Cerca nel blog

domenica 19 marzo 2023

Weltmatch - Ancient Hatred

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
I Weltmatch ci propongono un Black spasmodico ed intenso, ricco di emozioni, questo a dimostrazione che anche gli americani ( sì, perché le origini del gruppo sono queste) riescono a proporci, oltre ai soliti rigurgiti death, anche una buona impostazione black con contenuti epici. Forse quello che il gruppo riesce a creare non è eccelso, ma molto probabilmente è meglio di tutte quelle merdate che gruppi di recente formazione cercano di rifilarci.

(Profanation Records - 1999)
Voto: 64

https://www.metal-archives.com/bands/Weltmacht/

Laika nello Spazio - Macerie

#PER CHI AMA: Alternative Rock/Post Hardcore
È giusto che sempre più persone sottolineino come il mondo stia andando a farsi fottere, siamo destinati all'estinzione lo sappiamo, e questo processo ha accelerato pericolosamente negli ultimi anni: prima il covid, poi la guerra e le catastrofi climatiche in ogni angolo del mondo. E i Laika nello Spazio, in questo nuovo capitolo della loro discografia, ne fanno cosi il loro manifesto, 'Macerie', ecco cosa rimarrà del nostro pianeta e la band originaria dell'hinterland milanese, non fa altro che ricordarcelo dalla traccia d'apertura in avanti, con un sound che prosegue coerentemente quel processo iniziato in 'Dalla Provincia', che già avevamo recensito su queste stesse pagine nel 2019. Il terzetto lombardo ci offre quindi uno spaccato della società odierna, quella frastornata e sfiancata "dalle polveri sottili, dalle isterie di massa, dalla falsa informazionme, dai virus e dal popolo sovrano coglione" ("Coprifuoco Definitivo" che mostra richiami ad un ipotetico ibrido tra Teatro degli Orrori e IN.SI.DIA), quella dei profughi e del femminicidio ("Reazione"), quella conformista narrata in "Schrödinger". Il tutto accompagnato poi da una proposta musicale che oscilla tra post-punk ed un oscuro post-hardcore, con la conferma di un trio a due bassi, voce e batteria (si, non ci sono chitarre, avete letto bene), mentre il cantato di Vittorio Capella continua ad evocare più di una certa similitudine con il frontman dei Massimo Volume, come già aveva evidenziato il buon Bob Stoner ai tempi di 'Dalla Provincia'. La musica dei nostri non è affatto male, presentando più di un qualche richiamo ai Marlene Kunz nella title track, cosi come pure echi stoner rock nella più intimista "Evento Sentinella", con quei bassi magnetici (scuola New Model Army) che s'intrecciano tra loro con una certa benevola efficacia. Ciò che fatico però a digerire è proprio il cantato di Vittorio, che nelle parti non narrate, mi pare stoni pericolosamente. Le liriche in italiano rischiano poi di relegare questa release entro i soli confini nazionali (il (para)culo dei Måneskin qui non è di casa), ma va bene cosi, gustiamoci a tutto volume e con i bassi del nostro stereo a manetta, mi raccomando, la nuova fatica dei Laika nello Spazio. (Francesco Scarci)

venerdì 17 marzo 2023

Fluisteraars - De Kronieken Van Het Verdwenen Kasteel - I - Harslo

#PER CHI AMA: Black
In attesa di ascoltare il loro nuovo album, gli olandesi Fluisteraars ci regalano un EP di un paio di pezzi, giusto per ingannare il tempo. 'De Kronieken van het Verdwenen Kasteel - I - Harslo' (The Chronicles of Vanished Castle) è il titolo di questo lavoro che farà parte di un trittico di EP da collezionare, votati ad un black isterico e animalesco che si esplica attraverso le iniziali furenti melodie di "Dromen Van de Zon". La ritmica è serrata e sparata a tutta velocità e su di essa si stagliano le grim vocals di Bob Mollema, per un risultato che a me non convince proprio del tutto. Si continua con la più lunga "De Koning Die Werd Ontdekt Tijdens de Blootlegging Van de Nieuwe Dimensie" e il risultato non cambia poi di molto, con otto minuti tiratissimi che almeno fino al quarto minuto non lasciano scampo e un briciolo d'ossigeno. Poi, i nostri rallentano incredibilmente il tiro, evocando un che dei Burzum di 'Hvis Lyset Tar Oss', grazie alle classiche chitarre zanzarose e alle tastiere in sottofondo, in grado di donare quel tocco di straziante malinconia che alla fine mette tutti d'accordo su quanto i nostri sappiano essere ancora tremendamente glaciali. (Francesco Scarci)

