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sabato 4 novembre 2023

Hidden Orchestra - To Dream is to Forget

#PER CHI AMA: Suoni Sperimentali
Sognare è dimenticare? Benvenuti in questo oblio targato Hidden Orchestra, interessantissimo collettivo (o dovrei di,re orchestra?) britannico, guidato dal polistrumentista scozzese Joe Acheson, che affonda le proprie radici musicali nel jazz, IDM, drum & bass, rock, trip hop e musica classica. La prima song di 'To Dream is to Forget', è teutonica, possente, masticata dalle percussioni elettroniche, fuorviante, intersecata a sonorità distopiche connesse tra loro e sfuggenti alle altre tracce. Con "Hammered" disintegriamo un macigno facendolo irraggiare in pillole avvelenate, volatili. Pace convulsa, ossimori corrotti, graffi malcelati. "Little Buddy Move": è una traccia vivida, essenziale, imperlata da sonorità prismatiche. Fugge e rifugge la musica che nostalgica ritorna tra bit arroganti travestiti da ballerine provocanti in preda al reiterare di un loop buio senza luci strobo. E facciamo partire "Skylarks". La traccia parte fredda come il ghiaccio. Vi arriveranno stilettate di stalattiti dritte tra la giugulare e l’anima e finirete per esser preda di un gioco elettronico in cui perderete il vostro protagonista. Ora siete voi il centro del gioco. Copritevi bene se temete l’incendio per assideramento. Copritevi bene perché il vostro Matrix personale dura otto minuti e cinque secondi! Con "Nighfall" siamo nel mezzo dell’album. Inaspettatamente ci addentriamo in una radura fatta di suoni melliflui, di flora e fauna, di tastiere lentamente ascendenti. Il suono diviene circolare. La natura si trasforma in plastica alle pareti. La rete è in agguato per prendervi se mai precipiterete per esservi troppo rilassati. Silenzio. Patos. Monete che cadono sull’acqua. Un sound multidimensionale. Eccola "Scatter". Mi piace come mi piace fare su e giù con la testa ad un concerto intimamente ipnotico. Lasciate fuori di casa la mente. Portatevi solo i vizi per questo ascolto. Non vi dico altro. Vi rovinerei il circolo vizioso. E se non vi basta ora vi mando "Ripple". Soffia un vento del sud. Danzano le gitane intorno al fuoco virtuale, illusorio, poderoso, trepidante, fumante delle illusioni erotiche. Stacco le emozioni con "Broken". Sassi d’oro che vengono macerati in suoni. Ripercussioni in tre quarti. Ripercussioni ancora zingare e delizianti. Corse immobili all’oro che ci scende nella gola semi solido. Questa song corrompe l’anima. Filtra il buio solo se avevamo la luce dentro. Porta così lontano da…vedete voi se riuscite a tornare indietro dalle sabbie mobili a 24 carati. Ed ora benvenuta a "Cage Then Brick". Un minuto e cinquantasette di battiti fuori scala. Percussioni alterate, semicoscienti. Legno che scalda. Sibili di serpenti, cobra che avvolgono le arterie e d’improvviso sfumano. Non l’ho nemmeno assaporata. Come un morso letale. Piove adamantio. "Reverse Learning". Questa traccia inizia oltraggiosa e benevola al contempo. Ritmata quanto basta. Spezzata quanto basta. Avvolgente quanto basta. Sussultante quanto basta. Invece è una trappola per la mente. Esoterica. Pulsante. Accattivante. Egocentrica. E chiudiamo il nostro viaggio virtuoso con il titolo che dà il nome all’album, "To Dream is to Forget". Davvero? Perché? E se fosse? Gli Hidden Orchestra sono coraggiosi. Sfrontati. Enigmatici. Timidamente erotici. Futuristi. Capaci di pura proiezione nella loro arte. Ci lasciano con questo epilogo malinconico, filtrante, con suoni al rallentatore, espliciti, nostalgici, danzanti. E ora ricominciate l’ascolto e capirete la bellissima circolarità dell’album. (Silvia Comencini)

mercoledì 1 novembre 2023

Theosophy - Bleeding Wounds of the First and the Last

#PER CHI AMA: Black Metal
Dalla Russia con furore. È proprio il caso di dirlo dopo aver infilato il disco dei russi Theosophy nel lettore e aver fatto partire la title track di questo sesto capitolo intitolato 'Bleeding Wounds of the First and the Last', che offre un black melodico che combina eleganza a furia distruttiva. Questo stavo appunto cercando di dirvi mentre venivo immediatamente investito dalla ritmica veloce del misterioso quartetto originario di Barnaul. La band siberiana ci propina sei nuove tracce che si muovono con un pizzico di originalità (il chè non guasta mai) in territori estremi, ma lo fanno con cognizione di causa, il che si traduce in melodie di scuola scandinava, l'utilizzo di voci alternative a quelle tipicamente urlate del black e un discreto uso delle tastiere. Questo è quanto appurato nella coinvolgente traccia d'apertura e certificato successivamente da "Majesty of the Two Rivers" che, partendo da un incipit post punk, si tramuta in un'epica cavalcata black, di quelle che sogni scalando montagne innevate a mani nude o attraversando rigogliosi boschi coperti di neve. Mi piace l'utilizzo delle percussioni in questo pezzo soprattutto nei break in cui i nostri decidono proprio di dare maggior risalto alle pelli. Poi largo a gelide melodie che si renderanno ancor più glaciali nella successiva "Ash", quasi un inno agli Immortal, che si muove tuttavia in bilico tra ritmiche sghembe e altre più fredde e semplici, quasi i nostri volessero unire la scuola francese dei Deathspell Omega con quella di Demonaz e compagni. E non possiamo che apprezzare il tentativo di andare fuori dai consoni binari del black metal. Certo, quello che ne salta fuori non ha ancora le sembianze di una nuova originalissima creatura ma potremmo essere sulla strada giusta. Il tutto è suffragato dalle successive song, dalla più criptica e malinconica "The Spirits of Tarma", forte dei suoi tremolo picking, di un drumming che si conferma ancora assai interessante e potente, e di atmosfere sulfuree niente male. Si passa poi a "Only the Wind Blows Wherever It Wants" e "Over the Empty Valleys" che suggellano la prova generale dei Theosophy. Se posso permettermi, nei prossimi capitoli cercherei un maggior uso della parte solistica e un utilizzo più importante dei synth nella costruzione di parti più atmosferiche in grado di esaltare l'epicità e la componente sinfonica di una band che sembra avere ancora ampi margini di crescita. (Francesco Scarci)

