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venerdì 7 luglio 2023

Thumos - Demo Collection

#PER CHI AMA: Instrumental Post Metal
Questa degli americani Thumos rappresenta una gustosa raccolta per chi segue la band sin dai suoi esordi. Forti di una notevole discografia, pur essendosi formati solamente nel 2018, i quattro gringo ci accompagnano alla scoperta dei loro iniziali cinque demo, 'The Spire' del 2018, 'Mono No Awake' del 2019, 'Lacrimae Rerum' e 'Unwritten Doctrines' del 2020, e infine 'Demiurge' del 2021. Sembra un'opera monumentale, in realtà sono 10 pezzi per 53 minuti di musica, dove apprezzare, se ne sarete in grado, l'evoluzione musicale di una band, votata ad un post metal interamente strumentale. E forse è la mancanza di una voce a rendere più complicata la sfida di capire in che modo i nostri sono maturati in questi quattro anni, in quanto la breve "The Spire" poco si discosta in realtà da "Hiraeth" e "Morriña", contenute nel secondo demo, forse più strutturate, vista anche una lunghezza più importante, se volete più oscure, ma dotate anche di una certa verbosità che sembra diluirne la longevità. Non discuto sulle qualità della band, di cui avevo recensito anche 'The Republic', album d'esordio sulla lunga distanza uscito nel 2022. Potrei dire che "Symbiosis" contenuta nella terza demo sembra più dinamica nel suo incedere, guidata da un bel basso e da una chitarra graffiante, mentre la successiva "Transtemporal" suona un filo più abbottonata all'inizio, per poi lasciarsi andare in una ritmica più fluida e potente nella seconda metà. Scorrendo gli altri pezzi, citerei la dirompente ritmica di "Anamnesis", la brevità devastante di "Emission" che ammica al post black nei frammenti impazziti del suo rutilante incedere, o ancora l'asfissiante "Aporia", in bilico tra doom e post-metal. Sono arrivato all'ultima demo eppure, ribadisco, non trovo sostanziali differenze tra i pezzi, se non in fatto di un certo inasprimento delle sonorità, più vicine al black in un pezzo come "The Betrayer is Come", più pesante invece in "Know the Face of the Destroyer". Il lavoro contiene poi un cd bonus, che include gli EP 'The End of Words' e 'Nothing Further Beyond', usciti nel 2021. Quindi mettetevi comodi perchè troverete altri 55 minuti di musica claustrofobica ("Epithumetikon" e "The Great Beast"), roboante ("Thumoeides" e "The Chariot") e più dissonante ("Metempsychosis" e "The Pillars"). Tutto molto interessante, ma che alla lunga (e dopo quasi due ore statene certi), rischia di annoiare terribilmente e spingerci a premere il quadratino dello STOP sul nostro lettore. (Francesco Scarci)

Moshquito - World's End

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Thrash Metal
Originari della ex-DDR (ovvero dei territori tedeschi occupati sino all'89 dall'esercito russo), questi Moshquito propongono un thrash metal compatto, che si assesta per lo più su mid-tempo, con episodiche accelerazioni. Il cd è ben prodotto (discorso a parte per la terrificante copertina) e dà l'idea di una band tecnicamente assai preparata e motivata (del resto sono in pista dal 1987!!!). Vocals abrasive, dall'inizio alla fine, senza acuti alla Rob Halford, grazie al cielo! I nove brani di questo 'World's End' (mai titolo fu cosi azzeccato in questo periodo/ndr) sono tutti di buon livello, anche se devo confessare che quello praticato dai cinque teutonici non sia propriamente il mio genere.

(Morbid Records - 2001)
Voto: 65

https://www.facebook.com/Moshquitoband

Drakon - Р​е​ч​и в​ы​с​о​к​и​е

#PER CHI AMA: Black/Death
Poco più di due mesi fa recensivo 'П​р​о​б​у​ж​д​е​н​и​е' dei russi Drakon, loro full-length d'esordio. Ora, sulla mia scrivania arriva questo 'Р​е​ч​и в​ы​с​о​к​и​е', che potremmo tradurre in inglese come "The Speech is High". Non so a quale discorso il duo, formato da Veleyar e Demether Grail, faccia riferimento, ma per quanto concerne l'aspetto prettamente musicale, non vedo grossi scossoni stilistici rispetto al precedente album. Tre nuove tracce più due cover, di Unanimated ed Enslaved, a tastare il polso della situazione in casa Drakon. Si parte da "Промысл русского Рода", e da una vertiginosa ritmica black/death, su cui si staglia la voce del frontman russo. Chitarre taglienti in stile black svedese intaliano riff acuminati come rasoi, poi il terreno frana in un breve break atmosferico, per poi ripartire in un finale acidissimo. Nessuna peculiarità in questi primi quattro minuti, per poter dire che la proposta dei nostri sia del tutto originale. Ben suonata forse, ma per quel che riguarda la personalità, beh siamo lontani anni luce. La situazione prosegue anche nella successiva "Времяворот", che vede, come unica differenza, una più marcata ricerca di cambi di tempo, cosi come della presenza di cori ad affiancare il cantato gruignolesco del frontman. E ancora, una parvenza di assolo a stemperare la brutalità dell'act russo. "Бог войны" ha un sound più oscuro, assai ritmato e identificabile a cavallo tra il black norvegese e quello svedese, con una discreta dose di melodia ed un rifferama che si conferma compatto ed implacabile. Un altro break atmosferico a stemperare la furia del duo russo e non posso che apprezzare questa ricerca di diversificare i suoni di quello che potrebbe essere tranquillamente una copia del vecchio album. Arriva anche il momento delle cover: "Life Demise" degli Unanimated, da 'Ancient God of Evil' e "Fenris" degli Enslaved, addirittura da 'Frost', due mitici pezzi anni '90 riletti quasi fedelmente rispetto alle originali e che pertanto non spostano di molto il mio giudizio finale. Speriamo in un prossimo lavoro, che veda una maggiore ricercatezza in fatto di originalità, mentre per ora, mi trovo costretto a confermare il vecchio giudizio. (Francesco Scarci)

