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mercoledì 7 giugno 2023

Amaran - A World Depraved

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Power/Melo Death
Da Stoccolma…niente di nuovo. Gli Amaran sono una delle tante band di power death svedese. Buoni musicisti si, ma niente da apportare alla scena ormai satura. Alla voce (non corista, bensì lead vocal!) una tale Johanna De Pierre assoldata dalla mente degli Amaran e Kari che tutto sommato non stona troppo con il resto. Potrebbe essere anche un buon esperimento. Il fatto è che tutto è spompato; la voce non fa altro che accodarsi alla musica. Queste songs, in alcuni punti, mi ricordano gli Alas, pur ammettendo una differenza dal punto di vista tecnico e vocale. Appunto, in 'A World Depraved' la base musicale è composta da un death metal dove prevalgono trame di chitarra abbastanza melodiche e ben arrangiate. Forse sono un po’ secche per quanto riguarda il suono, anche nelle parti pulite. Il basso in compenso è molto più pompato sia nelle parti pulite che distorte (vedi traccia sei, "Imperfect"). Buona anche la batteria, ben suonata e varia; sempre presente anche nelle parti più mosce, è quella che alla fine tiene in piedi la baracca. In conclusione, per quanto tecnicamente capaci e fantasiosi, ai nostri Amaran, manca quel tocco di cattiveria, di rabbia che potrebbe esprimere meglio i loro concepts.

Lumsk – Fremmende Toner

#PER CHI AMA: Folk Prog Rock
I Lumsk sono una band norvegese che ha sempre volato sopra le aspettative dell'ascoltatore comune, emancipando e schivando in maniera originale, la pura etichetta del genere folk metal, mischiando musica tradizionale con strumenti classici, avanguardia e progressive rock con l'inflazionata commistione tra musica folk ed oscuro metal estremo. La grazia che caratterizzava il precedente 'Det Vilde Kor', rimane un punto fermo in comune con il nuovo 'Fremmende Toner', oltre al fatto che entrambi sono stati concepiti per musicare opere di poesia. Il primo su scritti di Knut Hamsun, mentre il nuovo, si basa sulla raccolta di poesie di autori vari, tra cui Nietzsche, Goethe, Swinburne, tradotte da Andrè Bjerke. Nel nuovo disco, l'intimismo di 'Det Vilde Kor' si fonde con alcune delle strutture del loro album 'Troll' del 2005 (penso ad "Avskjed"), e possiamo anche dire che, se da una parte la band abbandona il duro stampo metal, dall'altra si protrae a mani tese verso un rock progressivo magistrale, mai troppo eccessivo e ben integrato in un folk di incantevole fattura. Folk di matrice scandinava o di influenza celtica, poco importa, visto il labile confine musicale qui manifestato, e posso scommettere che di fronte a questo nuovo gioiellino dei Lumsk, gli ascoltatori più accorti faranno poca fatica ad apprezzarne le sfumature, e coloro che hanno amato a suo tempo il capolavoro 'Barndomens Stigar' dei Kultivator oppure il grande Alan Stivell, magari quello progressivo di 'Before Landing', quanto i The 3rd and the Mortal di 'Memoirs' o 'Fools Give Birth to Angels' delle Pooka, con guizzi di luce alla Comus e quel tanto di malinconia pacata, presa in prestito dagli ultimi lavori degli Anathema ("Das Tote Kind"), adoreranno scoprire la vasta platea sonora su cui poggiano le basi di questo disco. Mari Klingen ha una voce fatata (ascoltatela poderosa in "Fiolen") e come nuova entrata nella band, riesce a stupire in ogni pezzo, per carisma, colore ed estensione vocale, mentre la nuova chitarra di Roar Grindheim dona calore alle sculture soniche progressive, a volte sfiorando anche lidi al limite del pop sognante ed incantato, con una delicatezza e una sofisticata capacità compositiva che stupirà i fans della prima ora. Armonioso ed arioso, si può anche notare una lieve familiarità con il sound romantico ed epico dei Meatloaf, nel duetto tra Klinghen e Mathias R. Samuelsen, autore ed editore e qui in veste di cantante, dal tono solenne e molto teatrale. Il disco scivola in maniera fluida, anche se richiede più ascolti accurati per apprezzarne le doti nascoste ed anche qualche angolo sonoro più cupo e teso. Il disco è uscito per la Dark Essence Records, è ben prodotto e vanta una sonorità vicina alle più moderne release folk e a suo modo, è anche vicino alle geniali aperture di Neal Morse. Il disco è da vedere a due facce visto che, le prime sei canzoni sono tradotte dall'originale in lingua madre, mentre le altre sei non sono in norvegese ma fedeli alla lingua originale del paese di provenienza degli autori degli scritti, musicate tutte in maniera diversa nonostante il testo sia quello della stessa poesia. Per dirla con le parole dei Lumsk: "L’idea del concept non era solo fare la stessa canzone due volte, piuttosto di mettere le canzoni allo specchio l’un l’altra, in un certo senso, cercando di ricreare l’idea di una traduzione o nuova creazione..." Un concept a tutti gli effetti riuscito, pieno di pathos e di grande maturità artistica, che colloca i Lumsk in una coordinata astrale diversa e unica nel panorama internazionale del folk prog rock, una band che fonde perfettamente stili diversi in maniera originale, mantenendo intatto il sentimento che guida il folklore della musica tradizionale nordica e lo spirito indomito del rock progressivo senza mai perdere l'attitudine metal che li ha visti nascere. I fans di questo progetto non rimarranno delusi in alcun modo dopo l'ascolto di 'Fremmede Toner', e l'attesa di ben 16 anni dal loro ultimo lavoro sarà ben ripagata. Ascolto dovuto e necessario. (Bob Stoner)

(Dark Essence Records - 2023)
Voto: 88

https://lumsk.bandcamp.com/album/fremmede-toner

Underhate - Defleshed To Build The Net

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Brutal Death
Brutal death che spacca di brutto, ben suonato e, soprattutto, che cerca una via personale alla truculenza sonora. Va subito detto che oltre alle influenze classiche (Cannibal Corpse, Suffocation) e moderne (Nile su tutti) del genere specifico, i nostri lasciano trasparire la loro dedizione ad altri modelli quali il grind ma più di ogni altro quello dei maestri Death, il cui influsso s'insinua in varie parti della demo. Svetta a mio avviso una mostruosa prova del lead vocalist (ben al di sopra del piatto grufolare di molti altri), che grazie anche ai backing-conati del chitarrista (peraltro davvero bravo) tesse linee vocali originali ed aggressive. Grandiosa (anche nel titolo) la seconda traccia "Net Human Totem", cosi come pure "Marburg’s Advent". Altro pregio del demo sta nei testi che, partendo comunque da suggestioni tipicamente brutal, riescono ad evitarci il solito polpettone da macelleria. Se ancora non vi siete convinti a cercarvi gli Underhate, sappiate che il demo dura la bellezza di 42 minuti (!!!!), alla faccia delle etichette che ci spacciano per full-length (con il relativo prezzo) dischetti da 26 o 27 minuti!