Shrapnel Storm - Silo

#PER CHI AMA: Death/Thrash
Terzo album per i finlandesi Shrapnel Storm in 17 anni di carriera. 'Silo' arriva a distanza di quella bomba autointitolata uscita nel 2020, pertanto potrete immaginare come l'attesa per il nuovo lavoro fosse piuttosto alta. Tuttavia, devo ammettere che questa nuova release non mi abbia impressionato più di tanto: dieci brani più intro votati ad un death thrash piuttosto lineare che da "Wastelands" arriva senza troppi sussulti, alla conclusiva "This is Where I Fell". Ci sarà quindi qualcosa da salvare in questo disco, vi starete domandando? Si si, non temete. Le parte solistiche sono sicuramente piacevoli, l'energia sprigionata dal quintetto di Tampere è sicuramente importante, soprattutto in serate dove la necessità di riscaldarsi potrebbe prevedere un pogo incalzante ed incazzato. Per il resto, le ritmiche dei vari brani, oltre ad evocare grandi classici quali Obituary e Bolt Thrower, aggiungono ben poco. Mi piace quel basso che s'intravede tra le linee di "Justice and Glory", forte anche di un discreto coro e di un bell'assolo, peccato sia cosi breve. Poi, spazio al martellamento sismico inflitto da "Only Snake Here Is You" o dalle super distorsioni chitarristiche di "Bring Me the War" che sembrano consegnarci una band differente, sia per suono di chitarra, che per la voce del frontman, senza tralasciare le mitragliate che rilascia la ritmica. Con la successiva "Conquering the Gods", il suono sembra però perdere in potenza e la proposta della band sprofondare definitivamente nell'anonimato di un suono vecchio di trent'anni che vedrà una parziale rinascita nella dirompente "Kinslayer" e nella conclusiva "This Is Where I Fell", laddove le chitarre sembrano tornare ad essere più cristalline e potenti. Troppo poco però per rendere accattivante un disco come questo. Rimandati. (Francesco Scarci)

(Great Dane Records - 2023)
Voto: 58

https://greatdanerecords.bandcamp.com/album/silo

Hegeroth - Disintegration

#PER CHI AMA: Black/Death
Non si scherza certo con i polacchi Hegeroth che sin dal primo secondo ci fanno ballare a botte di calci nel culo con un suono dirompente, articolato e maligno, un biglietto da visita inviperito che ci introduce al quinto lavoro per la band di Katovice, 'Disintegration'. Di nome e di fatto aggiungerei io. "The Snake" ci stringe infatti nella sua morsa black metal che fa del tremolo picking la sua arma principale, accompagnato da vocals super arcigne e da ritmiche sghembe, eppur dotate di una discreta vena melodica. Pezzi brevi, diretti in pieno volto, come testimoniato anche dall'assassina "Debased" che macina riff vertiginosi, vocals pungenti, hyper blast beat ubriacanti che ci mettono al tappeto dopo pochi secondi. Per fortuna sono solo tre minuti e 40, altrimenti la fustigazione sarebbe ancor più dolorosa. E ci risparmia anche "The Dirt", con meno di tre minuti di sonorità oblique, linee di chitarra acuminate, un breve bridge e poi ancora tonnellate di riff accalcati uno sopra l'altro, il che mi ha evocato l'esordio di un'altra band polacca, gli Entropia. La scuola black in Polonia ha grandi interpreti e gli Hegeroth potrebbero collocarsi tra questi, sebbene 'Disintegration' suoni un passo indietro rispetto al precedente 'Sacra Doctrina'. De gustibus... ma a me non dispiace la dinamicità di "The Ritual", con le sue epiche melodie, il black che incontra il thrash metal in una rincorsa chitarristica da lasciar senza fiato. La contraerea continua a sparare proiettili affusolati anche in "Uplifted", un brano che a livello ritmico, ammicca non poco ai maestri Morbid Angel. Decisamente più melodico l'incipit di "The Shepherd" che, mettendo in bella mostra il tremolo picking delle chitarre, evoca il sound dei Dissection anche se poi nei giri di chitarra, riemerge forte l'influenza di Trey Azagthoth e compagni. E non ne è immune nemmeno "The Ring", in cui il frastuono ritmico irrompe definitivamente nelle mie sinapsi, contribuendone alla distruzione di massa. Da sottolineare poi in questo pezzo un uso un po' fuori dagli schemi del cantato, qui in una stravagante versione stile Brian Johnson degli AC/DC. Una chitarra sinistra apre "The Queen of Spiders", ma sarà l'unica diversificazione rispetto ai precedenti pezzi visto che poi si riprende a mitragliare fino ad un break atmosferico che interrompe il frastagliare ubriacante delle chitarre. In chiusura, " An Accident" non aggiunge nulla di che ad un disco che rischia solo di risultare un filo indigesto a chi non è avezzo a questo genere di sonorità. L'unica salvezza potrebbe essere la durata, 33 min e 33 secondi di black metal anticristiano. (Francesco Scarci)

