of precision.

Mikael's vocals are way aggressive on here. It's way on the progressive scale, but I find more brilliance the more that I listen to it. It's not as catchy as the two albums I mentioned, but I still think that its diversity and ingenuity is still there. They are just changing a little bit of styles here on the guitars and vocals. Some things sound a little backwards, but that's because I think that this is one of their more experimental efforts to date. And because of this, I took some points off, not because of the direction, but because of the sounds from the guitar aren't as creative as past works in any respect. One that I haven't mentioned that's my favorite of all-time is 'My Arms, Your Hearse'.

A lot of the tracks are all over the place, but the sound quality is still top notch. I enjoyed the clean guitars and the solemn vocals. But they needed a little bit more grit to the songs to bring the ideas together. Mikael falls a little short of his "genius" here probably because he wants to tend the band into a different direction. This being one of the albums that remains to be maintained before their fall from the metal community. They just show that they were heading this direction. I've found sort of just a select few songs that I can follow and some of the progressive rock sound meshed into this release. It doesn't help that Mikael doesn't like to sing brutal vocals.

In summary, this is a decent effort by the band. But for me, it's just a "70" rating. The songwriting on here was a bit "off" and hard to swallow. I'm not saying that it's their worst release, I'm just saying that it needed some work. Songs don't seem to flow in tandem like they did on their older releases. Well, this is it, hello to the progressive rock that follows a band that had some great talent to just throw it away. I guess Mikael just lost the fire and turned to another direction with the band just to sell records. He could've put more energy into this release and showed us that Opeth's metal days would go on till the end. (Death8699)


(Roadrunner - 2008)
Score: 70

http://www.opeth.com/

Dez Dare – Perseus War

#PER CHI AMA: Alternative/Garage Rock
In un rituale cosmico di circa 35 minuti, Dez Dare ci delizia con un altro album di psichedelia acuta, stralunata, astratta, figlia di una serie di teorie musicali molto personali, che ruotano attorno a questo musicista australiano con sede a Brighton (UK). La peculiarità nell'accostare strade diverse dalla psichedelia è innegabile nello stile di Dez Dare (al secolo Darren Smallman), passando dalle immagini dell'artwork, colorate e allucinate, al bel video di "Bozo", questa volta il nostro menestrello sonico, crea muri sonori con un ammasso di suoni provenienti da variegate direzioni. Che siano le chitarre fuzz dei Dinosaur Jr, il garage dei Gorilla, il krautrock, il noise rock, il fattore hippie caro a Brant Bjork, il proto punk degli Stooges, la prima synth wave elettronica o il mondo immaginario messo in musica da Daevid Allen, poco importa al nostro incredibile figlio, non dei fiori, ma dei funghi allucinogeni. Ogni cosa nel suo mondo è psichedelia, quindi, nelle sue composizioni, ci si può trovare di fronte ad un cantato che ricordi i primi riverberi dei Monster Magnet ("OUCH!"), o che un effetto vocale, diciamo alla The Pop Group (!?!), sia inserito in un contesto ipnotico di un rock scheletrico proveniente dallo spazio ("My Heels + My Toes, My Lies + My Nose"), ricordando l'effetto follia di "The Return of Sathington Willoughby", brano d'apertura di 'Brown Book' dei Primus. Tutto questo è praticamente concepito con una logica di libera espressione, di fatto tra le mura domestiche, un "Do It Yourself" anticonvenzionale, che rende tutti gli album di Dez Dare un'esperienza cosmica unica. Il suo è uno stile altamente originale, da puro e simpatico anti divo e artigiano del suono, dove il canto/parlato alla Beastie Boys, si confonde con quello dei Fu Manchu e con il tipico approccio punk, in un'atmosfera costantemente dilatata, sormontata da montagne di fuzz e xilofoni dal retrogusto dark. In effetti, come tutte le sue realizzazioni, non è facile descrivere le sue opere, si possono fare degli accostamenti a priori, ma il mood compositivo con cui genera e degenera la sua musica, scardinando il modus operandi della maggior parte delle bands che suonano questo genere, gli permette di essere veramente unico, nel bene e nel male dell'opera, e nel percorrere la strada che porta alle infinite lande della psichedelia sotterranea. L'orecchiabilità dei suoi brani è un'altra delle sue caratteristiche, poiché anche 'Perseus War', si contraddistingue per la sua facilità di approccio, anche se tutto è allucinato ed ipnotico a dismisura e nulla è lasciato al caso, e questo lo si percepisce benissimo ascoltando la ricercata musica di Dez Dare. I 2:54 minuti del singolo "Bozo", sono un apripista splendido. Garage rock degno dei 500ft of Pipe, guidato da una ritmica spinta alla Hawkind, rumori di fondo, feedback, un tremolante xilofono giocattolo e umore lo–fi. Un video divertente accompagna il brano, surreale e spettrale, decisamente geniale, come del resto anche il video inquietante di "Bloodbath-on-HI". Penso che in ambito sotterraneo Dez Dare non abbia tanti rivali, lui è diversamente psichedelico, in senso talmente ampio, che l'impossibilità di paragonarlo a qualche altro artista è reale. La sua arte riesce a parlare delle lotte dell'universo per la sua sopravvivenza come della pressione quotidiana che l'uomo subisce nella sua esistenza contemporaneamente, attraverso suoni ed immagini, che sdoganano con una certa naturalezza, incubi, sogni, allucinazioni e figure da cartone animato, atmosfere horror e commedie satiriche del sabato sera. La proposta di quest'artista è forse quanto di meglio il mondo psych rock oggi possa offrire, un rock disagiato, che non guarda necessariamente al virtuosismo, che abbandona la veste patinata e torna allo splendore del sottosuolo, fa rumore intelligente, oltrepassa il confine nuovamente, e illumina come le band di un tempo. Una musica adatta per i più folli ma sani di mente, una musica da evitare per i puristi e poco liberi all'ascolto. (Bob Stoner)

