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domenica 2 gennaio 2022

Prehistoric Pigs - The Fourth Moon

#PER CHI AMA: Stoner Rock Strumentale
Go Down Records sempre attivissima, quest'oggi con i friulani Prehistoric Pigs e il loro concentrato di psych stoner doom. Di fronte a queste premesse, di certo non mi sarei aspettato una proposta interamente strumentale, insomma il pericolo di annoiarsi potrebbe celarsi dietro l'angolo, ma il trio deve aver evidentemente ponderato il rischio. Purtroppo per loro non avevano valutato il fatto che 'The Fourth Moon', quarta uscita per la band, cadesse tra le grinfie del recensore sbagliato, quello che non ama particolarmente i dischi senza una voce a guidarne l'ascolto. E allora vediamo se i nostri sapranno soppiantare questa carenza con altre armi efficaci. Che dire, il disco si apre con il roboante rifferama di "C35", puro stoner distorto quanto basta, che ad un certo punto cederà il passo ad atmosfere doomish su cui vanno ad incastonarsi schegge impazzite di chitarra, utilissime quanto l'ossigeno per un individuo la cui ipossiemia inizia a farsi sentire. L'heavy stoner del terzetto prosegue con il suo classico canovaccio nella successiva "Old Rats", e la mancanza di una voce in grado di modificare la monoliticità del suono diviene più evidente. Fortunatamente, i tre musicisti ci piazzano un orrorifico break atmosferico in cui, accanto a chitarre dal sapore noise, in sottofondo si percepisce anche un ipnotico giro di basso, prima di una sporca ridondanza ritmica che chiude il brano. Gradirei un urlaccio, devo ammetterlo, messo qua e là, giusto per farmi sentire un pizzico di umanità in più nel susseguirsi delle tracce. E invece la traccia si chiude con un poderoso riffing e si riapre con una porzione ritmica che sembrerebbe la medesima della precedente, proprio perchè manca un vocalist a fornire una differenziazione musicale con la sua timbrica vocale. E cosi sono alla terza "Crototon", ma potrei benissimo essere già alla conclusiva (decisamente più esplosiva) "Meteor 700", che manco me ne sono accorto. Mi spiace, perchè i nostri non sono degli sprovveduti a livello strumentale anzi, i deliziosi giochetti di chitarra a servizio della gagliarda ritmica, dimostrano una certa perizia tecnica eppure, arrivato alla title track decido di prendermi una pausa, un po' tediato dalla fin troppo lineare proposta musicale dei Prehistoric Pigs. Come mi aspettavo, i nostri non sono riusciti a toccarmi l'anima, nonostante i continui tentativi di cambi di tempo, la veemente proposta musicale, che non trovo tuttavia adeguatamente supportata a 360°. Per chi ama lo stoner strumentale, qui troverà pane per i suoi denti, per gli altri, non mi sento in tutta onestà di suggerire un album forse troppo settoriale. (Francesco Scarci)

martedì 3 settembre 2013

Prehistoric Pigs – Wormhole Generator

#PER CHI AMA: Stoner strumentale, Kyuss, Sleep
L’esordio di questo trio udinese “a conduzione familiare” (composto infatti dai fratelli Jacopo e Juri Tirelli, mentre Mattia Piani è loro cugino) ha raccolto ovunque recensioni a dir poco entusiastiche, con la “benedizione” giunta niente meno che dal Gran Mogol degli appassionati di rock “rumoroso” della penisola, Claudio Sorge; e di rumore deve averne fatto abbastanza anche fuori dai confini italiani, se i tre sono stati chiamati a suonare in Irlanda e Germania. Con tale biglietto da visita, ci si accosta all’ascolto con grande curiosità, e una certa trepidazione. L’immagine di copertina di questo elegante digipack lascia pochi dubbi su quale sia il contenuto del dischetto: colori e iconografia molto “desertiche”, traslate in un contesto spaziale come mi è capitato spesso di vedere ultimamente, compresa l’immancabile la citazione dell’astronauta degli Sleep, fanno presagire massicce dosi di stoner, psych e space rock. Fare stoner oggi non è cosa semplice, o meglio, non è semplice avere qualcosa da dire che si discosti almeno un poco dal mare di produzioni, tutte mediamente buone, facilmente rintracciabili oggi giorno in giro per la rete. Il compito appare poi anche più arduo se di decide di rinunciare alla voce e affidarsi ad una proposta interamente strumentale, come quella dei “Maiali preistorici”. Una proposta basata essenzialmente su riff granitici, iperdistorti, ossessivi al limite dell’ipnotismo, lenti e pachidermici nell’avviarsi in un incedere che, una volta giunto a regime, diventa davvero difficile da arginare (vedasi la strepitosa "Interstellar Gunrunner"), su una percussività tribale e potente e su costruzioni architettate con precisione, fantasia e gran gusto come le ottime "Primordial Magma" o "Ente Lodonts". La lunga e conclusiva "Electric Dunes" si fa desertica e riflessiva, e potrebbe essere l’ideale colonna sonora di un viaggio sul pianeta rosso, spazzato da incandescenti venti interstellari. Un ascolto estremamente appagante, soprattutto considerando l’apparentemente limitato spazio di manovra offerto dalla loro scelta stilistica. Bravi davvero. (Mauro Catena)

(Moonlight Records - 2013)
Voto: 75

http://prehistoricpigs.bandcamp.com/music