venerdì 27 ottobre 2023

Goatroach - Plagueborn

#PER CHI AMA: Death/Doom/Sludge
Usciti digitalmente a settembre 2022, i finlandesi Goatroach sono entrati nei radar della Sleeping Church che ne ha pubblicato fisicamente il disco un anno dopo. 'Plagueborn', debutto su lunga distanza della band di Kuopio, è pertanto pronto ad entrare nei vostri impianti stereo. Un bel tastierone apre la strumentale intro "Crawling Through the Apocalypse" e poi largo al marciume sonoro propinato dai quattro musicisti finnici in "Alone in the Universe", per un blending doppio malto, tra orrorifico sludge/doom ed una marcescente vena death. Niente di nuovo quindi all'orizzonte ma quanto proposto è comunque ben interpretato con tutti i sacri crismi e orpelli vari del genere. Un impianto di base asfittico fa infatti da contraltare al death doom old school che s'incontra nella terza "Of Guided Missiles and Misguided Men", una traccia ben ritmata, che comunque mi riconduce indietro nel tempo di quasi trent'anni, con quei suoi chitarroni belli profondi, le voci catarrose, un break atmosferico che esploderà anzi tempo, in una vertiginosa e mefitica scarica black. Che diavolo succede? I nostri ci illudono con un certo tipo di sonorità per poi colpirci a tradimento con qualcosa di più violento. E la medesima cosa accade anche nella melmosa "Rise Above the Primate", sludgy fino al midollo almeno fino al minuto 2.50, laddove ci ritroviamo sul dirupo, con vista infinito, e i nostri ci spingono giù con un'altra ritmica serrata e vorticosa che ci farà rotolare fino di sotto. Ancora suoni marci con "An Echo of Blood" e la successiva "Excarnated" che per certi versi, mi ha evocato un che dei primissimi Cathedral miscelato agli Autopsy più compassati. Interessante l'incipit di basso della psichedelica "Nykyhetki on Vain Huomisen Eilinen", accompagnato qui da un cantato pulito (e non solo) in lingua madre che ci accompagnerà attraverso contorti giochini di tastiera e dirompenti sferzate ritmiche fino alla conclusiva "Unworthy of a Grave", che chiude i 33 minuti di questo lavoro, all'insegna di sonorità fangose, pesanti e asfissianti di "neurosiana" memoria, che potrebbero di certo allietarvi la prossima giornata dei morti. (Francesco Scarci)

(Sleeping Church Records - 2023)
Voto: 70

https://goatroach.bandcamp.com/album/plagueborn-2

Lunar Tombfields - An Arrow to the Sun

#PER CHI AMA: Post Black
Tornano i francesi Lunar Tombfields (LT) dopo l'esordio dello scorso anno che non avevo proprio trattato benissimo. Speriamo che con questo 'An Arrow to the Sun' i due musicisti d'oltralpe possano rifarsi e farmi quindi rivalutare la loro proposta. Il disco si apre con una blanda intro atmosferica che ci introduce a "Solar Charioteer", song che sottolinea immediatamente come i pezzi del nuovo capitolo siano relativamente più brevi (8-9 minuti) rispetto a quelle maratone musicali in cui ci eravamo imbattuti lo scorso anno. La traccia comunque si affida a delle ritmiche melodiche (un filo depressive) su cui si addensano i vocalizzi di M. e in cui i nostri provano anche a dar spazio a partiture atmosferiche che dovrebbero affiancarsi a quel rigore glaciale che avevo riscontrato nella precedente release. Ecco, dovrebbero, perchè anche in questo caso non ci trovo molto calore nella proposta del duo transalpino, fatto salvo per quegli intermezzi più composti da cui ripartire con la furia iconoclasta che continua a caratterizzare i LT. "Représailles" prova a partire con meno spinta propulsiva, infarcendo il tutto con un filo di melodia in più, cupa e malinconica, che prova a stemperare quei momenti piuttosto canonici di mistura tritasassi che tende ad esasperare la proposta della band. Apprezzabile comunque quella continua ricerca di melodia nelle linee di chitarre, un assemblare sprazzi di atmosfera quasi al limite del death/doom che potrebbero accostare il suono del duo anche a quello più atavico dei Deafheaven, che a mio avviso, rimangono comunque di un altro livello. Buono il tentativo di utilizzare poi dei parlati nei momenti più compassati che dimostrano comunque una certa progressione sonora in un cosi breve periodo di tempo. Non si perdono però le vecchie abitudini e "As Iron Calls, So Pile the Dreams" viene sparata a tutta forza con la sua caustica forza metallica, spezzata fortunatamente da un solenne ed emozionale break acustico verso il quinto minuto e che per un paio di giri d'orologio, ci coccola tra le sue calde braccia. "The Amber Her" ha un piglio più tribale nelle sue percussioni e non è affatto male, ma poi, eccole li, le scorribande nere come la pece, riprendono a correre verso le viscere della Terra accompagnate dalle abrasive vocals del frontman che solo nell'ultima "Le Chant des Tombes", prende il coraggio a due mani utilizzando un cantato pulito assai sofferto, su cui proverei a soffermarmi un po' di più in futuro, e rallentando ulteriormente le velocità del brano, ci regalano quello che è a parer mio, il miglior pezzo di un lavoro che mostra segni di progresso, ma non ancora sufficienti per farmi gridare al miracolo. (Francesco Scarci)

Sepultura - Schizophrenia

 #FOR FANS OF: Death/Thrash
I'm surprised that I overlooked this album, probably because of the production quality and 'Morbid Visions' I wasn't a fan of though I did have this one on CD. I never ended up getting 'Morbid Visions' but I had built up potential to this band after listening to this one and 'Beneath The Remains.' I wasn't a big fan of their other releases except 'Arise.' Now, I don't follow them at all especially with Max and Igor are out of the band. But it's good what the Caveleras are doing now with re-recording the first two albums I believe. Max had to relearn the early songs and for this release the thrash metal was just flowing with energy!