martedì 21 marzo 2023

Morcaint - Elessar

#FOR FANS OF: Atmospheric Black
Sweden’s obscure project Morcaint was created in 2008 and it seems that Ulvtyr and Heruhim, the two founding members, composed a debut full-length, which sadly never saw the light of the day. The project was put on hold during a long of time, but fortunately it came to live some time ago and managed to catch the attention of the respected Swedish label Nordvis Produktion, which always gives you a hint of the project’s quality.

The aforementioned unreleased debut album doesn’t seem to be recorded in this new era, but Morcaint has released its debut EP which consists of only two new songs, although the quality of both compositions makes me feel a reasonable hype for an, hopefully, upcoming debut album. 'Elessar' is the title of the EP, and as you probably guessed, it is a direct mention to the world of Tolkien. Personally, I am never fed up with bands taking inspiration from Middle Earth, so I was more than happy to check out what this project can offer. Morcaint’s music is firmly rooted in the atmospheric black metal sub-genre, which I consider quite appropriate for Tolkien’s fantastic universe. Musically, Morcaint achieves an excellent balance between the expected atmosphere, and the heaviness you could expect from an extreme metal band. The first track "Elessar" immediately shows that with a captivating atmospheric intro followed by a great tremolo riffing, which is a perfect example of how atmospheric black metal should sound. The combination of mid-tempo and headbanging inducing riffs, and the always welcomed blast-beats make the song very entertaining. Both the vocals, with the classic distant sound in its production, and the drums, sound clear and powerful. The production has a raw touch, but it is enough clear and well-balanced which gives an organic touch to the songs, a characteristic that I consider a correct approach for this music. The keys have a reasonable presence, as you can hear them through the song, which includes certain moments of a bigger prominence, where they truly shine. The second "O Lórien" is a bit longer, which gives a greater room to introduce more variations and, in this case, longer mid-tempo sections where the atmosphere is absolutely captivating. The simple yet atmospheric hypnotic keys enhance the ambience and gives a truly solemn touch to the song. The classic riffing is solid, and it is a great example that there is no need for experimentation where things are done with great taste. The intensity of the song is increased towards its final section, with a marvellous combination of relentless fury and beautiful atmospheric arrangements, that remain in loneliness to close this great track.

