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martedì 4 febbraio 2025

Rheinkaos - All my Being is a Dark Verse

#PER CHI AMA: Black Avantgarde
Ci sono voluti ben 16 anni per risentir parlare dei Rheinkaos, band greca che era uscita nel 2008 con un demo - che il sottoscritto aveva recensito - e poi il nulla. Un silenzio assordante. Si era parlato di un primo full length nel 2010, ma questo rimase strozzato in una carenza di budget che mi fece pensare alla prematura capitolazione dell'act ellenico, cosa che effettivamente accadde nel 2015. Eppure, la creatura di Dimitrios B. aveva lasciato un segno, per quel sound industrial-avanguardistico che scomodava mostri sacri come Dødheimsgard e Ulver. Poi con mia grande sorpresa, lo scorso anno ho letto che la band si era riformata, e addirittura aveva deciso di completare le due tracce lasciate abbandonate una decina d'anni fa. Il trio ha quindi rilasciato questo EP di due pezzi, intitolato 'All my Being is a Dark Verse', che include "Beta Religion" e "The Commencement Fear". Devo dire che i pezzi riflettono assolutamente quanto avevamo già apprezzato su quel 'Demo 2008', ossia una base avantgarde su cui imbastire una ritmica black coadiuvata da elementi sperimentali, che portano i nostri a sbandare in derive di "ulveriana" memoria, complice peraltro un uso possente dei synth, ed evocando, in altri momenti, le cose più progressive degli ultimi Enslaved, con la band greca che arriva a citare addirittura i Fates Warning, tra le proprie influenze. La proposta del trio è davvero molto interessante, con pulsioni cosmiche che divampano dalle linee di basso, chitarra e componenti elettroniche varie, al pari delle esplosioni vulcaniche sulla luna di Giove, Io, mentre la voce del frontman si alterna tra parti pulite e harsh vocals. L'inizio della seconda traccia è ancor più affascinante, e qui si sentono probabilmente quelle influenze che conducono al prog dei Fates Warning, ovviamente in una veste più pesante viste le grim vocals che duettano con altre più cibernetiche e insieme si affacciano comunque su una matrice musicale davvero da brividi. Uno strabiliante break atmosferico centrale miscela hammond e chitarre, mentre oniriche visioni psichedeliche, coadiuvate da giri di chitarra acustica, fughe post rock, un sax delirante e orchestrazioni da applausi, completano un brano esagerato, lasciando trasparire le enormi potenzialità di una band che potrebbe realmente configurarsi come la maggior sorpresa di questo 2025. Per ora mi tengo basso con il voto (e sarà un 75!), solo perchè il qui presente dischetto è stato partorito oltre 10 anni fa e include due sole song, ma la curiosità di conoscere lo stato di forma dei Rheinkaos oggi, vi garantisco che è enorme. (Francesco Scarci)

Tigguo Cobauc - Fountains of Anguish

#PER CHI AMA: Black/Sludge
The English band Tigguo Cobau, whose peculiar name has historic ties with its hometown Nottingham, presents its sophomore effort entitled 'Fountains of Anguish'. The second album is always a crucial moment for a project as they must make a step forward and distinguish themselves from the fierce competition. Tigguo Cobau's approach is quite interesting as they blend some black metal influences into their core sludge metal sound, while adding a strong atmospheric touch.

'Fountains of Anguish' incorporates all the aforementioned elements, achieving a remarkably solid balance between abrasion and atmosphere. The typical aggressiveness of sludge metal is complemented by melodic and ambient sections, resulting in songs that have a unique touch. This blend is evident not only in the band's instrumental music but also in the vocals. The raspy vocals play a significant role, but cleaner vocals are also utilized throughout the album. The album features ups and downs in intensity and tempo changes, creating a dynamic listening experience. Take, for example, the track "Eternal Quietus," which showcases marked contrasts between different sections and overall intensity. The vigorous pace and crushing riffs, accompanied by ferocious screams, make this song one of the heaviest yet mesmerizing with its hypnotic atmospheric parts. Renatos Ramos delivers a stellar vocal performance, effortlessly varying his tone as needed. He typically uses high-pitched tones for extreme vocals but also incorporates lower tones, closer to metal, as seen in the crushing and heavy "Inner Disaster." Another standout track is "Engaged Putridity," where all the elements that define the album are tastefully combined. The song is vibrant from start to finish, exuding tremendous energy with top-notch guitar work, abrasive vocals, and the ever-welcome atmospheric essence that enhances the entire work.

'Fountains of Anguish' by the English band Tigguo Cobauc, is definitely a remarkable album. The different elements and influences of the band are combined in an inspired way, creating compositions that exude energy and honesty. I strongly recommend giving it a chance if you enjoy songs with a well-balanced brutality and atmosphere. (Alain González Artola)


