Cerca nel blog

mercoledì 22 gennaio 2025

Grava - The Great White Nothing

#PER CHI AMA: Sludge/Post Hardcore
Li avevamo lasciati nel 2022, quando esordirono per l'Aesthetic Death con 'Weight of a God'; sono ritornati nel 2024 con questa nuova release, 'The Great White Nothing', sempre sotto l'egida dell'etichetta britannica. Loro sono i danesi Grava, portatori di uno sludge/post hardcore che vede in Neurosis (e primi Amenra) le principali fonti di ispirazione. Tuttavia, l'apertura affidata alla breve "Erebus", vede anche sperimentazioni di "ufomammuttiana" memoria diluirsi nelle note del terzetto di Copenaghen, che si affida questa volta, a nove nuove tracce per dimostrare la propria personale progressione musicale. Questa si traduce però in non troppe variazioni al tema, rispetto all'album precedente: i brani si confermano infatti su durate medio brevi (attorno ai tre minuti, fatto salvo per le outlayer "The Fall", "Mangled" e "Hinterlands"), con ritmiche mid-tempo dilatate, angoscianti e ipnotiche quanto basta ("Decimate"), addirittura anche dotate di un certo piglio marziale (come accade nell'oscura "Breaker", che alla fine risulterà essere anche il mio pezzo preferito e nella più ossessiva e un filo più noiosa, "Mangled"). Le vocals di Atli Brix Kamban si confermano catramose (anche se del death doom di "Hinterlands", il cantato tende ben più al growl), cosi come non si rinuncia ai momenti più meditabondi, come "The Fall" potrà piacevolmente dimostrarvi con le sue più ariose e malinconiche melodie. "Bayonet" non mi smuove nulla, troppo scolastica, sebbene il tentativo nella seconda parte, di scombinare le carte in tavola. Molto meglio la suadente e strumentale "Ceasefire", anche se a causa di una durata inferiore ai tre minuti, rischia di lasciarci con la fame addosso. Alla fine, 'The Great White Nothing' è un album intrigante ma che a mio avviso, necessita ancora di uno step addizionale per scrollarsi di dosso tutte le similitudini ad altre band, di cui l'ensemble ancora soffre. (Francesco Scarci)

Dammercide - Link

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Techno/Prog Death
Già dal demo, affiorava la perizia tecnica e nello stesso tempo, anche la naturalezza con cui i Dammercide riuscivano, e forse riescono tutt’ora, a tessere trame intriganti e complesse, pur mancando un po' d’incisività nelle chitarre. Ritornando a parlare nello specifico del debut album, ormai datato 2000, e intitolato 'Link', vi posso dire che il genere si rifà al death-prog dei primi Opeth, quindi con cambi di atmosfere repentine e con un sound che alterna al death melodico, tempi più rilassati e riflessivi. Lo stesso dicasi per la voce, che nelle parti pulite non è sempre all’altezza (problema che si protrae ancora oggi), mentre nelle parti growl svolge un buon lavoro e ben si amalgama nel tessuto delle song. Infine, per quanto riguarda la registrazione, si può dire che è ben calibrata perché durante l'ascolto, si riesce a cogliere un quadro completo delle varie sfumature che caratterizzano il suono dei Dammercide. Le canzoni poi, hanno finalmente la giusta dose di potenza nelle chitarre che prima mancava.
 
(Negatron Records - 2000)
Voto: 70
 

lunedì 20 gennaio 2025

Luring - Malevolent Lycanthropic Heresy

#FOR FANS OF: Atmospheric Black Metal
USA's Luring is a trio whose members are involved in similar and equally interesting projects, particularly Azathoth's Dream, which I strongly recommend if you enjoy old school atmospheric black metal. Since the release of its first album, Luring has released albums each year, improving and refining its sound, which is firmly rooted in the purest essence of the black metal genre. As is common with these underground projects, the change and evolution is not particularly significant as they strive to maintain their core sound unaltered, yet the listener will notice a progression in each album.

'Malevolent Lycanthrophic Heresy' is the name of Luring's newest effort, and from the moment you see the album cover, you can realize that the USA-based project remains loyal to its roots. The black and white tenebrous artwork is a fine portrait of what you will listen to. This new opus sounds as dark as the previous ones, combining the pure aggression of the genre and a murky atmosphere. The production is, as expected, raw and lugubrious, but still enjoyable, not reaching the annoying levels of certain projects that sound like a noise ball. The short and straightforward album opener "Ravaged By the Teeth of a Feral God" is a fine example of it, with its aggressive riffs and raspy vocals. Although, I particularly enjoy songs where the atmosphere is more present, like the longer composition "Born With the Devil's Marking". This song has some nice tempo changes, making the composition quite interesting and enjoyable. The other longer track, entitled "The Odious Gaze of Chronos," is also remarkably inspired, showing that Luring finds the best room to shine in these lengthy songs. In this case, the pace is much slower except for the final section, although the riffs are equally sharp and tasty. The final proper track, entitled "Dying Wolf Beneath the Stars," is another enjoyable piece of atmospheric black metal with a particularly raw atmosphere that Luring masterfully creates. The guitar lines are again the best thing here, as they have the hypnotic essence that is a trademark of the genre. There are no big complaints from my side if we solely focus on the aforementioned songs, but the album lacks something important due to its shorter length. The whole record lasts 36 minutes, which in theory is enough, but half of the compositions are ambient/instrumental tracks. Don’t get me wrong, to a certain degree I enjoy them, but as this is a black metal album, having half of the compositions in this vein is a bit disruptive and leaves you with a feeling of wanting more.

