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mercoledì 5 gennaio 2022

Closure in Moscow – First Temple

#PER CHI AMA: Indie/Prog Rock
Poco tempo fa avevamo presentato la ristampa, ad opera della Bird's Robe Records, dello splendido primo disco di questa band australiana, amatissima in patria e capace con questo secondo album intitolato 'First Temple', di arrivare al primo posto in classifica, come miglior album nella categoria hard rock/punk indipendente, agli AIR awards del 2009. La band alla fine del 2008, si sposta in blocco negli Stati Uniti per continuare la fruttuosa collaborazione con il produttore Kris Crummett, che già nel precedente, 'The Penance and the Patience', aveva dato alla luce un ottimo debutto per la giovane band di Melbourne, che in questo modo rinvigorisce il proprio sound, aumentando il cast degli strumenti usati e la qualità di produzione, per un lavoro che risulterà più elaborato, levigato al meglio, meno spigoloso e più accessibile, coloratissimo come la sua splendida copertina, variegato e di moderna visione, un mix perfetto per non passare inosservati e creare una sorta di marchio di fabbrica definitivo per i Closure in Moscow. Un modo di vedere il prog rock contaminato da visioni psych, hard rock, indie punk, con suoni caldi e profondi, voci che incantano e una timbrica sempre pulsante. L'intensità della musica, che in tutte le sue diversità di stile, viene proposta e sviluppata ovunque nel modo migliore, mostra una capacità di esecuzione e di composizione al di sopra della media (ascoltatevi "Afterbirth" e ditemi cosa ne pensate!). Una proposta musicale che non mostra lacune, che si fa ascoltare a tutto tondo senza perdere mai lo smalto, brano dopo brano, ed anche se il suo aspetto risulta essere evidentemente volto al mainstream, niente lo rende banale o derivativo, anche oggi che ha superato il decennio di vita dalla sua prima uscita, via Equal Vision Records e Taperjean Records nel 2009. I richiami sono al solito rivolti ai The Mars Volta, ai Coheed and Cambria e ai Pain of Salvation, avvolti da un'aurea di indie intelligente e fresco alla Byffy Clyro (stile 'Infinity Land'), ma tutto filtrato dall'amore per il prog rock dei seventies ed il virtuosismo acrobatico spalmato all'interno delle coloratissime composizioni, in perfetta sintonia con la classe della band di Claudio Sanchez e soci. Fa scuola il brano "Arecibo Message", una canzone dalle potenzialità enormi. Un disco che all'ascolto risulta accessibile ma assai complicato, divertente e sofisticato allo stesso modo, un album pretenzioso, anche a livello stilistico (non tutti si possono permettere un brano in acustico come "Couldn't Let You Love Me"), ma studiato con un sound fresco ed evoluto, per essere ascoltato con facilità e valutato come un piccolo gioiello, anche dopo numerosi ascolti, un album che supera a pieni voti le aspettative degli amanti del genere. Album da non perdere assolutamente. (Bob Stoner)