Without the Cavalera's, Sepultura isn't the same. That's why I stopped following them. And I thought 'Chaos AD' and 'Roots' didn't have the same Sepultura thrash that I was so used to hearing from them. No one can duplicate their early sound.

So 'Schizophrenia' was a good follow-up to their debut 'Morbid Visions' and the riffs were pure thrash with a lot of intensity. The music itself was entirely original as was 'Beneath The Remains.' I had the latter on cassette. 'Schizophrenia' I always had on CD. The music, the leads, the vocals and the drums all showed what talent this band was early on. But after each successive release seemed to be less and less thrash except 'Beneath The Remains.' I guess they didn't want to duplicate albums but they never really progress as time went on. It seemed as though they got kind of lazy especially on 'Chaos AD' and 'Roots.'

There's a lot of history behind this band and the early days where 'Schizophrenia' arrived in the metal scene was about the times was with US thrash bands were emerging aside the success Metallica had with their start to their genre. But Exhorder, Exodus, Testament, et al were seeing to pop up in the scene but with the same problem: production quality. But 'Schizophrenia' was solid. Maybe the guitars were a little bit sloppy but not really to the point where they were really a garage band to the likes of others that were emerging. The songs on 'Schizophrenia' where well constructed though depressing as hell. This is the atmosphere that they wanted! (Death8699)


(Cogumelo Records - 1987/2022)
Score: 80

https://www.sepultura.com.br/

mercoledì 25 ottobre 2023

Afsky - Om Hundrede År

#PER CHI AMA: Depressive Black
Gli Afsky sono una one-man band danese guidata da Ole Pedersen Luk, che ha rilasciato quest'anno il nuovo album, 'Om Hundrede År', un'offerta inquietante e atmosferica, che ci immerge nella maestria musicale del mastermind nordico, sia per temi lirici che impatto generale sul genere. 'Om Hundrede År' mette in mostra il talento innegabile del polistrumentista nel creare paesaggi sonori cupi ed atmosferici sin dall'iniziale "Stormfulde Hav". L'album intreccia intricate melodie di chitarra, potenti percussioni e anche elementi ambient. Ogni traccia è meticolosamente arrangiata, permettendo alla musica di fluire e refluire, creando in tal modo un'esperienza coinvolgente per l'ascoltatore. Le voci inquietanti di Ole Luk aggiungono un'energia cruda e struggente all'insieme della composizione dell'album. Le sue urla angoscianti unite ad un cantato a tratti più melancolico, catturano perfettamente l'oscurità ed l'atmosfera introspettiva dell'album. Se poi ci mettete anche liriche profondamente radicate in tematiche di disperazione, isolamento e oscurità dell'esistenza, potrete lontamente immaginare con cosa avere a che fare. Tuttavia, i testi in danese, pur evocando un senso di nostalgia e introspezione, non ci aiutano a scoprire ulteriormente le sfumature qui contenute. Gli Afsky comunque provano a spingersi oltre i confini del black metal, offrendo una miscela di elementi atmosferici, melodie e aggressività pura che provano a distinguerlo nella vasta scena del black metal, esplorando nuovi territori ed emozioni con grazia ed intensità. Alla fine 'Om Hundrede År' è un'esperienza di black metal coinvolgente e al tempo stesso inquietante soprattutto laddove i nostri cercano di sedurci con chitarre acustiche (tipo la potente "Tid") o passaggi in tremolo picking che smorzano quel filo di brutalità che permea comunque l'album. (Francesco Scarci)

The Pit Tips

Francesco Scarci

As the Sun Falls - Where the Silence Reigns
Crow Black Sky - Sideral Light, Vol 2
Furia - W Śnialni

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Death8699

Danzig - Danzig
Sepultura - Schizophrenia
Slayer - Reign In Blood

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Alain González Artola

Depressive Witches - Distant Kingdoms
Crom - The Era of Darkness
Arnaut Pavle - Transylvanian Glare

martedì 24 ottobre 2023

Astaroth - Violent Soundtrack Martyrium

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Gli Astaroth erano un gruppo austriaco dedito ad un black metal e 'Violent Soundtrack Martyrium' rappresenta il loro secondo sigillo. E che album! La violenza che li ha contraddistinti sin dagli esordi è rimasta immutata, ma in questo lavoro sono state aggiunte le tastiere per rendere più completo un sound reso già assai interessante dai grandi riff di chitarra evocativi e diretti. Nel complesso ci sono stati miglioramenti che hanno coinvolto anche la registrazione, qui resa ineccepibile. Le tastiere nei momenti più lenti hanno un impostazione quasi gotica. Per concludere, vorrei aggiungere che con l’inserimento delle tastiere la band sembra aver perso forse quella spontaneità e semplicità che prima li avvolgeva, ma sicuramente 'Violent Soundtrack Martyrium' si presenta come un buon lavoro.