In conclusion, 'Malevolent Lycanthropic Heresy is a quite good album when it focuses on its pure atmospheric black metal side. However, having so many ambient tracks leads you to think that this is more an EP than an actual full-length album. I sincerely think that a couple more tracks would have improved the experience a lot more. (Alain González Artola)


(Iron Bonehead Productions - 2024)
Score: 73

https://luring.bandcamp.com/album/malevolent-lycanthropic-heresy

No Return - Self Mutilation

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death/Thrash
Non servono molte parole per descrivere il sound dei francesi No Return, basta anzi un solo termine: thrash metal!!! Questo per dire che potete (e dovete) aspettarvi un album spaccaossa, violento nel suo riffing serrato e nella ritmica incalzante, ma non così brutale e marcio. Tutti i brani ricalcano bene o male lo stesso collaudato schema, delineando un album omogeneo (a volte forse fin troppo) e ben strutturato, privo di carenze esecutive e assolutamente ben prodotto. Un’uscita da non mancare per tutti gli headbangers in circolazione.

(Kodiak Records/Listenable Records - 2000/2008)
Voto: 65

https://noreturnarmy.bandcamp.com/album/self-mutilation

Fickle - Tacet Tacet Tacet

#PER CHI AMA: Ambient/Noise
Il lavoro che è appena uscito, via Bloody Sound, del progetto sonoro denominato Fickle, è da ritenersi un'interessante proposta in ambito ambient sperimentale, proponendo un album che, ascoltato per intero, si avvale dell'aura tipica delle soundtrack cinematografiche, con un suono astratto, visionario, a volte minimale, a volte più complesso, ma che non perde mai la sua corposità, e con un'attitudine che lo contraddistingue e lo fa emergere nella sua essenza più cristallina. Concepito tra i numerosi viaggi fatti tra Islanda e altre parti d'Europa dal titolare del progetto, Francesco Zedde, con l'intento di fondere parti strumentali, realmente suonate, con registrazioni d'ambiente e campioni, rimodulandole, filtrando ed elaborandone l'effetto elettronicamente, emulando gli alfieri del sound ambient e post rock dell'isola di ghiaccio e non solo. Così possiamo trovare all'interno di 'Tacet Tacet Tacet', umori rubati al suono fresco ma pensieroso di album come 'Utopìa' di Murcof, che interagiscono con le ritmiche destrutturate e disturbate da continue interferenze noise, alla maniera dei Mùm in "Yesterday was Drammatic, Today is Ok", riviste in una maniera più cupa e messe spesso in prima linea. Queste interferenze rumorose sono molto affascinanti e sono seminate qua e là su tutto il percorso strumentale dei Fickle, e in qualche modo, riescono a governare tutte le direzioni che intraprende la musica di questo disco, con il pregio inoltre, di non riuscire mai a dargli una via unica e definita, lasciandogli un ampio spettro d'azione sonora, indefinito e libero da scontate strutture. Per questo motivo, lo paragono a una sofisticata colonna sonora futurista, musica che omaggia i suoi precursori e caldamente consigliata ai cultori di questo genere. Al suo interno ci sono anche collaborazioni di valore, come Rea Dubach e Jacopo Mittino dei 52 Hearts Whale, nella composizione e nell'interpretazione di alcuni brani, e bisogna aggiungere che il tempo di incubazione per la nascita di questo album è stato assai lungo, infatti è stato registrato in giro per l'Europa tra il 2017 e il 2023, parecchio tempo a disposizione che va a giustificare cotanta peculiarità e ricerca nella varietà dei suoni. Il brano più indicativo è, a mio avviso, "Recurrence", ossia quello che chiude il disco, il più lungo e il più carico di profondità oscura, lacerato dal suono di una presunta campana che risulta devastante, incastonato in un sound d'ambiente dal ritmo frastagliato e lontano, con un finale a sorpresa sul filo di una svolta ritmica dal gusto etnico. Non possiamo dimenticare poi, senza togliere niente all'intero disco, la verve ritmica di "Pertinence", ai confini con i primordiali concetti compositivi della drum'n'bass, rivista in maniera minimale e fusa a certa new wave riletta in chiave elettronica. Aggiungerei infine una nota per l'ipnotica "Dissimulation". Per chiudere, direi che 'Tacet Tacet Tacet' è un buon disco, curato e avvolto in atmosfere intriganti e dai colori sfuocati, un disco che sarebbe un peccato lasciarsi scappare. (Bob Stoner)

Rising Moon - European Aliens

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Melo Death
I Rising Moon nascono nel ’96 con il nome Body Grinder e dopo una demo ('Morituro') cambiano nome e firmano con la Elegy Rec., facendo uscire il debut-album 'Hate From Heaven' nel ’98 e a seguire, 'Area 51', nel 2000. A breve distanza poi, ecco questo EP di cinque pezzi che li rimise subito in pista alla ricerca di un nuovo contratto discografico. Il suono era riconducibile a band illustri come At the Gates e primi Dark Tranquillity, ma solo perché c’era la stessa raffinatezza nel coniugare melodia e aggressività, senza dimenticare un approccio heavy-oriented nei riff di chitarra. Veramente impetuosi e irrefrenabili. La registrazione era ben curata e professionale: potente e chiara. Da segnalare “Roswell File” con un riff portante d’effetto. Credo che alla fine i Rising Moon fossero (sono in silenzio dal 2009) forti e incisivi nella maggior parte dei loro brani, in cui spingevano l’acceleratore al massimo, ma anche in quelli più tranquilli (si fa per dire) se la sapevano cavare egregiamente, vedi la canzone succitata.

