Cerca nel blog

domenica 17 luglio 2022

Valkyrja - Contamination

#FOR FANS OF: Black Metal, Marduk
What a black metal onslaught! And depressing as hell. I like the rhythm guitars and the vocals. It's typical fast-paced black metal with an aura of a grim setting throughout. I enjoyed this whole release! I don't care what the ratings are for this, I thought that it was solid! Pretty fast songs that actually fluctuate tempo-wise. The sound quality was good as well. I like the vocals, too! What invigorating yet solemn songs. It's hell of worth checking out to hear some grim songs. Tempos do change but the variety makes you guessing throughout. I thought that all the songs are good. Great Swedish metal mongers.

I've never heard of this band before hitting the record store this past week and thought it might be interesting. I was right about it and found it quite entertaining. I think the biggest factor is the variation in tempos. So yeah, there always going to keep you guessing on here. The music is my favorite, absolutely! The riffs were a lot of tremolo picking and down-picking. It doesn't let up till bam it gets slow and dark. That's why I like this one it's not even close to a 'Panzer Division Marduk' it's more of what's suitable for this band. They know how to be right in the composition factor. I didn't have any issues as far as that goes.

I like the sound quality to this recording. The production is damn good and the instruments were well blended into the mix. I like also that nothing was left out instrument or vocal wise. Such a great release that's just stunning when you first hear it. It's about an hour in length I don't like too many short albums (with exceptions). I thought that they did a great job though they do resemble other black metal bands but not entirely. I think that they have their own sound and vibe to their music. Sure as heck I'm going to support them because they to me are simply and awesome quartet. They really hit home!

Check this album out! I thought it pretty innovative and surprisingly good black metal. They did well in terms of a follow-up from their debut. I don't really have a beef with this recording at all. I'm not listening to anyone regarding the release. They wrote some dynamic songs and deserve a good rating to them! Please do yourself a favor and look into this album. Even if it is Spotify or YouTube that you find this it's worth it! You will not be disappointed. Especially if you are a black metal fan especially Swedish based you'll love it! Take my word for it! (Death8699)


(Metal Blade Records - 2010)
Score: 77

https://www.facebook.com/valkyrjaswe

Spartiti - Austerità

#PER CHI AMA: Indie/Alternative
Austerità. Significa rigore, efficienza, serietà e giustizia nell'ortodossia berlingueriana. Una austerità morale per i potenti. Qui invece noi non ce la facciamo proprio più (“Io sono quello che non ce la faccio”, "Io non ce la Faccio", mette in musica l'incipit di "Bassotuba non c'è" di Nori). Non c'è il bassotuba e non c'è neanche "Babbo Natale", che venirlo a sapere proprio la sera della vigilia e proprio nella sede locale del PCI conferisce significati ulteriori, come se a non esistere fosse parecchio altro, ecco (il testo stavolta è di Simone Lenzi dei Virginiana Miller). Il materialismo poetico secondo Max Collini tende a tratti a sfrangiarsi: pensate all'interminabile "Vera", una dilavata e poco riuscita reinvenzione di "Khmer Rossa" degli Offlaga Disco Pax. O alla nebulosa rivisitazione dell'epopea dell'eresiarca reggiano Basilio Albrisio, che non porta in chiusura quel plusvalore narrativo contemporaneo ricontestualizzato che tutti attendono (a parte la solleticante immagine delle dodici devote apostolesse). Ma anche nella comunque irresistibile "Sendero Luminoso", dove il gioco viene svelato ahimè troppo presto. Funziona il noi-vs-essi (l'amore preventivo del palestrato e l'avvocatessa in carriera) raccontato in "Banca Locale", non per via della stereotipata caratterizzazione dei personaggi, quanto nell'individuazione dell'intoppo (“sarà della famiglia Cooper”). I suoni di Jukka Reverberi accompagnano egregiamente. Sanno essere canzone ("Austerità") oppure semplicemente raccontare le immagini ("Vera"), farsi solenni e autoritari ("Io non ce la Faccio"; in "Nuova Betlemme" non sentite qualcosa di "When the Tigers Broke Free" dei Pink Floyd?), raccontare mirabilmente, infine, la più dolorosa delle dissoluzioni ("Bagliore"). (Alberto Calorosi)

(Woodworm Records - 2016)
Voto: 72

https://www.facebook.com/Spartiti

Source of Tide - Blueprints

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Avantgarde Death, Arcturus
 Strani e sorprendenti questi Source of Tide. Non sapevo in che filone Metal collocarli, poiché tra riff tipicamente death metal, melodie catchy e suoni campionati ed “elettronizzati” con sapienza, ci si trovava in un torrente sonoro talvolta bizzarro grazie a delle tastiere a tratti sinfoniche e a volte classiche, mai banali ma usate in modo bilanciato e sapiente, estroso, e grazie anche a delle vocals malate, strane, ora gutturali, ora urlate ed effettate al limite. Alto e vorticoso il livello tecnico, tra riff e ritmiche di chitarra fulminei e tastiere, come accennato, molto ben studiate. Al primo ascolto vi potrebbero sembrare un po’ ostici da assimilare ma, entrati nell’ottica dei nostri, assicuro nessun problema ed ascolti ripetuti. In alcuni passi di bizzarria, li assocerei agli Arcturus di 'La Masquerade Infernale' ed anche ai Solefald di 'The Linear Scaffold'. Tutti ottimi musicisti peraltro, che avrete già sentito in gruppi quali Zyklon (Cosmocrator al basso assieme ai due Emperor Samoth e Trym) e Peccatum (Lord PZ assieme all’altro "imperatore" Ihsahn): tutto questo a marchio di garanzia. Da riascoltare la track numero nove, "Ruins of Beauty". Consiglio questa release agli amanti del death metal fuori dai soliti ed obsoleti canoni.