(Sleaszy Rider Records - 2023)
Voto: 64

https://drakonblackmetal.bandcamp.com/album/ep

CRM - My Lunch

#PER CHI AMA: Electro/Post Psych Punk
CRM non è un nuovo ufficio deputato a chissà quale burocratica mansione, ma è l'acronimo per i romani Customer Relationship Madness che tornano con un nuovo album, 'My Lunch'. La proposta del quartetto si muove su coordinate stilistiche che, già dall'iniziale "Interference", strizzano l'occhiolino all'elettronica, per ciò che concerne la base ritmica, al dark/post-punk di "curiana" memoria, per ciò che riguarda la voce e lo psych rock, in fatto di solismi. Un approccio stilistico che mi mette subito a mio agio, mi rilassa e induce a immergermi con maggiore consapevolezza nel suono dilatato dei nostri, che vedono nel finale anche la presenza di una voce femminile (Elisabetta Caiani) a sublimare il tutto. "Buy" non fa che confermare le parole spese per l'opening track, con un sound energico, che ammicca sicuramente a destra e a manca al post punk, ma che comunque sconfina in altri generi, garage rock, elettronica, alternative e sperimentalismi sonori che potrebbero evocare addirittura il Duca Bianco (e se non sapete chi è, andatevelo a cercare). Ancor più spiazzanti le sonorità psych/space rock incluse in "Alone", complice l'uso massivo di synth, theremin e dronin, senza tralasciare un ipnotico basso in sottofondo che ne guida l'ascolto, ed un feeling che, per certi versi, potrebbe qui evocare i Doors. Mi piacciono, lo devo ammettere, anche se la cibernetica title track non mi fa troppo impazzire. Ha una durata un pochino impegnativa (oltre nove minuti), mentre per questo genere cosi complesso, opterei per brani più veloci per facilitarne la fruizione; ha sonorità poi molto più stralunate, il che potrebbe essere un pregio, ma la durata cosi importante necessita comunque di un grande sforzo nell'ascolto, soprattutto se i mutamenti in seno al brano virano verso la musica EBM/techno/dance. Ecco, 'My Lunch' non è proprio un disco da mettere per un picnic nel prato, è qualcosa che entra sotto la pelle, richiede una buona dose di concentrazione per assuefarsi ai suoi umori. Dopo essersi immersi nel mondo dronico di "My Lunch", ecco "Mirror", decisamente più rilassata nel suo incedere malinconico, che mostra peraltro più di una certa reminiscenza con i Depeche Mode. Anche qui, oltre otto minuti che, vista la ridondanza del pezzo, avrei interrotto almeno con un paio di minuti di anticipo. "Weirdo", che significa strano, lo è di nome e di fatto grazie a quella sua andatura sbilenca nella prima metà; poi assistiamo all'enesimo fenomeno di trasfigurazione musicale che evolve in stranite atmosfere. Una bella tromba apre "Vanity Wheel" e l'atmosfera è quella da lounge bar, locale fumoso, luci soffuse, una voce alla Robert Smith, che si alterna con quella della particolare Elisabetta, in un pezzo dotato sicuramente di un certo carisma e che vede altri richiami ai Frankie Goes to Hollywood. Potrebbe essere un'eresia, però provate a dargli un ascolto e dirmi se non ho ragione. In chiusura, un altro paio di pezzi: "Dreamers", parafrasando il suo titolo, ha un che di onirico che mi ha risvegliato nella memoria due vecchi pezzi dei Simple Minds, "Big Sleep" e "Hunter and the Hunted"; potrete immaginare quindi il mio piacere. Infine, "Jesus's Back", mosso da un ultimo afflato che chiama in causa il movimento trip hop guidato da Portished/Massive Attack, e lo fa convivere con un psych rock tanto sbalestrato quanto accattivante, che sancisce le eccelse qualità compositive di questi folli CRM. (Francesco Scarci)

(Overdub Recordings - 2023)
Voto: 75

https://crm-music.bandcamp.com/album/my-lunch

sabato 1 luglio 2023

Napalm Death - Order of the Leech

#FOR FANS OF: Death Old School
I think this is a solid release as well as line-up. Except for the fact that they don't have Mick Harris anymore. He seemed to be the driving force when it came to grindcore. But Napalm changed into more of a death metal band than grind. The energy is high up there and the riffs are mind boggling. This is another newer generation of Napalm that I like. A lot of their newer material is OK but I prefer the old. This has a good sound to it and vibe. I think old school Barney is the best but he's doing good on here as well.

The music is the highlight of this album and I did enjoy pretty much all the tracks. Mitch's vocals are a little annoying though, but it brings back Mick to old Napalm. I felt that the bulk of the songs had a good structure to them and the guitar tone was appropriate. They were fortunate that Jesse (RIP) was still with the band at this point. I always liked him with the band. I think after 'Harmony Corruption' the band experienced a fall in their energy (Mick). They've just changed when he left and turned more towards death metal than grind. Not that that's bad, but maybe change their name, I'm not sure.

The guitars sound like they're tuned pretty low hence their thick sound. Really keeping it underground they are and Danny has some wicked drum tracks though it sounds like he's using triggers. That's not bad just has to keep up with the rhythms! I guess I just like the old school Napalm though I do think a lot of their newer stuff is palatable. But yeah, they should've changed their name. However, there are a lot of good moments to this album. Nothing that sticks as well as the old but still, it is quality. Barney isn't as low on the growls as he was on 'Harmony Corruption' or 'Fear, Emptiness, Despair'.

This album is more than 20 years old, but it's still on the good side of Napalm. The main members were with the band on here (Barney, Jesse, Mitch and Shane). I don't know what happened to the last track on this album but all the songs are pretty strong! I decided to buy the CD after hearing this digitally. Mind you, I still collect CD's. It was worth getting, wholeheartedly! The energy and fire is still there on this one it'll just never amount to 'Harmony Corruption'. That one was filled with death/grind glory! Still, an excellent effort on this one. They have shown the metal community fresh new riffs! Check it! (Death8699)


(FETO Records/Peaceville Records - 2002/2015)
Score: 70

https://www.facebook.com/officialnapalmdeath

The Upland Band - Living in Paradise

#PER CHI AMA: Psych/Indie
Chissà a quale territorio montano si riferisce Michael Beckett, unico membro di questa The Upland Band? A quanto pare il polistrumentista teutonico farebbe riferimento ad un piccolo villaggio in una zona collinare della Renania orientale, quell'area, per intenderci, posta tra Germania e Paesi Bassi. È qui che è ambientato questo 'Living in Paradise'. Nove brevi racconti a narrarci, attraverso un soft-psych-indie-pop, fatti storici, osservazioni oggettive e addirittura piccanti gossip del villaggio stesso, grazie anche ad un cast di personaggi assai particolari. Si parte con le prime due song del disco, "A Partial Overview of the Neighborhood" e "ohfivetwosixfive" (si, con la "o" minuscola), e un sound che sembra ammiccare ad un post punk contaminato dalla psichedelia, quella stessa che annebbia le nostre menti nella successiva "Metamphetamine and Clay" (che narra di una cartiera utilizzata nella produzione di massa delle metanfenamine, insomma un 'Breaking Bad' de noialtri), un pezzo decisamente più blando (e pop) nei ritmi e nelle chitarre, per quasi quattro minuti di atmosfere rilassate e con la voce di Michael, vicino a certe cose dei Yo La Tengo, a contribuire a questo stato di ovattamento mentale. Se avevo apprezzato decisamente le prime due tracce, non posso dire altrettanto di quest'ultima e della quarta "Walk or Run", un altro pezzo quasi anestetizzante e dotato di scarso mordente, almeno fino al break acustico celestiale, posto da metà brano in su, sembra valorizzare maggiormente il prodotto del buon Michael. "Ontario" parla del fantasma di un pilota di bombardieri canadese abbattuto, ma il pezzo è in realtà puro drone per due minuti e mezzo. "The Curly Kale Express" parla ironicamente di un treno dove potersi mangiare cavolo riccio, in un brano dai ritmi e contenuti decisamente ironici, cosi come la seguente "Swastika Ink". In chiusura, "Down and Out (in the 17th Century)" e "Rain, Sleet and Mud", la prima col suo riff ridondante sparato in loop per oltre cinque minuti, la seconda più sghemba ed ipnoticamente indirizzata a chiudere un disco apparentemente easy listening, in realtà complicato da digerire e comprendere. (Francesco Scarci)