(Metal Fortress Entertainment - 2001)
Voto: 67

https://www.facebook.com/risingmoonofficial?ref=stream

domenica 12 gennaio 2025

Sahg - More of Nothing

#PER CHI AMA: Heavy/Doom
A dimostrazione che la Norvegia non è solo la patria del black metal (e dei Motorpsycho), ecco arrivare i Sahg con un nuovo lavoro, 'More of Nothing'. La band originaria di Bergen e in giro ormai da un ventennio, ci propone quattro nuovi brani che affondano le proprie radici nel doom di sabbattiana memoria, ovviamente rilette in chiave più moderna e anche un filo ruffiana. Eh si, perchè la title track, posta in apertura di dischetto, oltre a palesare il classico mastodontico rifferama tipico del genere, ammicca con i cori a soluzioni più easy listening. Piacevoli eh, non è una lamentela la mia, giusto una pura constatazione. Decisamente più oscura e robusta "Suffer in Silence", complice un suggestivo break atmosferico a metà brano atto a prepararci a un roboante finale, in cui a mettersi in luce sono la voce dell'onnipresente Olav Iversen, fondatore della band, e breakdown improvvisi. "Children of the Revolution" è invece più marcatamente blues/hard rock, ma d'altro canto, trattandosi di una cover del 1967 dei britannici T. Rex, e riproponendola in modo piuttosto fedele all'originale, era anche lecito aspettarsi quest'attitudine. Una traccia tuttavia di cui avrei fatto a meno. Più seducente la conclusiva "She's a Queen", una sorta di ballata blues old fashion che chiude piacevolmente un lavoro che mi sentirei di suggerire però ai soli fan della band scandinava. (Francesco Scarci)

(Drakkar Entertainment - 2024)
Voto: 68

https://www.facebook.com/Sahgband

Faidra - Dies Irae

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Non mi perdo in troppi giri di parole per questo EP degli svedesi Faidra, dal momento che include due tracce, "Ixion" e "Phantasmagoria" che sono rimaste come puri singoli rilasciati dalla band nel 2020 e 2022, e mai incluse in nessun album ufficiale, e la nuova "Dies Irae", song che dà il titolo al dischetto. La release, fuori in formato mini-Cd e mini-Lp, sembra già andare verso il sold-out, quindi meglio affrettarsi per accaparrarsene una copia. La proposta poi della misteriosa one man band scandinava, non sembra discostarsi di una virgola dai precedenti lavori, proponendo fin dall'iniziale title-track, un concentrato di black mid-tempo oscuro e depressivo, con quei suoi giri di chitarra evocanti i Burzum di 'Hvis Lyset Tar Oss', ma con una dose di eleganza un filo superiore a quella del buon Conte norvegese, soprattutto senza sfociare nella ridondanza (e noia) che le chitarre di Varg Vikernes, potevano evocare al millesimo loop infernale. "Ixion" incarna maggiormente l'indottrinamento del Conte Grishnackh, con quelle sue spettrali tastiere ad accompagnare ritmica e screaming, portandoci quasi sull'orlo del baratro del delirio mentale per poi salvarci, ripiegando su suoni folklorici, che si paleseranno nuovamente nelle note introduttive di "Phantasmagoria". Questo è un altro brano che incarna la passione del mastermind per il black nordico, combinato con partiture folk atmosferiche che gli permettono di prendere le distanze da Burzum e soci. L'Ep è comunque un piacevole ritorno che lascia presagire che qualcosa di nuovo stia bollendo nella magica pentola infernale dei Faidra. (Francesco Scarci)

(Northern Silence Productions - 2025)
Voto: 70

https://faidra-northernsilence.bandcamp.com/album/dies-irae

Coffinwood - Acolythes of Eternal Flame

#PER CHI AMA: Black/Death
La Polonia ultimamente ci sta dando un bel gran daffare: dopo aver recensito i Runopatia, ecco sulla mia scrivania un'altra release polacca, targata questa volta Coffinwood, band originaria di Varsavia, da poco uscita con questo 'Acolythes of Eternal Flame', esordio sulla lunga distanza, dopo l'EP del 2020, 'Storm of Steel'. La proposta del terzetto non smentisce il paese d'origine, proponendo il classico mix death/black metal, che sembra andare un po' per la maggiore in quelle lande. Tutta quest'incazzatura si materializza attraverso otto tracce e 45 minuti di musica incendiaria che divampa quasi immediatamente dalle spoken words, che dovrebbero alludere ai tragici eventi di Chernobyl, e aprono la lunga "Disposition of Doom", evolvendo in una ritmica killer, che ben si alterna comunque a frangenti più ragionati. In tutto questo frastuono sonoro, ben si collocano le voci dei due cantanti, Beherit e Kumen, rispettivamente anche basso e chitarre del trio. Il sound che ne viene fuori suona come una sorta di rivisitazione delle sonorità estreme anni '90, sebbene abbia anche colto echi dei Melechesh, nella porzione conclusiva dell'opening track. Dai sette minuti della traccia d'apertura ai quasi tre della violentissima "Radionuclide", una rasoiata in pieno volto che, in totale assenza di schiuma, lascia come risultato una profonda cicatrice in faccia. E da li, ecco altre spoken words che dischiudono "Salvation Through Radiation", una song che ha nella ipertecnica performance del suo batterista l'acme artistico: la prova di Trommeslager dietro le pelli è davvero sontuosa ed efficace nel distogliere l'attenzione a una proposta che rischia di risultare ampiamente già sentita. Il focus sulla musica ritorna quando i ritmi si fanno decisamente più lenti e compassati, complice un claustrofobico break di chitarra che dona un pizzico di atmosfera a un disco eccessivamente dritto, forse troppo piallante e che necessiterebbe di qualche variazione in più al tema. Quella che i nostri azzardano nei 90 secondi di "90s" non è tuttavia sufficiente: la brutalità del brano necessita comunque di altro per giustificare l'ascolto di un lavoro troppo ordinario. E allora ci prova la title track, con una musicalità dotata di quel giusto mix di melodia (non troppa sia chiaro) e sonorità sghembe, che caricano di un certo interesse la release dei nostri. Altri attimi di angoscia arrivano con le sirene poste in apertura di "Biorobots" a evocare ancora le drammatiche scene del terribile incidente nucleare che ebbe luogo il 26 aprile del 1986. E la narrazione di quegli eventi prosegue nell'oscure trame chitarristiche di "Exclusion Zone" e della conclusiva "Sarcophagus", la prima con una ritmica thrash death devastante e un cantato in growl catacombale; la seconda più allineata a dinamiche black/death. Alla fine 'Acolythes of Eternal Flame' rischia di essere un disco interessante più per i contenuti lirici che musicali, ancora quest'ultimi troppo ancorati a un passato che fu e che deve essere ampiamente rivisto per non perdersi nell'infinito calderone di band che propongono la medesima zuppa. (Francesco Scarci)

