#PER CHI AMA: Black Death Progressive |
Beh, con un nome del genere, che cosa aspettarsi, se non un sound dedito al death doom? Sbagliato! “Delirium” sembra infatti confutare la mia tesi da quattro soldi, con il suo attacco che appare all’insegna del death più brutale, con delle ferali growling vocals in evidenza. Con calma il combo britannico, prova ad ingrigire la propria proposta, affiancando alla ferocia delle ritmiche arrembanti, quell’oscurità tipica della nebbiosa terra d’Albione: un intrigante suono di basso, delle linee acustiche di chitarra frammiste ad un elegante assolo, con la voce pulita quasi recitata, posta in primo piano. Se il buongiorno si vede dal mattino, il cd che ho fra le mani, sembra scottare parecchio. “Silent Gods” mette in evidenza ancora una volta, l’irruenza del bassista, neppure la band inglese volesse risultare come un mix tra Cynic e Death, per poi scatenare nuovamente la propria violenza, in una sorta di death progressivo, che nelle sue parti più tranquille, pesca palesemente dalla tradizione doom britannica, grazie alla sua vena malinconica. Cosa di poco conto però, in quanto il quintetto, quando schiaccia sull’acceleratore, si ritrova addirittura in territori black, non proprio di loro competenza. Sono frastornato, perché non capisco se la release mi riesce a catturare oppure no. Certo, quando “This Wretched Plague” attacca con quella sua melodica parte di chitarra, mi sembra di avere a che fare un po’ con gli Opeth, un po’ con i Death, poi i nostri vogliono strafare, pestando di brutto e imbruttendo di molto la propria proposta, non incanalando la musica nella giusta direzione. Insomma, pur essendo un grande fan della musica estrema, faccio fatica a digerire la proposta dell’act del Regno Unito. Black, death, progressive, gothic, doom si incontrano o forse meglio dire, si scontrano, in una miscela pericolosa, difficile da manipolare se non si è dei fenomeni ed ecco, i De Profundis non lo sono per nulla, quindi il rischio di commettere qualche grossolano errore c’è e si sente. Da qui la frittata: troppa la voglia infatti di dar sfoggio a tutte le proprie potenzialità che alla fine i nostri perdono per strada il loro vero obiettivo, e quindi ecco che tra buone song, se ne avvicendano altre un po’ troppo scontate che sicuramente suonano come già sentite. Davvero un peccato, perché un pezzo come “Twisted Landscapes” a me piace un sacco, ma poi c’è puntualmente qualcosa che stona e fa scemare il mio interesse. Anche “Release” cattura per la sua dinamicità, certo se poi i nostri tenessero a freno la propria vena techno thrash/death, il risultato sarebbe certo migliore. Si insomma, avrete capito, i De Profundis le carte in regola per fare bene le avrebbero anche, se le giocassero meglio, “The Emptiness Within” rischierebbe di essere addirittura un capolavoro. (Francesco Scarci)
(Kolony Records)
Voto: 65
Voto: 65