Cerca nel blog

Visualizzazione post con etichetta Carcolh. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Carcolh. Mostra tutti i post

domenica 15 giugno 2025

Carcolh – Twilight of the Mortals

#PER CHI AMA: Doom
Il Carcolh è una creatura leggendaria del folklore francese, una specie di incrocio tra un serpente e un mollusco tentacolare. Questo è quanto ci racconta sul proprio sito Wikipedia, a proposito di questo mostro mitologico che, fatalità, è anche il nome della band di oggi, cinque doomsters di Bordeaux che con questo 'Twilight of the Mortals', raggiungono l'ambizioso traguardo delle tre uscite discografiche. Un arazzo sonoro che si abbevera alle fonti sacre del doom metal tradizionale, che tributa omaggio ai maestri del genere, Candlemass, Solitude Aeturnus e Black Sabbath, cercando al tempo stesso, di lasciare un’impronta personale in un territorio tanto venerato quanto assai insidioso. Il disco si apre con "For Every Second..." che stabilisce immediatamente il tono abbracciato dai nostri: riff lenti, striscianti, che si muovono come monoliti in una landa desolata, guidati dalla voce di Sébastien Fanton, la cui timbrica potrebbe richiamare l'epico lamento di Robert Lowe. Fin qui nulla di nuovo, perché l'album sembra inciampare in una sorta di riverenza verso le colonne portanti di un genere che sembra ormai impantanato. Un brano come "Ashes Are Falling Down" prova a fare la differenza, inserendo melodie accattivanti e assoli eleganti a spezzare la monotonia di fondo, e mantenendo alta la tensione emotiva. Lo stesso dicasi per la successiva "The Battle Is Lost", vibrante nelle sue linee di chitarra, sebbene certi passaggi sembrino scivolare in territori già battuti da 'Epicus Doomicus Metallicus', l'epico debutto dei Candlemass. Poi ci troviamo di fronte a due maratone musicali: "My Prayers Are for Rain" include oltre dieci minuti di melodie strazianti e dense atmosfere che sembrano insinuarsi come luce fioca in una cattedrale in rovina. I quasi dodici minuti di "Empty Thrones" invece, sembrano voler enfatizzare la solennità della proposta dei transalpini, sciorinando un bel riffone di scuola Sabbath con la voce del bravo Sébastian a guidare l’ascoltatore tra le rovine evocate dai testi. Il risultato però continua a faticare nello scrollarsi di dosso l’ombra ingombrante dei suoi ispiratori, rischiando di essere percepito come un esercizio di stile più che come un’opera innovativa. Insomma, 'Twilight of the Mortals' mostra la competenza dei Carcolh nel muoversi nel delicato mondo del doom, ma al contempo pecca in una certa mancanza di imprevedibilità, trovandosi troppo spesso a specchiarsi nel sound immortale dei maestri, senza osare un passo deciso verso un’identità propria. Per ora, quest'album rimane un crepuscolo che illumina, ma non abbaglia. (Francesco Scarci)

(Sleeping Church Records - 2025)
Voto: 70

https://carcolh.bandcamp.com/album/twilight-of-the-mortals

sabato 20 febbraio 2021

Carcolh - The Life and Works of Death

#PER CHI AMA: Epic Doom, Candlemass
Bordeaux, terra di vigne e preziosi vini, lande che fanno pensare ai famosi chateau, i castelli, magari infestati, dove la colonna sonora potrebbe essere benissimo quella servita dai Carcolh e dal loro nuovissimo 'The Life and Works of Death', atto secondo del quintetto transalpino. Sei brani per godere del doom tradizionale dei nostri, miscelato ad una epicità di fondo, come quella che ho percepito in "From Dark Ages They Came", laddove il vocalist inizia a cantare e per un attimo, mi sono sentito proiettato indietro nel tempo, ai Bathory di 'Twilight of the Gods'. Bella sensazione, sebbene il sound dei cinque francesi sia decisamente più statico rispetto al maestro svedese. Ma quando si parla di Svezia, ecco che un'altra band accorre in aiuto per ciò che concerne le influenze della compagine di quest'oggi, ossia i Candlemass. E nella seconda "Works of Death", emergono tutti i richiami alla band di Leif Edling e soci, con una sezione ritmica bella compatta, circolare, con un mood novembrino ed una performance vocale che, seppur avessi maggiormente apprezzato nella opening track, qui si conferma comunque di buon valore. Per non parlare poi della sezione solistica, davvero interessante e godibile nella sua fluida melodia. E l'aura fosca ed autunnale si palesa anche nella ritmica indolente della lunghissima "The Blind Goddess" che vanta uno spettacolare assolo conclusivo, ad altissimo tasso tecnico ma soprattutto emotivo. Più breve e dinamica "When the Embers Light the Way": qui la componente epica si fa più forte nel raddoppio delle chitarre, mentre la voce del frontman si presenta più graffiante. Per non parlare poi della parte centrale, in cui il pezzo si fa più aggressivo in concomitanza con un cantato vicino al growl. E poi via, con un altro spettacolare assolo, una parte cantata e poi voce e chitarra solista ancora a braccetto, per quello che alla fine sarà anche il mio pezzo preferito dell'album. "Aftermath" è un pezzo anomalo nel contesto del disco, vista la vena dark gothic che rimanda ai Fields of the Nephilim, per un brano di sei minuti che suona in realtà più come un lungo bridge per la conclusiva "Sepulchre", un nome un programma. Si perchè per atmosfera lugubre, pesantezza e dilatazione delle chitarre, beh manca poco che ci si avvicini al funeral doom. Non ci sono le voci catacombali del funeral altrimenti, i quasi undici minuti del brano confermerebbero la mia tesi iniziale. Gli unici bagliori di luce si vedono infatti attraverso i soli squarci solistici delle sei corde. Un brano carico di tensione ma a mio avviso non troppo convincente. Alla fine, 'The Life and Works of Death' ha comunque il sapore della vittoria, presentandosi come album maturo e suonato con competenza. Un pizzico di malizia e personalità in più e potremmo sentirne delle belle. (Francesco Scarci)

(Sleeping Church Records - 2021)
Voto: 73