sabato 11 gennaio 2025

Runopatia - Archaistia

#PER CHI AMA: Black Sperimentale
È stato divertente quando ho inserito il titolo di questa release in Google, e il motore di ricerca mi ha restituito come risultato rinopatia, ma va beh, alla fine ce l'ho fatta a trovare i nostri attraverso il portale Metal Archives. La band è originaria di Rzeszów, a detta dell'enciclopedia metallica, mentre bandcamp riporta Wrocław. Le discrepanze poi non si fermano qui, visto che MA si riferisce ai nostri come quartetto mentre sembrerebbe essere un duo. A parte queste divergenze di informazioni, andiamo ad ascoltare questo 'Archaistia', EP di tre pezzi e quasi venti minuti di musica, che seguono a distanza di sei anni il debut album, 'Kult Przemijania'. Il dischetto si apre con "Świat Przejrzy" e un'andatura che sa quasi di post punk ottantiano. Poi delle chitarre più graffianti prendono il sopravvento e la voce acidula del frontman, completano un quadro musicale più estremo che vede in furiose accelerazioni il più rilevante punto di forza della traccia. La melodia è presente nelle linee di chitarra dei nostri, che tessono comunque ariose ritmiche di influenza melo-black scandinava, mentre le liriche dovrebbero narrare storie di fantasia (ma il fatto che siano in polacco non mi aiuta di certo). Sul finale del brano, ad affiancare la stridula voce del cantante, arrivano anche delle spoken words. "Serce Krwawe" riparte da un black dotato di una vocazione quasi cosmica e non posso che apprezzare questo approccio, cosi mistico e intrigante, pieno di atmosfere suggestive, peccato solo che il brano duri tre miseri minuti, sembrava infatti avesse ottime potenzialità. Ma queste emergono prepotenti in "Za Późno", in cui la band si muove inizialmente in territori black mid-tempo, spruzzati di influenze dark-gothic, che si palesano anche attraverso un uso differenziato delle vocals e di tastiere qui ben più presenti. La band comunque non si snatura e si lascia andare a cavalcate epiche di chitarra, peccato solo manchi quel guizzo che faccia strabuzzare gli occhi o che ci restituisca la voglia di riascoltare il disco. Ma la band ha ancora qualche asso nella manica e nel finale ci offre qualche variazione al tema, un accenno di assolo, delle chitarre che richiamano addirittura i Deafheaven, e una vena più sperimentale che ci fa intuire che i Runopatia in futuro, le proveranno tutte per stupirci. (Francesco Scarci)

lunedì 6 gennaio 2025

Aborym - Fire Walk With Us

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Sperimentale
La passione di Fabban & soci per la musica elettronica non poteva che dare i suoi frutti. 'Fire Walk With Us' è un album violentissimo ma non monocorde, che annovera, accanto a episodi apocalittici ("Our Sentence", "Love the Death as the Life"), momenti più distesi sebbene non meno oscuri, quali la strumentale "Sol Sigillum". C'è persino un brano techno ("Here is no God"), peraltro ben inserito nel clima rumoristico complessivo dell'album. A destare qualche perplessità è forse la traccia conclusiva, "Theta Paranoia", di cui francamente non si riesce a intravederne il senso, al di là del puro e semplice intento destabilizzante. 'Fire Walk With Us' è un'opera delirante e visionaria (di prossima riedizione per la Dusktone), che riuscirà gradita ai patiti della manipolazione sonora e della commistione fra metal estremo e noise-industrial.

(Scarlet Records/Duskstone - 2001/2025)
Voto: 75

https://aborym.bandcamp.com/album/fire-walk-with-us

domenica 5 gennaio 2025

Exidia - From The Deep

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Brutal Death
Interessante mini cd di quattro canzoni per questo gruppo di Rovigo che proponeva un death metal d'impronta statunitense. Semplicemente granitica la sezione ritmica: gli Exidia pongono infatti l'accento più sulla potenza che sulla velocità di esecuzione. Efficace si rivela anche la performance vocale del cantante/bassista, giocata su toni stabilmente gutturali. E ciò è un bene, vista e considerata la fiumana di gruppi che ci infliggono triti "duetti" a base di growls e vocals straziate. I testi, scritti in un ottimo inglese, sfiorano, a tratti, tematiche gore evitando però inutili eccessi. Gli Exidia possedevano (la band è ormai sciolta/ndr) i requisiti necessari per suscitare l'interesse di una seria etichetta discografica del settore, anche se solo un'accentuazione delle caratteristiche più personali del proprio sound avrebbe potuto consentire al combo veneto di emergere dal calderone delle bands dedite al death metal.
 
(Self - 2000)
Voto: 63
 

venerdì 3 gennaio 2025

Eminenz - The Blackest Dimension

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine

#PER CHI AMA: Symph Black
Un album semplicemente strepitoso, caratterizzato da una miscela di componenti eterogenee - black, heavy, epiche - sapientemente amalgamate fra di loro. Gli inserti di tastiera conferiscono ad alcuni brani (su tutti, l'opener "Exorials Return") un maestoso respiro sinfonico. Si tratta, a mio avviso, del miglior album in assoluto di Eminenz: ricco di sfaccettature, variegato (anche nelle vocals), potente. La musica non scade mai nel caos indistinto. Gli amanti del black metal primordiale, grezzo e iperveloce, non sono il pubblico ideale per questa release. Chi invece non disdegna, accanto alla forza d'impatto, le atmosfere epiche e - perchè no - un pizzico di melodia, non si faccia sfuggire 'The Blackest Dimension'.
 
