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domenica 11 luglio 2021

Crowbar - Lifesblood For The Downtrodden

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Sludge/Doom
Sembra ormai evidente che da anni le ultime tendenze musicali riguardino la riscoperta, la rivalutazione e reinterpretazione di quel doom ossessivo tanto caro a Black Sabbath, Trouble, Melvins e via dicendo. È solo una constatazione introduttiva per presentare questo lavoro dei Crowbar, band che di certo non scopriamo ora. I nostri infatti, percorrono questa strada da oltre trent'anni, in maniera del tutto personale e soprattutto con ottimi risultati e riscontri di critica. Se poi ci fosse qualcuno che non conosce questi ragazzoni di New Orleans, ecco che, come sempre, sono qui per darvi ulteriori delucidazioni. La band si è formata a cavallo tra gli anni ’80-’90, debuttando nel ’92 con 'Obedience Through Suffering' e arrivando ai giorni nostri attraverso undici buoni e controversi album. Freschi di contratto con la Candlelight Records, i quattro omoni americani nel 2005 rilasciavano, a distanza di quattro anni dal precedente 'Sonic Excess in its Purest Form', questo 'Lifesblood for the Downtrodden', prodotto da Warren Riker (Down) e Rex Brown (Pantera, Down), lavoro che riprendeva al meglio le peculiarità della band. La musica, un doom-sludge metal, riprende tutte le caratteristiche degli album precedenti, le fonde e le porta all’estremo, nell’intento di frastornare l’ascoltatore. L’incedere è, come sempre, inesorabile e asfissiante; in questo i Crowbar sono dei veri maestri. Hanno infatti la capacità innata di ammaliarci con momenti melliflui, per poi torturarci con riffoni belli pesanti e diretti sui nostri musi. La prestazione vocale di Kirk Windstein è come sempre angosciante, carica di emozioni cupe e malate in linea col sound oscuro e maledetto della band. Gli 11 brani che compongono questa fatica, ci consegnano un’immagine matura e consapevole dei propri mezzi dei Crowbar, formato 2005, capace di stupirci e stordirci ancora una volta. Una citazione a parte merita la conclusiva “Lifesblood”, che lungo i suoi sette minuti, riesce a conferire quel pathos struggente che sarebbe sicuramente mancato all’intero lavoro. (Francesco Scarci)

(Candlelight Records - 2005)
Voto: 74

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