lunedì 5 giugno 2023

THËM - Frames

#PER CHI AMA: Post Hardcore
Belli ruvidi e ignoranti, con alle spalle liriche interessanti che si esplicano attraverso le nove tracce contenute in questo 'Frames', delle cornici che sembrano raccontare le perdite, i disagi personali, i fallimenti, le analisi dei percorsi di vita di questa nuova realtà italica che risponde al nome di THËM, band in giro solamente dall'inverno 2022 e che arriva alla genesi del debut album grazie alla Overdub Recordings. Poi spazio alla musica, a quel basso/batteria che apre in modo dirompente "Blinded", alle urla incisive del frontman, ad una musicalità che rivela una certa malinconia di fondo, un post rock che si unisce in modo accattivante al post hardcore. Bomba. Mi hanno già conquistato i tre musicisti nostrani, chitarra/voce, basso e batteria, un'essenzialità disarmante per quanto incisiva in quel flusso sonoro che prosegue nell'irrequietudine di "Smart Pressure" o nella tensione sospesa di "Restless", un pezzo che sembra aggiungere anche una componente post punk alla proposta dei THËM, una cavalcata inquietante in grado di arrecare un enorme sensazione d'ansia che si interrompe improvvisamente, cedendo il passo alla più meditabonda "Purgatory", più incellofanata nella sua esplosività, ma non per questo meno incisiva. "Fragments" è una breve song che poggia su una ritmica serrata, caustica, essenziale, uno schiaffeggiare secco giusto per la durata di un paio di minuti. A placare gli animi arriva "Sober", una traccia di pink floydiana memoria nelle partiture più atmosferiche ma anche per un cantato che potrebbe evocare quello del vecchio e immortale Roger Waters, ultimamente sempre più sulle prime pagine dei giornali internazionali. E allora, in una sorta di tributo alla band inglese, la traccia si muove con fare magnetico in meandri oscuri che potrebbero essere assimilabili a quelli della psiche umana. Più garage punk invece la successiva "Ghost of Myself", non proprio la mia canzone preferita dell'album, ma qualche difetto era pure lecito trovarlo a una band all'esordio. Ancora pulsazioni inquiete emergono dall'iniziale tessuto sonoro di "Strong" che ci delizia con un sound cupo e minaccioso, espressione di un pessimismo cosmico che sembra dilagare nei solchi di 'Frames'. In chiusura, la riflessività di "Time" sembra sancire quella specie di rassegnazione splenica che permea l'album a quanto sbagliato in passato ma con un barlume di speranza volto a fare meglio in un futuro che rimane comunque pieno di incertezza. (Francesco Scarci)

(Overdub Recordings - 2023)
Voto: 73

https://thembnd.bandcamp.com/album/frames

Antechristus - Lands Of Ancestral Battles

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Old School
Molto "beheritiani" i francesi Antechristus. Grezzi fin dal primo secondo della registrazione, una registrazione ultra low-fi, ma carica di energia nera, come si ascoltava in tante cose degli anni passati. Musicalmente, come ho detto, i Beherit sono sicuramente molto vicini a questa band, ma è anche possibile ritrovare riferimenti molto più vecchi come Destruction o Sodom. Sicuramente non è una band che ha dell'incredibile perchè di pecche ce ne sono, una su tutte una voce che non riesce a fondersi con il resto della musica e che è registrata ad un volume veramente basso. Aggiungiamo poi una chitarra che a volte suona troppo "zanzarosa". Tutto concorre a creare un titolo che puzza molto di old-school; ora a voi decidere se è il caso di procurarvi 'Lands Of Ancestral Battles' (impresa titanica/ndr) per ascoltare qualcosa che abbia il fascino degli "early years" del black metal oppure procurarvi qualche altro titolo che abbia visto la luce in quel periodo.

Seven Impale - Summit

#PER CHI AMA: Prog/Jazz Rock
Dopo sette anni tornano i Seven Impale, ensemble norvegese che conta tra le proprie fila, tra gli altri, il tastierista Håkon Vinje degli Enslaved. La band di Bergen, guidata da Stian Økland (uno che si è laureato alla Grieg Academy come cantante lirico), sforna questo 'Summit', un lavoro di sole quattro lunghissime tracce che ci mostrano la galassia multisensoriale dei nostri incredibili musicisti. Si parte dalle suggestioni jazz prog rock rumoristiche dell'iniziale "Hunter", song che oltre a stabilire l'altissimo livello della barra tecnico-compositiva del sestetto, mostra il grado di sperimentazione a cui dovremo sottoporci durante l'ascolto di questo complicatissimo lavoro, che di certo non vincerà il premio come album più semplice da ascoltare, ma che comunque mostra come sia ancora possibile trovare gente in grado di proporre musica, per quanto ostica, assai originale. E i nostri non si tirano certo indietro, proponendo un sound comunque robusto, sfumato dal sax impazzito di Benjamin Mekki Widerøe (Potmos Hetoimos), da tocchi di pianoforte e da una dose di insana follia che troverà il suo acme per intensità, in un finale sconcertante. La seconda "Hydra" sembra già più morbida, ma non lasciatevi confondere, vista l'abilità dei Seven Impale nel combinare cinematiche porzioni prog con il jazz, con tanto di voci spaziali, e divagazioni space rock che potrebbero evocare i Van Der Graaf Generator o i King Crimson, in una versione decisamente più al passo con i tempi. Ancora straordinaria è l'efficacia del sax nel ideare atmosfere non di questo mondo, cosi come pure la fuga solistica finale a rendere il tutto ancor più ubriacante. Ecco arrivare poi "Ikaros", e i nostri cambiano ancora le carte in tavola con un sound più vicino all'hard rock scuola Motorpsycho, per una cavalcata roboante che vedrà poi una serie di fughe jazzistiche prender forma nel corso dei suoi nove minuti e mezzo, con la voce del frontman sempre magnetica e carismatica a districarsi tra suoni che diverranno via via più cupi e psichedelici. In chiusura "Sisyphus", un pezzo che probabilmente vede convergere tutte le intricatissime idee degli scandinavi verso mondi lontani. Eleganti ma stravaganti vocalizzi, turbolenze sonore, giochi ipnotici delle tastiere, atmosfere epiche e soffuse, vorticosi sbandamenti jazz e dirompenti ritmiche ne fanno la traccia più stralunata e complessa del lotto, che sottolinea alla fine, quanto sia reale la follia che permea questo esuberante ed elaborato 'Summit', un album come minimo da ascoltare, per non dire da comprare a scatola chiusa. (Francesco Scarci)

(Karisma Records - 2023)
Voto: 80

https://sevenimpale.bandcamp.com/album/summit

domenica 4 giugno 2023

Austere - Corrosion of Hearts

#FOR FANS OF: Depressive Black
Founded back in 2005, the Australian duo Austere, conformed by Desolate and Sorrow, achieved a cult status inside the depressive black metal scene. This was due to a quite solid debut album and particularly to a sophomore effort, entitled 'To Lay Like Old Ashed', which successfully caught the attention of the fans of this subgenre. The album became a classic and received excellent reviews. Sadly, the project eventually split up in 2011, which put its career on hold just when Austere was becoming one of the bastions of the genre. During this time, both Desolate and Sorrow have been really active in the metal scene, as they have been involved in many different projects. Fortunately, the band returned to life in 2021 and Austere has even began to play on stage, which is great, as many depressive black metal projects tend to be only studio projects.