(Cargo Records/Sonic Rendezvous/Differant/Irascible/Goodfellas - 2023)
Voto: 65

https://kapitaenplatte.bandcamp.com/album/living-in-paradise

Miasmes - Répugnance

#PER CHI AMA: Black/Death
Li avevo recensiti poco meno di un anno fa in occasione del loro EP di debutto, 'Vermines'. Tornano oggi i francesi Miasmes, questa volta con Lp d'esordio, 'Répugnance'. Lo stile black old school mi sembra trovare ampie conferme anche in questa nuova release, che sembra non far sconti a nessuno in fatto di brutalità. Nove i pezzi a disposizione per sancire la ferocia di questo terzetto transalpino che, fin dall'iniziale "Délivrance", fa della violenza il proprio pamphlet con un sound davvero malvagio e incazzato. Echi di Impaled Nazarene sembrano confluire nell'impasto sonoro dei nostri con un concentrato granitico di black, death e punk. Ecco, queste poche righe basterebbero a descrivere il contenuto di questa release, che di certo non sprizza originalità dai suoi pori, ma che poi in realtà mostra come per fare un bel bordello, sia necessario anche avere gli attributi, le idee, e le competenze. Ebbene, i Miasmes non si tirano certo indietro, macinano vittime lungo il proprio cammino con armi convenzionali, dal basso assassino di "Prophétie" che ben va a braccetto con il caustico screaming di G. E poi ancora "Calvaire" e le sue ritmiche tanto devastanti quanto sghembe, e quelle sue chitarre che potrebbero evocare anche i Mayhem, con quel rifferama più vicino ad una sega circolare che al suono della sei corde. Non male poi l'assolo selvaggio che chiude il pezzo che ci introduce immediatamente ad un'altra song di violenza inaudita, "Peste". Se pensate di trovare melodie ruffiane, parti orchestrali, break atmosferici o quant'altro, beh potete pure scordarvelo, qui non passa lo straniero, diceva qualcuno. E siamo solo a metà strada. Il massacro infatti continua "Répulsion", una song che per lo meno, nel suo incipit mostra un approccio più mid-tempo, cosa che non si può altrettanto dire di "Malemort" e "Aversion", un altro paio di brani che ci rifilano un uno-due tra mandibola e stomaco, lavorandoci poi ai fianchi, con precisione chirurgica la prima, e dirompenza punk hardcore la seconda. Siamo quasi agli sgoccioli e mancano le ultime due song, la deflagrante "Destructeurs" (con cui però inizio a percepire i primi segni di stanchezza dall'ascolto della release) e la conclusiva "Pestilence", il pezzo più lungo del lotto, che condensa verosimilmente quanto ascoltato nei precedenti 36 minuti con ritmiche serrate di scuola Mayhem unite a quell'attitudine degli Impaled Nazarene. Alla fine 'Répugnance' è un album onesto di suoni vecchia scuola che piacerà però esclusivamente agli amanti di tali sonorità e pochissimi altri. (Francesco Scarci)

(Ladlo Productions - 2023)
Voto: 70

https://ladlo.bandcamp.com/album/r-pugnance

mercoledì 28 giugno 2023

Ifryt - P​ł​uca

#PER CHI AMA: Heavy/Black'n'Roll
In tutta sincerità con una copertina del genere, mi sarei aspettato sonorità dal piglio progressive, invece i polacchi Ifryt (one-man band guidata da tal Kuna) irrompono con questo loro EP di debutto, intitolato 'Płuca', con un heavy black'n'roll, e tre cavalcate che già dall'iniziale "Klucz Salomona", evidenziano un approccio chitarristico speed metal vicino a certe cose di Running Wild/Judas Priest, mentre le vocals si avvicendano tra uno screaming propriamente black e un cantato pulito, mai troppo convincente, a dire il vero. Positivo a livello solistico, ma già da questo primo pezzo si notano zone d'ombra. Si prosegue allora con un ascolto ancora più attento della successiva "Kona Allah", un'altra scheggia speed black dal suono piuttosto anacronistico, anni '80 per intenderci e stile Celtic Frost, in cui salverei solo il lavoro delle chitarre nella parte solistica, per il resto niente, ma proprio niente di nuovo dal fronte orientale. E andiamo ad ascoltare il terzo e ultimo brano, i dieci minuti secchi di "Straszne Rzeczy", che parte con delle spoken words su di una porzione ritmata, prima di esplodere in una poltiglia di suoni arraffati alla bell'e meglio. Tra accelerazioni black, parti atmosferiche, vocalizzi blackish, porzioni folkloriche, partiture dissonanti, cori puliti in polacco e solismi affatto male, l'unico difetto sembra essere legato ad una certa mancanza di armonia tra tutti questi elementi. Tuttavia, devo ammettere che questo potrebbe essere un buon punto da cui partire con un sound più avanguardistico, se meglio concepito e strutturato. Si attendono sviluppi da questo cantiere aperto. (Francesco Scarci)

(Godz Ov War Productions - 2023)
Voto: 62

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/p-uca

Dead Head - Dream Deceiver

#FOR FANS OF: Thrash/Death
I actually like this album more than their newer material! The music is better, so is the production and vocals. Quite an array of thrash galore and not so much death metal here, they seem to blend those two genres together. The vocals are a little different from what I'm used to, but the music is top notch! A lot of memorable riffs here and quite a sum of variety, too! Everything fit together on this release. Nothing seems to really lag, the energy is high up there. All 10 tracks (but the last release under Hammerheart Records, has 17!) are good, there weren't any that I though were lesser than others. They really seemed to put their creative juices to work on this one.

One thing that I won't get into are the lyrical concepts. Everything else I'm pretty open to on here. This is a second album I've heard from this band and I'm really liking what I'm hearing! The guitar riffs I've paid close attention to and I've concluded it's probably their best in existence! I took the liberty to find this on CD because I really want to hear it in my stereo, not nauseating headphones. They don't have a mountain full of followers nor press, so helping this band is the best way to show they mean business in the metal realm. I've done my part and if you're not convinced, it's your issue.

This is somewhat of an old-style production type of recording, but everything seemed to be mixed well! The guitars and vocals I paid most attention to. I've found that there's not an overabundance of lead guitar going around here, just enough. That's something I found fault in their more recent recordings. The rhythms were straightforward and somewhat technical. But they sure as hell made catchy riffs! They were pretty original in their songwriting. I didn't find much flaws in their playing, they were immaculate! The voice went well with the music! I've found the music to be the most likable aspect to this release.

As I've said, show some support to this band and buy the CD! It's worth it, to those who still have CD players! Spotify and YouTube both feature this album. I would take an hour out of your time and take a good listen to this release! It's worth your time. I wouldn't be urging you to do it if I didn't believe it to be true! Thrash galore and the riffs are hell of a lot of creative in this genre of metal! I'd like for this band to stay in existence for a while longer even if it just amounts to a few good releases. But like I said, I've found all the albums I've heard from this band to be palatable! Check them out!
(Death8699)

(Bad Taste Recordings/Hammerheart Records - 1993/2019)
Score: 74

https://deadheadhhr.bandcamp.com/album/dream-deceiver

Iron Maiden - Powerslave

#FOR FANS OF: Heavy Metal
Probably the most catchy Iron Maiden release that I've ever heard. And I've been into metal for over 30 years! The chorus's are epic and the rhythms are unique as all hell. The leads amazing and Bruce on vocals never disappoints! The riffs and vocals are how this album shines. Not a song here that is "bad" or "bogus." They all are amazing! I'm surprised that I became a Maiden fan so much later on in their career. But that's alright, I'm able to enjoy it now! The guitars and vocals especially. They put on a great live performance as well! The songs sound as good as they are on the album.