Meshuggah - ObZen

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Djent/Techno Death
Dai riff nodosi alle complesse indicazioni di tempo, 'ObZen' dei Meshuggah, spinge i limiti del metal estremo. Pubblicato nel 2008 (e recentemente ripubblicato in occasione del suo quindicinnale), l'album fonde abilmente brutalità ed eleganza, segnando una nuova era per il genere. La traccia di apertura, "Combustion", dà il tono all'album, intrecciando intricati e dissonanti schemi poliritmici in una potente dimostrazione di aggressività. "Bleed", probabilmente la traccia migliore, mostra la meticolosa magia tecnica del batterista Tomas Haake mentre comanda i ritmi intricati che sono alla base della voce gutturale di Jens Kidman. "Pravus", un'altra traccia chiave, vede la band manovrare brillantemente attraverso progressioni di chitarra dissonanti e indicazioni di tempo complesse, conducendo gli ascoltatori in un viaggio caotico ma intrigante. Nella traccia finale, "Dancers To A Discordant System", la band scandinava sperimenta abilmente con il groove, mostrando un lavoro di chitarra strabiliante che oscilla tra dissonanze stridenti e versioni melodiche. La traccia finale, "Pineal Gland Optics", lascia gli ascoltatori su una nota cruda e viscerale, riecheggiando l'intensità complessiva dell'album. Le complesse strutture ritmiche abbinate a voci minacciose creano un paesaggio sonoro avvincente che sfida lo status quo. Per ogni fan del metal tecnico e progressivo, 'ObZen' è un must da non farsi scappare, un lavoro di incrollabile intensità che integra efficacemente l'abilità tecnica della band con la loro caratteristica brutalità sonora. (Francesco Scarci)

(Nuclear Blast/Atomic Fire Records - 2008/2023)
Voto: 90

https://www.facebook.com/meshuggah

lunedì 23 ottobre 2023

Helheim - Terrorveldet

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Epic
Ripeschiamo un vecchio mcd degli Helheim, band norvegese di black epico. 'Terrorveldet' inizia con un‘intro molto strana ("Helheim Part 1") fatta di campionamenti di batteria e tastiere strutturate in modo epico, che può lasciare un po’ perplessi i meno inclini alla tecnologia ma tutto sommato ha un suo fascino ammaliatore. Arrivando agli altri due pezzi che compongono il dischetto, si può dire che la formula degli Helheim non è cambiata rispetto al passato, eccezion fatta forse per una semplificazione nella struttura dei pezzi, resi un po’ troppo insipidi e con poca personalità. Il mio consiglio è di cercare lavori più strutturati e interessanti (leggasi 'Yersinia Pestis' o 'Blod & ild').

(Ars Metalli/Night Birds Records - 1999/2013)
Voto: 60

https://www.facebook.com/helheimnorway

Spider God - Blackened: Pink

#PER CHI AMA: Melo Black
Gli Spider God ci ricascano... un altro lavoro di cover è uscito e questa volta non sono i Beatles a giovare ai vostri padiglioni auricolari ma Zara Larson, Olivia Rodrigo, Demi Lovato e Ariana Grande. Si avete letto bene, le regine della pop music. La prima, vincitrice dello Swedish's Got Talent a 10 anni, viene coverizzata in "Tame", reso qui un pezzo frenetico, di scuola Children of Bodom, con i classici vocalizzi della band inglese a graffiare e le chitarre a rincorrersi impazzite. "Good" è il pezzo della teen pop star Olivia Rodrigo, riletto e stravolto ovviamente nel tipico stile Spider God che stravolge completamente questo e gli altri pezzi a venire, tanto da renderli quasi difficilmente riconoscibili, fatto salvo per l'intro di "Twenty-nine" di Demi Lovato, che parte in sordina per poi esplodere nel black caustico di britannico marchio di fabbrica. In chiusura, "Problem" di Ariana Grande per gli ultimi vorticosi minuti di quattro song che potrebbero tranquillamente essere nuove tracce della band inglese. Chissà ora chi saranno i prossimi prescelti da essere coverizzati. (Francesco Scarci)

venerdì 20 ottobre 2023

Iskandr - Spiritus Sylvestris

#FOR FANS OF: Dark/Post Punk
Evolving so much from the seminal sound until the music is remarkably different from what we knew, it’s not something uncommon in the black metal genre. The legendary Norwegian project Ulver is an extreme example of it, so its not a complete surprise to see how the Dutch duo Iskandr has changed with its new opus 'Spiritus Sylvestris'. In any case, I wasn’t expecting such a step forward in its evolution, as its previous albums, from the debut album 'Heiling Land' to the latest one ‘Vergezicht’ showed an evolution, yet the black metal elements were still a core of its sound.

With ‘Spiritus Sylvestris’ any of the aforementioned black metal elements, as the shrieks, raspy guitars or speedy drums are completely gone. The new opus has a strong influence from genres such as darkwave, post-punk, just to mention a few. The vocals remind me especially these genres as they are clean voices with a strong melancholic touch (and chanting/ndr) as we can appreciate in a song like "Waterwolf", for example. This track has a more percussive and lively rhythm mixed with an ethereal atmosphere, especially when some cool old school synthesizers are added to the composition. This right blend of elements makes this track my favorite one. The low tuned/baritone subtle guitars have a quite monotonous pace in general terms, and although the mentioned track has a slightly greater variation, other tracks like "Hoor het Smeken" or the lengthy "Hof der Valken" contain little variation in their pace. It is the album closer "Nachtvorst" which saves the day, having again the more upbeat and energetic pace that "Waterwolf" has, which sincerely works very will with this music style.

Although ‘Spiritus Sylvestris’ might be a pleasant listen for those who enjoy genres like darkwave and post-punk, my honest opinion is that this album lacks some strength and variation in its structures. There are some nice moments and melodies here and there, but at least for me, if this was the direction they wanted to follow, some more power would be a welcome addition. Some will disagree, but my feeling is that this album lacks the strength of a powerful post-punk album and at the same time the more present ambience of a pure darkwave album. So, it falls in the middle of both approaches, lacking something from both. (Alain González Artola)

Cryptopsy - None So Vile

#FOR FANS OF: Brutal Death
One word: BRUTAL! This album is unrelenting death metal. I'm not sure what I like more 'Whisper Supremacy' or this one. It's a close call really. I think that both are pretty solid, if not substantial! The music is just all out fast and furious. The album could've been a bit longer but oh well. Lord Worm's vocals are wholly guttural. It makes the album sound heavier than it already is! The music on here is pretty up-tempo the whole way through. And the lead guitar work is solid. I think the rhythms are anything but catastrophic. They just know how to make effective death metal. And technical at that.