As it happens when a project is inactive for such a long time, I was very curious to see if both members could bring back the magic of the old albums with the new beast 'Corrosion of Hearts'. The short answer is simply yes, which is obviously great news. After fourteen years, you could expect some changes, or an evolution as it is obvious that Austere has had time to bring some fresh ideas on this album. Happily, the album retains the main characteristics that made Austere such an especial band. The new opus consists of four long compositions and as soon as the album opener "Sullen" begins, all the pieces are just there to create a great song. The absolutely hypnotic guitar work captivates you since the very first moment. The song has a medium tempo during its length which helps to crease its absorbing nature thanks the exquisite tremolo riffing. The vocals sound as desperate as you may imagine. I particularly enjoy the most high-pitched shrieks which are an absolutely trademark of this genre. Anyway, Austere tried to add some variation in the vocal approach with the addition of clean vocals here and there, which sound particularly melancholic and a bit mellow in my opinion. I clearly prefer the classic screaming, but I respect the fact that the duo tried to broaden the usually narrow limits of the genre. The following track entitled "A Ravenous Oblivion", is probably the highlight of the album. Just take the best parts of the album opener, increase that sense of desperation with even more inspired riffs, add more desperate shrieks and a slightly more varied pace, and you will just get a perfect piece and a manifestation of what the genre can offer. As the album goes forward, the atmosphere becomes even more dense reaching its darkest point with "The Poisoned Core". Its irremediable end comes with the not so extremely bleak but equally inspired track "Pale", as it maintains the hypnotic nature of the rest of the album and the remarkably excellent riffs. It is undeniable that Austere doesn’t introduce great variations in terms of pace, but its songs do not sound boring and simple at all. Slight changes are introduced and even the drums try to be creative, actively avoiding the sense of sounding dull an uninspired. So, if you combine the little but tasteful changes, the effective work of the drums and the already mentioned great guitar work, you will barely find any reason to complain, but a lot to enjoy in this memorable album.

Austere’s return can therefore be defined as successful. All the ingredients that made this project a classic one in the scene are there. Because of this, old fans will find many reasons to rejoice, while the new ones will find this album as a perfect gateway to Austere’s music. (Alain González Artola)


Kaamos - S/t

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death Metal
Una splendida, rigenerante e devastante ventata di passato. Mi ci voleva proprio una bella badilata sui denti di fottuto death metal svedese. Sì, sì, ho detto proprio death metal svedese… Dark Tranquillity, In Flames… ma neanche a parlarne!!! Death metal di quello vero e tosto, inaugurato nella seconda metà degli anni '80 dai leggendari Grotesque, Nihilist, Morbid e poi portato a compimento dalla prima grande (ed unica!) ondata svedese: Entombed, Grave, Dismember, Unleashed, primi Tiamat, Inverted. I Kaamos potevano essere considerati i degni epigoni di questa gloriosa scena: formati da ex membri di A Mind Confused, realizzarono un paio di demo, un paio di split album, un EP e due album, prima dello scioglimento nel 2009, tutti lavori che a questo punto mi dovrò procurare, vista l’intensa e riuscita prova del debut cd. Death rovente e tagliente ad un tempo, forse più veloce delle sopra citate band ma dotato di simile pesantezza e impatto; tornano alla mente quegli adorati tempi di batteria, gli stramaledetti assoli alla Entombed e soprattutto quei giri che solo gli svedesi riuscivano a fare. Accordatura bassa e pesante, vero e proprio trademark, unita ad una produzione più chiara e moderna che non per questo altera il sound dei nostri. A voler fare i pignoli manca la cupezza di dischi tipo 'Into the Grave' o 'Left Hand Path', ma è forse eccessivo pretendere le sensazioni di claustrofobia che opprimono adorabilmente chiunque ascolti detti capolavori. Il disco è molto compatto, non ci sono cadute di tensione in tutti i suoi 34 minuti, nemmeno in un paio di intermezzi (di cui uno in stile vichingo che anziché risultare pacchiano rivela grande pathos ed efficacia nell’introdurre “Doom of Man”, un gran bel pezzo che ricorda molto i gloriosi Grave). In qualche punto ho ricordato anche gruppi tipo Obscenity, ma tutti questi riferimenti non vi traggano in inganno: i Kaamos rileggono la lezione alla grande, non copiano ma si nutrono alle sorgenti della Morte, offrendoci qualcosa che da troppi anni latitava, soffocato da trend gotico-melodici ma anche dalla cieca e assurda venerazione per il black norvegese.

(Candlelight/Desiccated Productions - 2002/2022)
Voto: 70

https://www.metal-archives.com/bands/Kaamos/3409

Metallica - 72 Seasons

#FOR FANS OF: Heavy Metal
I really loathed this release the first few times that I listened to it. And I thought that this is the end for them! But I did have a violent change of heart when I heard the riffs talking to me. Being a guitarist, I am now appreciating the dynamics of these songs wholeheartedly. James sounds like he did on 'Hardwired...To Self Destruct'. But I felt that one only had 4 good songs. This one flourishes throughout. 77 minutes of pure heavy metal and not really much thrash elements left. Those are gone after them 80's. Sometimes it gets hard to listen to them and then hearing the first 4 releases. That was when they were at their pinnacle.

A track that they did a video for "Lux Aeterna" actually turned out really well and the title-track is pretty cool also. But the bulk of the songs are just a bit above average. The vocals aren't anything like the 80's Metallica. James is actually singing and he's laid off of being brutal and aggressive. It's ever since the black album that they really changed. And I don't mean in a good way. You don't get that thrash metal intensity. The music is just semi-heavy and the leads are darting fast but in a way sloppy, but Hammett is 60 now, so age is wearing on all of them for that matter. It's their 40-sum anniversary in being in existence, that's quite a feat.

People, I think put way high expectations on this release but they seem to do as well as they could. I'm not justifying critics including myself but at least they're making an effort. It's been 7+ years since 'Hardwired...' but this one is 77 minutes in length (as I mentioned) so all that electricity is bursting out of your speakers. It's what is, the music is above sub-par. They're not overly aggressive or rock like they were in past releases. For whatever reason, Metallica has always scored higher on the Billboards than Megadeth ever has. Maybe Dave's still whining because of their success over his even though Megadeth has been more consistent.