(Last Episode - 2000)
Voto: 75
 

giovedì 2 gennaio 2025

Belphegor - Necrodaemon Terrorsathan

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death/Black
Album violentissimo, situato sul crinale fra death e black metal. È appunto nella commistione fra elementi caratteristici dei due generi che consiste il tratto peculiare di questa release della band austriaca. Provate a immaginare un incrocio fra Cannibal Corpse ('Bloodthirst'), Morbid Angel ('Domination'), Dark Funeral ('Vobiscum Satanas') e Behemoth. Non c'è tregua nelle nove devastanti canzoni che compongono il cd: l'aggressione sonora perpetrata dai Belphegor non concede un attimo di respiro. I brani viaggiano, mediamente, a velocità sostenute, in taluni casi ai limiti del parossismo; le vocals sembrano scaturire direttamente da Malebolge. Furia, perversione, blasfemia: ecco cosa ribolle nel calderone intitolato 'Necrodaemon Terrorsathan'. Una ricetta già nota ai nostri palati, ma pur sempre efficace. Titoli e testi delle canzoni ricalcano purtroppo i consueti cliché anticristiani ("Vomit Upon The Cross"). Se - com'è probabile - l'inferno esiste, i Belphegor ne hanno colto appieno il lato frastornante.

(Last Episode/Nuclear Blast - 2000/2020)
Voto: 70

https://belphegor-austria.bandcamp.com/album/necrodaemon-terrorsathan

giovedì 19 dicembre 2024

WE ARE LEAVING FOR A WHILE. SEE YOU NEXT YEAR


Sordes Dominum - Finis Ludus

#PER CHI AMA: Symph Death strumentale
Le release interamente strumentali non mi fanno impazzire, lo sapete, però nel post rock cinematico, sono apprezzabili perché sembra quasi di trovarci di fronte a una colonna sonora, per una certa esasperata ricerca di raffinatezza nei suoni. Ecco, il caso degli statunitensi Sordes Dominum è un filo più complicato visto che la proposta del terzetto di Los Angeles, viaggia invece lungo i binari del death metal, contaminato da aperture sinfoniche, complici le imperiose orchestrazioni che ci ritroviamo in questo lavoro. Quindi, mettiamoci comodi e facciamo quest'altra esperienza sensoriale con quello che è il terzo EP dei californiani. 'Finis Ludus' include quattro tracce che irrompono con la ritmica martellante (quasi djent) di "Ludum Incipit", il cui ripetersi in loop viene fortunatamente smorzato dall'uso delle keys, quando un bel growling avrebbe di sicuro variato la dinamica sonica. E il problema sembra ripetersi anche in "Docebitur Malum" e ovviamente in tutte le altre tracce del dischetto, dove è palese che manchi qualcosa. Per carità, le orchestrazioni, alla stregua dei nostrani Scuorn, sembrano seguire la scena di un film epico e mostrano quindi una certa presa, ma sembrano ancora una volta un riempitivo di un qualcosa di incompleto. Per me il death metal, in qualunque forma esso sia, deve avere una voce, altrimenti una ritmica super tirata o pesante potrebbe anche non necessariamente appartenere a questo genere estremo. E quell'incipit di "Porta Daemonibus", in cui mi sembra di aver udito per un paio di secondi un grugnito, mi regala un sussulto, complice anche la presenza di spoken words che esaltano l'epicità della song, al pari della conclusiva "Ultimum Onus Entis", un filo più sotto tono rispetto alle altre, ma che comunque non fa che confermare la formula offerta dai nostri. In tutta franchezza, mi sento di suggerire l'utilizzo di una voce per le prossime release, a restituire una forma a una musicalità che rischia altresì di suonare decisamente monca. (Francesco Scarci)
 
(Self - 2024)
Voto: 63
 

The Pit Tips

Francesco Scarci

Below the Sun - Immanence
Caelestra - Bastion
Monolithe - Black Hole District

---
Alain González Artola

Ieschure - When The Darkness Comes
Severe Torture - Torn from the Jaws of Death
Borknagar - Fall

---
Death8699

Dark Tranquillity - Moment
Destruction - Cracked Brain
Morbid Angel - Gateways To Annihilation

Centinex - Hellbrigade

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Swedish Death
Dark Swedish death metal. In copertina, il duomo di Colonia si erge solitario fra le rovine causate dalla distruttiva incursione della RAF. Splendido album questo 'Hellbrigade': preciso, letale, genuino. Un incrocio fra The Crown e Dismember, con un richiamo ai primi The Haunted (percepibile nell'attacco della canzone "Emperor of Death"). I Centinex propongono un lavoro ricco di sfumature, composto da nove canzoni variegate al proprio interno e ben strutturate. Accanto a brani aggressivi e irruenti come "Towards Devastation" e "Bloodconqueror", potrete così trovare episodi oscuri ed evocativi come "Last Redemption". Credetemi, questo cd è un vero gioiello che, con l'eccezione di un solo brano forse un po' troppo prolisso, sprigiona un'energia formidabile e non annoia neanche un po'. Era dai tempi di 'Deathrace King' che non ascoltavo un album così efficace e diretto. Join the Hellbrigade!

