#PER CHI AMA: Coldwave/Post Punk |
Ascoltando “Cold Night”, prima traccia di 'A6', ultima fatica dei francesi Lèche Moi, si ha l’impressione di entrare in un mondo surreale dove le creature citate da Robert Smith in "Hanging Garden", emergono dalla notte delle banlieue parigine inscenando una danza macabra, evocate dal cantato messianico, dalla pulsante ritmica elettronica e dal lugubre sax che animano il pezzo.
I degradati paesaggi post-industriali e le atmosfere impregnate di un romanticismo decadente sono il trait d’union che lega gli undici pezzi di un album tormentato che si sviluppa caoticamente tra pulsioni elettro-dark, divagazioni punk, grunge e persino noise, il tutto condito da battiti marziali e suggesioni ethereal-wave alla Cocteau Twins: insomma, un bel po’ di carne al fuoco e la sfida non indifferente di conciliare il tutto.
A guidarci in questo sorta di crepuscolare saturnalia ci sono Sidonie Dechamps, cantante capace di destreggiarsi tra stili completamente diversi e dare un tocco di carisma a composizioni non sempre convincenti, insieme all’altro ideatore del progetto Mika Pusse: l’interpretazione della prima non può che ricordare le performance infiammate di Siouxsie Sioux, mentre il secondo le fa da contraltare con la sua voce grave alla Nick Cave. Il comparto vocale rappresenta la spina dorsale dell’album ed è posto in grande risalto nel mix, relegando lo stuolo di altri strumenti ed effettistica a mero sottofondo di una specie di oscuro cabaret, cosa evidente in “Burned”, pezzo caratterizzato dal duetto di Sidonie e Mika appoggiato ad un ritmo cadenzato e un’angosciosa melodia che ricorda una versione industrial-rock di "Angel" dei Massive Attack.
La band sembra dare il meglio di sé proprio quando dà liberamente sfogo alla propria anima squisitamente punk senza perdersi in sperimentazioni eccessive: da questo punto di vista “Rage” è il pezzo meglio riuscito dell’album, contraddistinto dal repentino alternarsi di parti lente e sfuriate chitarristiche di grande impatto, ma anche il singolo “Libéra Me” colpisce per l’efficacia nel ricreare un’atmosfera eterea e al tempo stesso luciferina. Belle anche le due composizioni più crepuscolari del mazzo, “Anyway” e “The Letter”, brani romantici e minimali, mentre risulta decisamente più ostico digerire l’unione perversa di post-punk sfrenato alla Juju e noise rock scuola New York che troviamo in “Deep”.
I Lèche Moi non intendono limitarsi al compitino e confezionare il loro lavoro assemblando cliché della darkwave, pertanto sono molti i brani sperimentali e pesantemente contaminati, come la criptica “A Monkey In My Back” e quella sorta di manifesto ribelle che è “Irrécupérable”, in cui il parlato di Sidonie è incastonato in una cacofonia di nervosi effetti elettronici. In chiusura troviamo la lunghissima (11 minuti) “All Is All”, delirio rumoristico in cui si avverte l’eco dei Einstürzende Neubauten, e l’ambient notturno di “Partir Pur Ne Plus Revenir”.
Per quanto questi tentativi di arricchire l’esperienza sonora esplorando tutte le direzioni possibili siano senza dubbio ambiziosi, appaiono però anche sterili e troppo scollegati tra loro, mancando di trasmettere all’ascoltatore un’idea d’insieme e rendendo difficile l’ascolto. Le idee messe sul piatto sono veramente tante e suggestive, ma il loro sviluppo è incostante e capriccioso, proprio come l’anima punk del progetto. Non c’è da stupirsi se molti rimarranno ammaliati dalla sfrontatezza dei Lèche Moi, tuttavia al termine dell’ascolto di 'A6' proviamo una sensazione di incompiutezza e disarmonia, come se nella fretta di finire il puzzle dell’album, la band avesse collocato a forza molti dei tanti tasselli a disposizione. (Shadowsofthesun)
I degradati paesaggi post-industriali e le atmosfere impregnate di un romanticismo decadente sono il trait d’union che lega gli undici pezzi di un album tormentato che si sviluppa caoticamente tra pulsioni elettro-dark, divagazioni punk, grunge e persino noise, il tutto condito da battiti marziali e suggesioni ethereal-wave alla Cocteau Twins: insomma, un bel po’ di carne al fuoco e la sfida non indifferente di conciliare il tutto.
A guidarci in questo sorta di crepuscolare saturnalia ci sono Sidonie Dechamps, cantante capace di destreggiarsi tra stili completamente diversi e dare un tocco di carisma a composizioni non sempre convincenti, insieme all’altro ideatore del progetto Mika Pusse: l’interpretazione della prima non può che ricordare le performance infiammate di Siouxsie Sioux, mentre il secondo le fa da contraltare con la sua voce grave alla Nick Cave. Il comparto vocale rappresenta la spina dorsale dell’album ed è posto in grande risalto nel mix, relegando lo stuolo di altri strumenti ed effettistica a mero sottofondo di una specie di oscuro cabaret, cosa evidente in “Burned”, pezzo caratterizzato dal duetto di Sidonie e Mika appoggiato ad un ritmo cadenzato e un’angosciosa melodia che ricorda una versione industrial-rock di "Angel" dei Massive Attack.
La band sembra dare il meglio di sé proprio quando dà liberamente sfogo alla propria anima squisitamente punk senza perdersi in sperimentazioni eccessive: da questo punto di vista “Rage” è il pezzo meglio riuscito dell’album, contraddistinto dal repentino alternarsi di parti lente e sfuriate chitarristiche di grande impatto, ma anche il singolo “Libéra Me” colpisce per l’efficacia nel ricreare un’atmosfera eterea e al tempo stesso luciferina. Belle anche le due composizioni più crepuscolari del mazzo, “Anyway” e “The Letter”, brani romantici e minimali, mentre risulta decisamente più ostico digerire l’unione perversa di post-punk sfrenato alla Juju e noise rock scuola New York che troviamo in “Deep”.
I Lèche Moi non intendono limitarsi al compitino e confezionare il loro lavoro assemblando cliché della darkwave, pertanto sono molti i brani sperimentali e pesantemente contaminati, come la criptica “A Monkey In My Back” e quella sorta di manifesto ribelle che è “Irrécupérable”, in cui il parlato di Sidonie è incastonato in una cacofonia di nervosi effetti elettronici. In chiusura troviamo la lunghissima (11 minuti) “All Is All”, delirio rumoristico in cui si avverte l’eco dei Einstürzende Neubauten, e l’ambient notturno di “Partir Pur Ne Plus Revenir”.
Per quanto questi tentativi di arricchire l’esperienza sonora esplorando tutte le direzioni possibili siano senza dubbio ambiziosi, appaiono però anche sterili e troppo scollegati tra loro, mancando di trasmettere all’ascoltatore un’idea d’insieme e rendendo difficile l’ascolto. Le idee messe sul piatto sono veramente tante e suggestive, ma il loro sviluppo è incostante e capriccioso, proprio come l’anima punk del progetto. Non c’è da stupirsi se molti rimarranno ammaliati dalla sfrontatezza dei Lèche Moi, tuttavia al termine dell’ascolto di 'A6' proviamo una sensazione di incompiutezza e disarmonia, come se nella fretta di finire il puzzle dell’album, la band avesse collocato a forza molti dei tanti tasselli a disposizione. (Shadowsofthesun)