There's a lot of good songs on here aside from the ones I mentioned. I'd say buy the CD or Vinyl, I think it sounds better than the digital. Mind you, Lars said stream it he's OK with that despite the suing of Napster when people were downloading their music I think back in 2003. I guess he figures that they have enough money by now. And another thing I might add is that Hetfield called the band "average musicians." I don't know about that but if they were average then they wouldn't ever be as successful as they have been over the years. I think that that was an unthinking statement. Metallica has been successful for a reason! (Death8699)


(Blackened Recordings - 2023)
Score: 75

https://www.metallica.com/

lunedì 29 maggio 2023

The Pit Tips

Francesco Scarci

Stormhaven - Blindsight
Austere - Corrosion of Hearts
Fires in the Distance - Air Not Meant for Us

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Death8699

Cardiac Arrest - Cadaverous Prescence
Kreator - Extreme Aggression
Opeth - My Arms, Your Hearse

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Alain González Artola

I, of the Trees and Wind - Cry of the Forest
At the Altar of the Horned God - Heart of Silence
Forelunar - Beloved and a Thousand Seraphim

giovedì 25 maggio 2023

Mutant - The Aeonic Majesty

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
I Mutant erano un gruppo composto da alcuni membri dei Theory in Practice (fautori di un death tecnico). Nonostante queste premess, all’interno di 'The Aeonic Majesty' non si trova alcun riferimento musicale ai T.I.P. L’album in sé è molto violento con anche pezzi veloci ma mai confusi, questo è dovuto a una registrazione ottima oltre che a una tecnica individuale altrettanto eccellente. Il gruppo svedese ha messo in atto un black-death con tastiere a volte riconducibile agli Emperor (ultimo periodo) e con una profusione di note impressionante che nell’insieme creano un buon impasto sonoro. Tutto in 'The Aeonic Majesty' è ben coeso, a partire da una voce black stridula e mai predominante, per arrivare a tastiere di stampo sinfoniche mai spropositate. Un buon esordio, ahimè rimasto tale.

The Pink Mountaintops - Axis of Evol

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Alternative/Psichedelia
Strafattanza sydbarrettiana in apertura ("Comas"). "Plastic Man, You're the Devil": blues urbano di quelli tanto cari a Jack White, ma aromaticamente zeppeliniano (per la precisione, aromaticamente Zep-3, e per la maggior precisione, aromaticamente "Hats Off to Roy Harper", la traccia che conclude Zep-3). Il nervosismo velvet-sotterraneo di "Cold Criminals". Lo psych-space della cupa "Slaves", a metà tra certa neo-psichedelia anni '90 (cfr. "Spiritualized") e i Pink Floyd di "Obscured by Clouds", amplissimamente esplorato in seguito con i Black Mountain. Il fuzzy-gospel sincretico "Lord, Let Us Shine". "New Drug Queen": inappuntabile darkwave, forse prossima a certi riusciti, consapevolissimi coxonismi. Saltate pure l'interminabile post-noia di "How We Can Get Free". Sette tracce, meno di trentacinque minuti. Psichedelico negli intenti e non certo nelle sonorità, il side project di Stephen McBeam sembra conferire forma alle emanazioni più inconsce della sua tumultuosa creatività di "una specie" di Mr. Hyde dei Black Mountain, insomma. Non vi pare? (Alberto Calorosi)

mercoledì 24 maggio 2023

Humus - Non è Giusto

#PER CHI AMA: Alternative Rock
Ritornano in pista dopo qualche anno dalle due precedenti release, i rockers trentini Humus, con un album esplosivo e in forma più che mai. Il loro rock italiano è di facile impatto e sempre sparato a mille, capitanato da una bella voce maschile, sguaiata e piena di voglia di trasgressione. Musicalmente il sound prende il volo e si può dire che il grande salto sia stato fatto, e se i Maneskin, a detta del mainstream, sono la bibbia dei giovani d'oggi, i nostri Humus, hanno decisamente le carte più in regola per surclassare la più famosa band della penisola del gossip. Detto questo, l'album è ben prodotto, il suono è corposo ed anche se la musica del combo trentino non è il massimo in termini di originalità, bisogna ammettere che siano piuttosto bravi ed efficaci, in fatto di orecchiabilità e dinamica, la band perfetta per i moderni teenagers italiani, che se ascoltassero più musica di questa fattura, avrebbero probabilmente le idee più chiare nei confronti di questo mondo. I testi sono rigorosamente rivolti ad un pubblico giovanile e questo dona freschezza all'intero lavoro. La sua carica esplosiva, il modo urlato di gestire le voci, i riff mirati e la ritmica costantemente pulsante di fondo, riempiono composizioni che colpiscono fin dal primo impatto, e al netto del fatto che siano volutamente e ricercatamente orecchiabili, e non è una dote comune, posso dire che 'Non è Giusto', sembra essere l'album perfetto per chi cerca musica cantata in lingua madre, per ricaricarsi d'energia e mandare tutto e tutti a quel paese. La band suona bene, tutti i brani sono potenti e l'impatto è assicurato, e non voglio arenarmi su banali paragoni con altri gruppi conterranei, perchè gli Humus hanno una loro anima e meritano la vostra attenzione. Le vostre orecchie saranno assaltate da echi hard rock, nu metal, residui pop punk e alternative italiano, suonato e costruito in maniera tosta, niente di complicato o progressivo, tutto diretto e sparato in faccia. Nota di lode finale per la timbrica vocale del frontman, veramente imponente. Impossibile restare fermi di fronte a canzoni come "Disastro", "Se ne Riparla Domenica" o "Qui si Decide". Se avete voglia di graffiante, rumoroso e muscoloso rock tricolore questo album è il toccasana giusto per voi, non fatevelo mancare. (Bob Stoner)

(Overdub Recordings - 2023)
Voto: 75

https://www.facebook.com/HumusTn/

The Tangent - Not as Good as the Book

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Prog Rock
Se pensate che il progressive rock stia al totalitarismo neo-prog dei Tangent più o meno come l'internazionale socialista ai ventisei tagli da uomo autorizzati dal regime di Kim Jong-Un, allora potete pensare di avvalorare la vostra tesi esplorando il più prolisso e sfrontato tra tutti gli album prolissi e sfrontati del collettivo in questione. Nelle segrete di questo quarto (doppio) disco troverete di tutto: piano-jazz, Canterbury, i Porcupine Tree, il negazionismo neo-prog (Pink Floyd chi?), il flauto di Ian Anderson, la truzzaggine di E-L-P, il van-der-sax di Theo Travis, il capitano Kirk, i Toto e tutti gli accordi reperibili nei manuali di musica. Tutto questo, diluito in una sorta di stream-of-consciousness sonoro per definire il quale, l'aggettivo torrenziale sarebbe meno adatto dell'aggettivo oceanografico. Cose tipo una Carouselambra zeppeliniana eseguita dai Mike and the Mechanics nella plancia dell'Enterprise (l'incipit di "A Crisis in Midlife" per esempio), per intenderci. L'edizione deluxe di questo album, di cui vi prego di rileggervi il titolo (involontariamente?) iperrealista, contiene una pregevole graphic-novel di 100 pagine che narra la distruzione della Terra da parte di una razza di ferocissimi alieni al suono di "Relayer" degli Yes. Esattamente. (Alberto Calorosi)