(Exitus Stratagem Records - 2024)
Score: 83

https://www.facebook.com/tigguocobaucband

lunedì 3 febbraio 2025

Wintersun - Time II

#PER CHI AMA: Symph Metal/Melo Death
Sono serviti ben dodici anni ai finlandesi Wintersun per dare vita al tanto atteso seguito di 'Time I'. 'Time II' è infatti uscito ad agosto dello scorso anno e si distingue dal precedente album per la sua complessità e la cura nei dettagli. Va detto che il nuovo disco del quartetto di Helsinki, si pone come un'opera maestosa che combina elementi di metal sinfonico e melo-death, con una proposta caratterizzata da arrangiamenti intricati e una produzione di alta qualità, che riflette l'attenzione meticolosa del frontman Jari Mäenpää nel creare un'esperienza sonora a dir poco immersiva. Il tutto è testimoniato da un utilizzo copioso di orchestrazioni pompose e parti vocali evocative. Il disco si apre con "Fields of Snow", un'intro strumentale che evoca paesaggi invernali attraverso eteree melodie orientali. Ma la delicatezza iniziale si trasformerà rapidamente in un'esplosione di quei suoni tipici dei Wintersun, combinando melodie eleganti con riff potenti nella spettacolare "The Way of the Fire", un'epopea di dieci minuti che rappresenta sin da subito, uno dei momenti top dell'album. Questo brano è caratterizzato da una varietà di stili, passando da sezioni in blast beat a momenti più melodici e contemplativi. La voce di Jari alterna, come da copione, clean e growl, creando una sorta di contrasto emotivo che non può non catturare l'ascoltatore. "One with the Shadows" è invece più lenta e riflessiva, con melodie suggestive, ma anche dotate di un pizzico di malinconia e un'atmosfera costantemente grandiosa, qui grazie a un ritornello particolarmente coinvolgente. Un breve interludio strumentale, "Ominous Clouds", e si torna a cavalcare con un'altra lunga song, "Storm", un pezzo intenso (complice anche un dilatato preludio strumentale), caratterizzato da riff frenetici e una struttura dinamica. Qui, i Wintersun riescono a catturare l'essenza del caos attraverso un muro sonoro che ricorda le sonorità del precedente 'The Forest Seasons'. Nonostante la sua lunghezza, il brano mantiene alta l'attenzione grazie a una serie di cambi di ritmo e a un assolo di chitarra straordinario. "Silver Leaves" chiude l'album con una potenza emotiva straordinaria. Utilizzando principalmente un riff ricorrente, il brano evolve in un'esperienza quasi trascendentale, culminando in melodie orientali zen che evocano immagini serene e meditative. In definitiva, 'Time II' non solo soddisfa le altissime aspettative generate dal suo predecessore, ma le supera abilmente grazie alla ricchezza delle composizioni e a una produzione cristallina. Ogni traccia rappresenta un viaggio autonomo, pur contribuendo alla coerenza generale del disco. I Wintersun confermano ancora una volta la loro straordinaria capacità di fondere il metal estremo con elementi sinfonici e folk, realizzando un’opera che lascerà un segno indelebile nella memoria degli ascoltatori. (Francesco Scarci)


(Nuclear Blast - 2024)
Voto: 82

https://wintersun.bandcamp.com/album/time-ii

domenica 2 febbraio 2025

Irae - Promiscuous Fire

#PER CHI AMA: Black Old School
'Promiscuous Fire' è un EP che cattura l'essenza del black metal portoghese, un genere noto per la sua intensità e atmosfera assai oscura. Gli Irae, one-man band tra le più rappresentative della scena (con sei album, tre EP e ben 19 split all'attivo!!), dimostrano anche qui di voler proseguire nel loro intento di proporre un black old school. Il 4-track si apre con l'atmosfera cupa e minacciosa di "The Curse of Lael", caratterizzata da riff di chitarra taglienti e una produzione grezza che ricorda le origini del black metal, senza però rinunciare a una certa chiarezza sonora. Le tracce sono costruite su strutture complesse, con cambi di tempo repentini e melodie ancestrali che evocano un senso di disperazione e rabbia. Lo screaming, aspro e disperato, di Vulturius si fonde perfettamente con l'atmosfera generale, aggiungendo un ulteriore strato di intensità emotiva. Tracce come "Vinho de Gólgota" e "Porco de Satanás", sembrano voler rievocare le radici del black, chiamando in causa i primi Bathory e i Darkthrone, e sono esempi perfetti di come il mastermind lusitano riesca a creare brani veloci e malvagi, mantenendo intatta l'essenza del black primordiale. La produzione, pur mantenendo un suono crudo e autentico, permette di apprezzare ogni dettaglio della composizione, dalle dissonanti linee di chitarra (ascoltare la controversa "Endless Circle") alle debordanti mazzate alla batteria che contribuisce a creare un ritmo incalzante che trascina l'ascoltatore in un vortice di emozioni contrastanti. Insomma, 'Promiscuous Fire' è un discreto ritorno che conferma gli Irae come una delle band più interessanti del panorama black iberico e che vede la band proseguire nel personale desiderio di non tradire le radici del genere, offrendo un'esperienza sonora intensa e coinvolgente. Consigliato però ai soli appassionati di black old fashioned. (Francesco Scarci)

Disinter - Demonic Portraiture

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine

#PER CHI AMA: Death Metal
Veramente pregevole questo secondo full-length dei Disinter, gruppo di Chicago dedito a sonorità death metal con sfaccettature brutal. La band in questione non spicca certo per la sua originalità, ma propone una miscela omogenea che va a pescare da gruppi svedesi, quali Dismember e At the Gates, piuttosto che dai modelli americani. Il punto di forza del gruppo è sicuramente il drummer, paragonabile veramente a un martello pneumatico. Questo 'Demonic Portraiture' è composto da dieci brani al cemento armato con l’aggiunta di "Blinded By Fear", cover degli At the Gates. L’album comincia con un breve intro acustico che sfocia in "Strength & Honour", la prima vera song del disco, che presenta una ritmica veloce e brutale. Si prosegue nell’ascolto di brani sempre di buona fattura tra cui spiccano la thrasheggiante "Woven With Pestilence and War" e la title-track, che unisce un riff mid-tempo a cambi fast death metal. Come il precedente 'Welcome To Oblivion', questo lavoro dei Disinter dimostra ancora una volta la loro fedeltà a un certo tipo di death metal old-style.
 