I've found this album to be easy to like because the riffs were well thought out and technical. This band paved the way to modern technical acts like Archspire, et al. The leads definitely are spellbinding and the rhythms are ferociously fast! The whole album is pretty much like this! There isn't much let-up though tempos DO CHANGE. It's a mixture of riffs a lot of speed and some down-picking. But all-in-all it's well rounded in its entirety. I'd have to say this is one of my favorite albums of all time! Cryptopsy just knows how to come up with music that's amazingly original and expansive.

Lord Worm fluctuates on here with low-growls and contrast that to other higher pitched screaming. Everything about this release I like. The only thing that I don't is the longevity of it. 32 minutes is too short, but when you have a jacked up guitar player on here dishing out technical riffs it's hard to pan out a long album unless there were more tracks. But suffice to say here that this album deserves an "80" ABSOLUTELY! There are no real flaws to it and everything came together on this. The music, drums, vocals and production quality were all extravagant. Keep playing this one you cannot go wrong!

You might be able to find out about this on YouTube or other streaming sites like Spotify. I went ahead and bought the CD. It is WORTH IT! Uncompromising and unrelenting! An album that just packs a huge punch to your eardrums! Definitely check this out, it's an older release but worth finding out more about it. The production gave it justice and the listener has no real caveats except to get ready to hear spellbinding death metal galore. These guys tear it up, entirely. And their follow-up 'Whisper Supremecy' is almost equally as good, if not even better. But Lord Worm isn't on that one. Check this out! (Death8699)


(Wrong Again Record/Hammerheart Records - 1996/2022)
Score: 80

https://cryptopsyofficial.bandcamp.com/album/none-so-vile

mercoledì 18 ottobre 2023

Manu Louis – Club Copy

#PER CHI AMA: Electro Pop
Nuovo album per l'artista belga d'istanza a Berlino, noto al pubblico come Manu Louis. Ispirato e variegato e con molti ospiti vocali, tra i quali il performer Vicente Arlandis, il cantante spagnolo dei Las Victimas Civiles, Héctor Arnau, e la cantante jazz sperimentale Lynn Cassiers. Il disco scorre veloce tra battiti hip hop e hard beat, elettronica minimale e sperimentale, EDM, chanson française, e non ultimo, quel richiamo ai temi cari della sperimentazione in terra tedesca del movimento denominato Genial Dilettanten, che abilitò la musica elettronica ad espandersi ed evolversi per divenire fenomeno di culto negli anni '80 (Der Plan, D.A.F, Die Doraus und Die Marinas, Ornament und Verbrechen etc). Il disco è una meteora e si basa su pulsazioni sempre controllate, derivate sicuramente da generi più pomposi ma qui tradotti in versi più intimi e morbidi, riflessivi. In generale, potremmo definirlo un pop/beat molto sinfonico, e Manu Louis lo sa fare assai bene ("Encore 1X"). Esistono poi canzoni lampo, schegge di meno o poco più di un minuto ("Flu", "Full" e "Winter") che costellano l'album e lo rendono fantasioso e vitale, mentre tra le mille sfaccettature, mi piace accostare il brano "Winner" alle atmosfere di "Night and Day" di Frank Sinatra, ma nella versione rifatta da Bono e compagni, per la sua sinistra malinconia e la grande aria da gran galà in pompa magna. "Clone" è la mia preferita perchè ricorda il Prince più ispirato che gioca con l'elettronica moderna da dance club, fondendo sensualità, un tocco di tristezza e una forte spinta verso il movimento, diciamo un brano dall'effetto intelligentemente motorio. Bello anche l'incipit emozionale che conduce la storia concettuale dell'album, dove in un mondo omologato in ogni sua parte, fa effetto contrario in un piccolo paese, una ex copisteria (da cui si trae il titolo 'Club Copy') che riconvertita in luogo alternativo, crea le sue fotocopie non più identiche ma ogni una, vuoi per incapacità o incompetenza, con un'identità diversa, divenendo centro di speranza per il futuro e il fulcro della resistenza umana in un mondo distopico, devoto alla piattezza più estrema ed estesa ad ogni cosa. Per chi cerca una via di uscita dal vuoto pop moderno, ecco un'alternativa valida, dall'impatto immediato, dai risvolti intelligentemente luminosi, la dance music fatta con la testa, l'elettronica che riempie i cuori con cervello, gusto e capacità. Lasciatevi trasportare in questo luogo e non abbandonerete più il Club Copy. (Bob Stoner)

Opera IX - Symphoniae Mysteriorum inn Laudem Tenebrarum

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Occult Black
Registrato agli Underground Studios in Svezia, questo terzo full-length degli italiani Opera IX finalmente potè avvalersi di una buona registrazione, di una buona distribuzione, che purtroppo in passato era mancata. Ora il tutto viene valorizzato ulteriormente. Questo è un concept riguardante il mondo della magia ritualistica e dei segreti dell'occulto. Musicalmente si passa da sfuriate black a passaggi più atmosferici ma sempre con un forte senso di estremismo sonoro, fatto di quella cupa desolazione che li ha sempre contraddistinti negli anni e li ha elevati a uno dei gruppi di punta della scena italiana. Come al solito, grande prova di Cadaveria che riesce qui ad interpretare magistralmente i pezzi proposti con una voce sofferta e straziante oppure più cristallina e suadente. Da notare infine la cover dei Bauhaus "Bela Lugosi's Dead" che viene eseguita in una versione in linea con la musica proposta dagli Opera IX.