(Inside Out Music - 2008)
Voto: 60

https://www.thetangent.org/

martedì 23 maggio 2023

Mesmur - Chthonic

#PER CHI AMA: Funeral Doom
Il funeral è già un genere piuttosto complicato da digerire. Se a suoni catacombali e voci cavernose aggiungiamo poi delle dissonanze abbastanza allucinate, potrete immaginare come l'approccio a simili sonorità possa risultare alquanto ostico. È il caso del nuovo album dei Mesmur, una realtà internazionale (U.S., Italia e Australia) che conosciamo assai bene qui sulle pagine del Pozzo, che torna con il quarto capitolo della loro discografia, 'Chthonic'. Il lavoro dura 48 minuti e consta di sole cinque tracce. Se considerate che il preludio e la coda fanno sette minuti, sarà facile intuire quanto possano durare le altre tre, circa 41 minuti di suoni estenuanti, di cui la sola "Passage", ne occupa 19. Quello che subito balza all'orecchio, è una proposta che si conferma abbastanza ancorata al passato, con un death doom che ammicca palesemente agli esordi dei My Dying Bride e dei primissimi Anathema, ma anche ai mostri sacri del funeral, quali Esoteric e Skepticism. Quello che mi spiace tuttavia constatare è una certa staticità a livello di suoni, che non preludono a nulla fuori dall'ordinario almeno nelle due tracce "Refraction" e "Petroglyph", forse eccessivamente ortodosse nel loro approcco al genere; e per questo intendo le classiche chitarre abissali, le atmosfere lente, lugubri, asfissianti e claustrofobiche, con i tipici vocalizzi growl di Chris G a condire il tutto. Quello che regala un tocco di fascino all'album rimangono però le partiture tastieristiche a cura di Jeremy L che, insieme a qualche breve galoppata black, ne movimentano l'ascolto, conferendo quel pizzico di dinamicità ad un disco che forse alla lunga rischierebbe di annoiare. E la già citata "Passage", con la sua durata davvero al limite dello sfibrante, giunge in supporto regalandoci fraseggi atmosferici che alterano il ritmo fin troppo cadenzato di 'Chthonic'. Per il resto, vorrei dirvi di andarvi a leggere le mie precedenti recensioni alla, il canovaccio musicale infatti di quest'album lo troverete piuttosto simile ai vecchi lavori, inclusa la presenza di viola e violoncello, qui a cura di Brianne Vieira, senza dimenticare poi gli organoni sublimi di Kostas Panagiotou (Pantheist, Landskap). Per il futuro mi aspetto però qualcosa di più, che sappia catalizzare maggiormente la mia attenzione. (Francesco Scarci)

(Aesthetic Death - 2023)
Voto: 70

https://mesmur.bandcamp.com/album/chthonic

Tragedy Begins - Where Evil Is

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Ambient
Viene dalla Grecia questa band formatasi addirittura nel 1988 (con il moniker Terror/ndr), che è stata per me motivo di una non semplice recensione. Da una parte un lavoro che è grezzo e vecchio stile in tutto, dalla musica alla produzione, e questo mi piace. Dall'altra un album che potrebbe essere in bilico tra il ridicolo ed una raccolta di cliché del genere. In ogni caso la musica è veramente oscura, un incrocio tra Darkthrone e Burzum del periodo black. Suoni comunque grezzi, qualcosa di simile ai loro conterranei Goatpenis. Alcune cose, come ho detto, sono veramente niente male, ed anche alcune tracce totalmente "synth-based" si ascoltano con piacere, ricordando anche in questo caso il buon caro Burzum dei momenti più ambient. In definitiva 'Where Evil Is' è un lavoro un filo scarso, o come dico spesso, solo per i fanatici.

lunedì 22 maggio 2023

Molekh - Ritus

#PER CHI AMA: Black/Death
I Molekh sono una nuova realtà irlandese nata però per metà da immigranti polacchi. Dopo un demo omonimo del 2018, avevo dato per dispersa la band che invece arriva con questo 'Ritus' al quanto mai agognato disco di debutto, che sembra contenere un mefitico black/death dissonante e malato. Questo è quello che capto immediatamente quando l'insanità musicale emerge prepotente dalle note infernali di "Yetzer Hara", una song ove coesistono le due anime vorticose dei Molekh, ensemble che ingloba tra le proprie fila membri di Dreams of the Drowned, Putrefaction e Thy Worshiper, che avevo particolarmente apprezzato nel loro album 'Klechdy'. Questo per dire che i nostri non sono proprio gli ultimi arrivati, il che si evince anche dalla ricerca musicale dei quattro musicisti nel combinare le dissonanze di due mostri sacri quali Deathspell Omega e Ævangelist, in un concentrato dinamitardo di suoni da maelstrom abissale. La band si conferma dotata di una capacità non indifferente di prenderci a pedate nel culo anche nella successiva "Cruor Innocentia" e nella terza "Possessionem", tracce in cui il black metal si combina, a livello ritmico, anche al thrash, sebbene la sensazione che rimanga alla fine sia quella del male ppuro che permea i solchi di questo lavoro. Di ben altra pasta la title track, che mostra un piglio più sperimentale avanguardistico anche nelle sporadiche partiture vocali pulite, che in taluni frangenti, avevamo potuto origliare nelle precedenti song. Il sound è comunque urticante, insano, malvagio, soprattutto quando i nostri decidono di pestare sull'acceleratore dal terzo minuto in poi. L'architettura compassata dei secondi iniziali sparisce del tutto per lasciare spazio ad un caos primigenio, dove i compromessi stanno a zero e ritorneranno soltanto nell'ultimo giro e mezzo d'orologio. L'evocativo feeling per il maligno si mantiene più che mai saldo anche in "Vocare Pulvere" e nella più abrasiva "Abyssus", ma d'altro canto, con un titolo del genere cosa potevamo aspettarci? Il gorgo infernale dei Molekh inghiottisce tutto quello che gli capita a tiro e la violenza claustrofobica perpetrata in questa e nell'ultima malvagia e velenosa "Incubus", non fanno che confermare le sensazioni che avevo avuto sin dall'inizio della mia discesa nella valle della Geenna dove il dio Moloch (da cui deriva il nome della band) fa sacrifici umani di bambini, che, dopo essere stati sgozzati, erano bruciati in olocausto in un fuoco tenuto costantemente acceso in suo onore. Spaventosa, quest'ultima citazione di Wikipedia, cosi come orrorifici troverete i suoni contenuti in questo 'Ritus'. (Francesco Scarci)

(Bent Window Records - 2023)
Voto: 72

https://molekh.bandcamp.com/album/ritus

Bewitched - Somewhere Beyond the Mist

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Heavy/Doom
I Bewitched sono una band cilena omonima di quella svedese, e questa volta è quest'ultima che sembra aver avuto poca fantasia nello scegliersi un nome, visto che questi cileni hanno una discografia che parte dal 1991. Saltando queste divagazioni, mi ritrovo a parlare di un lavoro che non mi è piaciuto. Una band che avrà anche avuto una progressione a livello tecnico/compositivo dal black metal degli esordi, dovuto soprattutto al radicale cambio di line-up, ma che in fondo propone una musica davvero noiosa. Prendete come punto di partenza i peggiori Candlemass (una grandissima band), che tra l'altro viene anche coverizzata su questo cd, aggiungete a caso chitarre con pesanti influenze heavy metal, parti doom, tastiere, voci femminili, arrangiamenti neo classici, un po' di tutto insomma e il risultato è la completa anonimia di questo album. Potrà piacere a chi ama atmosfere sognanti e pompose di un certo metal, ma sinceramente credo che anche in tal caso ci siano gruppi migliori.