(Candlelight - 2002)
Voto: 75

https://candlelightrecordsuk.bandcamp.com/album/blueprints

domenica 10 luglio 2022

Datadyr - Woolgathering

#PER CHI AMA: Jazz Rock
Disco d'esordio per questo giovane trio norvegese, fresco d'accademia, che ancora una volta mostra come nella città di Bergen, la musica sia una componente essenziale nell'esistenza stessa della città e dei suoi abitanti. I tre giovani musicisti gravitano attorno al mondo del jazz, ripercorrendo colorate partiture strumentali figlie dei grandi nomi del passato, quanto a correnti più innovative, spolverando aperture più sperimentali, accoppiate a classiche atmosfere da jazz club. Le danze si aprono con "Tier", che vedrei bene legata alle funamboliche gesta di Medeski, Martin & Wood, la finta vena classica di "Krystalldans", brano decisamente affascinante, che nasconde nervature tese e cupe tra le sue trame di calma apparente, suonato da una formazione composta da chitarra, contrabbasso e batteria che non disdegna ventate di leggero free rock di moderna concezione e perchè no, a sentire 'Woolgathering', anche gli echi rallentati di quello che fu il suono slide e particolarmente caldo dei The Flying Norwegians. Anche la seguente e frizzante "Daybreaking", dove troviamo peraltro l'innesto dei fiati, alterna classicismo e innovazione, come da stile musicale riconoscibile della band, che trae molta forza e originalità da questo dualismo compositivo che, unito ad un sound curato e ad alta fedeltà, aiuta a mantenere alta la concentrazione e l'ascolto di questo lavoro. In "Fastup" vediamo ritmica e bassi profondi in gran spolvero e chitarra dai toni più freddi, con un suono più orientato verso l'alternative rock, pur senza tradire la perfetta e piena vocazione jazz. Per "Datadyr", il brano che prende il nome di battesimo della band, tutto è al posto giusto, con una partenza da night club a taglio misterioso, l'atmosfera sale come il fumo dei vecchi locali jazz visti nei film in bianco e nero, senza spostare mai il tiro in una direzione diversa. Forse l'accostamento a certa musica di John Scofield è sbagliato ma la conclusiva "Low Hanging Moon" compie il suo dovere, complice quel tratto di solitudine e malinconia che l'accompagna dalla prima all'ultima nota. Nel ribadire che il brano "Krystalldans" è il brano che mostra nella sua completezza la pasta di cui è fatto questo trio norvegese, invito tutti, appassionati di jazz e non solo, ad ascoltare questa giovane proposta, perchè ne vale proprio la pena. (Bob Stoner)

(Is it Jazz? Records - 2022)
Voto: 78

https://datadyr.bandcamp.com/releases

The Dark Overlords - Darkpocalypse

#PER CHI AMA: Black/Death, Dissection
Secondo EP in casa dei danesi The Dark Overlords, dopo quello uscito lo scorso anno e intitolato 'I Am the Dark Overlords'. Il nuovo 'Darkpocalypse' include cinque nuove tracce che si aprono con la title track che funge come sorta di intro strumentale di questo lavoro, anche se intro di fatto non è, fatto salvo per una durata piuttosto esigua (un minuto e 20), in cui i nostri iniziano ad esibire i muscoli. Muscoli che si palesano sotto forma di rasoiate di chitarra nella successiva "Ritus Dæmonius", un pezzo che renderà felici gli amanti di sonorità alla Dissection. Si perchè, quanto proposto dai tre enigmatici musicisti danesi, è un concentrato di melo black che richiama i vecchi classici svedesi di anni '90. Interessante come il trio ci investa con tutta la sua furia carica di melodia e pregna di epicità che non può non evocare Jon Nödtveidt e compagni, fatto salvo in porzioni più tecniche e death oriented, come quanto si ascolta in "Sacrificial Chamber", pezzo decisamente più compatto, diretto nei denti, sebbene quel break atmosferico a metà brano, da cui i nostri tre Dark Overlord ripartono con una ritmica selvaggiamente black, a cui farà poi seguito una parte solistica più classica. E probabilmente in questo continuo capovolgimento di fronti, contrappuntato anche nella successiva "Soul Taker" da un'alternanza black/death (e da sagaci assoli heavy), che risiede il punto di forza dei The Dark Overlords, che hanno ancora modo di scatenare la propria offensiva nella conclusiva "The Ladder of Your Demise", il pezzo più lungo del lotto (quasi sette minuti), quello anche in grado di coniugare in modo più brillante le qualità di questa band fino al finale acustico del pezzo. Insomma i The Dark Overlords sono una di quelle band da tenere presente a futura memoria. (Francesco Scarci)

Serpent Spawn - Crypt of Torment

#PER CHI AMA: Black/Death, Possessed
La Iron Bonehead Records prosegue la sua politica finalizzata alla distruzione totale. A dar man forte all'etichetta teutonica ci pensa proprio una band proveniente dalla Germania e con un debut piuttosto ferale ed incazzato. Ecco come si presenta in due parole 'Crypt of Torment', atto primo dicevo, di questi Serpent Spawn, trio che vede in seno membri (ed ex) di Blood e Dawn. Quattro tracce isteriche, caustiche e velenose, che vedono i nostri partire dalla title track, un brano di quasi tre minuti, all'insegna di un assalto all'arma bianca tra accelerazioni al fulmicotone interrotte da brevi rallentamenti, con la voce del frontman Martin Witchskinner, a muoversi tra growl profondi e grida disumane. Le scorribande sonore continuano con il monolitico sound di "Conquering the Trinity", che ammicca qua e là ai Morbid Angel e ai Possessed, complice una ritmica granitica che non trova sosta nel suo acuminato avanzare. Il suono ci porta indietro nel tempo di oltre 30 anni, affiancandosi a quello classico di fine anni '80 e primi '90. Lo dimostrano le ultime due tracce di questo EP, "Carnage Divine" e "Skinned and Gutted", gli ultimi due marcescenti esempi di questo sinistro concentrato di death/black. (Francesco Scarci)

venerdì 8 luglio 2022

Stellar Death - Sentient (Chapter 1)

#PER CHI AMA: Melo Death Strumentale
Death metal e album strumentale, due cose che non vanno proprio a braccetto. Nonostante questo, gli statunitensi Stellar Death se ne fregano altamente delle convenzioni, e propongono questo EP intitolato 'Sentient (Chapter 1)', un lavoro che include tre brani che, partendo proprio dalla ritmica death dell'opener "Emergence", si srotola attraverso dinamiche soniche che ammiccano a generi estranei al contesto estremo. La traccia iniziale, a fronte di un attacco teso ma melodico, progredisce attraverso un sound più cinematico, che vede nella mancanza di un vocalist, la sua più grande pecca. Dopo la furia iniziale, la proposta si fa più tiepida, grazie ad un break atmosferico (quasi post rock) e ad una coda che mi ha evocato i Throes of Dawn. La seconda "I Am", attacca con un giro di chitarra assai melodico, accompagnato da una percussività quasi tribale che lascerà spazio, da li a pochi secondi, ad una più frenetica porzione di batteria, edulcorata comunque da buone linee melodiche e ancora da momenti di grande atmosfera alternati a parti più roboanti. "Capacity to Suffer" ha un attacco più post-metal oriented ma che non è chiarissimo dove voglia andare a parare. Soprattutto quando, ad un certo punto, la ritmica sembra evocare gli Opeth. Cosi si chiude il primo di una serie di lavori che culminerà in una raccolta di brani basati sull'esplorazione della consapevolezza nel nostro universo. (Francesco Scarci)

