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domenica 7 ottobre 2012

Zuriaake & Yn Gizarm - Autumn of Sad Ode & Siming of Loulan

#PER CHI AMA: Black/Ambient, Burzum
Tornano ancora una volta sulle nostre pagine i cinesi Zuriaake, dopo aver esplorato approfonditamente gli altri loro due lavori, e cosi in una sorta di percorso a ritroso, vado a scoprire quello che fu l’album di debutto, uno split album in compagnia dei connazionali Yn Gizarm, per quasi un’ora di suggestivo grim black metal. Si tratta di otto tracce suddivise equamente tra le due band, in cui i nostri paladini Zuriaake hanno riservate le prime quattro, mentre la seconda metà è dedicata all’ascolto degli impronunciabili (Yn Gizarm), il cui nome si riferisce a quello di una contea nella regione di Xinjiang Uyghur. Ed eccoli infiammare i nostri oscuri animi con “Dying in Autumn”, tipico esempio di black mid-tempo, con screaming vocals, e flebili keys burzumiane di sottofondo, nulla di che ma piacevole in una fredda notte tempestosa. La pioggia continua a battere anche nella successiva “Autumn Memories” e quei synth posti in apertura o i latrati del vocalist, non possono che ricordare “Hvis Lyset Tar Oss”, mitico terzo capitolo del Conte, cosi come pure il mantello misterioso che avvolge l’intero brano non fa che evocare le produzioni maledette del buon vecchio Burzum. “Sad Ode” è la terza traccia dell’album, dove fa la sua apparizione una voca pulita, quasi un ululato di un solitario lupo nella foresta. Il feeling che si respira è decisamente notturno, complice anche una velocità decisamente spinta a rallentatore e a delle atmosfere, il mare e il verso dei gabbiani, i tamburi, in grado di conferire al tutto anche una certa aura di sacralità. Non so come spiegarvi ma basta chiudere gli occhi durante i passaggi ambient di questa song, che velocemente si viene condotti al cospetto degli imperatori cinesi, con tanto di gong nel bel mezzo del brano, per concludere poi con un’esplosione di furia impetuosa. Peccato solo per l’uso scadente della drum machine. Ancora atmosfere eteree chiudono la performance dei nostri, che cedono il testimone ai compagni d’avventura, che esordiscono con “The Ruins of Loulan” e si presentano come altra realtà, dalla scarsa perizia tecnica, ma dalla grande capacità di intrattenere i propri ascoltatori con trovate di ovvia derivazione dalla tradizione musicale orientale. Sicuramente gli Yn Gizarm prediligono la componente più blackish; anche qui scandaloso l’uso della drum machine, tuttavia la proposta, mostrandosi un po’ più feroce dei suoi predecessori, trova comunque modo per farsi notare, grazie all’utilizzo di parti di chitarra classica sul ritmico rifferama zanzaroso o per l’utilizzo di partiture folk. Decisamente più brutale la successiva “Ghosts in Ambush” e ancor più fastidioso ed evidente l’utilizzo della batteria sintetica; fortunatamente a stemperare il ritmo disumano, ci pensa un melodico break centrale con delle epiche vocals. Finalmente una song più tranquilla la terza “Burying in the River of Peacock” che fa da preludio alla splendida conclusione affidata a”Migration” che vede chiudere uno split cd, in cui gli Zuriaake si mostrano leggermente superiori ai propri compagni, ma lasciando comunque intravedere ampi margini di miglioramento per entrambi gli ensemble. Misteriosi. (Francesco Scarci)

(Pest Production)
Voto: 70

mercoledì 11 luglio 2012

Zuriaake - Winter Mirage

#PER CHI AMA: Black Ambient, Burzum
Li abbiamo scoperti un paio di mesi fa con il loro primo album “Afterimage of Autumn”; li ritroviamo oggi con un EP di 2 pezzi, che in realtà non è altro che una re-release uscita nel gennaio 2012, del bonus cd della versione limitata del primo lavoro. Eccoli i cinesi Zuriaake e il loro black di chiara matrice “burzumiana”. Apre la title track, che con i suoi sette minuti torna a riportare in auge i suoni lenti, soffocanti e al contempo gelidi di “Hvys Lyset Tar Oss” del buon vecchio Varg Vikernes. Gli stilemi del genere sono sempre gli stessi: chitarre graffianti, zanzarose e poi le classiche keyboards che rimbombano minacciose nel sound mortifero del terzetto di Ji'nan. Mistici senza dubbio, ma alla fine un po’ troppo uguali all’originale. “Valley of Loneness” ha invece una presa alquanto differente: pur mantenendo la struttura del black ambient norvegese, presenta una chitarra un po’ più robusta, suoni meno compassati, una maggiore verve in chiave sia strumentale che musicale. Parliamoci chiaro, niente di trascendentale; queste 2 tracce integrano semplicemente le altre song del precedente lavoro. Ora mi attendo decisamente qualcosa di più concreto e in grado di mostrare una certa maturazione da parte del trio cinese. (Francesco Scarci)