Jeffk - TAR

#PER CHI AMA: Post Rock Strumentale
Tornano le uscite della Golden Antenna Records e l'etichetta tedesca ci propone oggi la seconda release dei conterranei Jeffk che, a distanza di cinque anni dal precedente 'Inadequate Shelter', si riaffacciano con questo 'TAR'. La band, originaria di Lipsia, propone un post rock strumentale che sembra strizzare l'occhiolino ai God is an Astronaut con al seguito tutta la serie di clichè tipici del genere. Si parte da "Fingers" e dalle sue melodie dilatate, quasi intimistiche, spezzate però qua e là da frangenti metal decisamente più ruvidi che sembrano allontanare il terzetto dal post rock. Non so voi, ma verso il sesto minuto del brano ci ho sentito poi un che della melodia della Marcia Imperiale che accompagnava la comparsa de La Morte Nera in 'Star Wars'. Chiamatela suggestione o quello che volete, ma l'atmosfera da li in poi si farà più cupa, almeno fino a quando nel mio stereo partirà "Arcades", song che si muove con un ipnotico giro di chitarre in tremolo picking, accompagnato da una fantasiosa batteria, che evolverà ancora una volta nel finale verso tonalità più fosche e apocalittiche, quasi fosse il marchio di fabbrica dei Jeffk. Con "Ratio" si parte invece decisamente più delicati grazie ad una linea di basso che guida l'incedere di un brano che non mostra in realtà significativi sussulti, se non in una parte centrale più robusta e in una chiusura ancora spettrale. Con "Idle Eyes" ci approcciamo al singolo per cui i nostri hanno girato anche un delirante video. L'inizio è lento e straniante, per poi pigiare successivamente sull'acceleratore grazie ad un sound decisamente più energico, anche se brevi break atmosferici provano a minimizzarne l'irruenza. Una voce urlata qui avrebbe fatto di certo la sua porca figura, soprattutto per donare un po' più di variazioni al tema, laddove il trio teutonico persegue una certa ridondanza ritmica ed effettistica. Tuttavia, devo ammettere che anche questo brano, cosi come tutto l'album, si rivelerà convincente. Anche le residue due tracce, "Lake Bled" e "Swarm", regalano interessanti sprazzi di musica raffinata, peraltro con una ricerca tecnica di un certo livello, leggasi i numeri da circo con cui si destreggia il batterista dietro alle pelli, per quella che sembra essere una continua ricerca di cambi di tempo che possano intrattenere nel migliore dei modi l'ascoltatore. Anche qui non ci troviamo certo di fronte ad una proposta di semplice assimilazione, bisogna infatti entrare in profondità nel mood di questi musicisti, per capirne le intenzioni e assaporarne ogni singola sfumatura. La chiusura affidata a "Swarm" sublima infatti la ruvida emozionalità che 'TAR' è in grado di sprigionare lungo i sui quasi tre quarti d'ora di musica. Non certo la più semplice delle passeggiate, ma spesso anche un buon trekking in montagna con l'aria tagliente può regalare piacevoli emozioni. (Francesco Scarci)

(Golden Antenna Records - 2023)
Voto: 74

https://jeffk.bandcamp.com/album/tar

giovedì 16 marzo 2023

Evol - Dies Irae

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Folk Black/Ambient/Gothic
I primi demotape della band italiana Evol non erano facilmente reperibili. L'idea di proporli (e riproporli più di recente/ndr) su cd fu pertanto lodevole. 'Dies Irae' contiene i demo 'The Tale of the Horned King' (1993) e 'The Dark Dreamquest - Part I' (1994), più due tracce registrate dal vivo nel 1995. Chi conosce gli Evol e ne ha apprezzato lo stile non si faccia sfuggire l'album in questione. Per coloro che li hanno sentiti solo nominare si rendono necessarie alcune informazioni supplementari. Gli Evol erano fautori di un "black metal" (ammesso che questa definizione sia legittima) molto atipico. Nulla a che vedere con Darkthrone e Mayhem, per intenderci, né con i primi Satyricon ed Emperor. Nelle loro composizioni musicali, caratterizzate fra l'altro dalla presenza di una trasognata voce femminile, le parti aggressive erano assai rare. Le atmosfere, lungi dall'essere lugubri, inclinavano semmai verso l'onirico e il fiabesco. Caratteristiche, queste, che si sono venute accentuando nel corso degli anni, sino ad imporsi con assoluta evidenza nell'ultimo vagito della band, 'Portraits' (1999).

(Black Tears/Iron Goat Commando - 2001/2019)
Voto: 66

https://www.metal-archives.com/bands/Evol/6145

Garota - Czarne Wizje

#PER CHI AMA: Black/Thrash
Devo ammettere di aver tirato giù santi e madonne quest'oggi perchè non riuscivo a capire il nome della band e del disco tra le mie mani. Tra l'essere scritto in caratteri gotici e in polacco, la faccenda si era fatta alquanto imbarazzante per il sottoscritto, ma alla fine ce l'ho fatta a identificare i Garota e il loro debutto su lunga distanza, 'Czarne Wizje', dopo un EP uscito nel 2021. La proposta è un black thrash che può evocare i Destroyer 666, con un piglio qui più punkeggiante, ma che francamente non si rivelerà proprio memorabile, andandosi a perdere in riffoni sentiti e risentiti. Complice poi i titoli (e i testi) tutti interamente in polacco, potrete capire come accostarsi a questo terzetto della Pomerania, possa risultare alquanto più complicato. Trentaquattro minuti sparati a tutta velocità, tra riff taglienti, blast beat, grim vocals, tematiche sataniche, violenza a profusione e potrete immaginare come questo possa essere assimilabile ad un altro milione di lavori. Ci provano i nostri in "Prymitywne Rytuały" o nella successiva "Czarne Wizje Pełne Krwi" a rallentare il ritmo per cercare di distinguersi dalla massa e l'effetto non è nemmeno poi cosi male, ma in tutta onestà, nella mia lunga carriera di recensore, di dischi del genere ne ho affrontati fin troppi e a certi ho fatto anche parecchio male. I Garota alla fine sono onesti mestieranti che probabilmente sono nati negli anni in cui avrebbero dovuto proporle simili sonorità, avrebbero forse goduto di maggiore considerazione. Ora, a parte le conclusive e debordanti "Nad Jeziorem Ognia" e "Oczy Golgoty", non mi soffermerei più di tanto su questo disco. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions - 2022)
Voto: 60