(Conquistador Records - 2001)
Voto: 55

https://www.facebook.com/Bewitched.chile?fref=ts

Ashinoa - L'Or​é​e

#PER CHI AMA: Psych/Kraut Rock strumentale
Non ho ben capito la reale data di uscita di questa release dei francesi Ashinoa. Il sito bandcamp riporta infatti marzo 2022 come release date, mentre il flyer informativo in mio possesso, recita Maggio 2023. Mah, fatto sta che il quartetto di Lione ha rilasciato questo vinile per la Fuzz Club Records, cercando di coniugare le molteplici anime della band nei 12 brani inclusi in questo 'L'Orée', un disco fatto di suoni cinematico-elettronici, che mi ha fatto immediatamente balzare nella testa gli inglesi Archive (ascoltatevi l'iniziale "Vermillion" con quella sua chitarra southern per dirmi se anche voi non avete avuto la medesima sensazione). A differenza dei più blasonati colleghi di oltremanica però, i quattro galletti ci sorprendono con un approccio strumentale, ma quella valanga di campionamenti che si possono ascoltare lungo questo minimalistico percorso post industriale, suppliscono alla grande la malefica assenza di un vocalist. E cosi, si rivela meraviglioso farsi inglobare dalle sperimentazioni psych/kraut rock/trip hop dei nostri, manco ci trovassimo di fronte ad una versione strumentale dei Portishead fatti di acidi che decidono di lanciarsi in ritualistiche porzioni di "massive attackiana" memoria ("Koalibi"). Ci sono anche sonorità più fredde o tribali ("Space Cow", "Fuel of Sweet" e l'etnica "Disguised in Orbit"), spoken words interlocutorie ("Falling Forever"). Ma nelle note di questo lavoro, troverete ben altro: dall'elettronica orchestral-jazzistica della roboante (splendide le distorsioni chitarristiche a tal proposito) e psicotica "Feu de Joie", alla più cibernetico-pachidermica (per quei suoi suoni vicini al barrito di un elefante) "Yzmenet", che vi permetterano di apprezzare ulteriormente le alterazioni visionarie di questi pazzi Ashinoa, di cui non posso far altro che incentivarne l'ascolto. Esploratori coraggiosi. (Francesco Scarci)

(Fuzz Club Records - 2022)
Voto: 75

https://ashinoa.bandcamp.com/album/lor-e

mercoledì 17 maggio 2023

Necromass - Bhoma

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Metal
Secondo EP per i fiorentini Necromass che con questo lavoro approdarono alla Miscarriage Records di Genova (inizialmente chiamata Holocaust Records). 'Bhoma' rappresenta la svolta black metal della band, dopo un promo ('Connected Body Pentagram') ed un primo 7” ('His Eyes') ancora con influenze tipicamente death metal. 'Bhoma' si distingue dagli standard dell’epoca per una buona parte grafica ed una registrazione tagliente e agressiva, perfetta per uno stile come il loro. Sul vinile troviamo due brani (“Mysteria Mystica Zothyriana 666” e “Sodomatic Tallow Doll”), più intro e outro, che finiranno poi anche nel debut album uscito ad un anno di distanza su Unisound Records. Beh, che dire, brani ben suonati e con un feeling malsano e malato, e l’immagine della band che già li mostrava con borchie, chiodi e catene, l’età nera stava per cominciare. Un sette pollici di culto da avere in maniera assoluta.

(Miscarriage Records/Self - 1994/2018)
Voto: 75

https://necromass.bandcamp.com/album/bhoma

O.D.O. - Blinded By Hate

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Thrash Metal
Buon thrash metal per questa band veronese chiamata O.D.O. (Odio, Distruzione, Orrore). Incazzati, sporchi di quel sound che fa rimpiangere gli anni ’80. Buoni gli arrangiamenti che però lasciano trapelare il “marcio” insito in questo genere senza affidarsi a frivolezze tecniche che per i nostri sarebbero probabilmente fuorvianti. Una ritmica precisa ed un basso ben pompato, il tutto sostenuto da una batteria semplice ma efficace. Ecco gli ingredienti chiave di questo 'Blinded By Hate' a cui aggiungere una voce anch’essa abbastanza cattiva e originale, anche se un po’ di “screaming” in più non le avrebbe fatto male. I quattro pezzi qui contenuti sono mid-tempos, sostenuti e ben arrangiati che mostrano la fantasia di cui gli O.D.O. sono dotati, e di cui segnalerei il pregevole assolo nella seconda traccia, la title track. Poteva essere un buon biglietto da visita per questi ragazzi, peccato solo che dopo questo demo si siano sciolti.

martedì 16 maggio 2023

Cannibal Corpse - Kill

#FOR FANS OF: Brutal Death
Ferocious and unrelenting this is a MONUMENT of death metal and a boon to Cannibal Corpse's discography. Even though this is 15+ years old, it's still popular among my death metal choices when feeling I need brutal. The guitars are chunky and thick, just what the meat holder's in their cast iron brains in belting out amazing/metamorphosis style metal. I was surprised it took a while before I noticed more/less of this. So here now is it's justice! It's hit-or-miss when it comes to Corpse but they've managed to put out some good LP's following this one. Pat O'Brien is no longer with the band, but I still think they're making monstrous material.

Here, Corpsegrinder shows us again the diversity in his vocals from guttural to screaming. It was amazing his story in metal history. He was the guy who didn't want to do work in classes just sing in a band. Well, he found it and they found him a good replacement for Chris Barnes. Barnes should be edging retirement after some poor Six Feet Under releases while Corpsegrinder continues to belt it out! He does so quite unbelievably. And Corpse still has a long life left enter Eric Rutan on rhythm/lead guitars. Though the new one doesn't pack as much of a punch than this one does. Hard to surpass this release!

The production quality is quite good and that being said the music is justified in the guitars enter everything else. I must be a guitar player but it's not what I notice everything in a recording. The music on here is just devastating! They put together a lot of quality riffs that at times are hard to grasp probably because they're in B-flat tuning. I surmount that both guitarists Rob and Pat worked equally on designing sick riffs to this release. The good thing about this is that everything fit together nicely to some brutal death metal! Everything seemed to be great here and they as a band work well together plus I'm sure it's a big loss to lose Pat.