(Morbid Records - 2001)
Voto: 70
 

Hail Spirit Noir - Fossil Gardens

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Con 'Fossil Gardens' i greci Hail Spirit Noir segnano un nuovo capitolo nella loro percorso musicale, tornando a esplorare con maggiore enfasi le loro radici black metal, senza però rinunciare alla sperimentazione che li ha sempre contraddistinti. Questo sesto album, pubblicato nell'estate dello scorso anno, è un viaggio sonoro ambizioso che mescola elementi di metal progressivo, psichedelia e rock gotico, creando un'opera complessa e affascinante. L'album si apre con "Starfront Promenade", un brano che cattura subito l'attenzione grazie a riff di chitarra potenti e blast beat tipici del (post) black metal atmosferico, con un connubio di voci, growl e pulite. È evidente un cambio di direzione rispetto al precedente e controverso 'Mannequins', che si muoveva in territori più vicini al synthwave. In 'Fossil Gardens', il sestetto di Salonicco recupera invece la ferocia del metal estremo, ma la fonde con la loro inconfondibile vena sperimentale. La produzione è impeccabile: calda e potente, in grado di valorizzare sia i momenti più aggressivi che quelli più delicati. Gli arrangiamenti sono stratificati e complessi, con synth cosmici e chitarre che si intrecciano in modo fluido ("The Blue Dot"). Ma anche altri, brani come la lunga "The Road to Awe", incarnano perfettamente questa fusione, alternando sezioni vocali che spaziano dai growl feroci a melodie pulite e ipnotiche. E ancora sottolineerei, l'avanguardismo di "The Temple of Curved Space", il post black della title track che guarda ad atmosfere cinematiche e blackgaze, senza dimenticare nemmeno la stravaganza ambient-strumentale di "Ludwig in Orbit". Dal punto di vista lirico, questo nuovo lavoro affronta temi cosmici ed esistenziali, portando l'ascoltatore in un viaggio attraverso il tempo e lo spazio, attraverso testi enigmatici e profondi che aggiungono un ulteriore livello di coinvolgimento emotivo e intellettuale all'album. In definitiva, 'Fossil Gardens' è una prova convincente della maturità artistica degli Hail Spirit Noir, con i nostri che riescono a combinare il peso del metal estremo con elementi progressivi e atmosfere psichedeliche, offrendo un'esperienza sonora davvero entusiasmante che farà la gioia di chi ama il metal d'avanguardia e cerca qualcosa di stimolante ma un po' più accessibile, per un viaggio affascinante da intraprendere senza alcuna esitazione. (Francesco Scarci)

sabato 1 febbraio 2025

Looking for people willing to review albums in The Pit of the Damned, are you interested to be part of our staff?


Write to: thepitofthedamned@gmail.com

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martedì 28 gennaio 2025

The Pit Tips - Best 2024

Francesco Scarci
 
Iotunn - Kinship
Akhlys - House of the Black Geminus
Voraath - Vol 1: The Hymn of the Hunters
Evoking Winds - Your Rivers
Hail Spirit Noir - Fossil Gardens
 
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Alain González Artola
 
Isenordal - Requiem for Eirênê
Dwarrowdelf - The Fallen Leaves
Seth - La France des Maudits
Hrad - Leaving the Ancient Times Behind
Ardente - La Nuit Éternelle

Dark Tranquillity - Endtime Signals

#PER CHI AMA: Swedish Death
'Endtime Signals' dei Dark Tranquillity, si erge come un autentico monumento alla malinconia e all'introspezione, un viaggio musicale che esplora i meandri più profondi dell’anima. Questo nuovo album rappresenta una fase evolutiva per la storica band svedese, intrecciando un mix di pessimismo e riflessione che permea ogni traccia. Il viaggio si apre con "Shivers and Voids", un brano che fonde un’introduzione malinconica affidata alle tastiere a chitarre distorte, creando un’atmosfera avvolgente e accattivante. Riff affilati e percussioni martellanti dialogano con passaggi più atmosferici, mantenendo l’ascoltatore costantemente in tensione. Tra le tracce più impattanti troviamo "Unforgivable", un pezzo dirompente e diretto, dove i blast beat scuotono le fondamenta e i riff sembrano divorare lo spazio circostante. Nonostante l’intensità travolgente, la ricerca melodica rimane centrale: gli assoli di chitarra, impeccabili dal punto di vista tecnico, offrono istanti di pura estasi sonora. "Neuronal Fire" impressiona con un’introduzione atmosferica che culmina in momenti di aggressività magistrale. Il brano si distingue per il suo assolo di chitarra particolarmente ispirato e per le dinamiche avvincenti che catturano sin dal primo ascolto. "Not Nothing" si apre lentamente, avvolgendoci in una malinconia quasi ingannevole, per poi trasformarsi in una potente traccia di metal estremo. Le melodie accattivanti e un finale che richiama l’incipit, conferiscono al pezzo una struttura circolare perfetta. Ogni brano dell'album diventa una finestra su paesaggi interiori complessi, dove luce e tenebra danzano in un duello eterno. La rabbia manifestata in alcuni episodi (penso a "Enforced Perspective", il brano meno convincente del lotto) si alterna a momenti di intensa riflessione. Un esempio toccante è "One of Us Is Gone", un tributo emozionante all'ex chitarrista Fredrik Johansson, spentosi nel 2022 per un tumore. Qui la band si allontana temporaneamente dall’aggressività del metal per immergersi in una dolcezza malinconica, accompagnata da violini che si intrecciano magistralmente con le melodie vocali di Mikael Stanne. Il risultato è una sinfonia ricca di emozioni, capace di colpire nel profondo. Allo stesso modo, "False Reflection" si presenta come una ballad atmosferica che si trasforma gradualmente in un finale epico. Il connubio tra tastiere e chitarre pulite aggiunge delicate sfumature a un album pervaso da forza e determinazione. In definitiva, 'Endtime Signals' non è solo un album: è un’esperienza immersiva di quasi sessanta minuti (nella versione con due bonus track), un’opera che invita a riflettere sulla condizione umana. I Dark Tranquillity riescono a mantenere viva l’essenza del loro sound distintivo, pur esplorando nuove frontiere artistiche. Con una produzione attenta e una scrittura profondamente ispirata, questo lavoro risulta uno dei più affascinanti della loro recente discografia. Preparati a lasciarti trasportare da questa sinfonia cupa e stratificata, un album da ascoltare ripetutamente per coglierne ogni dettaglio e le mille emozioni racchiuse tra le sue note. (Francesco Scarci)
 