lunedì 3 gennaio 2022

Tangled Thoughts of Leaving - Deaden the Fields

#PER CHI AMA: Experimental/Avantgarde/Prog
Siamo nel 2022 e io sono ancora qui con una tonnellata di dischi della Bird's Robe Records sulla scrivania. Non sono ancora riuscito a smaltire il carico di vecchie release riproposte dalla label australiana. Oggi è il turno dei Tangled Thoughts of Leaving e di 'Deaden the Fields', album d'esordio uscito nel 2011 e ristampato nel 2021 in occasione del più volte celebrato, compleanno dell'etichetta di Sydney. Tuttavia i Tangled Thoughts of Leaving li conosciamo già avendoli, peraltro proprio il sottoscritto, recensiti in occasione della terza release 'No Tether' e quella loro esplorazione del post metal, venato di sonorità doom/jazz e progressive, il tutto proposto rigorosamente in forma strumentale. Diamo comunque un ascolto attento anche agli esordi del quartetto di Perth che apre il disco con l'ambiziosa e ubriacante "Landmarks" che vi stupirà con i suoi 17 minuti di saliscendi emozionali tra puro avanguardismo sonoro, post rock e progressive che cedono a derive jazzistiche, forti peraltro di una perizia tecnica di altissimo livello e grande gusto. Lasciatevi ipnotizzare quindi dal pianoforte delirante della band, dalle trombe e da qualunque altra trovata inclusa in questi lunghi minuti introduttivi. Il resto del disco credo non necessiti di ulteriori specifiche, perchè quello che avevo sentito e apprezzato in 'No Tether', trova sostanzialmente riscontro anche alle origini di una band dotata di grande creatività ed enorme personalità che si concretizzano nelle psichedeliche e ubriacanti note di "Throw Us to the Wind" dove nulla è lasciato al caso, sebbene la sensazione forte sia quella di una grande jam session tra musicisti di grande calibro. Il risultato ancora una volte è di grande spessore, nonostante l'assenza di un cantore che piloti al meglio l'ascolto. Ma qui sono convinto non sia strettamente necessario, tanta la qualità e la quantità dei suoni che convergono verso un punto univoco nell'Universo dei Tangled. Il gioco di luci e ombre prosegue anche nella più breve e riflessiva "...And Sever Us From the Present", dove è ancora il pianoforte a guidare il flusso musical-emozionale dei nostri. "Deep Rivers Run Quiet" ha un incipit ancora delicato che va via via gonfiandosi attraverso il dualismo tra un meraviglioso e malinconico piano ed un più marcato riffing di chitarra che attraverso passaggi di pink floydiana memoria, ci condurrà alla successiva title track, che riassume in poco più di sei minuti l'architettura pensante dei Tangled Thoughts of Leaving, attraverso onirici e fascinosi paesaggi sonori. La chiusura del disco è affidata poi alla lunga (altri 14 minuti) e sperimentale (tra elettronica, ambient, prog e noise) "They Found My Skull in the Nest of a Bird", che fuga ogni dubbio sulla genialità di questi mostruosi musicisti australiani che dal 2011 ad oggi, hanno rilasciato solo piccoli gioielli musicali, che dovrete a tutti i costi, fare vostri. Portentosi. (Francesco Scarci)

(Bird's Robe Records - 2011/2021)
Voto: 78

https://ttol.bandcamp.com/album/deaden-the-fields

domenica 2 gennaio 2022

Prehistoric Pigs - The Fourth Moon

#PER CHI AMA: Stoner Rock Strumentale
Go Down Records sempre attivissima, quest'oggi con i friulani Prehistoric Pigs e il loro concentrato di psych stoner doom. Di fronte a queste premesse, di certo non mi sarei aspettato una proposta interamente strumentale, insomma il pericolo di annoiarsi potrebbe celarsi dietro l'angolo, ma il trio deve aver evidentemente ponderato il rischio. Purtroppo per loro non avevano valutato il fatto che 'The Fourth Moon', quarta uscita per la band, cadesse tra le grinfie del recensore sbagliato, quello che non ama particolarmente i dischi senza una voce a guidarne l'ascolto. E allora vediamo se i nostri sapranno soppiantare questa carenza con altre armi efficaci. Che dire, il disco si apre con il roboante rifferama di "C35", puro stoner distorto quanto basta, che ad un certo punto cederà il passo ad atmosfere doomish su cui vanno ad incastonarsi schegge impazzite di chitarra, utilissime quanto l'ossigeno per un individuo la cui ipossiemia inizia a farsi sentire. L'heavy stoner del terzetto prosegue con il suo classico canovaccio nella successiva "Old Rats", e la mancanza di una voce in grado di modificare la monoliticità del suono diviene più evidente. Fortunatamente, i tre musicisti ci piazzano un orrorifico break atmosferico in cui, accanto a chitarre dal sapore noise, in sottofondo si percepisce anche un ipnotico giro di basso, prima di una sporca ridondanza ritmica che chiude il brano. Gradirei un urlaccio, devo ammetterlo, messo qua e là, giusto per farmi sentire un pizzico di umanità in più nel susseguirsi delle tracce. E invece la traccia si chiude con un poderoso riffing e si riapre con una porzione ritmica che sembrerebbe la medesima della precedente, proprio perchè manca un vocalist a fornire una differenziazione musicale con la sua timbrica vocale. E cosi sono alla terza "Crototon", ma potrei benissimo essere già alla conclusiva (decisamente più esplosiva) "Meteor 700", che manco me ne sono accorto. Mi spiace, perchè i nostri non sono degli sprovveduti a livello strumentale anzi, i deliziosi giochetti di chitarra a servizio della gagliarda ritmica, dimostrano una certa perizia tecnica eppure, arrivato alla title track decido di prendermi una pausa, un po' tediato dalla fin troppo lineare proposta musicale dei Prehistoric Pigs. Come mi aspettavo, i nostri non sono riusciti a toccarmi l'anima, nonostante i continui tentativi di cambi di tempo, la veemente proposta musicale, che non trovo tuttavia adeguatamente supportata a 360°. Per chi ama lo stoner strumentale, qui troverà pane per i suoi denti, per gli altri, non mi sento in tutta onestà di suggerire un album forse troppo settoriale. (Francesco Scarci)