martedì 5 luglio 2022

Likheim - Alt Skal Svinne Hen…

#PER CHI AMA: Black, Gorgoroth
Dalla Norvegia con furore. Potremmo riassumere cosi la prima fatica della one man band scandinava guidata da Gretn (in compagnia di un paio di amici - provenienti da Eradication e Carpathian Forest - come guest star). Quattro pezzi completano questo "classicissimo" esempio di black old school intitolato 'Alt Skal Svinne Hen…', un EP che se fosse stato concepito negli anni '90, si sarebbe messo sul carro dei vincitori delle band black norvegesi (Gorgoroth in testa), ma che oggi francamente, lo vede semplicemente fuori tempo massimo. I pezzi tra l'altro non sono proprio malaccio: la title track che apre peraltro il disco, è una bella scorribanda black con tanto di chitarre super acuminate e grim vocals. La seconda "Smerte" è un po' più oscura e criptica, con dei rallentamenti al limite del doom che si sovrappongono alle più classiche sfuriate estreme. "Takens Kall" apre con un malinconico arpeggio e da qui riparte con una ritmica killer su cui si vanno ad affacciare dei cori dal piglio vichingo (che già erano emersi timidamente nel brano d'apertura). La traccia prova ad offrire delle variazioni al tema con un cantato più caustico, addirittura un accenno di assolo ed un finale atmosferico ancora in versione acustica. La conclusiva "Stormen" è un altro esempio di black metal vecchio stampo, che trova in un break atmosferico, in una voce epica (non troppo brillante a dire il vero), in un assolo finalmente convinto, ed in un finale ispirato, i suoi spunti migliori. Ecco, il dischetto finisce qui. C'è sicuramente ancora da lavorare e levigare un sound che a oggi, ha poco di innovativo da offrire, ma che qualche idea interessante sembra pure mostrarla. (Francesco Scarci)

(Underground Kvlt Records - 2022)
Voto: 64 
 

Grombira - Lunar Dunes

#PER CHI AMA: Psych/Kraut Rock
Se una volta la Germania era identificata come la patria di wurster, crauti, birra e thrash metal, ora mi verrebbe da dire che la scena abbia virato drasticamente verso sonorità progressive, psichedelico-sperimentali. Non ultimi questi Grombira che tornano con un nuovo album, 'Lunar Dunes', ed un concentrato assai interessante di ipnotiche sonorità mediorientali che mi riconducono immediatamente ad un altro lavoro recensito su queste stesse pagine, ossia 'In the Caves' dei russi Cosmic Letdown che fece sobbalzare il sottoscritto e soci, per quei suoi contenuti fuori dall'ordinario, cosi mistici e avvolgenti. Si presentano in modo altrettanto simile i quattro musicisti di Würzburg che con l'opening track "Saraswati Supercluster" e i suoi oltre 15 minuti, ci catapultano nel loro mondo fatto d'improvvisazione, la classica jam session dove dar voce a tutte le idee che pullulano le menti dei nostri, da sonorità orientaleggianti appunto, allo space rock, passando attraverso psichedelia, kraut rock, jazz e chi più ne ha più ne metta, il tutto ovviamente proposto in chiave quasi interamente strumentale, fatto salvo per alcuni cori che impreziosiscono la lunghissima ed avvolgente traccia, che ha ancora modo di mettere in luce nel finale una splendida linea di basso e una spettacolare porzione percussiva. Con "Civilization One" le cose non cambiano poi di molto, soprattutto a livello di durata, con altri 13 stravanganti minuti ad attenderci. L'inizio della song mette in luce una componente elettronica in background (quasi una voce robotica generata però da uno degli strani strumenti suonati dalla band) che va a collidere con la classica e immancabile parte mediorientale. La traccia ha però modo di evolvere in modo imprevedibile, con dei sample femminili, registrati peraltro a Essaouira (Marocco) dal polistrumentista sheyk rAleph, una delle menti della band, durante le sessioni di registrazione. Comunque, il pezzo è evocativo, per quella sua miscela di rock e musica etnica. L'inizio di "Dune Tune" mi ha ricordato un pezzo dei Bowland, una band iraniana che si mise in mostra qualche anno fa a X Factor: partendo da suoni della tradizione locale ma poi lavorando in modo raffinato sul proprio sound, quello che mi rimane in testa è un che evocante usi e costumi mediterranei (Grecia in modo particolare). Gradevole, ma prende le distanze da quello space rock che avevo apprezzato nelle prime due tracce, sfociando qui in un world fusion che si è completamente perso per strada la componente rock. Lo stesso dicasi per la successiva "Mad Mullahs", in cui confluiscono suoni, colori e profumi del nord Africa con la strumentazione classica che si unisce ad una serie infinita di strumenti etnici in una danza tribale che si completerà con la conclusiva danzereccia e vorticosa "Moonface Kumneitodis". Bravi sicuramente, ma indicati per un pubblico decisamente dai gusti raffinati e ricercati. (Francesco Scarci)

(Tonzonen Records - 2022)
Voto: 75

https://grombira.bandcamp.com/

lunedì 4 luglio 2022

Dissection - Rebirth of Dissection

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Melodic Black
Il canto del cigno, ecco cosa ha rappresentato questo DVD, dopo la morte inaspettata mercoledì 16 agosto 2006 nella sua casa di Hässelby, del frontman dei Dissection, Jon Nödtveidt. Nessuno se lo sarebbe mai aspettato, soprattutto dopo l’uscita di prigione dello stesso Jon e il rilascio di 'Reinkaos'. Una delle band più importanti della storia black, finisce il proprio percorso nel peggiore dei modi, col rilascio di questo 'Rebirth of Dissection', live show girato all'Arenan di Stockholm a fine ottobre 2004 per celebrare la rinascita della band dopo gli anni di reclusione in galera per la nota vicenda omicida di Jon. Quindici le tracce riprese dal vivo, quasi interamente facenti parte dei primi due capolavori della band svedese, 'The Somberlain' e 'Storm of the Light’s Bane': un’ora e mezza di grandi classici, da "Night’s Blood" a "Where Dead Angels Lie" passando attraverso "Frozen", "Soulreaper", "Unhallowed" e l’ultima e unica, non brillantissima "Maha Kali". La prova del quartetto scandinavo è brutale, la perizia esecutiva è tale da non avvertirsi la differenza tra la performance live e il brano originale sul Cd. Peccato che la regia si soffermi quasi esclusivamente su Jon, totalmente cambiato nel look, molto simile ad Edward Norton nel film 'American History X', rasato col pizzo e parecchio palestrato. Un’ora e mezza di musica da brividi, col pubblico che incita e canta con la band sui cavalli di battaglia; ottime le riprese e il sonoro, che può essere gustato sia in versione Stereo 2.0 che in Dolby Surround 5.1. A chiudere il DVD ci pensano poi il video, un po’ sottotono a dire il vero, di "Starless Aeon" estratto dell’ultimo lavoro ed un’intervista di 25 minuti con Jon, in cui ci racconta fiero e imperturbabile le tappe della sua vita e le sue convinzioni, con una luce di follia visibile nei suoi occhi. Una galleria fotografica in bianco e nero e a colori, accompagnata dalle note di "No Dreams Breed in Breathless Sleep", chiude questo triste, ma magnifico DVD, ultimo testimonianza di vita dei fantastici Dissection. (Francesco Scarci)

(Black Horizon Music - 2006)
Voto: 78

https://www.facebook.com/Dissection.Official

Trolldom - I Nattens Sken (Genom Hemligheternas Dunkel)

#FOR FANS OF: Atmospheric Black Metal
The devotion to the roots of a genre or its golden era is something we can definitively find in almost every single subgenre of the metal scene, and the black metal scene is not stranger to this phenomenon. Although I consider essential for a genre to evolve and find new niches to enrich its core sound, I have always had a soft room for the bands and projects that bring back to the classic sound of the mighty '90s, where black metal was certainly something special. From time to time I have the chance of checking out new projects that successfully create albums, which are a true and tasteful portrait of that time. But it’s less common to find a project, whose debut consists of not a single album, but two opuses released at the same time. This is something outstanding and particularly if the quality is top-notch as it has happened this time. The Swedish one-man project Trolldom has assaulted the scene with two magnificent albums entitled 'Av Gudars Ätt…' and the present one, 'I Nattens Sken (Genom Hemligheternas Dunkel)'.