(Century Media - 2024)
Voto: 78
 

domenica 26 gennaio 2025

Thy Catafalque - XII: A Gyönyörű Álmok Ezután Jönnek

#PER CHI AMA: Avantgarde/Black/Folk
Il nuovo album 'XII: A Gyönyörű Álmok Ezután Jönnek' dei Thy Catafalque rappresenta un ulteriore capitolo complesso e affascinante nella carriera di Tamás Kátai, la geniale mente dietro il progetto, consolidandone la reputazione nell’universo dellavantgarde black metal. Questo dodicesimo lavoro si distingue per una sorprendente fusione di stili, che si muovono dall’estremo al melodico, con un forte legame alla storia e alla cultura ungherese. La complessità musicale, una firma distintiva dell’artista magiaro, permea l’album attraverso elementi folk, prog, elettronica e avantgarde, oltre a intensi momenti di metal estremo. Per la prima volta, Kátai ha collaborato con il produttore Gábor Vári, ottenendo una produzione più raffinata rispetto ai lavori precedenti. Tra i dieci brani che compongono il disco, identificherei come di maggiore spicco "Mindenevő", un’intensa combinazione di growl e melodie accattivanti che richiamano vagamente gli Amorphis nelle note iniziali, a cui fa seguito una cavalcata black/death a guidarne il refrain. "Ködkirály" sembra articolarsi in due atti: una prima parte malinconica, impreziosita dalla voce femminile di Ivett Dudás (dei Tales of Evening) e una seconda, che si evolve in unesperienza sonora drammatica e potente, sospesa tra sonorità black e atmosfere imponenti dal sapore doom. "Lydiához" è una reinterpretazione malinconica e folkloristica di un brano dell’artista ungherese Sebő Ferenc, cantata con grazia, da Martina Veronika Horváth (The Answer Lies in the Black Void) e Gábor Dudás. I due artisti vanno a unirsi allo stuolo di collaborazioni (oltre 20 musicisti coinvolti) che hanno contribuito a rendere ogni traccia unica, arricchendo il tessuto sonoro dei Thy Catafalque, e donando sfaccettature sempre nuove ai pezzi. Nel frattempo si arriva a "Vakond", un vivace brano strumentale che intreccia stili e strumenti diversi, dal fischio al bouzouki, creando un’atmosfera festosa ma carica di nostalgia. La title track chiude il disco con melodie leggere e un ritornello coinvolgente, mettendo nuovamente in mostra la straordinaria versatilità della band. In definitiva, 'XII: A Gyönyörű Álmok Ezután Jönnek' riflette l’evoluzione continua e coraggiosa dei Thy Catafalque. Sebbene non raggiunga le vette dei precedenti 'Vadak' o 'Sgùrr' (che rimane il mio preferito), questo nuovo capitolo offre una ricchezza di suoni e ispirazioni che non mancherà di stupire anche lascoltatore più ignaro, regalandoci nuove prospettive ed esperienze sonore. (Francesco Scarci)

(Season of Mist - 2024)
Voto: 78

sabato 25 gennaio 2025

Anomalie - Riverchild

#PER CHI AMA: Post Rock/Atmospheric Black
Il nuovo 'Riverchild' degli austriaci Anomalie, segna un'importante evoluzione all'interno del panorama post-black metal. Con una durata complessiva di 54 minuti, questo quinto capitolo della band austriaca, targato AOP Records, esplora un'ampia gamma di influenze sonore, fondendo post-rock, black atmosferico e dark metal, per creare un'esperienza musicale ricca e stratificata. In questo modo, 'Riverchild' si distingue per la sua capacità di trasmettere emozioni in modo profondo attraverso composizioni articolate e dinamiche, sin dall'opener "Mother of Stars" con ogni brano poi, che scorre con inusuale naturalezza, invitando l'ascoltatore a immergersi in suggestioni emotive intense. Il sound dell'album si caratterizza per texture avvolgenti, melodie accattivanti e riff intrecciati con grande maestria, senza scordarsi poi della componente vocale, eccelsa nel muoversi tra vocals che sembrano derivare dal dark e un buon growl. La varietà stilistica presente nelle tracce, garantisce un'esperienza d'ascolto coinvolgente e sempre stimolante dall'inizio alla conclusiva "Thoughts" (una ballad in stile Moonspell), tra l'altro senza strafare, ma garantendo una certa fluidità melodica, dimostrata attraverso le ottime "Perpetual Night" (feroce a livello ritmico quanto ammiccante, a livello vocale), la malinconica title track o la più oscura "A Cosmic Truth". In definitiva, questo nuovo capitolo degli Anomalie conferma un talento che io ebbi modo di apprezzare su queste pagine, proprio dal primissimo lavoro 'Between the Light', talento che è stato poi in grado di evolvere nel tempo, mantenendo sempre alta la qualità che era già stata raggiunta nel precedente 'Tranceformation'. Questo nuovo lavoro sarà capace di catturare sia i fan di vecchia data, sia chi si avvicina per la prima volta al mondo del polistrumentista Marrok che guida la band di Leobendorf. (Francesco Scarci)