(Pest Productions)
Voto: 60


La band in questione arriva dalla Cina e precisamente da Ji'nan, Shandong province ed è attiva dal 1998. L'album di casa Pest Production è l'ultima delle loro fatiche che consiste in due cd e questo EP composto da due lunghi brani (il cd è datato 2012 anche se i brani sono stati registrati e mixati nell 2007 al tempo del secondo full lenght “Afterimage of Autumn") molto suggestivi ed evocativi di “black metal” caratterizzato da atmosfere cupe e molto melodiche giocate sulla falsa riga del più radicale “black svedese” ma arricchite sullo sfondo di sonorità vicine alla musica folklorica cinese. Attenzione però, non pensiate alla solita cozzaglia di brani metal e folk equamente divisi a metà con ponte floscio folk e cavalcata, niente di tutto ciò, qui troverete due brani violentissimi e dalle atmosfere profondamente “nordiche” virate da un retro gusto geniale e ben calibrato tutto dagli occhi a mandorla. Il primo brano dal titolo tradotto in inglese dal cinese in “Winter Mirage”, parte con una cadenza lenta e ferale per poi aprirsi immediatamente a sferzanti “screaming” molto ad effetto (gli screaming sono strepitosi!), l'incedere è lento e glaciale e la voce veramente bella e diabolica scivola lentamente in un baratro senza fine sorretta da accenni di tastiera che stendono un tappeto tanto “nero” e astratto quanto sulfureo. In realtà è l'effetto globale del brano che stupisce per forza d'espressione e quel clima estraneo e rarefatto, tipico delle lande cinesi è straordinario. La forza evocativa/meditativa del secondo brano intitolato “Valley of Loneness” è una pioggia di emozioni soprattutto e insisto, nelle tastiere e negli effetti d'ambiente, che portano l'ascoltatore ad entrare in un tristissimo oscuro giardino orientale. L'effetto che si prova è quello di ascoltare le bordate taglienti di Carpathian Forest e Dark Funeral unite alle atmosfere di Alcest ma con più oscura e orientale freddezza senza inutili romanticismi. Potremmo infine avanzare l'ipotesi che se i Zuriaake non fossero cinesi ma francesi, qualche band transalpina dell'ultima ora non dormirebbe sogni tranquilli. Consigliatissimi! (Bob Stoner)

(Pest Productions)
Voto:75

giovedì 3 maggio 2012

Zuriaake - Afterimage of Autumn

#PER CHI AMA: Black Ambient, Burzum
Pensavo di aver scavato abbondantemente nell’underground, evidentemente mi sbagliavo. Lo testimoniano quest’oggi i cinesi Zuriaake e il loro introvabile album di debutto, edito dalla Pest Productions. “Afterimage of Autumn” è un lavoro un po’ datato, del 2007, che però ci tenevo a recensire, essenzialmente per dare voce a un mondo a me sconosciuto e in secondo luogo, per l’aura magica che lo avvolge sin dalla meravigliosa intro, “Whispering Woods”. Poi, il rumore di un ruscello apre “God Of Scotch Mist” e ben presto, anche le stridule chitarre (e vocals) di chiaro sapore nord europeo, fanno la loro comparsa. Burzum. Si, ancora il suo spettro che si aggira minaccioso anche per le lande infinite dell’estremo oriente. Non c’è nulla da fare, il Conte ha creato un genere che fa proseliti in tutti gli angoli del mondo, compresi questi Zuriaake. Se cosi fosse però, la recensione potrebbe anche terminare in poche righe; quello che mi fa però drizzare le antenne è l’utilizzo delle tastiere, limitato per carità, ma in grado di creare suggestive ambientazioni che sanno molto di cultura cinese. E se cosi, con la seconda traccia, ho come l’impressione di visitare il Palazzo Proibito di Bejing, con le successive song mi sento catapultato in cima alla Muraglia cinese, o al cospetto dell’Esercito di Terracotta, nonché dimenticato nelle povere campagne cinesi. La tradizione di questo popolo, i suoi suoni, i suoi umori, i dolori, le frustrazioni, la sua religione, convogliano tutte nelle tracce di questa interessante release che pur respirando la gelida aria dei boschi norvegesi, non nasconde l’amore per la propria spiritualità. Un po’ come accadde per i coreani Sad Legend, i Chthonic di Taiwan o i giapponesi Tyrant, anche con gli Zuriaake andiamo a scoprire una forma di estremismo sonoro che trae sicuramente spunto dalla musicalità di questo immenso paese. Per amanti del black ambient, ma non solo; anche chi ha voglia di esplorare una nuova cultura musicale, si faccia sicuramente avanti! (Francesco Scarci)

(Pest Productions)
Voto: 70