As it is a herculean task to review two albums, today I will focus on the second album 'I Nattens Sken (Genom Hemligheternas Dunkel)', which is a tremendous album of pure '90s atmospheric black metal. Starting from the production, you will immediately feel yourself immersed in the raw, yet atmospheric essence that forged the sound of legendary projects of that era. Contrary to some lo-fi production, the sound here is obviously raw, but well balanced and enough clean to appreciate the different instruments. There is a tendence to place in the front the vocals and drums, but the guitars can be also appreciated, and the symphonic/atmospheric arrangements are also audible, creating the hypnotic atmosphere that we love in this genre. The vocals are excellent, with these trademark shrieks which sound powerful. The tone is obviously high, though it has some screams which are particularly powerful, as it happens in the track "Draparen av Livets Veke". Pace wise, the album is fast as hell, the drums are a continuous exercise of blast-beats, that are crushing, but still have some excellent tempo-changes that make the drumming performance something to appreciate. From the ferocious album opener "Under Vinternattens Dystra Fullmane" to the last and epic track "Till Ruinens Svarta Rike", the listener will realise how relentless the pace is through the entire album. In any case, you will never feel that the album is boring as the drumming has some changes and technical touches that make it memorable. Furthermore, the great riffs and the excellent atmospheric arrangements, which are really captivating will definitively catch you. "Ondskans Svarta Brodeskap" is maybe the slowest track, because it slowly introduces you into a truly dark and dense atmosphere until the composition reaches a point where it explodes full of fury. As mentioned, the hectic pace doesn't mention that the album is a monorhythmic beast, the aforementioned track and the equally excellent "Inom Nattens Eviga Rit" show that the compositions have also good tempo-changes. The well-done contrast between the fastest sections and the mid-tempo or even slow parts, manages to enrich the compositions. The atmospheric arrangements are indeed a highlight of this album, with an excellent use of the keys, which appropriately complement the rest of the instruments. The ambient synthesizers, the simple yet effective pianos and the slightly symphonic keys are tastefully placed in each song, maintaining the recognizable style, but never sounding boring and exactly the same. The worth of using the same formula, but never sounding predictable is something that deserves all our praise.

'I Nattens Sken (Genom Hemligheternas Dunkel)’ is definitely an awesome debut that every fan of atmospheric black, and in general who loves black metal, should listen. The eight pieces of this debut are equally excellent and a fine example of the immense talent of the musician behind Trolldom. (Alain González Artola)

sabato 2 luglio 2022

Alice Cooper - Paranormal

#PER CHI AMA: Hard Rock
"I was a billion dollar baby in a diamond dress" cita "Fallen in Love". Già. Benvenute vecchie care paranoie ("I love floating off the ground / so welcome to my … private public breakdown", dice in "Private Public Breakdown"; "They feed my paranoiac personality / Persanoiac peronality", ecco "Paranoiac Personality"), benvenuti giù all'inferno ("That slick black limo full of ladies had the devil at the wheel" esclama "Dynamite Road"). Benvenuti nel vecchio caro mondo di Mr A. ("The sound of A will keep you down / with that cruel, peculiar sound / it will shoot into your brain / and remain" urla "The Sound of A"). Tanto peston-(sh)rock ("Dead Flies") nella prima parte, costruita a cazzuolate di riffoni chitarristici ("Paranoiac Personality"), la quasi-psych-punk "Fireball", la Zzz-topica "Dynamite Road", talmente zz che siete costretti ad aggiungere una Z (e, facendo sessanta, a convocare Billy Gibbons per il solo di chitarra). Puro rock-a-tainment nel prosieguo, con tanto di ottoni ("Holy Water"), hard-boogies ("Rats") e una rocchettosa carrambata con la vecchia Alice Cooper band relegata, pensate, sul bonus cd ("Genuine American Girl" e "You and All Your Friends") assieme ad una inutile manciata di live recenti. Alla autoreferenziale e già citata "The Sound of A", collocabile tra i Pink floyd di "Sorrow" e i Duran Duran di "Save a Prayer", spetta il compito di chiudere un album, il ventisettesimo, sorprendentemente ben scritto e insospettabilmente divertente. (Alberto Calorosi)

(Ear Music - 2017)
Voto: 74

https://www.facebook.com/AliceCooper

martedì 28 giugno 2022

Epitaphe - II

#PER CHI AMA: Death/Doom
Li avevo recensiti nel 2019 in occasione del loro primo atto. Tornano oggi i francesi Epitaphe con il secondo capitolo della loro discografia, intitolato semplicemente 'II', ed altri cinque pezzi che coniugano quel death doom corrosivo degli esordi con divagazioni funeral e aperture decisamente più melodiche. Si parte dall'introspettiva e strumentale intro "Sycomore" e si capisce che già qualcosa è cambiato in seno al quartetto di Claix. E infatti quando irrompono le ritmiche dissonanti della seconda "Celestial" e quell'intrigante ricerca sonora, ecco che capisco di avere fra le mani un piccolo gioiellino. Si perchè i 19 minuti del brano si muovono tra partiture death, altre decisamente più brutali e ampi frangenti acustici, il tutto corredato peraltro da voci sia in formato growl che pulito (forse la novità più ecclatante di questa seconda release). Poi la song, in tutta la sua infinita durata, vive di sussulti death devastanti (citavo i Morbid Angel nella precedente recensione e non posso che confermare) di nuovo interrotti da rallentamenti più claustrofobici, escalation black e nuove bordate death, prima del più tranquillo finale arpeggiato. "Melancholia" e altri 19 minuti davanti, introdotti da una furibonda ritmica techno death che trovo davvero spiazzante. L'avevo appreso già da 'I' che i nostri non sono davvero quello che sembrano, lo confermo in questo nuovo lavoro, che si palesa nuovamente ostico da esser digerito ma si arricchisce per lo meno di arrangiamenti death progressive e break acustici che in più di un'occasione mi hanno evocato gli Opeth dei primi album. Colpiscono le eteree clean vocals, i momenti più ambient, le derive post rock e per questo non possono che esserci grandi applausi. Ora, poi dopo tutto questo ben di dio, essere preso a cinghiate da altre raffiche death, si potrebbe rivelare esperienza sempre più destabilizzante e per questo stimolante. "Insignificant" apre con un arpeggio di opethiana memoria, con tanto di crescendo incluso che per oltre tre minuti (dei quasi 19 complessivi), ci prepareranno all'incombente sassaiola death che mi aspetto da lì a poco. In realtà, i giri del motore rimangono per un po' a basso regime, ma le emozioni non mancano, non temete. La band ha infatti modo di esibire un bridge melodico, un intercalare doomish, per poi lentamente spingere sull'acceleratore con una natura percussiva alquanto originale che prenderà il sopravvento nella seconda parte del brano e che troverà ancora modo di proporre qualche rallentamente decisamente più bilanciato prima di un finale davvero significativo. Altro pezzo strumentale a chiusura del disco che mostra le progressioni musicali dei quattro francesi e tutte le potenzialità che la band potrà sviluppare nelle prossime uscite. Se potessi migliorare qualcosa, smusserei del tutto gli isterismi estremi del sound dei nostri per una ricerca più progressiva del suono perfetto. Per ora bene cosi, ma ho aspettative parecchio elevate per il futuro degli Epitaphe. (Francesco Scarci)