(Avantgarde Music - 2000)
Voto: 75

http://www.operaix.it

Himinbjorg - In The Raven’s Shadow

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Black epico sognante e misterioso per questo secondo lavoro della band francese che a parer mio sono immeritatamente stati snobbati nel corso della loro lunga carriera. Gli Himinbjorg usano un suono di chitarra ritmica molto grezzo abbinandolo a dei suoni di chitarra acustica per dare maggior enfasi ai pezzi, mentre la voce passa da tonalità tipicamente black a un cantato pulito e melanconico. Le tastiere non hanno mai una parte predominante nei pezzi ma vengono usate più come sottofondo. Le canzoni hanno una durata media abbastanza elevata circa 6-7 minuti ma non vi sono cali di intensità. Forse il sound qui è ancora primordiale, ma già si intravedono le grosse potenzialità che poi la band ha espresso nel corso della loro militanza nell'underground metallico.

(Red Stream Inc - 2000)
Voto: 70

http://himinbjorg.fr/

Sabhankra - Rotting Helios

#PER CHI AMA: Black/Thrash
È furia dilagante quella contenuta in questa tape dei turchi Sabhankra, per un EP di soli due pezzi che sembrano voler fare da apripista ad un imminente album. Il genere proposto dallo storico quartetto di Istanbul è un black thrash sparato a mille km orari, come certificato dalla veemente "Rotting Helios". Sin qui nulla di eccezionale penserete giustamente voi, non fosse altro che questa dirompente scarica elettrica sia interrotta da intermezzi che sembrano catapultarci tra i palazzi della vecchia Costantinopoli (peraltro il vecchio moniker della band era Constantinopolis), quindi permeati di una leggera vena folklorica che stempera quella violenza insita nel mood ferale dei nostri. Peccato non ne abbiamo fatto maggior uso, il sound della band ne avrebbe giovato, in particolar modo per prendere le distanze dalle innumerevoli band che suonano qualcosa di assai simile. E la successiva "The Black Sun" non fa troppi sconti con un sound similare ma che per lo meno prova a metterci del suo, con una maggior ricerca di sprazzi di evocatività ed epicità, che si accostano al thrash (per la ritmica) e al black (per le screaming vocals e le chitarre in tremolo che raddoppiano la ritmica) ideato dall'ensemble, per un risultato finalmente più interessante. Certo, con due soli pezzi non è facile valutare completamente la performance della band, che se seguirà le orme del lato A della cassetta, rischia una stroncatura, mentre se sarà in grado di elaborare maggiormente le idee contenute nel lato B, potrebbe regalare qualche bella soddisfazione. Rimango in attesa quindi, curioso di ascoltare un più lungo e strutturato lavoro di black thrash folk ottomano. (Francesco Scarci)

giovedì 12 ottobre 2023

Collapse Under the Empire - Recurring

#PER CHI AMA: Instrumental Post Rock
Eravamo in pieno periodo Covid quando ci siamo soffermati a recensire 'Everything We Will Leave Beyond Us', ottava fatica dei teutonici Collapse Under the Empire (CUTE). Chissà se finalmente quel tutto, menzionato nel titolo ce lo siamo finalmente lasciato alle spalle? Nel mentre ognuno di noi sta pensando alla propria risposta, ecco arrivarci fra le mani il nuovo 'Recurring' e nove nuove tracce che portano i nostri a proseguire nella loro esplorazione musicale di un post rock sofisticato, svolazzante, onirico, data la sua capacità di muoversi su molteplici binari, cosi come già materializzato nell'opener "Genesis", che dal classico post rock strumentale si muove sinuoso in territori più progressive o synthpop, grazie a quelle importanti porzioni orchestrali che tendono ad occupare tutto il suono dei nostri e a palesare i punti di forza e debolezza di un disco che vuole narrare il perpetuo ciclo di vita e morte del nostro pianeta, tema tra i più ricorrenti nelle più recenti release. E cosi, a narrare questa costante ripetizione di distruzione, purificazione, pace e redenzione, i nostri giocano con i molteplici umori, narrazioni strumentali, chiariscuri, saliscendi emozionali che si manifesteranno via via anche nelle successive song, dall'umorale ed estremamente atmosferica (ma soprattutto malinconica) "Revelation", che la indicherò alla fine come uno dei miei pezzi preferiti, alla più ipnotica e cerebrale "Mercy", grazie alle sue doti cinematiche e all'espandersi di delicate atmosfere shoegaze da metà brano in poi. "Absolution" sembra addirittura enfatizzarne i toni attraverso quell'uso (abuso?) di synth che si affiancano alle chitarre riverberate e che sembrano donare al disco evocativi tratti cosmici che mi hanno portato a pensare a band quali God is an Astronaut o Exxasens. Il duo di Amburgo si prende un momento di pausa in "Requiem", una sorta di bridge ambient evocante le vibrazioni cosmiche del film 'Gravity', che ci introduce a "Forgiveness", il più post rock dei brani inclusi in 'Recurring', ma anche quello più dinamico, con quel suo rincorrersi delle chitarre e la quasi soverchiante stratificazione di piano/tastiere in anfratti nebulosi di un cosmo oscuro e gelido. Ma le chitarre tornano fragorose nel finale di un brano turbinoso e affascinante. "Salvation" è invece più spinta verso territori sintetici, con le chitarre qui relegate in secondo piano che tuttavia non perdono la loro forza motrice. A seguire, "Apocalypse" si muove su analoghe linee elettroniche che nella loro iniziale ridondanza, non incontrano appieno il mio gusto, e in realtà, questo sarà anche il brano che ho trovato meno convincente nella proposta dei CUTE, sebbene un finale imponente, figlio di un'ariosa emozionalità cinematica, e all'utilizzo di delicati archi in sottofondo. La conclusiva "Creation" si muove su suadenti note di sintetizzatore a cui faranno da contraltare in più di un'occasione, esaltanti partiture di chitarra che esaltano finalmente il risultato complessivo, per il gradito ritorno di una band davvero competente nel proprio genere. (Francesco Scarci)