This whole album rocks, there isn't a song on here that's devoid of glory. Every song is a highlight and for a 40 year old album the production is good. I got the remastered version but still! All the instruments were well mixed. Hands down, my favorite Maiden release! The songs are just epic! The lead guitars smoked as well. They sound just as good live as they do on the album. Maybe even better! These guys are the pioneers in heavy metal. If you just take a listen to this one if you're a critic and you'll hear what I mean. They're a 5-piece on this one live there were 6 members. Man do they crush live!

Bruce sounds great on here and he had to battle throat cancer. Of course, this was way back in the early 80's when he was in his prime. He still sounds good though at 64 years old. I'm glad I got to see them perform before they retire. It doesn't seem like they're going to though, I think there's still the fire in all of them. I still need to build up my Maiden collection I only own two of their releases. Good thing that there's a local record store that stocks a lot of METAL!! I made sure to get this one first since I've heard it before. It's no surprise that there's 30 reviews for this album! A lot of say about it!

Do yourself a favor if you're a newbie in heavy metal start with this Maiden album! Buy the CD, don't just stream it. But well, if you're going to stream it first get a physical copy next if you aren't convinced. The guitars, vocals and vibe is all there. "Aces High" and "2 Minutes To Midnight" are my favorite songs from this one. But they're all good. The originality in the guitars and Bruce's voice is top notch. The range is there and Bruce just smokes. This guy can really sing. The guitars go well with the vocals. Do yourself a favor and pick this up it's worth its weight in gold! (Death8699)


martedì 27 giugno 2023

Rainer Landfermann - Mehr Licht

#PER CHI AMA: Experimental Black/Avantgarde
Nuovo EP per il polistrumentista teutonico, ex Bethlehem (ma anche ex Pavor e Lovelorn), Rainer Landfermann, un tipo fuori dalle righe non c'è dubbio, estraneo ad ogni clichè del genere, ma d'altro canto cosa aspettarsi da chi ha suonato nei mitici Bethlehem? Solo due però i pezzi a disposizione per saggiare l'avanguardismo sonoro del musicista di Bonn. E diamine, che proposta fuori dal comune quella del buon Rainer che già dall'iniziale title track, propone un sound che miscela musica classico-orchestrale (stile Angizia) con vocalizzi black, una tonnellata di synth e chi più ne ha, più ne metta. Per non parlare poi del delirante incipit della seconda "Originalstimme", un pezzo che parte totalmente sghembo nella sua dissonanza sonica, a cui aggiungere poi delle vocals quasi salmodianti per una specie di sacro rituale, spezzato da bizzarre folate jazzistiche che sparigliano completamente le carte in tavola. Non certo un EP facile a cui accostarsi, ma comunque un lavoro che mostra un gran coraggio nel proporre musica fuori dai consueti canoni sonori. Voto più basso solo per l'esigua durata del 12". (Francesco Scarci)

Alas - Absolute Purity

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Progressive Metal
Ottimo esordio (rimasto poi tale) per questi Alas, band floridiana capeggiati dal grande Erik Rutan (Hate Eternal, ex-Mordid Angel), forse non del tutto originalissimo come concept, ma sicuramente ben suonato e presentato ottimamente per quanto riguarda la veste grafica (Niklas Sundin) e la promozione. Per quanto riguarda la musica poi, ci troviamo davanti ad un ottimo progressive metal con delle buone trame di chitarra (e come potrebbe essere diversamente!) ed una sconvolgente voce della ex cantante dei Therion Martina Astner, che svolge egregiamente il compito affidatole. A chiudere il quadro ci sono due ottimi musicisti: Howard Davis (ex batterista dei Genitorturers e Die Krupps in tour) e Scott Hornick (poliedrico bassista dei Dim Mak con influenze jazz-fusion metal). Come accennato all’inizio, niente di originale od innovativo, ma lo considero come un ottimo ripasso per tutti gli amanti dei Therion più sinfonici et similia.

(Hammerheart Records - 2001)
Voto: 72

https://www.metal-archives.com/bands/Alas/

The Pit Tips

Francesco Scarci

Giant Squid - The Ichthyologist
Light - Alone
Vetvi - Glubina

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Death8699

Death - Leprosy
Death - Scream Bloody Gore
Immortal - War Against All

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Alain González Artola

Host - IX
Erensyrah - Her Ghost is a Skygazer
Hlidskjalf - Vinteren Kommer

lunedì 26 giugno 2023

Moonreich - Amer

#PER CHI AMA: Black/Death
Moonreich atto III, almeno qui nel Pozzo dei Dannati, con questo quinto capitolo della loro discografia, ‘Amer’, che sembra consegnarci una band in forma dopo le fatiche del periodo Covid. Il disco include cinque nuove tracce per 43 minuti di sonorità dissonanti di scuola Deathspell Omega e su questo non avevo dubbi, condividendo il paese d’origine delle band, la Francia, che sembra aver imbastito una scena estrema che si muove proprio sulle orme dei maestri Blut Aus Nord e Deathspell Omega appunto. Quindi, il duo di Parigi si lancia con questa nuova prova miscelando ancora un death black con visionarie ed estemporanee porzioni sperimentali. Ascoltatevi il break improvviso di “Of Swine and Ecstasy”, un pezzo spigoloso ma che racchiude stralunate trovate artistiche sia a livello ritmico che solistico, con ventate di melodia che si mischiano a bordate nucleari. Le medesime che prendono fuoco nella seconda “Amer”, la title track, un concentrato di death black senza troppi fronzoli, fatto salvo per un malinconico rallentamento nella seconda metà del brano che ne controverte il mio giudizio finale, un po’ abbottonato fino a quel momento. Il disco comunque prosegue su coordinate similari, tra rasoiate ritmiche dal piglio post-black (“Astral Jaws”), laceranti rallentamenti atmosferici, voci addirittura grooveggianti (“Where We Sink”), ma anche una certa venatura progressiva che sembra chiamare in causa Enslaved e The Ocean (ancora “Astral Jaws” e la lunga – oltre 13 minuti – e tribaleggiante “The Cave of Superstition”). ‘Amer’ alla fine è un lavoro complesso, che forse all’inizio potrà puzzare di già sentito, ma che dopo innumerevoli ascolti, potrebbe invece rivelare interessanti aspetti che inizialmente rimangono celati dietro ad un ascolto superficiale. Un disco a cui dare più di una chance. (Francesco Scarci)

(Ladlo Productions - 2023)
Voto: 73

https://ladlo.bandcamp.com/album/amer

2 Ton Predator - Boogie

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Thrash/Groove, Crowbar, Pantera
Questa band ha uno stile molto cadenzato che ricorda i The Haunted. Tuttavia, gli svedesi 2 Ton Predator mostrano un'impostazione più hardcore e meno ad effetto. Il thrash vecchio stampo che propongono ha un cantato con cori che si rifà a Phil Anselmo ai tempi di 'Vulgar Displayof Power', e nel complesso è introverso, ritmato alla maniera di un boogie, piuttosto sciolto ed intensamente metal. In alcune canzoni il sound sembra più sostenuto mentre in altre un po' più pensoso, triste o articolato, ma sempre dotato di un’ottima registrazione. Troverete canzoni a volte pesanti e lente ("4 Tounges Strong") ma sempre a tono con l’insieme, comunque dovrebbero essere un po’ più personali come nell’ultima "Empty Chambers" e non suonar solo ciò che gli piace, benchè ben fatto ed accattivante, ma troppo influenzato dai Pantera. Inoltre, con lo scorrere dell’album, prevale un'impostazione più lenta in linea con qualcosa dei vecchi Sacred Reich.