No God Only Teeth - Placenta

#PER CHI AMA: Post Hardcore/Post Metal
Mamma, quanta tensione nelle note introduttive di questo 'Placenta', opera prima dei teutonici No God Only Teeth. La band originaria di Amburgo, che lo scorso anno si era fatta notare col demo omonimo, trova nella Narshardaa Records il partner perfetto per rilasciare questo lavoro. Sette pezzi per poco più di 48 minuti di musica a metà strada tra hardcore, post metal e sludge. Al primo, probabilmente, l'avvicinerei per quel cantato acidissimo ad opera di una sprezzante cantante (tal F.). Al post metal l'accosterei invece per quel riffing di scuola Neurosis/Cult of Luna, mentre per quel che concerne lo sludge, beh sentitevi le asfissianti atmosfere di "Raffer" per capirne qualcosa di più. Il disco apre tuttavia in modo granitico con la lunga "Gegenlicht", un percorso emozionalmente ondivago tra richiami post hardcore, dilatazioni post metal e un oscurissimo finale al limite del doom. Fantastica l'apertura atmosferica di "Safer", peccato poi mi convinca meno l'attacco di batteria e voce, graffiante ma un filino sgraziata, manco fosse un gatto a cui gli si è pestata la coda. Meglio i nostri nei frangenti più compassati, in cui la band evidenzia anche una certa vena malinconica, pur mantenendo una solidità a livello ritmico. Più ancorata al passato e pertanto più piattina "Stockholm", che oltre ad offrire un interessante break chitarristico, ha ben poco altro di esaltante. E intanto la voce della frontwoman inizia a stancare per una certa staticità a livello canoro. Inquietante l'incipit vocale di "15.37.12", una song di somma violenza (quasi black) alternata a più riprese ad un riffing più ponderato in cui, il suono costantemente pastoso, fatica a mettere in luce la performance strumentale. Un peccato perchè il marasma sonora penalizza la riuscita del brano. Ancora furore e devastazione con la successiva "Bethune", dove mi rendo conto che inizio a non sopportare più la performance vocale della cantante e la tentazione è quella di spingermi quanto prima verso la fine del disco. Rimangono infatti un altro paio di pezzi a rapporto: la già citata "Raffer", che si muove tra bordate hardcore e mortiferi rallentamenti sludge, e la bonus track, "Matters", con un riffing a tratti malinconico alternato ad un più sconclusionato rifferama quasi di scuola Pantera, da rivedere. Insomma, le basi ci sono, dovrebbero essere convogliate un pochino meglio. (Francesco Scarci)

Orsak:Oslo - Skimmer / Vemod

#PER CHI AMA: Post/Kraut Rock
'Skimmer' e 'Vemod' sono due EP usciti rispettivamente in formato digitale a giugno 2020 e a dicembre 2021. La label tedesca Kapitän Platte ha pensato bene di prendere i due dischetti e schiaffarli su supporto fisico (vinile e cd) e darceli in pasto. Noi eravamo rimasti al loro album omonimo nel 2019 e quindi aspettavamo con un certo interesse una nuova uscita del quartetto norvegese-svedese, dato il positivissimo feedback sul precedente lavoro. Eccoci dunque accontentati con sei pezzi che propongono il classico sound post rock strumentale della band scandinava, sempre e comunque a cavallo con certa psichedelia e il kraut rock. A differenza del mio buon vecchio collega però, che osannava in un certo senso il sound dei nostri, io in tutta franchezza, non mi sento di dire che la proposta dei quattro musicisti sia cosi imprescindibile. Di album di questo genere, per quanto questo sia davvero ben suonato, ne sento e recensisco a bizzeffe, basti pensare a tutta la produzione Bird's Robe Records. Gli Orsak:Oslo alla fine non inventano nulla di nuovo, ci prendono per mano con il loro sound riflessivo ("Passage"), rilassante ("Skimmer"), estremamente atmosferico tra l'acustico e il graffiante ("Cloudburst"), l'ipnotico ("Vemod"), il pulsante ("Mod America", tra l'altro il mio brano preferito) e ancora quella proposta a metà strada tra post punk e post rock, guidato sempre da un'ispiratissima chitarra che per tutto il disco si prende la scena. 'Skimmer / Vemod' alla fine ci consegna una mezz'ora abbondante di suoni piacevoli, ma che non mi sento cosi propenso a rubare con gli occhi. (Francesco Scarci)