(Aesthetic Death - 2022)
Voto: 76

https://epitaphe.bandcamp.com/album/ii

lunedì 27 giugno 2022

Primus - Conspiranoid

#PER CHI AMA: Funk Blues Rock
Ci hanno impiegato cinque anni i Primus per tornare a farsi sentire. Dopo il discreto 'The Desaturating Seven', ecco riaffacciarsi sulle scene il trio nella sua veste originale che comprende l'onnipresente Les Claypol e i suoi fidi scudieri, Larry LaLonde e Tim Alexander. Il nuovo EP è intitolato 'Conspiranoid' e spero sia un antipasto per un nuovo full length pronto a venire. Tre pezzi che iniziano con gli undici minuti e mezzo della squilibrata "Conspiranoia" che ci restituiscono l'insana follia della band californiana con una serie di giochi di chitarra (e basso psicotico annesso) che faranno la gioia dei fan dei nostri. L'inconfondibile e unica voce di Les completano poi un quadro di suoni che si muovono su una marcetta slow-tempo, resa intrigante dal chorus "Conspiranoia". Il rincorrersi psichedelico poi di chitarra e basso fanno il resto come da oltre trent'anni i tre marziani ci hanno abituato. Inutile pensare di prevedere le mosse dei nostri, anche qui sembra di assistere ad una jam session tra amici che hanno pensato di arricchire il proprio sound con funkeggianti fughe blues space rock e inserimenti di spoken words che propongono un lirismo legato alle più disparate teorie cospirazioniste del nostro tempo. Un banalissimo basso alla ZZ Top (chi ha detto '"La Grange"?) apre la seconda (sempre più funky) "Follow the Fool", un brano che sembra evocare addirittura lo spettro di Elvis "the Pelvis". La terza "Erin on the Side of Caution", con quella sua verve di zappiana memoria, si affida sempre alla sghemba tecnica dei tre musicisti statunitensi unita ad una ricerca musicale che conferma quanto i tre pazzoidi americani non siano ancora sul punto di abdicare. (Francesco Scarci)

Cernunnos - The Forgotten Age of Heathenism

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Metal
Questo demo-CD dimostra che anche dalla mente di una singola persona, soprattutto se si tratta di un bravo musicista, possa nascere qualcosa di veramente buono al pari di tanti gruppi composti da più membri, ognuno specializzato nel proprio strumento. Questo è il caso dei Cernunnos, band bresciana, creata da Oghme, batterista e factotum, aiutato al basso da Von. Un total black metal tirato e ben suonato, fedele ai canoni di una (in)sana violenza, dove la batteria, suonata egregiamente e ben arrangiata, e senza troppi inutili fronzoli, insieme alla chitarra, conducono le danze. Una sana velocità, come ci vorrebbe più spesso, alternata a tempi più rallentati. La voce può sembrare inusuale perché non è la classica perennemente in growl o più arcigna, ma essendo leggermente pulita (non troppo per carità), ottiene una buona timbrica. Testi in puro pagan style, curati ed abbastanza originali. Come prima (e unica) uscita, direi che poteva essere OK, spaccare il culo a molte bands, soprattutto per quanto riguarda la produzione: magari fossero stati sempre così ben registrati i demo. Una pecca, piccola e ormai non più rimediabile, era la pronuncia inglese, che andava resa un po’ più fluida e meno italianizzata.

The Pit Tips

Francesco Scarci

Himinbjorg - Haunted Shores
Soldat Hans - Anthaupt
White Ward - False Light

---
Death8699

Abbath - Abbath
Metallica - Master of Puppets
Napalm Death - Harmony Corruption

---
Alain González Artola

Illvilja - Endless Rivers
Weress - Au-Delà des Lieux Légendaries
Almach - Realm

sabato 25 giugno 2022

Klymt - Murder on the Beach

#PER CHI AMA: Coldwave/Post Punk
Ho provato quasi un brivido di freddo quando ho fatto partire questo lavoro dei francesi Klymt. Quello incluso in 'Murder on the Beach' è infatti un asettico concentrato di coldwave che vi raggelerà il sangue nelle vene già con le sintetiche sonorità d'apertura di "Analogue Bastard", dove confluiscono turbinii industrial che ammiccano ai Nine Inch Nails. Ecco, in linea di massima su quali coordinate si muovono i nostri, che con la successiva "Blind Fish" si affidano a sonorità ancor più artificiali, ove elettronica ed EBM si prendono per mano e saturano tutta la scena. Ben più diversa invece "Mood", tra post punk e darkwave, in un compendio musicale ben più semplice da fissarsi nella testa, grazie a sonorità qui più dirette e melodiche. "Blue Song" è decisamente più cupa e marziale nel suo incedere. La voce del cantante è ben calibrata nella sua sofferenza con il contesto musicale, sebbene ogni tanto sembri fare il verso a Matthew Bellamy dei Muse e qui mi piace un po' meno. Ma la musica è sempre piuttosto convincente anche nella più delirante ed incalzante "Stay at the Bottom", furiosa nel suo martellante beat. In chiusura, l'inquietante ed enigmatica title track, dove le vocals dei due cantanti finiscono per essere sorrette da una matrice sonora fredda come quel brivido provato all'inizio del mio viaggio. (Francesco Scarci)

