#PER CHI AMA: Swedish Death, Dark Tranquillity, Edge of Sanity |
Avviso ai naviganti: una perturbazione di origine scandinava è arrivata pericolosamente alle coste australiane, scatenando una spaventosa ed improvvisa tempesta di ghiaccio. Strano per l’immenso paese oceanico trovarsi investito da una simile e improbabile situazione atmosferica che risponde al nome di Be’lakor. Nome assolutamente non nuovo su queste pagine, dal momento che ci siamo accorti dell’act australiano in occasione del loro secondo capitolo “Stone’s Reach”, che uscì nel 2009 per la nostrana Kolony Records, che bissa con questo brillante lavoro, quanto di buono fatto in passato. “Of Breath and Bone” prosegue sulla strada della precedente release con un sound che viaggia costantemente su coordinate death progressive, acuendo però in questo caso la componente swedish, sin dall’iniziale “Abeyance”, dove l’influenza dei Dark Tranquillity è assai palese nelle arrembanti linee di chitarra, cosi come pure nell’inizio di “Remnants” o nell’apertura di “In Parting”. Diciamo che la band di Michael Stanne e soci diventa il primo punto di riferimento per il quintetto australiano e sinceramente la cosa non mi disturba affatto, anzi ben venga se questo è il risultato. Ottime le linee di chitarra, sempre molto ricercate e melodiche (fenomenale la linea di “Fraught”, costantemente accompagnata da malinconici tocchi di pianoforte), possente il growling di George, la cui impostazione può ricordare quella del vocalist dei Saturnus e in taluni frangenti (proprio come in questa song), anche il sound più oscuro dei nostri, può rievocare quello dei maestri del death doom danese. Ed ecco quindi emergere anche l’anima doomsters dei cinque ragazzi di Melbourne, anche se poi è il melo death svedese ad esplodere più forte che mai. Non so che cosa sia successo ai nostri eroi australiani, ma di sicuro ha portato un’ulteriore ventata di freschezza alla proposta dei Be’lakor, capaci di proporre anche ritmiche più sognanti come quelle di “Absit Omen”, prima che un’inferocita ritmica in stile Edge of Sanity, prenda in mano le redini del pezzo. Indiavolati, progressivi, melodici, apocalittici, brutali più che mai; questi sono i Be’lakor targati 2012, per nostra somma gioia. Ancora una volta l’Australia dopo Ne Obliviscaris, Aquilus e Germ, partorisce un’altra piccola gemma nel panorama estremo, ad indicare che laggiù, dall’altra parte del mondo, c’è ancora un bel po’ di spazio per potermi stupire. (Francesco Scarci)