(Repulse Records - 2000)
Voto: 75

https://www.centinex.net/

mercoledì 18 dicembre 2024

Enforced - A Leap into the Dark

#PER CHI AMA: Thrash/Hardcore
Gli statunitensi Enforced li abbiamo già recensiti un paio di volte e quindi è stato semplice prendere il loro nuovo 'A Leap into the Dark' e analizzarne i contenuti che poco si discostano dalle release passate, proponendo infatti quel thrash metal che tributa band del calibro di Slayer, primissimi Testament ed Exodus. Tre nuovi brani, una riedizione della vecchia "Casket ", oltre a un paio di cover, quella degli Obituary di "Deadly Intentions" e quella degli English Dogs con "The Chase is On" per saggiare lo stato di forma della band originaria della Virginia. Il disco si apre con il riffing classico di "Betting on the End", una semplice e quanto mai efficace ritmica thrash su cui si innesta la voce roca del frontman e un paio di assoli ben assestati che mi hanno evocato i Testament di 'The Legacy' e un finale di chiara matrice slayeriana. Ah, bei ricordi andati. La title track attacca subito con un altro bell'assolo, da cui ripartire con un sound più arcigno, di matrice quasi hardcore, un forsennato giro di rullante e una bella cavalcata speed metal che sembra voler ricercare le proprie radici in 'Kill'em All' dei Metallica; un bel cambio di tempo ed ecco il nuovo giro di assoli a sollevare una song fin troppo spigolosa e angosciante. Una ritmica scuola 'Seasons in the Abyss' per la successiva "Deafening Heartbeats", con tanto di brevi rasoiate solistiche a rinforzare la veemenza dei nostri, fino a quando la band rallenta pericolosamente nel finale. "Casket" è un singolo che era comparso in una compilation del Decibel Magazine nel 2021 che mantiene una più intatta componente thrash/hardcore che mi emoziona molto meno rispetto alle precedenti tre tracce, forse perchè qui non c'è ombra di quegli assoli che reputo indispensabili per il genere. In chiusura, le due cover già menzionate: quella degli Obituary, con il brano estratto da 'Slowly We Rot', sembra ricalcare fedelmente l'originale, anche se la voce di John Tardy è quasi inimitabile, mentre le saettate di chitarra sono davvero una figata. L'ultima song suona invece come un tributo al punk hardcore degli inglesi English Dogs, con un pezzo che non fitta esattamente i miei gusti, essendo troppo spinta verso il versante sporco, brutto e cattivo dell'hardcore. 'A Leap into the Dark' è comunque alla fine un gradito ritorno per tutti i fan della band di Richmond. (Francesco Scarci)

Kruelty - Profane Usurpation

#PER CHI AMA: Death/Grind
Della serie dal Giappone con furore, ecco a voi il nuovo EP dei Kruelty. Il prolifico trio originario di Tokyo torna infatti con un nuovo lavoro, offrendo una tempesta sonora simile a quella che ha reso famose band del calibro di Dismember e primissimi Entombed. Le quattro tracce qui contenute emulano infatti quel sound "made in Stockholm" delle band sopraccitate grazie a una ritmica granitica, growling vocals da spavento, cambi di tempo da paura, qualche rallentamento doomish (ascoltare il break finale di "Absolute Terror" per capire), senza disdegnare parecchie schegge impazzite grind (tipo nella parte iniziale della title track, in "Bloodless Mankind" o nella conclusiva "No Fear of Judgement" dove assistiamo anche a qualche puntatina in territori hardcore, come avvenuto anche nell'opening track). Quello che ne viene fuori è questo 'Profane Usurpation', un roccioso lavoro che suona decisamente nord europeo, in un blending turbolento che sembra evocare anche un che di quel caustico sound degli Obituary. Insomma, se siete alla ricerca di una ventata d'aria fresca, allora questo lavoro potrebbe non fare al caso vostro, ma se avete qualche nostalgia per quel sound old school di primi anni '90, allora un ascolto potreste anche paventarlo. (Francesco Scarci)
 
(Closed Casket Activities - 2024)
Voto: 65

lunedì 16 dicembre 2024

Grand Harvest - Till Förruttnelsen

#PER CHI AMA: Black/Death/Doom
Era da un po' che non ci immergevamo in suoni death doom; mi vengono quindi in aiuto gli svedesi Grand Harvest con il loro 12" 'Till Förruttnelsen' e due lunghi pezzi che affrontano il tema della fine del genere umano, argomento sempre più ricorrente nelle liriche degli ultimi album che ho ascoltato di recente, e chissà come mai. Un mondo che ormai sta giocando sul filo del rasoio dell'autodistruzione, offre spunto al quintetto di Malmö per disegnare questi due pezzi che corrono su linee melodiche malinconiche che mi hanno evocato i primi My Dying Bride, ma a differenza della band inglese, mi sembra poter dire che sembra esserci anche una prominente vena blackish nelle note dei nostri, pur mantenendo comunque intatta la coesistenza di death, doom e black stesso, attraverso un uso interessante di linee di chitarra piuttosto pulite, cori maestosi e vocals a cavallo tra screaming e growl. Questo quanto certificato dall'iniziale title track, riproposto comunque anche nella successiva "Consummatum Est (Det är Fullkomnat), che non fa altro che confermare le buone sensazioni che ho avuto nell'ascolto dell'opening track. Il sound si muove sempre su un'intelaiatura death doom mid-tempo, con le vocals qui forse più spinte verso l'harsh. Niente di grave sia chiaro, anzi mostrano molteplici sfumature di una band che sembra avere delle buone potenzialità, da esplorare in un nuovo album più strutturato, che sembra sia al momento in lavorazione. Per ora, ci si accontenta di questo antipasto, in attesa di un piatto ben più corposo. (Francesco Scarci)
 
(Self - 2024)
Voto: 68
 

Misanthrope - Immortal Misanthrope

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine

#PER CHI AMA: Symph Death
Questo gruppo esiste dal lontano 1988 e io, al tempo di questa recensione, non ne avevo mai sentito parlare! Francesi, i nostri, sono fautori di un buon heavy-death metal, molto tecnico (ascoltare per credere), dove un tappeto tastieristico sempre presente e direi quasi virtuoso, si fonde in tutta la sua melodia con le ottime e potentissime chitarre, con una batteria martellante e tecnica e infine, con la voce grandiosa del leader Philippe "S.A.S de l'Argilière" Courtois. La giusta definizione per il loro suono, a mio parere, potrebbe essere: sympho orchestral music mescolata con i classici riffs heavy-death metal. Questo album è un buon pasto per tutti coloro che ascoltano Children of Bodom, primi Nightwish, Dimmu Borgir, Samael e, aggiungerei anche, i melodicissimi Stratovarious. Da non dimenticare la produzione killer di Nordstrom e J-J Moreac. I Misanthrope sono comunque un gruppo da ascoltare dal vivo (non per niente sono stati partecipi di concerti in compagnia di Angra, Cradle of Filth, Dimmu Borgir e Gamma Ray). Quindi, aspettate il prossimo tour europeo e non mancate!
 