mercoledì 29 dicembre 2021

Behemoth - The Satanist

#FOR FANS OF: Black/Death
Being the first time reviewing Behemoth, I felt that it was necessary though they've already gotten so many reviews already of this one. So this album/band has been around for a while, but are to me being a newbie to them. And their music. I think that their style is pretty unique and cool. The guitars neatly orchestrated and played out. There weren't any songs on here that I disliked. It just took me a while to get into this one. Even though it's gotten some spins, more in this case is better. You get a better feel to what they're like as well. The band themselves are well established in the metal community.

The main thing that I took a liking to were the guitars. Definitely heavy but melodic. They pave out their own music unique qualities to them. I felt that they did well in that respect. Nergal their frontman know how to put out great music. A lot that's on here is their own style and vibe. It's dark, but still worthy of praise. Since I'm not familiar with their newer or older releases, I cannot really compare them to any of those. But they have me hooked. I'm in for the long haul with this band as long as they continue to put out quality material. And with this one, they did the band some justice. A great effort here!

I thought the atmosphere and sound quality was top notch. The vocals went well with the music. They definitely are a very dark band. And this one is an example of it. There are some blast beating on here though not to a very common occurrence. A lot of the tempos are rather slow (not all) but still well pieced together. I enjoyed this album from start to finish. I don't think any song on here isn't unique. They all did a good job at orchestrating original music along with the vibe that they portray. Nergal gives us some great musicianship and way in their genres to look for in a band.

I bought this CD because I'm a CD collector. And this band being so well reviewed, that I'd give it a try. I'm actually planning on getting more of their releases in their discography. This one was a good start though the album tittle is so grim 'The Satanist'. I'm sure that they don't want you to take it to heard, but just the fact that they are a definitely dark band who takes their music seriously in getting it to sound like the darkest pits of hell. You could probably find this one online and if you're new to the band, expect diversity in style. They really know how to get their sound out here and music awesomely played! Check this one out! (Death8699)


(Nuclear Blast - 2014)
Score: 80

https://www.facebook.com/behemoth

lunedì 27 dicembre 2021

Yes - Heaven & Earth

#PER CHI AMA: Prog Rock
A nulla servirà l'idro-pop di derivazione anninovantesca-alla-Talk ("The Game") o anniottantesca-alla-90125-ma-che-dico-magari-90125-qui-al-massimo-siamo-dalle-parti-di-big-generator ("It Was All We Knew"), o le risibili orchestrazioni finto-soundtrack in apertura di "Subway Walks", non servirà individuare (se non con certosina motivazione) qualche levigato etno-barocchismo alla Anderson Bruford Wakeman Howe ("Light of Ages", ma per non più di un paio di minuti) né certe fotocopiose architetture mid '70s (le scalette finali di "Believe Again" – dove oltretutto potete apprezzare una sfacciata clonazione del Top Gun anthem di Moroder, proprio nelle note iniziali; il botta-funky-risposta basso/tastiera di "Subway Walls"), né infine, la conclamata consapevolezza che gli episodi migliori di questo 'Heaven & Earth' sembrino, alla meglio, outtakes dei peggiori Yes ("Tormato"? "Big Generator"? "Open Your Eyes"? Ce ne sarebbero a volontà). Il fatto è che se la musica della band composta dai membri umanamente più disgustosi della sovente umanamente disgustosa storia del rock non ha ancora inspiegabilmente cominciato a farvi schifo allora lasciate stare, perché questo album è talmente scialbo e sciatto e insignificante che non riuscirà a farvi cambiare idea nemmeno su questo. (Alberto Calorosi)

(Frontiers Records - 2014)
Voto: 50

http://www.yesworld.com/

sabato 25 dicembre 2021

The Pit Tips

Francesco Scarci

Dessiderium - Aria
Sundrowned - Become Ethereal
Bong-Ra - Antediluvian

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Death8699

Cannibal Corpse - Torture
Hypocrisy - Worship
Immortal - At The Heart of Winter

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Alain González Artola

Arcane Existence - Colossus
Woman is the Earth - Dust Of Forever
Ramihrdus - The Sorrow Of The Evergrees