(Atypeek Music/KdB Records/Anesthetize Prod./Araki Records/Postghost Recordings - 2022)
Voto: 74

https://klymt.bandcamp.com/

High Castle Teleorkestra - The Egg That Never Opened

#PER CHI AMA: Suoni Sperimentali, Mr. Bungle
Vi sentite pronti per vivere un'esperienza folle? Lo siete davvero ad aprire quell'uovo che non è mai stato aperto? Perchè quando farete partire questo folle disco, non potrete più fare marcia indietro. Il sestetto internazionale degli High Castle Teleorkestra (in realtà la band include uno smisurato numero di comparse) vi porterà con questo 'The Egg That Never Opened', attraverso differenti palcoscenici, dal mondo dello swing ai suoni balcanici, passando in rassegna le colonne sonore dei film anni '50, '60, il jazz, l'avantgarde e infine anche il metal. Proprio da qui parte infatti la title track e da riffoni piuttosto pesanti che evolveranno/degenereranno nel giro di pochi secondi, in un fiume musicale da farvi impallidire, che potrà evocare inequivocabilmente la follia dei Mr. Bungle (sarà merito del fatto che nella band è presente anche il sassofonista Bär McKinnon dei Mr. Bungle stessi?) e ogni altro progetto firmato Mike Patton, con un melting pot esagerato di generi. Quelle tipiche sonorità romantiche della capitale francese, con tanto di fisarmonica, aprono invece "Ich Bin's", ma attenzione perchè in sottofondo si nascondo minacciosi chitarroni che continueranno a masturbarci le menti con il loro pesantissimo incedere. Spettacolare "The Aramchek Accusation", una song intanto finalmente cantata, ma che nasconde al suo interno, un'altra scala cromatica davvero assurda che ci condurrà attraverso turbolenti scenari fino alla più tranquilla e malinconica "Valisystem A", dove il tributo a Ennio Morricone sembra ancor più evidente ma che va a miscelarsi con surf pop e jazz. Quello che questi pazzi furiosi hanno fatto (ricordo che oltre a membri di Mr. Bungle, ci sono anche musicisti provenienti da Estradasphere, Farmers Market, Doc Booger e Probosci) ha alla fine del prodigioso, del suggestivo, sicuramente del delirante, frutto comunque di una competenza musicale senza confini, che aspetta solamente la vostra voglia di evadere dagli schemi e sperimentare senza paura alcuna. Il mio pezzo preferito? Senza ombra di dubbio, "At Last He Will", ove convergono sonorità metal e cinematiche, mentre una menzione d'onore spetta alla conclusiva "Mutual Hazard" e quelle sue sonorità a cavallo tra metal ed echi balcanici. Le tracce più difficili da affrontare perchè eccessivamente sperimentali? La melliflua "The Days of Blue Jeans Were Gone" e la lunga e troppo cantata "Diagnosing Johnny". Ultima segnalazione: la versione deluxe include 43 bonus track, fate vobis! (Francesco Scarci)

venerdì 24 giugno 2022

Varathron / Ungod - Apocalyptic Mysticism - split 7" EP

#PER CHI AMA: Black Old School
Due band che a modo loro hanno fatto la storia del black, s'incontrano sullo stesso EP. Sto parlando dei greci Varathron e dei tedeschi Ungod. Un 7" questo 'Apocalyptic Mysticism', targato Iron Bonehead Records, un'etichetta da sempre attenta a questo genere di sonorità underground. E ancora underground è lo spirito intatto dei Varathron, una band che segnava i primi passi a fine anni '80 e ora si diletta con questa canzoncina, "The Mystic Papyrous"che mantiene intatto lo spirito ellenico heavy black thrash di quegli anni anche perchè la song sembrerebbe essere stata concepita nel 1993. Ancora più marcescenti gli Ungod e la loro "Sinister Forms of Fallen Stars", un brano che sembra provenire direttamente dagli inferi, richiamando gli esordi ferali dei Bathory, con tanto di chitarre low-fi, produzione scarnissima, ritmiche tiratissime, quanto le screaming vocals del frontman per un lavoro consigliato ai soli aficionados di black old school. (Francesco Scarci)

Glenn Hughes - Resonate

#PER CHI AMA: Hard Rock
Appartenenza e mistificazione. Appartenenza. Il perentorio riff heavy di "Heavy" in apertura di album indubitabilmente identificativo di un chitarrismo blackmoriano (con echi che si rifanno a "Sixteenth Century Greensleeves"), contrapposto al funkytarrismo iperliquido di "Landmines", più o meno collocabile dalle parti dei Living Colour più bidonari (vedi il fottutissimo Invisible Tour inverno 2016). Mistificazione. Il riff paleo-stoner di derivazione ovviamente sabbath/iana che dilania "Flow", magari contrapposto al deliquio iperhammondiano di "Steady" (il polidattiliaco in questione è un certo Lachy Doley), al cui confronto Jon Lord vi sembrerà un cicisbeo imbellettato alla corte di Luigi XV. Appartenenza: la (eccessivamente) autocompiaciuta ambivalenza funky vs. rock vi consentirà oltretutto di reinterpretare la (comunque pessima) copertina. Mistificazione: se appartenete alla schiera di coloro che condividono il pensiero di Sergio Leone su Clint Eastwood, allora divertitevi a suddividere le canzoni di questo album in con-hammond e senza-hammond. L'andamento pop saltellante di brani come "My Town" e "Stumble and Go" testimoniano la occulta presenza di Chad Smith (Red Hot Chili Peppers) a pestare sui tamburi, ancorché in tracce differenti. Ascoltate questo album domandandovi per quale ragione la traccia più interessante, "Nothing's the Same" è solo sulla deluxe. (Alberto Calorosi)

(Frontiers Records - 2016)
Voto:70

https://www.glennhughes.com/

Árstíðir - Tvíeind

#PER CHI AMA: Electro/Indie
Arrivano con la medesima ineluttabilità del tuono che segue il lampo, o del sorrisino che segue la scorreggia: prima i bagliori di visibilità internazionale e poi le roboanti collaborazioni, nello specifico con artisti della nuova electrowave islandese (Ruxpin e Kippi Kanínus) e russa (Iamthenorning, Veell). E, infine, l'inevitabile raccolta di reingegnerizzazioni musicali. Accade così che l'immaterialismo celtico di "Ljóð í Sand" trasmuti in un ipercinetico quasi-jungle mix con ampie aperture space-age, una sciamannanza da inizio '00, se ci pensate, o che "Lost in You" acquisisca certa iperdrammaturgia stile Anathema per pop-morbidirsi successivamente nella seconda parte, o ancora che "Days and Night" venga permeata da quell'elettronica glaciale da ?syntax-error che ricordavate nei primi dischi dei Sigur Rós, o infine che "Á Meðan Jörðin Sefur" (reinterpretata da una anodinica vocina femminile) e "Shades" acquisiscano, seppure in modi assolutamente differenti, certe sinestetiche sensazioni metereologiche poi ampiamente esplorate nel successivo 'Hvel'. Accade, sì. E non ci puoi fare niente. (Alberto Calorosi)

Obituary - S/t

#FOR FANS OF: Death Metal
This is a solid album, not monumental like 'Cause of Death', but still a great effort by these Floridian based death metal veterans. I can say that they're still making good music! The songs are a little bit more up tempo than a lot of their older releases. A lot of energy here, and deathly vocals by John Tardy. I don't know, I liked them with James Murphy on lead guitar but that was just for maybe one album (COD). Their new members are still kicking ass in the lead department though. And the riffs are heavy and thick. Good stuff! Songs are a little bit longer than the usual Obituary but still killing it!