(Holy Records - 2000)
Voto: 70
 

Daedric Shryne - S/t

#PER CHI AMA: Heavy/Epic
E questi altri da dove saltano fuori? I Daedric Shryne sono un nuovo terzetto proveniente da Amburgo che comunque vantano una pregressa esperienza in altre realtà teutoniche semisconosciute. Questo lavoro omonimo è un brevissimo EP di ben sei pezzi che dura addirittura solo 12 minuti e poco più, sufficienti tuttavia per incasellare (e per quanto mi riguarda, bocciare) la proposta dei tedeschi, nell'heavy epico. Breve intro in apertura, poi il classico riffing heavy metal con tanto di vocals pulite (che sversano anche nel power) che narrano di mitologiche battaglie, affidandosi a buone linee melodiche, gradevoli assoli e poco altro, per poter gridare al miracolo. Mi sembra una rilettura in chiave moderna dei grandi classici, quei Virgin Steele, Warlord, Agent Steel o Cirith Ungol, che hanno costruito fondamentalmente il genere, e che vedono oggi in band quali gli americani Visigoth, altri promotori di un genere che ho smesso di ascoltare quasi 30 anni fa. Ecco perché per me non è ammissibile ascoltare ancora simili sonorità, mi hanno stufato da tempo. Poi magari gli amanti del genere, troveranno anche freschissima - ma ne dubito - la proposta dei Daedric Shryne, per me rimane un no. (Francesco Scarci)

Onslaught Kommand - Malignancy

#PER CHI AMA: Death/Grind
Ci mancavano un po' di quei suoni marcescenti costituiti da una poltiglia death grind hardcore, no? Ne sentivamo proprio la necessità, cosi per allontanarci per una mezz'ora dai pensieri legati a una società in costante degrado. E proprio quella del degrado musicale, contraddistingue la proposta dei cileni Onslaught Kommand, che ci accompagnano con quest'accozzaglia di suoni rozzi e incazzati a rappresentare il full length d'esordio per la band di Valparaiso. Quattordici brani, 32 minuti di sonorità old school, vocalizzi malevolenti, chitarre tritabudelle che si dimenano tra isteriche accelerazioni grind, ritmiche death, sfuriate punk hardcore e addirittura qualche rallentamento sparso qua e là (penso a "Third World Stoning", giusto per citare almeno un brano di questo inutile disco). Già, come potete intuire non l'ho presa con sommo piacere questa uscita discografica, mal suonata, mal prodotta e senza la benché minima personalità, visto che ci riporta a fine anni '80 e a tutte quelle uscite che hanno costituito l'incipit di un genere estremo che ha visto nei primi Napalm Death o i primissimi Carcass, gli alfieri di uno stile musicale che ha comunque saputo evolversi. Ma qui, non c'è segno della benché minima evoluzione, se non la voglia di stuprare le nostre orecchie e poco più. 'Malignancy' è un album che il 99% dei fan dell'heavy metal può tranquillamente dimenticare l'esistenza. Se il restante 1% è fan del grind ed è in vena di scoprire nuovi vecchi suoni, allora per carità, un ascolto potrebbe anche starci. Poi che palle, sta cover cd metterà in allarme anche le funzioni anticensura del web. (Francesco Scarci)

(Godz Ov War Productions - 2024)
Voto: 50

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/malignancy

domenica 15 dicembre 2024

Edenshade - Love Injuring Criteria

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Melo Death
Eccoci di fronte a una realtà interessante proveniente dall’Italia e a quello che fu il loro secondo demo. La musica aveva parti in comune con gli ormai sciolti Nightside, anche perchè gli Edenshade proponevano un sound molto tecnico e vicino al death metal svedese melodico con inserti prog; ma il suono e i brani risultavano ben più potenti e cattivi rispetto ai Nightside con l’uso delle tastiere, in questo 'Love Injuring Criteria', che faceva evidentemente la differenza, perché alcune melodie sembravano ispirate dal prog anni ’70, pur non dimenticando partiture moderne. Quattro i brani (di cui uno strumentale) che compongono questo lavoro che seguiva a distanza di un anno l'altro demo cd della band, 'Shades of Duality', con i brani che risultavano già professionali e maturi, con una buona dose di cattiveria, ma dando ampio respiro anche alla melodia e a molteplici sperimentazioni elettroniche, che abbiamo successivamente apprezzato nei full length successivi. Questo alla fine era un piccolo assaggio delle potenzialità del combo marchigiano.