In conclusion, Morcaint’s debut EP 'Elessar' is an excellent debut and a fine example of how atmospheric black must sound. As it only has two songs it leaves the listener wanting more, much more, so I do hope that this time the project will remain active and will release in a near future its debut full-length. (Alain González Artola)
 
(Nordvis Produktion - 2023)
Score: 82
 

domenica 19 marzo 2023

Weltmatch - Ancient Hatred

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
I Weltmatch ci propongono un Black spasmodico ed intenso, ricco di emozioni, questo a dimostrazione che anche gli americani ( sì, perché le origini del gruppo sono queste) riescono a proporci, oltre ai soliti rigurgiti death, anche una buona impostazione black con contenuti epici. Forse quello che il gruppo riesce a creare non è eccelso, ma molto probabilmente è meglio di tutte quelle merdate che gruppi di recente formazione cercano di rifilarci.

(Profanation Records - 1999)
Voto: 64

https://www.metal-archives.com/bands/Weltmacht/

Laika nello Spazio - Macerie

#PER CHI AMA: Alternative Rock/Post Hardcore
È giusto che sempre più persone sottolineino come il mondo stia andando a farsi fottere, siamo destinati all'estinzione lo sappiamo, e questo processo ha accelerato pericolosamente negli ultimi anni: prima il covid, poi la guerra e le catastrofi climatiche in ogni angolo del mondo. E i Laika nello Spazio, in questo nuovo capitolo della loro discografia, ne fanno cosi il loro manifesto, 'Macerie', ecco cosa rimarrà del nostro pianeta e la band originaria dell'hinterland milanese, non fa altro che ricordarcelo dalla traccia d'apertura in avanti, con un sound che prosegue coerentemente quel processo iniziato in 'Dalla Provincia', che già avevamo recensito su queste stesse pagine nel 2019. Il terzetto lombardo ci offre quindi uno spaccato della società odierna, quella frastornata e sfiancata "dalle polveri sottili, dalle isterie di massa, dalla falsa informazionme, dai virus e dal popolo sovrano coglione" ("Coprifuoco Definitivo" che mostra richiami ad un ipotetico ibrido tra Teatro degli Orrori e IN.SI.DIA), quella dei profughi e del femminicidio ("Reazione"), quella conformista narrata in "Schrödinger". Il tutto accompagnato poi da una proposta musicale che oscilla tra post-punk ed un oscuro post-hardcore, con la conferma di un trio a due bassi, voce e batteria (si, non ci sono chitarre, avete letto bene), mentre il cantato di Vittorio Capella continua ad evocare più di una certa similitudine con il frontman dei Massimo Volume, come già aveva evidenziato il buon Bob Stoner ai tempi di 'Dalla Provincia'. La musica dei nostri non è affatto male, presentando più di un qualche richiamo ai Marlene Kunz nella title track, cosi come pure echi stoner rock nella più intimista "Evento Sentinella", con quei bassi magnetici (scuola New Model Army) che s'intrecciano tra loro con una certa benevola efficacia. Ciò che fatico però a digerire è proprio il cantato di Vittorio, che nelle parti non narrate, mi pare stoni pericolosamente. Le liriche in italiano rischiano poi di relegare questa release entro i soli confini nazionali (il (para)culo dei Måneskin qui non è di casa), ma va bene cosi, gustiamoci a tutto volume e con i bassi del nostro stereo a manetta, mi raccomando, la nuova fatica dei Laika nello Spazio. (Francesco Scarci)