mercoledì 11 ottobre 2023

Alea Jacta Est - Ad Augusta

#PER CHI AMA: Hardcore
"Il dado è tratto". Con la locuzione "alea iacta est" i latini erano soliti esclamare per una decisione presa o una sfida lanciata. I francesi Alea Jacta Est lanciano cosi la loro sfida con un nuovo EP, 'Ad Augusta', che sancisce il ritorno sulla scena dopo un bel po' di silenzio (sette anni dall'ultimo 'Dies Irae'). La band di Tolosa rispolvera il proprio hardcore attraverso sette nuove tracce pronte ad incendiare le nostre orecchie. Al via un intro e poi il rombo delle chitarre di "FFWF" (acronimo per "Fight Fire With Fire") che si accende ed esplode tra un rifferama compatto bello carico di groove e le urla del frontman che s'incrociano con quelle di diversi cori (che mi hanno evocato quelli di 'Under the Influence' degli Over Kill). Poi una bella spinta (non eccessiva sia chiaro) da parte delle chitarre che portano una dose di adrenalinica energia che prosegue nella più robusta "Get Revenge", con quel suo vigoroso sound spezzato da continui breakdown metallici, mentre il vocalist continua a vomitare tutta la propria rabbia. Niente di nuovo all'orizzonte, niente di particolarmente tecnico poi (gli assoli sono infatti rigorosamente banditi) e la band continua a macerare strada in "Enough is Enough", con quel blend di hardcore e metalcore, con tanto di riffoni belli pesanti e ultra ritmati, voci tra il graffiante, caustico e growl, senza mai tralasciare gli immancabili chorus, atti a inveire contro il mondo, trademark del mood hardcore tipicamente statunitense. Si continua con "The King is Down" e anche qui non manca una certa ruffianeria nella linea delle chitarre, cosi come nell'utilizzo di parti parlate in francese che fanno da ponte con la successiva "As Fast as I Can", che prosegue nella sua opera distruttiva, qui particolarmente esasperata nella parte finale del brano. Il dischetto si chiude con "Fake Power" che, se vogliamo trovare il pelo nell'uovo, non si discosta di una virgola dai precedenti brani ascoltati, se non per una sezione ritmica un filo più violenta, ma che apporta poco o niente all'intera release. Un lavoro onesto e poco più. (Francesco Scarci)

(Useless Pride Records - 2023)
Voto: 65

https://www.facebook.com/aleajactaest.eu

martedì 10 ottobre 2023

Signs of the Dying Summer - Promenada Ciszy

#PER CHI AMA: Depressive Black
"L'estate sta finendo..." cantavano i Righeira in Italia nel 1985. La band di quest'oggi deve aver preso ispirazione da quel mitico tormentone di quasi 40 anni fa. A parte i miei deliri giornalieri, oggi abbiamo a che fare con i Signs of the Dying Summer (segni di un'estate che sta morendo, tradotto letteralmente) e del loro secondo lavoro 'Promenada Ciszy', edito dalla Putrid Cult, etichetta polacca attiva nel mondo black/death dal 2011. Tornando al terzetto di oggi, posso aggiungere che l'album include sei tracce (più la cover "Stalemate" dei Katatonia), tutte con lo stesso titolo del disco, a parte la progressione numerica accanto al titolo e il genere? Trattasi di black dalle forti tinte malinconico/depressive che mi conquistano sin dal primo tocco tastieristico dell'iniziale "Promenada Ciszy 1", song che parte sparata al fulmicotone, per poi fare una bella inversione di marcia, tra spettrali tastiere blackgaze, cori quasi celestiali ed una marcata linea melodica che smorza la furia bieca dei momenti più violenti. Insomma, pensavo si trattasse del classico album di infernale black old-school, vista anche la cover in bianco e nero, e invece mi sono dovuto ricredere e anzi, apprezzarne i contenuti. Contenuti che si confermano egregiamente curati anche nel secondo capitolo del cd che inizia addirittura con un trittico formato da clean vocals (stile Rammstein), synth e batteria, in un suggestivo e psichedelico impianto sonoro di facile presa, che contribuisce immediatamente a metterci a proprio agio prima della iper melodica spinta black che completa, in modo intrigante, la proposta del trio di Poznań. Coinvolgenti direi, non me lo sarei mai aspettato, devo ammetterlo. E si continua con soffuse melodie anche nel terzo frammento di questo lavoro, una song che sembra lanciarsi in digressioni dark wave interrotte da brevi scorribande black, per un effetto conclusivo davvero interessante. Più violenta e thrash oriented, la quarta traccia che picchia come il classico fabbro, tra nitrogliceriniche ritmiche e rasoiate alla sei corde, prima di abbandonarsi ad una parte più atmosferica a metà brano che ammorbidisce l'approccio qui più nichilistico della band. Risultato positivo, ma in questo modo i nostri sembrano appiattirsi con la moltitudine di band che pullula nella scena. Meglio "Promenada Ciszy 5", dove emerge anche una vena post punk, che confluisce in un sound sempre più strutturato e ricco di sorprese, che in coda va palesemente ad evocare spettri dei Katatonia che furono. E 'Promenada Ciszy', nella sua sesta tappa, propone un pezzo bello acido che chiama in causa con più evidenza, gli amici Shining, sebbene mostri poi atmosferiche infiltrazioni dark post punk. In chiusura dicevo, la cover dei Katatonia è servita. Utile per farmi rivivere emozioni che non provavo da tempo, ma inutile per una rivisitazione non troppo convincente che tuttavia non inficia la mia valutazione finale di questo lavoro. Bravi. (Francesco Scarci)