Aurora Borealis - Northern Lights

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
Sicuramente quest' album non trasuda originalità, ma questo non è proprio un difetto. Rispetto al precedente 'Archaic Lights Embrace', autoprodotto dalla band, gli americani hanno fatto un deciso passo avanti (a proposito, la versione europea contiene delle bonus tracks prese proprio da 'Archaic Lights Embrace'). Gli Aurora Borealis si presentano come una black/death metal band, e questo musicalmente è sicuramente vero. La cosa che mi ha sorpreso è la tecnica che sicuramente è nello stile delle band death. Ascoltandoli mi hanno riportato alla mente certi At the Gates, ma anche la scuola americana si sente, sia nella globalità dei suoni che nella stuttura delle tracce. Il lato black spunta nelle parti vocali, davvero crude e marce, oppure quando la band, a velocità elevata, si lancia in riff mooolto blackish ma che culminano in assoli alla Morbid Angel. Per la batteria posso solo dirvi che si trova l'ex Malevolent Creation Derik Roddy, che sicuramente vi farà ritrovare in alcuni punti con la mascella slogata per lo stupore. Dal lato chitarristico troverete un'ottima alternanza tra parti più cadenzate e riffing taglienti. "Sky Dweller" è sicuramente la canzone che mi ha più colpito, e qui Ron Vento, mente degli Aurora Borealis, ci fa ascoltare una traccia di una brutalità e follia sconcertanti. Quindi anche dal lato chitarristico, gli Aurora Borealis non hanno nulla da invidiare a band sicuramente più conosciute. Per quanto riguarda la produzione è decisamente buona e pulita (almeno per quello che le mie orecchie riescono ancora a percepire). Posso concludere dicendo che questo è un cd aggressivo e tecnico, che darà agli ascoltatori di death old school qualcosa di diverso da ascoltare che sicuramente non li lascerà delusi. Ma gli ascoltatori di black metal "ortodosso" è meglio che valutino l'acquisto.

(Nightsky Productions/Self - 2000/2018)
Voto: 65

https://auroraborealisofficial.bandcamp.com/album/northern-lights

Soulcarrion - S/t

#PER CHI AMA: Death Old School
Lo scorso anno recensii il debut album dei polacchi Soulcarrion, un putrido lavoro di death old school di scuola americana. Oggi i due artisti di Varsavia tornano con un EP omonimo nuovo di zecca, edito in formato digipack dalla sempre più attenta Godz ov War Productions. Da una prima analisi direi che non ci sono sostanziali modifiche nel sound dell’ensemble: le chitarra rimangono putride quanto basta, le growling vocals rimangono al loro posto, le ritmiche rimangono alla stregua di un treno impazzito, cosi come gli assoli ubriacanti che si confermano ad altissimi livelli tecnici. E allora, che cambia, penserete voi? Una benemerita mazza, vi rispondo io, fatto salvo per una batteria dal suono troppo plasticoso sin dall’iniziale “Path of Hypocrisy” che mi fa storcere un pochino il naso. Per il resto, stiamo parlando di quattro nuove velenose schegge impazzite (di nome e di fatto visto anche lo scarso minutaggio – “Death Revelation” dura addirittura meno di due minuti) che potevano stare sul precedente ‘Infernal Agony’ o su un disco qualsiasi dei Morbid Angel (a cui aggiungerei anche Vader e primi Deicide), che la loro porca figura l’avrebbero fatta sicuramente. Per mantenermi quindi coerente con quello che era il voto del precedente lavoro, confermo il mio 65, intimando la band a offrire qualcosina di più personale per il futuro. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions – 2023)
Voto: 65

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/soulcarrion

martedì 20 giugno 2023

Leagus - Flora Eallin

#PER CHI AMA: Jazz Rock Sperimentale
Prosegue la scoperta nel sottosuolo norvegese di realtà fuori dal comune. Abbiamo da poco recensito i Seven Impala o la bizzarra creatura di Lars Fredrik Frøislie, e ora ci ritroviamo fra le mani 'Flora Eallin' del duo dei Leagus. Che aspettarci quindi da questa release? Intanto direi l'eleganza di un pianoforte che apre timidamente "Kime", la traccia che inaugura l'ascolto di un disco che sembra nascere come un lavoro di improvvisazione rock jazz, che sembra andare tanto di moda negli ultimi tempi. È una specie di intro ambient quindi quello che dà il via a questo lavoro. Con "Flor" infatti ci immergiamo nelle dinamiche strumental-sperimentali dei due musicisiti e dei molteplici ospiti che ne popolano l'album, sospese tra percussioni da lounge club (suggestivo il contrabbasso di Marianne Halmrast), effluvi elettro-noise, ritmiche oniriche, assoli di sax (a cura di Ola Asdahl Rokkones, Sondre A. Kleven e Fred Glesnes), il tutto avvolto in un sound che dire minimalista, potrebbe risultare quasi eufemistico. Mettiamo comunque in chiaro che nemmeno 'Flora Eallin', al pari di tantissimi lavori usciti in questo genere ultimamente, sia un lavoro cosi facile a cui accostarsi. Lo dimostrano anche i pezzi successivi che, come anticipavo, suonano più come una jam session tra professoroni della musica atti ad assemblare musica tanto coraggiosa quanto estremamente sperimentale. "Vann" è un ensemble di suoni scomposti e voci surreali. "Tendril", dotata di una forma canzone, è semplicemente vellutata, soprattutto merito di una coppia di strepitose interpreti vocali (che cantano in norvegese). Che il disco sia stato commissionato dalla North Norwegian Jazz Ensemble, appare più chiaro man mano che si avanza nell'ascolto di 'Flora Eallin'. Analogamente a questa traccia, anche "Nihkui" (e poi ancora "Mykorrhyza") sembra seguire una logica comune, fatta di timide melodie sorrette da eteree voci femminili e fughe di sax. "Vind" si fa notare invece per una sorta di solo di contrabbasso, mentre "Pripyat" (in compagnia di "Hyperion") sembra la traccia più dinamica e sorprendente del lotto, tra giochi al pianoforte, uno splendido percussionismo, squarci di "zorniana" memoria, una certa dissonanza ritmica, voci hip-hop, atmosfere cupe e un'andatura che alla fine sarà baldanzosa e altalenante, che probabilmente la rendono la traccia più indovinata in questo lotto di imprevedibili song degli stravaganti Leagus. Una band complicatamente folle. (Francesco Scarci)