venerdì 17 marzo 2023

Fluisteraars - De Kronieken Van Het Verdwenen Kasteel - I - Harslo

#PER CHI AMA: Black
In attesa di ascoltare il loro nuovo album, gli olandesi Fluisteraars ci regalano un EP di un paio di pezzi, giusto per ingannare il tempo. 'De Kronieken van het Verdwenen Kasteel - I - Harslo' (The Chronicles of Vanished Castle) è il titolo di questo lavoro che farà parte di un trittico di EP da collezionare, votati ad un black isterico e animalesco che si esplica attraverso le iniziali furenti melodie di "Dromen Van de Zon". La ritmica è serrata e sparata a tutta velocità e su di essa si stagliano le grim vocals di Bob Mollema, per un risultato che a me non convince proprio del tutto. Si continua con la più lunga "De Koning Die Werd Ontdekt Tijdens de Blootlegging Van de Nieuwe Dimensie" e il risultato non cambia poi di molto, con otto minuti tiratissimi che almeno fino al quarto minuto non lasciano scampo e un briciolo d'ossigeno. Poi, i nostri rallentano incredibilmente il tiro, evocando un che dei Burzum di 'Hvis Lyset Tar Oss', grazie alle classiche chitarre zanzarose e alle tastiere in sottofondo, in grado di donare quel tocco di straziante malinconia che alla fine mette tutti d'accordo su quanto i nostri sappiano essere ancora tremendamente glaciali. (Francesco Scarci)

Jeffk - TAR

#PER CHI AMA: Post Rock Strumentale
Tornano le uscite della Golden Antenna Records e l'etichetta tedesca ci propone oggi la seconda release dei conterranei Jeffk che, a distanza di cinque anni dal precedente 'Inadequate Shelter', si riaffacciano con questo 'TAR'. La band, originaria di Lipsia, propone un post rock strumentale che sembra strizzare l'occhiolino ai God is an Astronaut con al seguito tutta la serie di clichè tipici del genere. Si parte da "Fingers" e dalle sue melodie dilatate, quasi intimistiche, spezzate però qua e là da frangenti metal decisamente più ruvidi che sembrano allontanare il terzetto dal post rock. Non so voi, ma verso il sesto minuto del brano ci ho sentito poi un che della melodia della Marcia Imperiale che accompagnava la comparsa de La Morte Nera in 'Star Wars'. Chiamatela suggestione o quello che volete, ma l'atmosfera da li in poi si farà più cupa, almeno fino a quando nel mio stereo partirà "Arcades", song che si muove con un ipnotico giro di chitarre in tremolo picking, accompagnato da una fantasiosa batteria, che evolverà ancora una volta nel finale verso tonalità più fosche e apocalittiche, quasi fosse il marchio di fabbrica dei Jeffk. Con "Ratio" si parte invece decisamente più delicati grazie ad una linea di basso che guida l'incedere di un brano che non mostra in realtà significativi sussulti, se non in una parte centrale più robusta e in una chiusura ancora spettrale. Con "Idle Eyes" ci approcciamo al singolo per cui i nostri hanno girato anche un delirante video. L'inizio è lento e straniante, per poi pigiare successivamente sull'acceleratore grazie ad un sound decisamente più energico, anche se brevi break atmosferici provano a minimizzarne l'irruenza. Una voce urlata qui avrebbe fatto di certo la sua porca figura, soprattutto per donare un po' più di variazioni al tema, laddove il trio teutonico persegue una certa ridondanza ritmica ed effettistica. Tuttavia, devo ammettere che anche questo brano, cosi come tutto l'album, si rivelerà convincente. Anche le residue due tracce, "Lake Bled" e "Swarm", regalano interessanti sprazzi di musica raffinata, peraltro con una ricerca tecnica di un certo livello, leggasi i numeri da circo con cui si destreggia il batterista dietro alle pelli, per quella che sembra essere una continua ricerca di cambi di tempo che possano intrattenere nel migliore dei modi l'ascoltatore. Anche qui non ci troviamo certo di fronte ad una proposta di semplice assimilazione, bisogna infatti entrare in profondità nel mood di questi musicisti, per capirne le intenzioni e assaporarne ogni singola sfumatura. La chiusura affidata a "Swarm" sublima infatti la ruvida emozionalità che 'TAR' è in grado di sprigionare lungo i sui quasi tre quarti d'ora di musica. Non certo la più semplice delle passeggiate, ma spesso anche un buon trekking in montagna con l'aria tagliente può regalare piacevoli emozioni. (Francesco Scarci)