I bought this a while ago, just thought I'd write about it now since it's still getting air-time in my stereo. They don't seem to disappoint here, my favorite things about this one are the guitars and vocals. Their latest 'Violence Unimagined' is tight too but not as thick as the chunky guitar is here. Nor are the leads as good. This is one of my favorite Corpse releases aside from the early stuff ('Butchered At Birth' & 'Tomb of the Mutilated'). I'd have to say that 'Torture' and 'A Skeletal Domain' are my favorites as well. 'Kill' is among the many fine releases from and unrelenting and brutal group CANNIBAL CORPSE is! Check this out! (Death8699)


(Metal Blade Records/Daymare Recordings - 2006/2021)
Score: 80

https://www.facebook.com/cannibalcorpse

domenica 14 maggio 2023

Unohdus - Niin Turhaan T​ä​hdet Valaisivat Meitä

#PER CHI AMA: Depressive Black
Si tratta di un demo di soli due pezzi rilasciato peraltro in cassetta, questo 'Niin Turhaan T​ä​hdet Valaisivat Meitä' dei finlandesi Unohdus (che subodoro essere una one-man-band), di cui comunque poco o nulla ho trovato in rete. Fatto sta che mi limiterò a commentare la potenza espressiva di "Niin Turhaan T​ä​hdet Valaisivat Meitä" e della successiva "Pohjantuuli", per 10 minuti scarsi di musica che comunque sapranno, a modo loro conquistarvi, con non indifferenti doti persuasive. E penso a tal proposito, a quel violino saturnino che a metà della title track indugiare, con fare evocativamente deprimente, in uno squarcio di sublime malinconia post rock, per poi rituffarsi in un black metal intessuto di una fortissima matrice depressive. La linea black melodica permea anche la seconda song, dove le spettrali grim vocals del frontman si stagliano sulla ritmica mai troppo tirata dei nostri. Peccato lo strumento ad arco non ci delizi ancora con i suoi umori, avrebbe reso quest'opera prima degli Unohdus, semplicemente una piccola gemma incastonata in un mondo in totale stallo. (Francesco Scarci)

KHA! - Ghoulish Sex Tape

#PER CHI AMA: Noise/Post Punk
La cosa che più mi ossessiona, in senso negativo di questo primo full length della band meneghina, è il trattamento riservato, leggermente irrispettoso a mio avviso, verso la splendida voce del frontman. Fui infatti ammaliato dalla forza espressiva della voce di Davide Bosetti nell'EP di debutto di tre anni fa, che si accaparrava le grazie spettrali di band come Indisciplined Lucy e Pavlov's Dog, raggiungendone le tonalità e le particolarità acustiche, inserendole in un contesto lontano anni luce dalle suddette band prog rock, per non parlare poi del lavoro di produzione al Mob Sound Studio di Milano, veramente da applausi. Il nuovo lavoro, intitolato 'Ghoulish Sex Tape', pur essendo un gran bel disco, vede la produzione dei Cabot Cove Studio di Bologna spostare il tiro più verso il suono, abbassando (e penalizzando) l'importante performance vocale. Il trio milanese è ancora orientato verso un noise rock, carismatico ed esplosivo, nipote di quello che fu un capolavoro della scena sotterranea italiana, ovvero, '10000 Doses of Love', di un gruppo ancora poco osannato per i loro meriti, quali erano gli One Dimensional Man. Il risultato qui è buono, di qualità, ma diverso dal debutto. Il suono è meno indie noise e in molte sue parti si sposta verso ambienti post punk anni ottanta, che associati ai particolari riverberi della voce, a volte ricordano vecchie cose dei Public Image Ltd.: "My Only Love" ricorda a tal proposito il sound di "Religion II" dei P.I.L o "Sex Gang Children", in chiave meno dark e più alternative. Musicalmente, i nostri hanno evoluto il loro stile che di per sé era già originale, rendendolo più coerente e fantasioso, come l'inserto jazz di "Travelers", ma rimanendo sempre sul filo del rasoio, in fatto di orecchiabilità e rumorosità, cosa che li rende sempre assai apprezzabili. Una ritmica pulsante sostiene a dovere un chitarrismo schizofrenico, tagliente ma molto bello da sentire, urticante, sonico, spesso dissonante ma mai esagerato o fuori contesto. Stravagante pensare che il trio lombardo è una band di noise rock piacevolissima all'ascolto dove difficilmente la noia si sposa con la loro nuova opera. Ritorno a dire solo ahimè che la produzione ha optato per il primo piano della chitarra di Bosetti e degli altri strumenti, tralasciando il posto di prima ballerina della sua voce, ma questo è solo il mio gusto personale, e magari, chi ascolterà questo loro nuovo lavoro, rimarrà sicuramente affascinato dalle loro teorie rumorose e stralunate, e questa nuova verve post punk (rimodernata e attualizzata), un po' alla Teenage Jesus and the Jerks delle radici, rispolverata nella quasi totalità dei brani. Siamo al cospetto di una voce intrigante e originale, di fronte ad un trio che riesce a comporre e suonare ottima musica (quanto è bella "Breadcrumbs"!!!), inquieta e rumorosa, uno spiraglio di luce nelle tenebre profonde del panorama nazionale, per cui l'ascolto è assolutamente consigliato. (Bob Stoner)

Limbonic Art - The Ultimate Death Worship

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
Decisamente sorprendente questo lavoro del feroce duo scandinavo dei Limbonic Art. Sorprendente sia per chi, come me, non conosce a fondo questa ormai storica realtà black metal, sia per chiunque risulti essere un suo appassionato seguace da tempo. 'The Ultimate Death Worship' si rivela infatti come un concentrato di aggressività non indifferente: chi, non conoscendoli, si aspettava un prodotto assai raffinato e ricco di orchestrazioni enfatiche, troverà la stessa enfasi del passato tradotta in un sound decisamente più spostato verso le sonorità meno "delicate" della musica estrema. Questo lo si evince in particolar modo dal lavoro di chitarra, per nulla banale e a tratti assai articolato se proporzionato al genere proposto, sorretto da una produzione che conferisce alle sei corde stesse un suono marcatamente più corposo rispetto al passato, decisamente più vicino ad un suono tipicamente death metal che black. Le vocals risultano essere, come prevedibile, incredibilmente incisive ed oscure, ponendo però un importante elemento di novità in campo black: se si presta un po' di attenzione è possibile comprendere i testi (soprattutto nella prima traccia)! Questo a dimostrazione del fatto che i nostri sono stati particolarmente attenti nell'equilibrare l'uso dei diversi strumenti, al fine di ottenere un prodotto sì aggressivo, ma al contempo vario e in grado di far apprezzare all'ascoltatore tutte le sue raffinate e nascoste dinamiche. Compatto, violento, melodico: 'The Ultimate Death Worship' si presta ad essere un ascolto gradito a chi ama l'estremismo sonoro concepito nella sua più vasta accezione e nella sua più intimistica raffinatezza.

(Nocturnal Art Productions/Hammerheart Records – 2002/2019)
Voto: 74

https://limbonicart.bandcamp.com/album/the-ultimate-death-worship

Lustre - Reverence

#FOR FANS OF: Ambient Black
The Swedish one-man project Lustre has become, since its inception, a primordial reference when we speak about atmospheric black metal. Henrik Sunding, better known as Nachtzeit, is undoubtedly a fanatic of black metal, particularly of the most atmospheric oriented one. He has been involved in several projects, each one having its own character, although the devotion to this genre is out of any discussion. I strongly recommend you to check out Ered Wethrin and Nachtzeit, which are my favourite ones. 
 