(Is it Jazz? Records - 2023)
Voto: 75

https://leagus.bandcamp.com/album/flora-eallin

Megalith Levitation - Obscure Fire

#PER CHI AMA: Stoner/Doom
Li avevo già recensiti un paio di volte e non mi avevano mai convinto. Chissà se questo nuovo ‘Obscure Fire’, nuova fatica dei russi Megalith Levitation, saprà questa volta colpirmi in positivo. Detto che il precedente split in compagnia dei Dekonstruktor non mi aveva fatto impazzire, questo nuovo lavoro, che consta di cinque tracce, prosegue su quella linea sottile tra stoner e doom, caratterizzato da un rifferama pesante, da atmosfere oscure e da una combinazione di voci litaniche e melodie dotate di una certa intensità. Quel liturgico cerimoniale che appariva nei precedenti album, si palesa anche nell’introduttiva title track, una lunga traccia surreale, psichedelica, sulla scia di mostri sacri quali Sleep e primi Cathedral. Il tutto giocato ovviamente su dilatazioni soniche, delay chitarristici, tonnellate di fuzz e la riproduzione fedele degli insegnamenti dei maestri Black Sabbath, questa volta con un esito più che convincente. Chiaro, la band non sta inventando nulla di nuovo, considerato poi che il disco è permeato da dettami che coprono cinquant’anni di musica e più. Le distorsive aperture di chitarra, la solidità della ritmica e il salmodiante cantato del frontman, iniziano a rappresentare il vero marchio di fabbrica dell’ensemble originario dei monti Urali, che mi colpisce favorevolmente con la seconda “Of Silence”, un pezzo che per quanto, ribadisco, non sia manifesto di originalità, mostra quel carisma che forse era mancato in precedenza ai nostri, attraverso oltre dieci minuti di suoni che scomodano anche paragoni con i My Dying Bride in più di una linea di chitarra, tanto da rendermi dubbioso sul fatto che se la band non decolla, forse il problema debba essere ricercato in una componente vocale forse fin troppo monolitica. Perchè poi per il resto, il terzetto sembra migliorare ulteriormente con il successivo trittico di pezzi che, dall’interlocutoria e funerea “Descending”, sino alla conclusiva, claustrofobica e quasi estenuante (per la sua ridondanza di fondo) “Of Eternal Doom”, passando dalle incursioni stoner-space rock di “Into the Dephts”, riescono in un sol boccone, a sciogliere i miei ultimi residui dubbi. Il terzetto russo è tornato e questa volta con un album più convincente che mai, pronto a sublimare in un multistratificato approccio psichedel-catartico. (Francesco Scarci)

Brick Bath - I Won’t Live the Lie

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Groove/Thrash
Un album di grande impatto, non c’è che dire. Thrash metal potente e ben suonato. Certo, qua e là fa capolino l’ombra dei Pantera di Phil Anselmo, tuttavia i Brick Bath non sono affatto un gruppo clone. Inoltre, 'I Won’t Live the Lie' suona più immediato di 'The Great Southern Trendkill', e scusate se è poco. I brani di questo debutto datato ormai 2002 sono ben 14: complessivamente prevalgono i mid-tempos con la voce dura e rabbiosa al punto giusto. I contenuti testuali, invece, lasciano alquanto a desiderare. Da un gruppo con le sonorità dei Brick Bath era lecito attendersi testi più incentrati su tematiche di interesse collettivo, piuttosto che sfoghi solipsistici, quali le recriminazioni per l’abbandono da parte della morosa (“Sick of You”).

(Crash Music - 2002)
Voto: 70

https://www.facebook.com/brickbathband/

Lars Fredrik Frøislie – Fire Fortellinger

#PER CHI AMA: Prog Rock
Cosa dire di fronte ad un album di questo genere, che vede schierato un talentuoso tastierista (Lars Fredrik Frøislie appunto, membro peraltro dei norvegesi Wobbler) e un noto bassista (Nikolai Hængsle dei BigBang), dimenarsi tra mille sfaccettature ed incursioni sonore intraprese da molteplici band in tutto il mondo, in decenni di musica progressiva? Ci si può lamentare forse che i nostri non abbiamo certamente camminato fuori dalle strade maestre, ma che il raccolto finale sia un'apoteosi di suoni e colori che rincarano la dose di chi li ha preceduti nel tempo, quello si. Il duo norvegese crea una musica per un mondo prog moderato, che non ecccede mai nello spingere il pedale dell'acceleratore. Nonostante questo, 'Fire Fortellinger', vista la sua forma retrò e la sua profondità di ricerca, potrebbe configurarsi come un disco maestro, con i suoi richiami alla PFM o ai Van Der Graaf Generator, cosa non cosi semplice da realizzare, ma le cui influenze sono evidenti in molteplici parti del disco. Anche  inventare nuovi orizzonti su atmosfere care a certe trovate dei The Moody Blues o affini al classicismo dei Renaissance, è da veri outsider e cultori, conoscitori ed estimatori di una musica che troppe volte è stata inserita in una collocazione elitaria, dimenticandone il vero senso e il benefico e liberatorio flusso di idee per cui è nata, sopravvissuta e per questo, evoluta nel tempo. Per questo, Lars Fredrik Frøislie accompagnato dal fido Nikolai si aprono alla fantasia per dare vita ad un loro personale omaggio al rock progressivo di matrice vintage, con un lungo album di 45 minuti circa per sole quattro tracce, di cui due peraltro superano i 16 minuti, in cui i due musicisti si mantengono ancorati alla tradizione, per cui potrei peraltro aggiungere che nessun amante di questa forma di rock rimarrà deluso dalle loro composizioni. Certo, non parliamo dei Transatlantic o della Neal Morse band, tutto troppo moderno e pomposo per le orecchie dei nostri due musicisti norvegesi, che aggrappati ad un mutevole numero di tastiere di ogni tipo, si costruiscono un mondo di eterea bellezza sonora, tutta da assaporare, dotato di una forte attitudine psichedelica, e portatore di virtuosismi strumentali sparsi un po' ovunque e una certa propensione per il fiabesco. Cantato in lingua madre, e quasi sempre in una forma narrante storie fantasy o leggende riguardanti il Ragnarok, 'Fire Fortellinger' scivola via alla grande facendosi apprezzare non poco, anche per questo suo aspetto sognante. Suonato e prodotto con ottimi risultati, il disco propone suoni vintage curati e ricercati, con atmosfere che possono stabilire un reale contatto con alcune parti del capolavoro 'The Six Wives of Henry VIII', opera di Rick Wackeman del 1973. Per chiudere, continuo a pensare che la Karisma Records abbia un cappello magico da cui far uscire le sue creature fantastiche in modo così prolifico, in quest'epoca moderna in cui viviamo, così poco fantasiosa e artistica. (Bob Stoner)

venerdì 16 giugno 2023

Count Nosferatu Kommando - Ultraviolence Über Alles

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Electro-Industrial
C.N.K. è il side project di Rheidmarr, cantante degli Anorexia Nervosa. Si tratta di un buon album di electro-industrial metal in cui le parti di chitarra (dalle ritmiche spezzate e molte accentate) rivisitano, in chiave modernistica, riff di retaggio thrash/death; in sottofondo poi, sono presenti delle melodie di tastiera che completano molto bene i brani e li rendono più particolari. La classica batteria è stata sostituita da una ritmica elettro-industriale completamente campionata e ben programmata che sostiene sempre poderosamente i brani. La voce, sempre un po’ effettata, è urlata, sporca e violenta. Per quanto riguarda il concept lirico, penso che il titolo del disco sia abbastanza chiaro e riveli le intenzioni belliche dei nostri. La produzione è buona ma se fosse stata un po’ più spessa e un po’ più “chirurgica”, i brani avrebbero reso ancor di più. Buon esordio con possiblità di ulteriori miglioramenti.