giovedì 23 gennaio 2025

Swallow the Sun - Shining

#PER CHI AMA: Doom/Depressive
‘Shining’, il nono album in studio dei finlandesi Swallow the Sun, rappresenta un punto di svolta significativo nella loro discografia. La nuova uscita del quintetto di Jyväskylä propone un suono che, pur non rinunciando del tutto alla componente death-doom più pesante del passato, si orienta verso una dimensione più melodica e accessibile. Questa evoluzione si traduce in composizioni maggiormente dirette e orecchiabili, come si può notare in brani come “Innocence Was Long Forgotten” e “MelancHoly”, esempi perfetti del cambio di rotta intrapreso dalla band. Tuttavia, questo nuovo lavoro non abbandona l’oscurità che da sempre ha contraddistinto gli Swallow the Sun. Al contrario, l’album è pervaso da un’atmosfera avvolgente e da melodie che evocano profondità insondabili, dove la luce appare solo come un lontano ricordo. Questa sensazione emerge anche nelle liriche, che esplorano temi come la perdita, l’isolamento e la vulnerabilità. E la musica diventa così un mezzo catartico, un riflesso sonoro delle fasi del lutto e un’espressione poetica che risuona nel cuore dell’ascoltatore (ascoltare la title track per comprendere al meglio). L’esperienza complessiva dell’album risulta, però, contrastante: i brani alternano momenti malinconici ma carichi di groove, come accade in “Under the Moon & Sun”, a tracce che sembrano rievocare i fasti e le atmosfere plumbee delle origini della band, come in “Charcoal Sky”. Sebbene questa eterogeneità possa sembrare un punto debole per chi cerca maggiore coesione musicale, in realtà essa rivela un viaggio interiore tormentato e irrisolto. È un invito ad affrontare i propri demoni, sintonizzandosi con il profondo senso di inquietudine che permea l’album. Ciò che rimane indiscutibile è la capacità degli Swallow the Sun di non essere mai prevedibili. Pur richiedendo un ascolto attento e una buona dose di pazienza per assimilare appieno i brani, ‘Shining’ si conferma come un’opera di grande qualità e profondità emotiva. (Francesco Scarci)

Doedsmaghird - Omniverse Consciousness

#PER CHI AMA: Black Avantgarde
Pubblicato lo scorso ottobre, 'Omniverse Consciousness' dei norvegesi Doedsmaghird, si distingue come un’evoluzione artistica significativa dei membri Ms. Longue Vie Imminent Doom e Mr. Vicxit Baba Maharaja, ben noti per il loro lavoro con i Dødheimsgard (peraltro l'anagramma del moniker della band di quest'oggi). Questo side-project è interessante per la fusione di elementi elettronici con il nero verbo metallico. Fin dall’inizio infatti, c’è una forte sensazione di spontaneità e libertà creativa che differisce da alcune delle più recenti uscite dei Dødheimsgard. L’album ritrae la musica dei nostri come un'estensione naturale del suono distintivo della band madre, ma qui con un'inflessione più irriverente e sperimentale, dimostrata attraverso l'arricchimento del sound con una varietà di elementi sonori, tra cui "blips", "whooshes" e "chimes", che accompagnano chitarre e batteria, creando un'atmosfera quasi psichedelica. A ogni modo, basta ascoltare la prima traccia, "Heart of Hell", per intraprendere un viaggio sonoro che può sembrare confuso, ma che in realtà riesce a rivelare armonie e transizioni logiche all'interno di essa, mescolando darkwave con atmosfere contemplative. Altri brani degni di nota includono la super stralunata "Sparker Inn Apne Dorer" e "Then, to Darkness Return", che esplora (e abbina) ritmi tribali a sonorità cupe di valenza black metal. Infine, segnalerei "Adrift Into Collapse" che chiude l'album, prima dell'outro conclusivo, con una transizione verso atmosfere più eteree e poetiche, utilizzando campionamenti di violini in un contesto cyber-noir. In conclusione, 'Omniverse Consciousness' non è solo un debutto promettente per i Doedsmaghird, ma anche un'opera che espande i confini del black metal contemporaneo, invitando gli ascoltatori a immergersi in un universo sonoro complesso e affascinante. (Francesco Scarci)

mercoledì 22 gennaio 2025

Grava - The Great White Nothing

#PER CHI AMA: Sludge/Post Hardcore
Li avevamo lasciati nel 2022, quando esordirono per l'Aesthetic Death con 'Weight of a God'; sono ritornati nel 2024 con questa nuova release, 'The Great White Nothing', sempre sotto l'egida dell'etichetta britannica. Loro sono i danesi Grava, portatori di uno sludge/post hardcore che vede in Neurosis (e primi Amenra) le principali fonti di ispirazione. Tuttavia, l'apertura affidata alla breve "Erebus", vede anche sperimentazioni di "ufomammuttiana" memoria diluirsi nelle note del terzetto di Copenaghen, che si affida questa volta, a nove nuove tracce per dimostrare la propria personale progressione musicale. Questa si traduce però in non troppe variazioni al tema, rispetto all'album precedente: i brani si confermano infatti su durate medio brevi (attorno ai tre minuti, fatto salvo per le outlayer "The Fall", "Mangled" e "Hinterlands"), con ritmiche mid-tempo dilatate, angoscianti e ipnotiche quanto basta ("Decimate"), addirittura anche dotate di un certo piglio marziale (come accade nell'oscura "Breaker", che alla fine risulterà essere anche il mio pezzo preferito e nella più ossessiva e un filo più noiosa, "Mangled"). Le vocals di Atli Brix Kamban si confermano catramose (anche se del death doom di "Hinterlands", il cantato tende ben più al growl), cosi come non si rinuncia ai momenti più meditabondi, come "The Fall" potrà piacevolmente dimostrarvi con le sue più ariose e malinconiche melodie. "Bayonet" non mi smuove nulla, troppo scolastica, sebbene il tentativo nella seconda parte, di scombinare le carte in tavola. Molto meglio la suadente e strumentale "Ceasefire", anche se a causa di una durata inferiore ai tre minuti, rischia di lasciarci con la fame addosso. Alla fine, 'The Great White Nothing' è un album intrigante ma che a mio avviso, necessita ancora di uno step addizionale per scrollarsi di dosso tutte le similitudini ad altre band, di cui l'ensemble ancora soffre. (Francesco Scarci)