I liked the production quality on here. It's well mixed as well. Tardy's vocals just spew out utter hatred. The riffs are a little groove-laden, but cool. I like the songs on here and the approach. Really good songwriting style on here. And they seem to never lose the intensity or vibe to the songs. It's totally them on here unlike I felt 'Inked In Blood' was a little shallow. Here the production has it more solid than that release I mentioned. Not every song on here is fast but still quality. I liked the whole album all the way through they kick serious butt. The riffs are catchy and heavy as all hell! Death is now!

As I talked about the production and the quality it has than with previous releases, it really did the band good. All the tracks on here are sickly. Behind the set Donald does a good job as well. Both of the Tardy brothers sure as hell rip it up on here. Cannot mistake the Tardy voice though it's one of a kind! I like the song structures how they make way towards total noise annihilation. There isn't a song on here that I disliked. They all were good. A lot of double bass by Donald right alongside that tremolo picking in the guitar department. These Florida veterans are still making good music!

Check this album out on YouTube or just buy the physical CD. The album is worth buying. You get a better sound (to me) on CD. But to each their own. If this review hasn't convinced you to contribute to metal and to the band, then I didn't do my job on here. I'm not sure if this is available to Spotify users but Bandcamp they should be on. Support this band! Their death metal is right on and 30 years in making albums this one is a step up from some mediocre ones. (Death8699)


(Relapse Records - 2017)
Score: 73

https://www.obituary.cc/

Il Wedding Kollektiv & Female Friends Play Soup

#PER CHI AMA: Elettronica/Alternative
Devo ammettere che i remix in genere non mi hanno mai appassionato. Ricordo brani di The Cure e Killing Joke stravolti al punto tale che mi era difficile trovarne un senso, anche se, e ne sono sicuro, una spiegazione artistica ci deve essere, sempre e comunque, in queste strane operazioni di restyling. Ecco spiegata in breve la mia allergia per i remix su vasta scala. Qui però parliamo del progetto di Alessandro Denni, che poco più di un anno fa, usciva a nome de Il Wedding Kollektiv, e rilasciava un'ottima opera prima dal titolo 'Brodo', che abbiamo recensito a pieni voti e abbiamo apprezzato parecchio. Oggi l'artista italico torna con un moniker più lungo, ll Wedding Kollektiv & Female Friends, insieme ad una schiera di ospiti (Eva Geist, Munsha, Francesco Galdieri, Sadi & Sam Barreto Cardoso Bertoldi, Foria) che marchiano a fuoco i brani dell'album con un tocco più elettronico, con tendenze alla musica da club, cambiando le coordinate delle canzoni in maniera anche molto aggressiva. A mio avviso, questo toglie quel sentore di IDM totalmente libera e originale che il disco portava intrinseco tra le sue note. Comunque, l'aumento ritmico è centrato, funzionale, gli innesti elettronici si fanno più pesanti e pulsano a dovere, la voce si frantuma e si ricompone ma l'intima aura di elettronica, avanguardia, no wave e pop cantato in italiano, era meglio percepita nel disco d'origine. Ascoltate la differenza emotiva tra le due versioni di "A Proposito del tuo Candore", e avrete chiaro il taglio stilistico differente, che nel nuovo disco prende una piega sommariamente più orecchiabile e commerciale, che non è male di per sé, ma che non eguaglia il suo predecessore. D'altra parte una voce splendida come quella di Tiziana Lo Conte, la si può ascoltare per ore in qualsiasi contesto senza smettere mai di amare il suo modo di cantare e la sua teatralità. Tornando al nuovo disco, bella la riedizione de "L'Astronomo (super bass remix)" con quelle frasi estrapolate ad effetto e usate in un contesto più claustrofobico, ed anche "Ciò che Resta del Fuoco", che non perde l'atmosfera creata dalle parole di un testo molto suggestivo. In generale, Soup, resta un gran bel album, da apprezzare a sè stante, staccato dalle tracce originali. Tutto è più duro, i suoni, gli accenni alla new wave più accattivante e pop degli 80's, le voci trattate e distorte sono un buon frullato di musiche moderne, pulsanti e ossessive. Il brano che mi ha veramente colpito? L'inedita "Piccola Suite per Lavare i Pavimenti", è splendida nel suo impasto di generi, tra dark wave/etnica e accenni jazz, una vera e propria perla oserei dire, ed anche se sposto ancora una volta il mio gusto personale verso il suo predecessore, devo ammettere che il Il Wedding Kollective, in questi due anni di vita, ha generato musica di altissima qualità e carica di originalità, dischi di musica intelligente che dovrebbero fare la differenza nel disastrato mondo sonoro in cui viviamo. (Bob Stoner)

lunedì 20 giugno 2022

Ninhursag - Rite Of Initiating Blessing Part II

#PER CHI AMA: Black/Death
Non è cosi prolifica la scena croata, ed imbattersi in una realtà proveniente dai Balcani che tratta di antico Egitto e tavole sumere, potrebbe anche rivelarsi un'esperienza musicale significativa. La creatura di oggi si chiama Ninhursag (dal nome di una divinità sumera) e si tratta di una one man band guidata da Enshag che con 'Rite of Initiating Blessing Part II', propone il secondo capitolo di un lavoro iniziato nel 2020. Due soli i brani a disposizione però parecchio lunghi, che si aprono con le sinistre melodie di "Words Spoken by Him Whose Names Are Hidden", una traccia che esploderà in vorticose ritmiche black tra blast beat furenti, partiture sghembe e acidissime screaming vocals. In questo marasma sonoro non mancano nemmeno le melodie, non proprio evidentissime, ma comunque un filo conduttore in sottofondo si sente ed è apprezzabile. Certo, se non avessi letto l'origine del mastermind di quest'oggi, avrei pensato ad un che di transalpino per queste similitudini con gente del calibro di Deathspell Omega. La song non concede troppa tregua con quel suo assalto incalzante e brutale, che si conferma anche nella successiva "The Hymn of the Fifty Names of Marduk", altri nove minuti e mezzo di ipnotiche sonorità black che trovano pace in sporadici rallentamenti dal piglio tribale. Mi piace l'approccio musicale del polistrumentista croato che, pur non inventando nulla di originale, ha per lo meno il coraggio di mettersi in gioco con sonorità frenetiche interrotte solo da un brevissimo ed inquietante break, prima di una nuova feroce ripartenza che vedrà comunque il suono ondeggiare tra ulteriori sfuriate black e rallentamenti occulti, come quelli che chiudono il brano. Insomma, un buon lavoro, ma ho aspettative ben più alte dal futuro dei Ninhursag. (Francesco Scarci)