(Kodiak Records/Season of Mist - 2002/2009)
Voto: 70

https://thecnk.bandcamp.com/album/ultraviolence-ber-alles

Wilczyca - Magija

#PER CHI AMA: Black metal
Con una copertina che potrebbe richiamare, nei suoi interpreti, gli Estranei de "Il Trono di Spade" (penso al Re della Notte a cavallo), andiamo alla scoperta dei polacchi Wilczyca e del loro nuovissimo 'Magija', quarto album dal 2020 a oggi. Il duo originario di Varsavia propone un black mid-tempo assai melodico nel suo meditabondo incedere. Interessante l'intro "Ingressum", ancor di più la seconda traccia, la title track, che ci racconta di che pasta sono fatti i due musicisti e l'entità della loro diabolica proposta, sinistra nelle sussurrate vocals e nelle gelide atmosfere che impregnano l'intera durata del brano. "Przyzywam" è già più movimentata rispetto alla precedente, con un black tirato e senza tanti fronzoli, ma quello che più mi colpisce è la voce, che si mantiene davvero originale nel suo palesarsi, una sorta di segugio infernale sputafuoco. Se "Tiferet" è un breve intermezzo ambient, la successiva "Święty Ogień" mette in luce le qualità balistiche dei nostri, con ritmiche davvero tirate (con il drumming a tratti punkeggiante), una buonissima linea melodica, brevi ma ficcanti assoli e il frontman Nidhogg che conferma ottime qualità vocali, a mio avviso vero punto di forza della band. Furia bieca per i tre minuti scarsi di "Wij się z bólu Córo Syjonu", una vera e propria mazzata in pieno volto, che vede in un break centrale il punto di svolta dei nostri, quasi una trovata estemporanea alla Pensées Nocturnes, che spezza la furia indiavolata messa in scena dai nostri. Un altro pezzo più compassato, "Tetragrammaton", musicalmente in linea con il black atmosferico della title track, sottolinea quanto i due polacchi siano abili musicanti, dotati di un buon gusto melodico e di aver maggior ispirazione (e personalità) nei pezzi meno spigolosi. Quando infatti esplode la furia distruttiva verso metà brano, il sound dei Wilczyca tende ad appiattirsi, uniformandosi ad altre mille band. Fortunatamente, da li a poco i due si riprenderanno, complice ancora una volta un sound più ricercato e meno votato alla violenza. Il tutto trova conferma anche nella conclusiva "Igne Natura Renovatur Integra", un brano lento, quasi noise, mefistofelico nelle sue partiture vocali che sancisce la buona qualità di questo malvagio e subdolo album. (Francesco Scarci)

(Godz Ov War Productions - 2023)
Voto: 70

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/magija 

Land of Lore - S/t

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
Prima demo per i nostrani Land of Lore, dediti ad un black/death classico ma allo stesso tempo abbastanza melodico (vedasi “Farewell”, la terza traccia). Hanno sicuramente un buon impatto queste tre tracce che compongono quello che rimarrà il loro unico lavoro: buoni arrangiamenti, quasi mai scontati, una giusta velocità, con un batterista che “pesta” bene ed una voce, che in verità, è ciò che mi ha colpito maggiormente in questo gruppo fin dalle prime battute. Si sente che è quasi naturale, non effettata come spesso succede. Comunque è cattiva, incazzata, risalta pienamente soprattutto in coppia con la batteria. Anche la produzione non sembra male: pur trattandosi di una demo, gli strumenti si distinguono chiaramente e sono abbastanza pompati. Forse la chitarra è un po’ più lontana come suono. In complesso, i Land of Lore sembravano un buon gruppo, già abbastanza maturo e personali per compiere il giusto salto, peccato solo si siano immediatamente sciolti dopo questo cdr.

martedì 13 giugno 2023

dEmotional - Scandinavian Aftermath

#PER CHI AMA: Groove Metal
'Scandinavian Aftermath' è un bell'album che ci offre un viaggio emozionale nel profondo dell'anima scandinava dei dEmotional. Il gruppo ha creato un lavoro che cattura l'essenza di questa regione, attraverso musica intensa e coinvolgente. Fin dal primo brano, la title track, si viene investiti dalle chitarre potenti, il basso profondo e la batteria pulsante che si uniscono nel creare un'atmosfera affascinante. Le melodie evocative s'intrecciano con le dinamiche che oscillano tra momenti di calma ed esplosioni di energia, creando un effetto avvincente sull'ascoltatore. Un aspetto che colpisce di 'Scandinavian Aftermath' è la varietà delle composizioni. Ogni brano ha infatti una sua identità unica e contribuisce al mosaico di emozioni che l'album trasmette. "Bärsärk" trasuda una bella dose di groove, con le sue armonie incalzanti e le parti vocali tra il pulito e il growling ad evocare gli Scar Symmetry, mentre "My Own Enemy" risveglia l'energia guerriera dei Soilwork con riff potenti e ritmi incalzanti. La band dimostra un certo talento nel creare atmosfere suggestive attraverso la musica. La lunga "My Heart" è un perfetto esempio di come le dinamiche e gli arrangiamenti possano trasmettere sensazioni e immagini. Le parti atmosferiche creano una sensazione di struggente solitudine, mentre le chitarre e la batteria donano un senso di forza e determinazione nelle parti più violente. Un altro elemento che merita di essere menzionato è la performance vocale, che aggiunge un ulteriore strato di intensità all'album soprattutto in un brano come "Young Wolves". Anche la produzione si conferma di buon livello, con ogni strumento nitido e ben equilibrato, il che consente a ogni elemento di emergere in modo chiaro e definito. La qualità del mixing rende giustizia alle complesse strutture delle composizioni, creando un suono potente e coinvolgente. In conclusione, 'Scandinavian Aftermath' è un album avvincente che ha modo addirittura di scoprire mondi estranei al metal (ascoltatevi l'alternativa "S.O.A.K" per capire o la malinconica e catchy "All That I Knew"). Album divertente per tutti gli amanti di sonorità metalcore melodiche. (Francesco Scarci)

(Self/AFM Records - 2021/2023)
Voto: 75

https://www.facebook.com/dEMOTIONALband

Appalachian Winter - Winterhewn

#PER CHI AMA: Symph Black
'Winterhewn' è stato l'ultimo full length, prima del nuovissimo EP 'Wintermountains Rise', del polistrumentista D. G. Klyne, mente degli Appalachian Winter, noto per la sua abilità nel creare atmosfere evocative attraverso la musica. Quest'album è una meravigliosa rappresentazione di un paesaggio invernale, che cattura l'essenza della stagione in modo straordinario. Gli Appalachian Winter dimostrano una certa padronanza nel creare un'esperienza sonora coinvolgente fin dall'incipit, "Crystalline World", un brano che trasmette un senso di mistero e avventura. Le melodie sottili e i suoni orchestrali creano una sensazione di freddo e solitudine, facendo immergere l'ascoltatore nel cuore dell'inverno. Mentre ci si addentra nell'album, si incontrano brani come "The Thunder of Distant Storms" e la tonante "Defy As Death Surrounds", che esplorano i diversi aspetti della stagione invernale. Le composizioni sono caratterizzate da arrangiamenti orchestrali, in cui i synth si fondono con le percussioni, per creare un senso di imponenza e magnificenza, mentre la voce del mastermind statunitense dà il meglio di sè nella sua forma gracchiante piuttosto che quella pulita. Le chitarre elettriche rimangono nascoste in sottofondo, conferendo un tocco di energia e dinamicità alle tracce. Uno dei punti forti di 'Winterhewn' è comunque una buona capacità di trasmettere emozioni attraverso le porzioni strumentali, che spesso suscitano una gamma di sensazioni, dalla nostalgia all'incanto, dall'euforia alla malinconia, con una combinazione di melodie accattivanti e arrangiamenti ricchi di sfumature atte a creare un'esperienza coinvolgente per l'ascoltatore. La produzione del disco è buona, con ogni strumento che trova il proprio spazio all'interno del mix. I suoni sono cristallini e ben bilanciati, permettendo ai dettagli più piccoli di emergere e contribuire alla complessità delle composizioni. Nel complesso, 'Winterhewn' è un album interessante che incanta l'ascoltatore con la sua bellezza invernale. Le composizioni ben costruite e l'esecuzione impeccabile creano un'esperienza musicale coinvolgente che trasporta l'ascoltatore in un mondo di paesaggi innevati e magia invernale. (Francesco Scarci)
 