Dammercide - Link

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Techno/Prog Death
Già dal demo, affiorava la perizia tecnica e nello stesso tempo, anche la naturalezza con cui i Dammercide riuscivano, e forse riescono tutt’ora, a tessere trame intriganti e complesse, pur mancando un po' d’incisività nelle chitarre. Ritornando a parlare nello specifico del debut album, ormai datato 2000, e intitolato 'Link', vi posso dire che il genere si rifà al death-prog dei primi Opeth, quindi con cambi di atmosfere repentine e con un sound che alterna al death melodico, tempi più rilassati e riflessivi. Lo stesso dicasi per la voce, che nelle parti pulite non è sempre all’altezza (problema che si protrae ancora oggi), mentre nelle parti growl svolge un buon lavoro e ben si amalgama nel tessuto delle song. Infine, per quanto riguarda la registrazione, si può dire che è ben calibrata perché durante l'ascolto, si riesce a cogliere un quadro completo delle varie sfumature che caratterizzano il suono dei Dammercide. Le canzoni poi, hanno finalmente la giusta dose di potenza nelle chitarre che prima mancava.
 
(Negatron Records - 2000)
Voto: 70
 

lunedì 20 gennaio 2025

Luring - Malevolent Lycanthropic Heresy

#FOR FANS OF: Atmospheric Black Metal
USA's Luring is a trio whose members are involved in similar and equally interesting projects, particularly Azathoth's Dream, which I strongly recommend if you enjoy old school atmospheric black metal. Since the release of its first album, Luring has released albums each year, improving and refining its sound, which is firmly rooted in the purest essence of the black metal genre. As is common with these underground projects, the change and evolution is not particularly significant as they strive to maintain their core sound unaltered, yet the listener will notice a progression in each album.

'Malevolent Lycanthrophic Heresy' is the name of Luring's newest effort, and from the moment you see the album cover, you can realize that the USA-based project remains loyal to its roots. The black and white tenebrous artwork is a fine portrait of what you will listen to. This new opus sounds as dark as the previous ones, combining the pure aggression of the genre and a murky atmosphere. The production is, as expected, raw and lugubrious, but still enjoyable, not reaching the annoying levels of certain projects that sound like a noise ball. The short and straightforward album opener "Ravaged By the Teeth of a Feral God" is a fine example of it, with its aggressive riffs and raspy vocals. Although, I particularly enjoy songs where the atmosphere is more present, like the longer composition "Born With the Devil's Marking". This song has some nice tempo changes, making the composition quite interesting and enjoyable. The other longer track, entitled "The Odious Gaze of Chronos," is also remarkably inspired, showing that Luring finds the best room to shine in these lengthy songs. In this case, the pace is much slower except for the final section, although the riffs are equally sharp and tasty. The final proper track, entitled "Dying Wolf Beneath the Stars," is another enjoyable piece of atmospheric black metal with a particularly raw atmosphere that Luring masterfully creates. The guitar lines are again the best thing here, as they have the hypnotic essence that is a trademark of the genre. There are no big complaints from my side if we solely focus on the aforementioned songs, but the album lacks something important due to its shorter length. The whole record lasts 36 minutes, which in theory is enough, but half of the compositions are ambient/instrumental tracks. Don’t get me wrong, to a certain degree I enjoy them, but as this is a black metal album, having half of the compositions in this vein is a bit disruptive and leaves you with a feeling of wanting more.

In conclusion, 'Malevolent Lycanthropic Heresy is a quite good album when it focuses on its pure atmospheric black metal side. However, having so many ambient tracks leads you to think that this is more an EP than an actual full-length album. I sincerely think that a couple more tracks would have improved the experience a lot more. (Alain González Artola)


(Iron Bonehead Productions - 2024)
Score: 73

https://luring.bandcamp.com/album/malevolent-lycanthropic-heresy

No Return - Self Mutilation

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death/Thrash
Non servono molte parole per descrivere il sound dei francesi No Return, basta anzi un solo termine: thrash metal!!! Questo per dire che potete (e dovete) aspettarvi un album spaccaossa, violento nel suo riffing serrato e nella ritmica incalzante, ma non così brutale e marcio. Tutti i brani ricalcano bene o male lo stesso collaudato schema, delineando un album omogeneo (a volte forse fin troppo) e ben strutturato, privo di carenze esecutive e assolutamente ben prodotto. Un’uscita da non mancare per tutti gli headbangers in circolazione.

