#PER CHI AMA: Post Rock strumentale, Explosions in the Sky |
È tempo di partire per le stelle. E farsi cullare dai loro suoni, dalle loro luci. Dopo oltre cinque anni, tornano a farsi sentire i messicani Expedicion a las Estrellas (EALA), che tanto osannai in occasione del loro album '27'. Ho atteso troppo tempo però per ascoltare la nuova fatica del combo di Zacatecas, sebbene saltuariamente il chitarrista della band mi inviasse qualche brano per appagare la mia trepidante attesa. Alla fine eccomi qui, finalmente accontentato, alle prese con 'The Sentient', il tanto agognato secondo capitolo della saga EALA, un lavoro che è uscito un anno fa, ma soltanto ora, nella sua forma definitiva, arriva tra le mie mani. Un album che consta di dieci brani, un disco scarno di per sé, che riesce sempre e comunque ad abbinare sonorità post rock, guidate da un riffing tremolante, con malinconiche melodie ("Nuestras Alas se Vuelven Hielo Roto en el Solitario Frío del Espacio") e sonorità più graffianti (la title track ad esempio, mostra accanto a un rifferama caustico tocchi di pianoforte, campionature vocali e delicati arpeggi). Il disco, strumentale nella sua interezza, scivola via tra un capitolo e il successivo, tra ondivaghi cambi di tempo, strappi rabbiosi, frangenti notturni, sprazzi di lugubri ("No Longer Lost in Space but at Home") e sognanti atmosfere ("Fantasmas Disfrazados de Conejos Atrapados en Sombreros de Infinito Vacío"). Qualcosa però nel giocattolo EALA sembra essersi rotto: diverse infatti sono le differenze rispetto al passato. In primis l'abbandono quasi totale della matrice embrionale post black, per affidare un più ampio spazio a quelle ariose e calde aperture di scuola Mogway ed Explosions in the Sky, un peccato perché era un qualcosa che rompeva gli schemi all'epoca e non poco. Trovo che sia un peccato anche il fatto di aver eliminato le vocals feroci, prediligendo asettiche campionature vocali (peraltro alcune estratte da '2001: Odissea nello Spazio', e altre estrapolate da ulteriori film tra cui anche uno del nostro Pasolini, 'Salò o le 120 giornate di Sodoma'). Si sono perse un po' per strada anche quelle lunghe divagazioni post-metal/post-hardcore che collidevano con le escursioni jazz, math e folk che tanto mi avevano entusiasmato ai tempi di '27', i cui mistici contenuti lirici, rendevano ancor più intrigante e misterioso il contenuto di quel platter. Ebbene, se preso individualmente, 'The Transient' è un disco di interessante post rock, che vede nella schizofrenica "Clavius in Terror" il mio pezzo preferito. Certo che se vado a confrontare questo disco con un passato che trovo ancora geniale quanto mai delirante, ecco che il confronto si fa impari e mi fa vivere questa nuova release come una tremenda delusione. E allora, il mio suggerimento è di avvicinarsi a 'The Transient' e farlo vostro cosi come viene, senza caricarlo di troppe aspettative come ho erroneamente fatto io, lasciandovi ipnotizzare dai suoi psichedelici suoni, dalle sue innumerevoli imperfezioni (da rivedere il suono della batteria), dalle sue stranezze e dai suoi comunque preziosi punti di forza. Cinematografici! (Francesco Scarci)
(Self - 2015)
Voto: 70