(Nine Gates Records - 2020)
Voto: 70
 

domenica 11 giugno 2023

Klidas - No Harmony

#PER CHI AMA: Progressive Jazz Rock
Una band italiana alla corte della Bird's Robe Records? Da non crederci. Eppure i marchigiani Klidas (parola ceca che sta per gigante di silenzio) ci sono riusciti ed eccoli quindi approdare alla label australiana con questo 'No Harmony', album che combina un rock sperimentale con stilettate progressive e fughe jazz, il tutto inebriato da fragranze avanguardistiche. Questo almeno si evince dalle note iniziali di "Shores", un pezzo di un certo spessore strumentale che mi fa storcere il naso per la sola mancanza di un vocalist che avrebbe deliziato i palati dei più pretenziosi,  incluso il sottoscritto. E poco importa se musicalmente il sestetto nostrano ci diletta con splendidi tunnel sonori dove sax, chitarre, synth e percussioni sembrano avvolgerci in un delicato abbraccio, qui avrei desiderato una voce a solleticare i miei sensi e a rimpinguare quelle sonorità oniriche che si palesano sul finire del pezzo. "Shine" giunge però in mio aiuto con la comparsa finalmente di un vocalist, mentre la musica continua su sonorità similari alla traccia d'apertura, evidenziando peraltro qualche similitudine con gli In Tormentata Quiete più sperimentali e progressivi. Ai nostri piace comunque dare largo spazio alla strumentalità, spesso raffinata, che si concede anche il lusso di qualche porzione atmosferica che fa da contraltare a momenti più tosti, in cui la pesantezza delle chitarre, forse in taluni casi troppo caotiche, viene stemperata dall'azione del sax. Si prosegue con "Not to Dissect", e un incipit ubriacante che mostra come ingredienti di base ancora jazz e rock, con quest'ultimo a continuare in quell'opera di tirarci schiaffoni ben assestati in pieno volto, peraltro sempre ben assistito da un sax dai tratti invasati. "Arrival" sembra essere la quiete prima della tempesta: un percussionismo garbato che lentamente prova ad accelerare i ritmi, senza mai prendere realmente il volo, anzi declinato verso atmosfere più rarefatte laddove le vocals s'infiltrato nella matrice musicale. Poi largo spazio ai virtuosismi, agli assoli di sax, al manifestarsi di una spoken word di una gentil donzella giapponese che parla di un percorso d'ascensione ad una dimensione superiore. Questo almeno quello che mi ha decifrato il buon vecchio e utilissimo google translator. Con "Circular", si pesta duro sull'acceleratore grazie ad un caleidoscopico jazz rock che per certi versi mi ha evocato i The Mars Volta, ma i nostri sono abili musicisti, in grado quindi di alterare con una certa disinvoltura il flusso sonoro, spezzettandolo ora con break atmosferici o con accelerazioni progressive e ancora con dirompenti scariche elettriche. A chiudere l'opera arriva la psichedelica "The Trees are in Misery", con i suoi caustici giri di chitarra, repentini cambi di tempo, un ottimo lavoro alle tastiere e molto molto altro, per cui vi lascio il compito di esplorarne ulteriori contenuti. Ben fatto. (Francesco Scarci)

(Bird's Robe Records - 2023)
Voto: 74

https://klidas.bandcamp.com/album/no-harmony

mercoledì 7 giugno 2023

Lethvm - Winterreise

#PER CHI AMA: Post Metal/Sludge
La scena post metal belga sembra godere di ottima salute. Dopo gli Amenra e gli Stake, ecco farsi strada i Lethvm con il terzo album della loro discografia, 'Winterreise'. L'album, consta di sei tracce, e si prefigge di mettere in musica sentimenti quali rabbia, malinconia e solitudine, articolati utilizzando poesie del XIX secolo scritte da Wilhelm Müller e peraltro già musicate da Franz Schubert nel 1827 nel ciclo di composizioni 'Viaggio d'inverno'. Il disco ha un incedere fin dai primi minuti parecchio saturnino, in un'intelaiatura metallica che comunque chiama in causa mostri sacri, Neurosis su tutti, senza tralasciare gli Amenra stessi degli esordi. L'iniziale "Blank" lo certifica appieno con quel suo sludge doom dai tratti quasi ossessivi che per i primi 60 secondi incendiano l'aria, prima di lasciare il posto ad un sound più ritualistico, quasi lisergico, con le vocals di Vincent Dessard, anche in chiave pulita, in un incedere cadenzato a dir poco inquietante e sul finale quasi malvagio, complice il growling nefasto del frontman. La successiva "Pretence" ha un incipit decisamente più etereo, cosa che mi ha evocato peraltro l'esplorazioni musicali dei nostrani At the Soundawn ai tempi di 'Shifting'. La voce del frontman qui tocca apici di pulizia che potrebbero addirittura ricordare Dave Gahan, prima di spostarsi in territori più animaleschi, al pari della musica, che sprofonda in lidi infernali in bilico tra post metal e funeral doom, in una traccia dall'andatura comunque flemmatica, ma al contempo estremamente melodica, che ammicca nel finale, anche ai Cult of Luna. Con "Torrents", la malinconia sembra palesarsi nei giri di chitarra e nei vocalizzi puliti del cantante. Poi spazio al classico scardinante chitarrismo post metal e alle vocals corrosive del bravo Vincent, ma un certo avanguardismo sonoro s'incunea nella matrice sonora dei Lethvm a creare un subbuglio sonico, che terrei più presente in future produzioni. L'asprezza delle ritmiche, accompagnate ad una voce sempre più tagliente (occhio però ai continui inserimenti della componente clean), chiudono un brano davvero particolare. Nella successiva "Carved" torna prepotente l'influsso dei Cult of Luna nella compattezza ritmica, cosi come pure nella splenica componente vocale. Ma la proposta dai Lethvm ha il pregio di offrire un certo vigore emozionale nelle note atmosferiche di un break da brividi, da cui si dipanano successivamente splendide melodie corredate da ispiratissime vocals, in grado di mettere d'accordo chiunque ami i gods svedesi o i conterranei Amenra. Pezzo sublime. Un po' meno dicasi di "Mournful", song che vede fortunamente l'ospitata delle vellutate corde vocali di Elena Lacroix al microfono, in una traccia davvero ostica da digerire, precariamente in bilico tra post e sludge, stemperata appunto dagli eterei vocalizzi della vocalist che mi ha per certi versi evocato i The 3rd and the Mortal degli esordi. La conclusiva "Night", brano da cui è stato peraltro estratto un video visionario, chiude con catartica emozionalità un disco convincente sotto tutti i punti di vista, che lascia intravedere ampi margini di crescita per il terzetto belga, sulla scia di quanto già fatto da Magnus Lindberg e soci. (Francesco Scarci)

(Dunk! Records - 2023)
Voto: 77

https://lethvm.bandcamp.com/album/winterreise