(Golden Antenna Records - 2023)
Voto: 74

https://jeffk.bandcamp.com/album/tar

giovedì 16 marzo 2023

Evol - Dies Irae

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Folk Black/Ambient/Gothic
I primi demotape della band italiana Evol non erano facilmente reperibili. L'idea di proporli (e riproporli più di recente/ndr) su cd fu pertanto lodevole. 'Dies Irae' contiene i demo 'The Tale of the Horned King' (1993) e 'The Dark Dreamquest - Part I' (1994), più due tracce registrate dal vivo nel 1995. Chi conosce gli Evol e ne ha apprezzato lo stile non si faccia sfuggire l'album in questione. Per coloro che li hanno sentiti solo nominare si rendono necessarie alcune informazioni supplementari. Gli Evol erano fautori di un "black metal" (ammesso che questa definizione sia legittima) molto atipico. Nulla a che vedere con Darkthrone e Mayhem, per intenderci, né con i primi Satyricon ed Emperor. Nelle loro composizioni musicali, caratterizzate fra l'altro dalla presenza di una trasognata voce femminile, le parti aggressive erano assai rare. Le atmosfere, lungi dall'essere lugubri, inclinavano semmai verso l'onirico e il fiabesco. Caratteristiche, queste, che si sono venute accentuando nel corso degli anni, sino ad imporsi con assoluta evidenza nell'ultimo vagito della band, 'Portraits' (1999).

(Black Tears/Iron Goat Commando - 2001/2019)
Voto: 66

https://www.metal-archives.com/bands/Evol/6145

Garota - Czarne Wizje

#PER CHI AMA: Black/Thrash
Devo ammettere di aver tirato giù santi e madonne quest'oggi perchè non riuscivo a capire il nome della band e del disco tra le mie mani. Tra l'essere scritto in caratteri gotici e in polacco, la faccenda si era fatta alquanto imbarazzante per il sottoscritto, ma alla fine ce l'ho fatta a identificare i Garota e il loro debutto su lunga distanza, 'Czarne Wizje', dopo un EP uscito nel 2021. La proposta è un black thrash che può evocare i Destroyer 666, con un piglio qui più punkeggiante, ma che francamente non si rivelerà proprio memorabile, andandosi a perdere in riffoni sentiti e risentiti. Complice poi i titoli (e i testi) tutti interamente in polacco, potrete capire come accostarsi a questo terzetto della Pomerania, possa risultare alquanto più complicato. Trentaquattro minuti sparati a tutta velocità, tra riff taglienti, blast beat, grim vocals, tematiche sataniche, violenza a profusione e potrete immaginare come questo possa essere assimilabile ad un altro milione di lavori. Ci provano i nostri in "Prymitywne Rytuały" o nella successiva "Czarne Wizje Pełne Krwi" a rallentare il ritmo per cercare di distinguersi dalla massa e l'effetto non è nemmeno poi cosi male, ma in tutta onestà, nella mia lunga carriera di recensore, di dischi del genere ne ho affrontati fin troppi e a certi ho fatto anche parecchio male. I Garota alla fine sono onesti mestieranti che probabilmente sono nati negli anni in cui avrebbero dovuto proporle simili sonorità, avrebbero forse goduto di maggiore considerazione. Ora, a parte le conclusive e debordanti "Nad Jeziorem Ognia" e "Oczy Golgoty", non mi soffermerei più di tanto su questo disco. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions - 2022)
Voto: 60

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/czarne-wizje