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sabato 25 giugno 2011

Zifir - Protest Against Humanity - English

#FOR FANS OF: Black mid-tempo, early Nachtmystium, Burzum
Here's an album that you feel compelled to listen in full, a one-way trip to face alone through nine dying stations of pure hypnotic sound. It's not a far-fetched metaphor. The whole work is really designed as a journey through the darkest (and pure) places of the soul. It starts with an instrumental, slow and emotional intro, changed to a permanent abandonment of innocence places to soak slowly into a more hostile, bitter and biting sound. The "mosquito" guitars is the real ruler of this universe of sound. They permeate every tone with the same frequency with which they penetrate into the brain of the listener. They buzzing indiscriminately in slow and fast, violent and melancholy steps, at times recalling the early Nachtmystium, identically doped by this swarming omnipresence. Zifir absorb elements from many black metal bands (I affectionately call this spiritual slow black), able, however, to experiment and create an interesting work, demonstrating skills and professionalism in the composition of the tracks, which, while proposing an hypnotic background, do not show never repetitive. I do believe that it is necessary to have an early knowledge of this type of metal, otherwise it is impossible to fully appreciate it and are payable only a bunch of instruments and suffering voices. The result is something else. These bands create synergy and you can not say, "Hey, listen to this refrain". The refrain is not there, don't exist. Each song must be heard in full in its evolution. Only thus you can understand, for example, because the slower and pseudo instrumental tracks are "Uncertain", "The Poison From My Veins" and "Goat's Throne", respectively the first, fifth and last. "Goat's Throne", in particular, is a summary of the soul of the album. Eight minutes of inhospitality, where browsing gothic keyboards, clean vocals alternated with screaming and laments in Burzum's style. The only flaw, from my little point of view, the title of the album, which fortunately does not have a title track. There can not be a protest against humanity, if this same work start from the denial of what human society entails. Just as every work of art of mankind, whatever is the message intends to convey, would have no reason to exist if that meant not being transmitted. I greatly appreciate the quality of this music, but the too much extremes of lyirics at times seems superficial and stereotypical. This does not mean the quality of an album like "Protest Against Humanity", and that it embodies: a wild, carnal epiphany. All on the rise. (Damiano Benato - Translation by Zifir)

(Kunsthauch)
Voto: 80

sabato 28 maggio 2011

Zifir - Protest Against Humanity

#PER CHI AMA: Black mid tempo, primi Nachtmystium, Burzum
Ecco un album che ci si sente obbligati ad ascoltare per intero, un viaggio di sola andata da affrontare da soli attraverso nove agonizzanti stazioni di puro suono ipnotico. Non è una metafora campata in aria. L’intera opera appare davvero progettata come un itinerario attraverso i luoghi più bui (e puri) dell’anima. Si parte con un’intro strumentale, lenta e commovente, commutata in un abbandono definitivo dai luoghi dell’innocenza per immergersi a poco a poco in un sound più ostile, amaro, graffiante. Le chitarre ‘a zanzara’ sono le reali dominatrici di questo universo sonoro. Permeano ogni tonalità con la stessa frequenza con cui penetrano nel cervello di chi le ascolta. Ronzano indistintamente in passaggi lenti e veloci, violenti e melanconici rievocando a tratti i primi Nachtmystium, altrettanto drogati dall’onnipresenza sciamica. Gli Zifir assorbono elementi da molte band del genere black (io lo definisco con affetto spiritual slow black), riuscendo tuttavia a sperimentare e dare vita ad un interessante lavoro, dimostrando capacità e serietà nella composizione delle tracce, che pur riproponendo un sottofondo ipnotico non si dimostrano mai ripetitive. Sono dell’idea che sia necessario avere una conoscenza a priori di questo tipo di metal, altrimenti risulta impossibile apprezzarlo appieno e viene percepita solo un’accozzaglia di strumenti e voci sofferenti. Il risultato è ben altro. Queste band creano sinergia e non è possibile dire: “Ehi, senti questo ritornello!”. Il ritornello non c’è, non esiste. Ogni canzone deve essere ascoltata per intero nella sua evoluzione. Solo così si può comprendere, ad esempio, perché le tracce più lente e pseudo strumentali siano “Uncertain”, “The Poison From My Veins” e “Goat’s Throne”, rispettivamente la prima, la quinta e l’ultima. “Goat’s Throne”, in particolare, rappresenta in sintesi l’anima dell’intero album. Otto minuti di inospitalità in cui si passano in rassegna tastiere gotiche, voci pulite alternate a screaming e lamenti stile Burzum. Unica pecca, dal mio piccolo punto di vista, il titolo dell’album, che per fortuna non ha una title track. Non può esserci una protesta contro l’umanità, se quest’opera stessa parte dalla negazione di quello che la società umana comporta. Così come ogni opera d’arte del genere umano, qualunque sia il messaggio che intende veicolare, non avrebbe ragione di esistere se tale significato non venisse trasmesso. Apprezzo moltissimo la qualità di questa musica, ma la troppa estremizzazione dei testi a volte mi sembra superficiale e stereotipata. Ciò non toglie la qualità di un album come “Protest Against Humanity”, e quello che incarna: una selvaggia, carnale epifania. Tutta in ascesa. (Damiano Benato)

(Kunsthauch)
Voto: 80