(Self - 2000)
Voto: 68

https://www.edenshade.com/

lunedì 9 dicembre 2024

Lord Agheros - Anhedonia

#PER CHI AMA: Symph Death/Black
Fermi tutti, prendete il vostro taccuino e segnatevi il 3 gennaio 2025 come data della nuova uscita dei Lord Agheros. Difficilmente faccio proclami di questo tipo, ma ascoltare 'Anhedonia' in anteprima, è stata una delle più belle sorprese di questo fine 2024 e l'album del polistrumentista siciliano Gerassimos Evangelou, si candida già a essere uno dei top del prossimo anno. Quello della one-man-band italica è da sempre un percorso ambizioso, che noi qui nel Pozzo, abbiamo provato ad accompagnare nella sua evoluzione sonora, recensendo alcune delle sue passate release. Ci siamo persi la precedente 'Koinè', ma per 'Anhedonia' volevamo esserci. E allora, pronti a immergervi nelle atmosfere raffinate di questo lavoro, il cui titolo si riferisce all'incapacità di provare appagamento per le comuni attività quali cibo, sesso e relazioni interpersonali? Il disco, che consta di otto pezzi, si apre con i malinconici vocalizzi di "Lament of the Lost", e un'atmosfera cosi cinematica che pare catapultarci in un kolossal come 'Il Gladiatore', e in una delle inquadrature più famose in cui Massimo Decimo Meridio accarezza le spighe di grano. Questa è l'immagine che mi sono configurato mentre ascoltavo le note iniziali del disco, con la magnetica presenza di una voce femminile in un contesto crescente in cui irromperà il growling potente del frontman. Con una proposta che mi ha evocato i Moonspell più ispirati, i Lord Agheros sprigionano qui la loro maestosa forza, tra roboanti ritmiche e break ambientali affidati a delicate vocals femminili e suoni di carillon. "Harmony of Despair" è uno dei due singoli che hanno anticipato l'uscita del disco e si apre con delicati tocchi di pianoforte e un angelico coro che mette i brividi. A sconquassare l'eterea atmosfera ci pensano le vocals del mastermind, in un'atmosfera che comunque mantiene una forte componente orchestrale, cosa che contraddistinguerà l'intera release. La componente cinematica torna nelle note iniziali di "Eclipse of Hope", che affida all'essenzialità di chitarra e tastiere, il traino di un altro brano da applausi, struggente nella sua vena crepuscolare almeno fino al minuto 2.30 quando deflagrerà la componente vocale a rompere quella delicatezza iniziale che si era instaurata. Da li sembra di sprofondare in un incubo a occhi aperti con una ritmica deragliante che conserva comunque la sua parte sinfonica. "Lost Dreams Ritual" con i suoi cori salmodianti, ha le sembianze di un rituale esoterico, complice anche l'utilizzo di strumenti alternativi, in un incedere tribale che potrebbe evocare un cerimoniale attorno al fuoco, tutte immagini che si parano davanti ai miei occhi durante l'ascolto, un viaggio mistico che trova la sua strada "metallica" solo verso il finale che ci prepara a "Sorrow's Shroud" (il secondo singolo) e a una song decisamente più classica, affidata a un black atmosferico mid-tempo. Niente di trascendentale almeno fino al secondo giro d'orologip quando subentra un break cinematico-avanguardistica, con melodie dal sapore orientale e il brano a instradarsi verso un death dalle forti tinte sinfoniche (chi ha detto Therion?). Il disco si conferma una bomba nella sua alternanza tra parti dal sapore folklorico che si intersecano con altre orchestrali quasi operistiche ("Soul's Descent into the Void") e ancora con il death sinfonico o il black atmosferico norvegese, in un viaggio musicale che ci consente di vedere il mondo in luoghi e periodi storici differenti. A chiudere il disco altri due pezzi: il delicato savoir-faire di "Tears in the Silence", interamente affidata a delle vocals femminili e la conclusiva "Ancient Echoes", un ultimo omaggio alla mediterraneità racchiusa in questo disco, espressa in chiave dark/ambient, a sigillare un piccolo grande gioiello pronto ad aprire in modo entusiastico il 2025. (Francesco Scarci)

Alea Jacta - Spirits in Oblivion

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Melo Death
Tre pezzi più intro devoti a un death metal melodico che non disdegnavano parti un po’ più aggressive e pesanti (al limite del black) per questa band originaria di Varese, ma che nei riff di chitarra risentiva molto del classico heavy metal. 'Spirits in Oblivion' era sicuramente ben registrato (pur trattandosi di una demotape, la cara vecchia cassetta) e altrettanto ben suonato, ma gli Alea Jacta si muovevano su trame già sentite, anche se con dei buoni riff di chitarra, risultando peraltro forse un po’ troppo leggeri per i miei gusti. Però per gli amanti del death metal melodico potrebbe essere un bell'oggettino da riesumare.

Deamonolith - The Monolithic Cult of Death

#PER CHI AMA: Prog Death
E della serie dove c'è Godz ov War Productions c'è morte e distruzione, ecco a voi i Deamonolith, nuovi alfieri della politica musicale estrema dell'etichetta polacca. Il quintetto, originario di Varsavia, arriva sulla scena con il loro debutto ufficiale, 'The Monolithic Cult of Death', ma l'esperienza dei vari musicisti affonda le proprie radici in altre storiche band come Pandemonium, Lost Soul e Sacriversum. Con un moniker del genere poi e un titolo di questo tipo, che affida a una sola traccia, suddivisa in sei capitoli incentrati sul tema dell'Apocalisse, che volete aspettarvi? Presto detto, death metal, ma non proprio nella sua concezione più purista. Dalle note iniziali di "The Afterfall", si potrebbe desumere una certa assonanza musicale con i primi Opeth, anche se nelle sue accelerazioni, ci troviamo al cospetto di un bel death old fashion super tirato con tutti gli orpelli (growling vocals e blast beat in testa) al posto giusto. Tuttavia, nei momenti più ragionati della seconda "The Ultimate Solution", la componente melodica si fa più presente sia a livello di matrice ritmica che nelle parti più atmosferiche ("The Fall, the Reek & Forlornness"), ma anche in quelle solistiche, che arrivano a evocare addirittura i Nocturnus. Certo, che quando i nostri abbracciano la strada dell'intransigenza (ad esempio nel thrash death di "The Acknowledgment") non ce n'è per nessuno e il rischio più evidente, è quello di cadere nel già sentito. Ciò che deve essere chiaro qui è che invece nulla deve essere dato per ovvio in quello che salta fuori dalle note di questi artisti, visto l'utilizzo di sax in alcune parti solistiche (chi ha detto Pan.thy.monium?) che vanno a contrastare la veemenza di una ritmica che mi ha evocato in più parti anche un che dei primi Vader. E proprio forse quest'alternanza di reminiscenze storiche unite a una più che discreta dose di personalità, rendono l'ascolto di questo concept album decisamente più attento. Prendete ad esempio i dodici minuti e passa di "Conquerors of the Void", che aprono con accattivanti atmosfere orientaleggianti e a cui fanno seguito delle ubriacanti linee di chitarra, ecco, queste rendono la proposta dei Deamonolith sicuramente meno scontata, anche nel voler cercare di trovare a tutti i costi un'etichetta a una proposta qui davvero interessante, tra parti al limite dell'avantgarde, linee vocali pulite, atmosfere orrorifiche e un ottimo compromesso melodico. Insomma, alla fine quello che credevo fosse il classico album death metal, si è tramutato in una inattesa sorpresa che potrebbe entusiasmare sia gli amanti di sonorità ricercate che dei intransigenti puristi del genere. Ben fatto. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions/Ancient Dead Productions - 2024)
Voto: 75

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/the-monolithic-cult-of-death