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/czarne-wizje

Soilwork - A Predator's Portrait

#FOR FANS OF: Melo Death/Metalcore
This is an interesting album but it doesn't top its predecessor 'The Chainheart Machine'. The riffs are good but not to that caliber. And the vocals are a little more laid back mixed with some clean bits. The music is what's awesome on here. The melodic rhythms that go along with the clean vocals (at times). I liked this release, it is just a little step down from the previous. The leads were outstanding though. As this was the older lineup. These guys have had a great career in music some good releases and some duds. This one is definitely not the latter, it's quality melodic death metal. The intensity is there just not as much.

They mellowed out on this release but the vocals feature a lot of screaming. It's like a mix of melodic death with metalcore. I don't like metalcore much but the music is quality. I just don't like the fact that their intensity lessened hence the "75" rating.

Their modern sound is like this too, their most recent has a lot of mellow parts to them. 'Övergivenheten' which means "The Abandonment" is their latest release that sounds a bit like this. I like both almost equally. They'll never get to the degree of 'The Chainheart Machine' but they're still a good band releasing good music. They just fizzed out whereas they could've progressed musically. I'm still a fan of the band but I just had to lower my expectations of their releases after 'The Chainheart Machine'. There are some good songs on here mainly these: "Neurotic Rampage", "Final Fatal Force" and the title track.

They're dealing with the loss of David Andersson who joined the band in 2012-2022. He died last year at 47 years of age. They can still get to the caliber of this album as they did of their most recent. 'A Predator's Portrait' had some dynamite songs! They've just chilled out.

There will never be a Soilwork of this degree again, but that doesn't mean that they're done as a band. This album is a good follow-up, just not nearly as good as their predecessor. I hope that they keep producing albums though! (Death8699)


(Nuclear Blast - 2001)
Score: 75

https://www.facebook.com/soilwork

Grava - Weight of a God

#PER CHI AMA: Sludge/Post Metal
Torna l’Aesthetic Death con un’altra delle sue uscite ad effetto. Questa volta l’etichetta britannica è andata a scovare i Grava in Danimarca, un terzetto originario di Copenaghen formatosi nell’anno del lockdown da Covid. Complice verosimilmente quello stato di angoscia generato dall’essere chiusi nelle proprie abitazioni, deve aver portato i tre musicisti a partorire questo angosciante esempio di blackened sludge/post-metal sperimentale di stampo americano (Neurosis docet). Sette i pezzi che sciorinano i nostri per cercare di convincerci della bontà della loro proposta. Si inizia con le fluttuanti melodie di "Waves" che mettono in mostra le peculiarità della band ossia un ipnotico rifferama sludge, vocals che si dimenano tra l'urlato e il growl e un'aura malinconica di scuola Amenra/Cult of Luna che aleggia per questo e i successivi pezzi. Dopo appena tre minuti è il tempo di "Bender" e le atmosfere si fanno ancor più cupe con un muro di chitarre e voci caustiche davvero da incubo, spezzate da frangenti di chitarra più melodici sul finale di un brano che supera di poco i tre minuti e mezzo. Strana la scelta di avere pezzi cosi brevi per un genere spesso contraddistinto invece da lunghe durate. Ma anche le successive "Crusher", "Alight", "Cauldron" e "Appian Way" (quest'ultima stralunata song si colloca addirittura sotto i tre minuti) continuano con questo trend, non solo legato al minutaggio ma anche ad una proposta musicale che si mantiene fedele ai dettami di uno stile che trova qui delle scappatoie in cambi vocali, per la presenza di brevi assoli che accompagnano le dissonanti linee di chitarra. Solo la conclusiva "The Pyre" si discosta non solo in termini di durata dal lotto delle restanti, con oltre otto minuti che condensano quanto ascoltato sin qui ma musicalmente perpetrano, con più break atmosferici, un sound più tormentato per molti più giri d'orologio. Insomma, quello dei Grava è un album complesso e non cosi facile da avvicinare, però potrebbe comunque regalarvi spunti interessanti in un ambito che inizia a scarseggiare per freschezza di idee. (Francesco Scarci)

(Aesthetic Death – 2022)
Voto: 70

https://gravadanois.bandcamp.com/album/weight-of-a-god