(Kodiak Records/Listenable Records - 2000/2008)
Voto: 65

https://noreturnarmy.bandcamp.com/album/self-mutilation

Fickle - Tacet Tacet Tacet

#PER CHI AMA: Ambient/Noise
Il lavoro che è appena uscito, via Bloody Sound, del progetto sonoro denominato Fickle, è da ritenersi un'interessante proposta in ambito ambient sperimentale, proponendo un album che, ascoltato per intero, si avvale dell'aura tipica delle soundtrack cinematografiche, con un suono astratto, visionario, a volte minimale, a volte più complesso, ma che non perde mai la sua corposità, e con un'attitudine che lo contraddistingue e lo fa emergere nella sua essenza più cristallina. Concepito tra i numerosi viaggi fatti tra Islanda e altre parti d'Europa dal titolare del progetto, Francesco Zedde, con l'intento di fondere parti strumentali, realmente suonate, con registrazioni d'ambiente e campioni, rimodulandole, filtrando ed elaborandone l'effetto elettronicamente, emulando gli alfieri del sound ambient e post rock dell'isola di ghiaccio e non solo. Così possiamo trovare all'interno di 'Tacet Tacet Tacet', umori rubati al suono fresco ma pensieroso di album come 'Utopìa' di Murcof, che interagiscono con le ritmiche destrutturate e disturbate da continue interferenze noise, alla maniera dei Mùm in "Yesterday was Drammatic, Today is Ok", riviste in una maniera più cupa e messe spesso in prima linea. Queste interferenze rumorose sono molto affascinanti e sono seminate qua e là su tutto il percorso strumentale dei Fickle, e in qualche modo, riescono a governare tutte le direzioni che intraprende la musica di questo disco, con il pregio inoltre, di non riuscire mai a dargli una via unica e definita, lasciandogli un ampio spettro d'azione sonora, indefinito e libero da scontate strutture. Per questo motivo, lo paragono a una sofisticata colonna sonora futurista, musica che omaggia i suoi precursori e caldamente consigliata ai cultori di questo genere. Al suo interno ci sono anche collaborazioni di valore, come Rea Dubach e Jacopo Mittino dei 52 Hearts Whale, nella composizione e nell'interpretazione di alcuni brani, e bisogna aggiungere che il tempo di incubazione per la nascita di questo album è stato assai lungo, infatti è stato registrato in giro per l'Europa tra il 2017 e il 2023, parecchio tempo a disposizione che va a giustificare cotanta peculiarità e ricerca nella varietà dei suoni. Il brano più indicativo è, a mio avviso, "Recurrence", ossia quello che chiude il disco, il più lungo e il più carico di profondità oscura, lacerato dal suono di una presunta campana che risulta devastante, incastonato in un sound d'ambiente dal ritmo frastagliato e lontano, con un finale a sorpresa sul filo di una svolta ritmica dal gusto etnico. Non possiamo dimenticare poi, senza togliere niente all'intero disco, la verve ritmica di "Pertinence", ai confini con i primordiali concetti compositivi della drum'n'bass, rivista in maniera minimale e fusa a certa new wave riletta in chiave elettronica. Aggiungerei infine una nota per l'ipnotica "Dissimulation". Per chiudere, direi che 'Tacet Tacet Tacet' è un buon disco, curato e avvolto in atmosfere intriganti e dai colori sfuocati, un disco che sarebbe un peccato lasciarsi scappare. (Bob Stoner)

Rising Moon - European Aliens

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Melo Death
I Rising Moon nascono nel ’96 con il nome Body Grinder e dopo una demo ('Morituro') cambiano nome e firmano con la Elegy Rec., facendo uscire il debut-album 'Hate From Heaven' nel ’98 e a seguire, 'Area 51', nel 2000. A breve distanza poi, ecco questo EP di cinque pezzi che li rimise subito in pista alla ricerca di un nuovo contratto discografico. Il suono era riconducibile a band illustri come At the Gates e primi Dark Tranquillity, ma solo perché c’era la stessa raffinatezza nel coniugare melodia e aggressività, senza dimenticare un approccio heavy-oriented nei riff di chitarra. Veramente impetuosi e irrefrenabili. La registrazione era ben curata e professionale: potente e chiara. Da segnalare “Roswell File” con un riff portante d’effetto. Credo che alla fine i Rising Moon fossero (sono in silenzio dal 2009) forti e incisivi nella maggior parte dei loro brani, in cui spingevano l’acceleratore al massimo, ma anche in quelli più tranquilli (si fa per dire) se la sapevano cavare egregiamente, vedi la canzone succitata.

(Metal Fortress Entertainment - 2001)
Voto: 67

https://www.facebook.com/risingmoonofficial?ref=stream

domenica 12 gennaio 2025

Sahg - More of Nothing

#PER CHI AMA: Heavy/Doom
A dimostrazione che la Norvegia non è solo la patria del black metal (e dei Motorpsycho), ecco arrivare i Sahg con un nuovo lavoro, 'More of Nothing'. La band originaria di Bergen e in giro ormai da un ventennio, ci propone quattro nuovi brani che affondano le proprie radici nel doom di sabbattiana memoria, ovviamente rilette in chiave più moderna e anche un filo ruffiana. Eh si, perchè la title track, posta in apertura di dischetto, oltre a palesare il classico mastodontico rifferama tipico del genere, ammicca con i cori a soluzioni più easy listening. Piacevoli eh, non è una lamentela la mia, giusto una pura constatazione. Decisamente più oscura e robusta "Suffer in Silence", complice un suggestivo break atmosferico a metà brano atto a prepararci a un roboante finale, in cui a mettersi in luce sono la voce dell'onnipresente Olav Iversen, fondatore della band, e breakdown improvvisi. "Children of the Revolution" è invece più marcatamente blues/hard rock, ma d'altro canto, trattandosi di una cover del 1967 dei britannici T. Rex, e riproponendola in modo piuttosto fedele all'originale, era anche lecito aspettarsi quest'attitudine. Una traccia tuttavia di cui avrei fatto a meno. Più seducente la conclusiva "She's a Queen", una sorta di ballata blues old fashion che chiude piacevolmente un lavoro che mi sentirei di suggerire però ai soli fan della band scandinava. (Francesco Scarci)