Sólstafir - Köld

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Prog/Post Metal
Prefiguratevi una chitarra magmatica e assolutizzante che discioglie basso e pelli, un uso a dir poco sfrontato dei piatti. Strumenti e voce conglomerati in una sorta di unisono emozionale. OK? Andiamo. Gettarsi alle spalle le black-ragazzate degli inizi: è tempo di architettare sontuose suite progressive (i saliscendi ritmici ed emotivi di "Köld", la onnicomprensiva "Goddess of the Ages" in chiusura) oppure ipnotiche progessioni post-wave ("78 Days in the Desert" e in sostanza tutto il resto del disco uno). Più prossime ai lavori precedenti invece le cupe rarefazioni doom del disco due: la evocativa, post-gilmouriana "Necrologue", eseguita ad ogni concerto e dedicata a un amico prematuramente scomparso, il neurotico singolo "Love is the Devil (and I'm in Love)", una "World Void of Souls" forse solo eccessivamente lunga ma inaspettatamente Nine Inch Nails nel finale. Ascoltate questo disco mentre cercate di figurarvi i Sólstafir in persona rinchiusi nell'armadio del video di "Close to Me" mentre rotolano giù nella caldera dell'Eyjafjöll. (Alberto Calorosi)
 
(Spikefarm Records - 2009)
Voto: 78

Ekoa - Chrysalis

#PER CHI AMA: Prog Death
Interessante biglietto da visita quello dei polacchi Ekoa che con il loro debut EP intitolato 'Chrisalis', si cimentano in un 4-track che ci dice fondamentalmente quanto di buono aspettarci dal futuro di questa band originaria di Cracovia, che include anche l'ex batterista (spagnolo) degli Occasum Solis. La proposta? Un valido concentrato di prog death dalle forti venature groove/metalcore che si palesano sin dall'opener "Rooted into Grudge" che mette in mostra le potenzialità dell'ensemble sia a livello ritmico che vocale, con un dualismo, voce pulita e growl, davvero azzeccato. L'elevata presenza di melodia si contrappone a riffoni granitici anche nella successiva e più malinconica "The Stoic", mentre le partiture acustiche interrompono intelligentemente quel "wall of sound" (di prima scuola Opeth) che caratterizza il brano. Gradevole anche l'assolo conclusivo, anche se l'avrei preferito di maggiore durata. "Delegation of Thoughts" è un po' più classicona nel suo incedere portentoso ma i vari cambi di tempo, le voci più alternative e il breve assolo, la rendono comunque piacevole. In chiusura "Chimera", il pezzo più lungo del lotto, e quello che forse più si discosta dagli altri, con riferimenti che a mio avviso richiamano anche i nostrani Novembre e che aprono ulteriori scenari per questa nuova storia polacca. (Francesco Scarci)

Darkthrone - The Cult is Alive

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black/Thrash
Scrivere qualcosa sui Darkthrone, che già non sia stato detto, diventa ogni giorno che passa, sempre più arduo. Dopo aver recensito il discreto EP 'Too Old, Too Cold', eccomi a dare il mio giudizio anche su questo 'The Cult is Alice', un album che non si discosta poi molto, dai precedenti lavori e porta avanti, a testa bassa, il discorso intrapreso dal duo scandinavo fine anni '80, attraverso queste dieci tracks, non molto dissimili, se volete, dal Mcd sopra menzionato. La musica della band è, come sempre, una colata malvagia di note black, dal forte sapore punk, che contraddistingue il gruppo fin dai suoi esordi. Le dieci maligne songs scorrono via che è un piacere, all’insegna di un mosh frenetico e continuo, creato dal sound grezzo dei nostri, il solito ipotetico mix tra Motorhead e raw black metal. Da segnalare "Graveyard Slut" con un inusuale Fenriz in veste di cantante, brano peraltro già comparso in 'Too Old Too Cold', dove però alla voce compariva il buon Nocturno Culto. I brani sono spesso ripetitivi si sa; devo ammettere però che in alcuni frangenti la chitarra di Nocturno è ben ispirata, sfoggiando alcuni “sporchi” assoli niente male. Angosciante "De Underjordiske", vera e propria calata negli inferi, in cui i due norvegesi ci prendono per mano e ci accompagnano nell’esplorazione dei gironi infernali; la diabolica song mi ha molto ricordato gli esordi dei conterranei Manes per quelle sue atmosfere al limite del claustrofobico. Altro da scrivere su una delle band storiche del black metal, lo ripeto, risulta assai difficile. 'The Cult is Alive' è il tipico album “made by Darkthrone” e si sa, i Darkthrone o si amano o si odiano. Per concludere: album numero 11 per l’act scandinavo e pollice verso l’alto a confermare il valore di una band che, nonostante la non impeccabile perizia tecnica e la scarsa fantasia compositiva, ha saputo crearsi comunque un seguito, davvero ragguardevole, nel panorama metal. (Francesco Scarci)

(Peaceville Records - 2006)
Voto: 73

https://www.facebook.com/Darkthroneofficial/

Testament - The Formation of Damnation

#FOR FANS OF: Thrash Metal
This is a good one! The 80's Testament had low quality recordings so the production quality wasn't there. Now with the 21st century version of the band we don't have that. This one is pretty solid and tight. There are a few members here that came and go which would be bassist Greg Christian whom the band had a falling out with and Paul Bostaph (ex-Forbidden, ex-Slayer) on drums here. I thought that the songs were awesome and sound overall is definitely top notch. The music and vocals stand out the most. I like how they redid some of the old tracks ("Souls of Black", "Practice What You Preach", etc.). Sound quality is just so much better!

Peterson has been one long-time member that seems to be the driving force of rhythm guitar though now he's executing some leads as well. I wish he'd stay rhythm and let Skolnick write all the solos. That's not happening unfortunately. But Peterson writes awesome rhythms as shown on the re-recording of the first two albums on their 'First Strike Still Deadly' release in 2001. Testament has a multitude of LP's that are solid, new or old. They're still hacking it these Bay Area thrashers. I always liked this band, they don't seem to disappoint! With this LP, their approach was solid rhythms and forceful vocals. Everything seemed to go well on here!

I liked all of the songs on here and this is a solid recording. Not sure why it'd get a bad rap in ratings, very good quality music here. I liked the rhythm guitars the most and a few of Skolnick's leads. Chuck Billy always delivers to that's not an issue. I tell you, there aren't many things wrong with this recording. That is, in my humble opinion. I was missing this CD in my collection so I made sure to pick it up. I just figured that since it was Testament it'd do no real wrong. Though, like I said they had some album flops but not many. As long as they had most of the founding members then it's solid.

Well, this is a 2008 recording that's streaming, but I just bought the CD. If you want to hear what it sounds like before buying it it's on Spotify or YouTube. The main members (Alex, Eric, Chuck & Greg) were featured exclusively on here. So you bet it's going to be solid. The guitars galore here and Chuck with his unique vocals makes it out of sight! I guess I felt that it needed a strong rating since the music had me sucked in here. They really were underrated on here. I think a "80" is appropriate because the songwriting was super spot on everything seemed to come together on this one! Take a listen! (Death8699)

(Nuclear Blast - 2008)
Score: 80

https://www.testamentlegions.com/site/