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sabato 6 febbraio 2016

Enisum - Arpitanian Lands

#PER CHI AMA: Shoegaze/Black Atmosferico
Poco meno di un anno fa, il Pozzo dei Dannati descriveva il terzo lavoro dei piemontesi Enisum, 'Samoht Nara', come un miscela di cascadian black e shoegaze. A distanza di 11 mesi, spetta a me raccontarvi di 'Arpitanian Lands', quarta fatica del trio della Val di Susa. L'ingresso nella lunga title track strizza l'occhio agli Alcest e immediatamente conferma quanto descritto dal mio collega nella precedente recensione. Una voce di donna, Epheliin, apre infatti questo brillante disco con i suoi eterei vocalizzi posti su di un arpeggio dal forte sapore folk. Inizia qui il racconto delle terre dell'Arpitania, che abbracciano territori di Italia, Francia e Svizzera, tributandone l'amore della band. La musica di Lys e soci ci accompagna lungo questo viaggio di scoperta, deliziandoci con il loro peculiare black dotato di passaggi atmosferici e frangenti di oscura magia, che hanno il ruolo di esaltare un suono già di per sè assai convincente. "Alpine Peaks" offre la visione estrema delle Alpi che dominano un paesaggio per certi versi estremo, conducendoci per mano sulla cima di quel gigante, creando quel senso di vertigine da far tremare le gambe. Poi alzi lo sguardo, ammiri l'orizzonte, l'apice delle montagne, respiri lentamente e a pieni polmoni con il cuore che rallenta i suoi battiti, e finalmente assapori la bellezza dello scenario che si dipana di fronte agli occhi. La canzone si muove contestualmente, tra arrembanti cavalcate black e frangenti più rallentati che ci danno modo di guardarci attorno e godere. Ma è con "Chiusella's Waters" che i nostri riescono finalmente a fare breccia nella mia anima e inebriarmi con le loro ataviche melodie che narrano del torrente omonimo che scorre in quelle terre e il cui fragore è richiamato da una certa effettistica inserita nel brano, che si muove tra epiche cavalcate e il dischiudersi di splendide melodie. "Mountain's Spirit" si fa notare per la profondità del drumming e comunque, come per le precedenti song, si muove nell'alternanza tra sciabolate black (con tanto di blast beat) e rallentamenti mid-tempo. Le frustrate estreme continuano ancor più violente nella successiva "Rociamlon" (in dialetto piemontese indica il Rocciamelone che è una montagna delle Alpi Graie), anche se qui, le brusche frenate perpetrate dalla band, rischiano quasi di sconfinare nel doom. La voce al vetriolo di Lys si conferma poi come una delle migliori del panorama estremo italico. Un altro arpeggio ed è il momento di "Fauna's Souls", una song permeata di una malinconica aura ancestrale che s'incontra e compenetra con l'irruenza del black degli Enisum, soprattutto a livello del folkloristico break centrale. "The Place Where You Died" include altri otto minuti di estremismi mid-tempo, decadenti melodie inneggiate dallo screaming lacerante di Lys, in una traccia che reputo la più matura e varia del cd. La riflessiva "Desperate Souls" e infine l'incalzante "Sunsets on My Path" (ove i gorgheggi di Epheliin tornano a palesarsi) completano un disco che conferma l'equilibrata evoluzione abbracciata dagli Enisum e paventano la possibilità di aprire a nuovi paesaggi compositivi. (Francesco Scarci)

mercoledì 4 marzo 2015

Enisum - Samoht Nara

#PER CHI AMA: Cascadian Black Metal/Shoegaze, Wolves in the Throne Room, Alcest
Tra le tracce di questo primo album uscito per la Dusktone Records nel 2014, troverete qualcosa di magico, un ponte reale tra la vostra anima e lo spirito della natura, quello più battagliero, romantico e misantropo. La one man band si fa chiamare Enisum e arriva dalla Val di Susa nelle Alpi Piemontesi; tutto il suo concept sonoro è ispirato dalla superba potenza e dalla bellezza dell'ambiente che ci circonda. E l'artwork non lascia ombre di dubbio sul connubio esistente fra musica e la forza di quella natura che ha ispirato questi sette brani di ottimo black folk metal, gelido e potente quanto basta per divenire un piccolo gioiello sotterraneo. La qualità assai alta della produzione rende il suono cristallino e vivace, limpido come una cascata di montagna, le parti folk (o meglio cascadiane) emergono senza prevalere intersecandosi alla perfezione con le incursioni più violente e dinamiche. Anche se leggermente meno corrosivi, gli Enisum ricordano il sound dei Wolves in the Throne Room per l'attitudine oscura, riflessiva e mistica che si protrae per tutti i quarantasei minuti circa di atmosfere spettrali e glaciali, ma dalle forti venature malinconiche e depressive. Le due tracce più lunghe del disco, ovvero "Civrari" e "L'Arvoiri du Cüdlit", racchiudono gli intimi segreti della mente che si cela dietro al monicker Enisum, la cui anima è divisa tra il decadente e l'introspettivo che spesso vira verso un black metal più "morbido" e dalle tinte alternative. Un sound che abbandona spesso e volentieri, ma solo in parte, la strada maestra del defender per esplorare un meltin' pot sonoro molto personale, vedi i cori angelici di "Rüvat Rùciaj", ove un suono astratto ed efficace sorprende anche senza reinventare il genere, lo rielabora con gusto e fantasia, sfoderando una buona padronanza a livello strumentale. Le parti vocali poi si fanno apprezzare nel tipico screaming black, che va alternandosi ad un raro cantato pulito e a cori che potrebbero essere migliorati per raggiungere le vette di Alcest o simili. Nel tirare le somme, possiamo affermare che 'Samoht Nara' è un album decisamente riuscito, accessibile ed intenso, omogeneo, diversamente estremo nelle sue sonorità ancestrali, emotivamente tagliente e penetrante, ricco d'atmosfera e pathos ad effetto. Uno splendido disco per sognatori oscuri. (Bob Stoner)

(Dusktone Records - 2014)
Voto: 80