(Drakkar Entertainment - 2024)
Voto: 68

https://www.facebook.com/Sahgband

Faidra - Dies Irae

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Non mi perdo in troppi giri di parole per questo EP degli svedesi Faidra, dal momento che include due tracce, "Ixion" e "Phantasmagoria" che sono rimaste come puri singoli rilasciati dalla band nel 2020 e 2022, e mai incluse in nessun album ufficiale, e la nuova "Dies Irae", song che dà il titolo al dischetto. La release, fuori in formato mini-Cd e mini-Lp, sembra già andare verso il sold-out, quindi meglio affrettarsi per accaparrarsene una copia. La proposta poi della misteriosa one man band scandinava, non sembra discostarsi di una virgola dai precedenti lavori, proponendo fin dall'iniziale title-track, un concentrato di black mid-tempo oscuro e depressivo, con quei suoi giri di chitarra evocanti i Burzum di 'Hvis Lyset Tar Oss', ma con una dose di eleganza un filo superiore a quella del buon Conte norvegese, soprattutto senza sfociare nella ridondanza (e noia) che le chitarre di Varg Vikernes, potevano evocare al millesimo loop infernale. "Ixion" incarna maggiormente l'indottrinamento del Conte Grishnackh, con quelle sue spettrali tastiere ad accompagnare ritmica e screaming, portandoci quasi sull'orlo del baratro del delirio mentale per poi salvarci, ripiegando su suoni folklorici, che si paleseranno nuovamente nelle note introduttive di "Phantasmagoria". Questo è un altro brano che incarna la passione del mastermind per il black nordico, combinato con partiture folk atmosferiche che gli permettono di prendere le distanze da Burzum e soci. L'Ep è comunque un piacevole ritorno che lascia presagire che qualcosa di nuovo stia bollendo nella magica pentola infernale dei Faidra. (Francesco Scarci)

(Northern Silence Productions - 2025)
Voto: 70

https://faidra-northernsilence.bandcamp.com/album/dies-irae

Coffinwood - Acolythes of Eternal Flame

#PER CHI AMA: Black/Death
La Polonia ultimamente ci sta dando un bel gran daffare: dopo aver recensito i Runopatia, ecco sulla mia scrivania un'altra release polacca, targata questa volta Coffinwood, band originaria di Varsavia, da poco uscita con questo 'Acolythes of Eternal Flame', esordio sulla lunga distanza, dopo l'EP del 2020, 'Storm of Steel'. La proposta del terzetto non smentisce il paese d'origine, proponendo il classico mix death/black metal, che sembra andare un po' per la maggiore in quelle lande. Tutta quest'incazzatura si materializza attraverso otto tracce e 45 minuti di musica incendiaria che divampa quasi immediatamente dalle spoken words, che dovrebbero alludere ai tragici eventi di Chernobyl, e aprono la lunga "Disposition of Doom", evolvendo in una ritmica killer, che ben si alterna comunque a frangenti più ragionati. In tutto questo frastuono sonoro, ben si collocano le voci dei due cantanti, Beherit e Kumen, rispettivamente anche basso e chitarre del trio. Il sound che ne viene fuori suona come una sorta di rivisitazione delle sonorità estreme anni '90, sebbene abbia anche colto echi dei Melechesh, nella porzione conclusiva dell'opening track. Dai sette minuti della traccia d'apertura ai quasi tre della violentissima "Radionuclide", una rasoiata in pieno volto che, in totale assenza di schiuma, lascia come risultato una profonda cicatrice in faccia. E da li, ecco altre spoken words che dischiudono "Salvation Through Radiation", una song che ha nella ipertecnica performance del suo batterista l'acme artistico: la prova di Trommeslager dietro le pelli è davvero sontuosa ed efficace nel distogliere l'attenzione a una proposta che rischia di risultare ampiamente già sentita. Il focus sulla musica ritorna quando i ritmi si fanno decisamente più lenti e compassati, complice un claustrofobico break di chitarra che dona un pizzico di atmosfera a un disco eccessivamente dritto, forse troppo piallante e che necessiterebbe di qualche variazione in più al tema. Quella che i nostri azzardano nei 90 secondi di "90s" non è tuttavia sufficiente: la brutalità del brano necessita comunque di altro per giustificare l'ascolto di un lavoro troppo ordinario. E allora ci prova la title track, con una musicalità dotata di quel giusto mix di melodia (non troppa sia chiaro) e sonorità sghembe, che caricano di un certo interesse la release dei nostri. Altri attimi di angoscia arrivano con le sirene poste in apertura di "Biorobots" a evocare ancora le drammatiche scene del terribile incidente nucleare che ebbe luogo il 26 aprile del 1986. E la narrazione di quegli eventi prosegue nell'oscure trame chitarristiche di "Exclusion Zone" e della conclusiva "Sarcophagus", la prima con una ritmica thrash death devastante e un cantato in growl catacombale; la seconda più allineata a dinamiche black/death. Alla fine 'Acolythes of Eternal Flame' rischia di essere un disco interessante più per i contenuti lirici che musicali, ancora quest'ultimi troppo ancorati a un passato che fu e che deve essere ampiamente rivisto per non perdersi nell'infinito calderone di band che propongono la medesima zuppa. (Francesco Scarci)