Going back to Lustre, the particular vision of Henrik for this project was quite clear since the debut album 'Night Spirit' that was released in 2009. Lustre’s music is trance inducing ambient black metal, strongly influenced by classic projects like Burzum, which obviously is a pivotal influence in the genre when we speak about introducing ambience into the black metal scene. What Lustre does is to create quite simple and repetitive structures. Don’t loose your time trying to find complex riffs or tempo changes, this is all about hypnotic sonic creations which transport you out of this reality. And this is what makes Lustre so special. Repetitiveness and simplicity can always be problem, and many would consider that this music lacks of interest after listening to a couple of songs. But somehow, Nachtzeit achieves the unquestionable merit of keeping releasing songs that captivate you, and this is something admirable.

So, after these years and a good amount of albums and EPs, Lustre continues to be quite active and its last offering is the EP entitled 'Reverence', which consists of one song with the same name. Those who don´t like this project won’t find any reason to like it now, but many others, and I include myself in this latest group, can enjoy this new release a lot. Although Lustre’s music hasn’t changed a lot since its creation, it is also unquestionable that Nachtzeit has perfected the formula during the project’s existence. 'Reverence', being a long song, gives a greater room to introduce little tweaks and more arrangements which make the track a great musical experience. Vocally, this song shows a more varied approach. The voices are classic black metal shrieks, but their tone and strength vary through the song, with moments where they sound louder and more intense, as it happens in the mid-second half of the song, in contrast to the initial part. About the arrangements, the simple yet beautiful keys play their usual major role leading the song, but we can also find some tiny touches here and there, especially in the background which enrich the composition. The electronic interlude in the middle of the composition is a nice one, and I find it quite interesting. As you can imagine, they are tiny adds or changes as the music needs to be trance inducing and nothing can distract you from this purpose. But this effort is very welcome for me, as a composition always needs to sound a bit fresh, regardless off its innovative nature of lack of it.

All in all, the new 'Reverence' is a quite inspired one. Lustre has managed to compose a long track which has everything we know and like from this project. The hypnotic atmosphere and marvellous melodies are there, recognizable but still being capable of absorbing our attention and getting our love, and because of this, Lustre is a so unique project. (Alain González Artola)

(Nordvis Produktion - 2023)
Score: 82

mercoledì 10 maggio 2023

Benediction - Killing Music

#FOR FANS OF: Death Metal
It'd be good (since they're not defunct) that they do a follow-up from this album. It's quality death metal though Birmingham based band that's been in existence for quite some time now. Former vocalist Barney who's with Napalm Death exclusively still measures up in supreme quality. That's for sure, though this one deserves a "75" because the production was a little bit pithy. Aside from that, the music is great, not to mention original, too. They change it up a bit on here it's not too fast tempo-wise, but brutal. This whole album is doggone brutal. They're still good even without Barney on vocals.

All the tracks are catchy guitar-wise. Catchy and unique. And that double bass drum kicking ass alongside the tremolo picked axe-work. These guys have been awesome throughout the years. Let's hope they will work on new material, if they're still thinking about it! They sure are unique as stressed they're also a healthy contribution to the death metal community. They know how to write some killer licks with a minimal amount of lead guitar work. They stick mostly with rhythm work but it's so darn amazing. I enjoyed every minute of this release. They really know how to make substantial death metal that's not humdrum.

The guitars and vocals are the highlight, but I thought the drum-work was pretty awesome as well. I only have a beef with the production, that's all. But maybe they wanted it to have sort of a raw sound. Especially for the time of the recording (2008). I'm sure that's what her intention was. Since they know especially what they're looking for to release to the public. I would've liked it if they totally took out all of the lead guitar (as little as there was) since it'd carry the brutality and anger in the music. Benediction thrives on rhythms, chunky and heavy tremolo picked. But they still did a great job here.

This album is definitely worth buying (now also with a new vynil limited edition). I bought it because I liked what I heard on Spotify. I'm not as familiar with their older work with Barney as I am with their modern lineup. But let's hope that they decide to play more of their Birmingham based death metal to the millennials. They definitely need to hear this one if they haven't already. From start to finish this one slays in the riff department. It's really heavy and catchy. I wouldn't expect them to play any other way. And the vocals/drums compliment the music. Get this album because it'll do the world of death metal well for more support. (
Death8699)

(Nuclear Blast/Back on Black - 2008/2023)
Score: 75

https://www.facebook.com/Benedictionband/ 

Major Parkinson - Valesa – Chapter I: Velvet Prison

#PER CHI AMA: Pop Rock
Non è stato per nulla semplice recensire questo monolitico lavoro dei norvegesi Major Parkinson, non tanto per la lunghezza dell'opera a dire il vero, ma per i suoi contenuti. La band era portavoce di un certo progressive rock, almeno nelle vecchie release; in questo 'Valesa – Chapter I: Velvet Prison ' mi sembra che le sonorità si siano ulteriormente ammorbidite, mettendo in scena una proposta che puzza piuttosto di pop (in taluni frangenti rock) assai commerciale. Ecco, un qualcosa che avrei voluto recensire, a dirvi in tutta franchezza, viste anche le 17 song che i nostri hanno buttato in questo lavoro, dico 17!! Che palle. E se le prime tracce sono un buon modo per avvicinarsi alla band e scoprirne le peculiarità, ad esempio un uso importante dei synth e di ambientazioni stile colonna sonora da commedia romantica ("Behind the Next Door", che peraltro mi sembra in una versione live, come tanti altri brani in questo disco, vedi la "springsteeniana" "Sadlands"), piuttosto che di un uso spropositato del pianoforte (la strumentale "Ride in the Whirlwind") che arriva a farmi sbadigliare, potrei citarvi un altro bel po' di pezzi per cui non posso dirmi un grande sostenitore della band scandinava. "Live Forever" sembra trascinarmi agli anni '80 con quel suo sound che chiama in causa ancora il Boss, che rimane tuttavia altra cosa. Come cigliegina sulla torta, i nostri ci piazzano poi una bella vocina di una dolce fanciulla e il gioco è fatto. O forse no, almeno non per il sottoscritto, che preferisce passare avanti e magari lasciarsi persuadere dal criptico gospel di "Jonah", forse la song che ha toccato maggiormente le mie corde. Altri pezzi da segnalare? La noiosissima (almeno nella prima metà) "Irina Margareta", che fortunatamente si ripiglierà nella seconda parte. La sintetica e stralunata, almeno per i canoni di questo disco, "The House". Forse la punkeggiante "MOMA", ma anche questa alla fine non mi convince granchè. Non so poi se "The Room" volutamente faccia il verso a "Time After Time" di Cindy Lauper, cosi come pure a Madonna, ai Queen (nel synth iniziale di "Fantasia Me Now!") o altri mille artisti degli anni '80, ma per me è ormai già troppo da digerire. I Major Parkinson rimangono sicuramente ottimi musicisti con una vera e propria orchestra di violini, violoncelli, arpe, tenori, soprani, trombe al seguito, che tuttavia poco, anzi per niente, si sposano con i miei gusti musicali. Mi spiace, ma per me è un no grande quanto una casa, almeno sulle pagine del Pozzo dei Dannati. (Francesco Scarci)