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martedì 1 marzo 2022

Lunar Tombfields - The Eternal Harvest

#PER CHI AMA: Black Metal
La band di quest'oggi si chiama Lunar Tombfields e deve il proprio nome ad un brano dei deathsters teutonici Venenum, estratto dall'EP di debutto omonimo del 2011. Il perchè di questa scelta è fatto a me sconosciuto soprattutto perchè non ci sono nemmeno punti di contatto cosi evidenti fra le due entità musicali. I due francesi, in questo loro esordio intitolato 'The Eternal Harvest', propongono infatti un sound all'insegna di un black minimalista, a tratti esasperato nella sua forma fredda e primordiale. E dire che quando ho sentito l'apertura di "The Ancestral Conjuration", affidata alle eteree vocals di Dolorès, ho fatto un mezzo infarto perchè sembrava prendere totalmente le distanze dalle produzioni estreme di casa Les Acteurs de l'Ombre Productions. Ma il coccolone in realtà è durato solo un paio di minuti, visto l'arrembante e sporco black che poi si è fatto strada da lì in poi. E non un black di quelli che si consumano in pochi minuti, la traccia ne dura addirittura 14! E qui i due musicisti transalpini, peraltro provenienti da altre realtà estreme quali Absolvtion e Defenestration, ci investono con un flusso sonoro tipicamente old fashion, con qualche influsso che ci conduce al black norvegese cosi come pure alle scorribande post black di scuola statunitense. In tutta franchezza però, la proposta dei due non mi ha catturato assolutamente, troppo scontate le linee di chitarre, sebbene molteplici cambi di tempo, fin fastidioso addirittura lo screaming. Mi riprometto però di affrontare i tre successivi e lunghissimi brani con il giudizio azzerato, ma ancora una volta, nonostante un tiepido inizio, vengo travolto da una furia belluina di voci e ritmi serrati che non mi convincono nè in termini melodici, tanto meno emozionali. Eppure "As the Spirit Wanes, the Form Appears" ha degli spunti apprezzabili, ritrovabili ad esempio in un arpeggio melodico, un break atmosferico, in partiture chitarristiche o anche in un frangente dai tratti tribali, che possono evocare i Deafheaven degli inizi. Nonostante questo, trovo che ci sia qualcosa che non mi convinca nella proposta dei Lunar Tombfields, forse anche solo una banalissima mancanza di piacere di primo acchito. E il problema ahimè persiste anche nelle successive "A Dialogue with the Wounded Stars" e "Drowning in the Wake of Dreams", due brani che iniziano carichi di aspettative, con aperture ad effetto che poi sfociano in vortici di insana causticità in cui a perdersi è la musicalità, l'essenza dei nostri. E non servono quegli intermezzi arpeggiati a stemperare la furia della band, nemmeno l'utilizzo delle clean vocals, cosi come pure i rallentamenti quasi al limite del doom che compaiono qua e là, perchè alla fine la bieca furia cieca sembra rovinare tutto, fatto salvo per uno splendido assolo nella seconda delle due tracce. Un peccato perchè le potenzialità per fare bene ci sarebbero anche, ma trovo non siano state adeguatamente incanalate nella giusta direzione. (Francesco Scarci)

lunedì 28 febbraio 2022

Cherry Five - Il Pozzo dei Giganti

#PER CHI AMA: Psych/Prog Rock
La suite che apre e domina il secondo album dei "nuovi" Cherry Five (del nucleo originario sopravvivono infatti soltanto i non-Goblin Tartarini e Bordini) recupera il pathos pianistico ma soprattutto la durata autocelebrativa di certe suite tardo E-L-P, in combinazione con passaggi aromaticamente psych e un inopinato chitarrismo rock-metal alla, uh, diciamo Brian May? Sul lato B, una seconda suite alifaticamente prog-pop che mescola la Premiata folkeria Marconi, i New Trolls melodici di "Signore, Io Sono Irish", Notre Dame de Paris, i Rush e un poltergeist dispettoso travestito da Rocky che saltella sulla tastiera di un pianoforte. La galoppante "Dentro la Cerchia Antica" rivela invece una spiccata devozione, specialmente da parte del cantante, nei confronti di 'Nuda' dei Garybaldi, ma con una chiusura crimson-perentoria. L'immobilismo protervo della politica, la guerra, la morte: un concept sui mali moderni come allegoria della Commedia dantesca, che a dire il vero sarebbe già abbastanza allegorica per i fatti suoi. Niente di assolutamente originale, beninteso, ma un po' meglio del qualunquismo sdegnoso del coevo 'L'Era della Menzogna' firmato Delirium. (Alberto Calorosi)

domenica 27 febbraio 2022

Corrupter - Descent into Madness

#PER CHI AMA: Death Old School
I nostri amici polacchi della Godz Ov War Productions ci presentano una nuova release del loro diabolico roster, i transalpini Corrupter e il loro debut 'Descent into Madness'. Dimenticatevi ora l'origine della band, non pensate pertanto a raffinate e ricercate forme di black metal intellettualoide, ma concentratevi su un marcissimo passato death metal che sembra essersi perso con l'evoluzione dei primissimi Entombed o lo split dei Dismember nel 2011 (lo so, lo so che si sono riformati nel 2019). Fatte queste dovute premesse, capirete da soli che quanto fra le mani oggi possa non essere cosi originale, tuttavia quanto trasuda da questo debutto è un maligno essudato death che sembra essere sgorgato dalle viscere della Terra. I brani si susseguono con mortifera cadenza tra accelerazioni ferali e growling indemoniati. "End of the Rope", "Darkest Light" e "Into the Hearse" rappresentano il trittico terrificante che apre la danze del Diavolo con un riffing violento che solo nella terza traccia trova attimi di tregua, susseguiti peraltro da ripartenze ancor più selvagge. In tutto questo magma ribollente di puro e crudo death, devo ammettere di essere comunque riuscito a ritrovare un briciolo di melodia a rendere un filo più digeribile un disco che rischierebbe di essere visto come un pugno ben assestato nello stomaco e nulla di più. Invece, percepisco il tentativo del duo francese di proporre qualche variazione al tema: certo "No Life Here" è di una ferocia inaudita anche se i nostri provano ad inserire un break di natura doom a spezzare il ritmo infernale a cui ci sottopongono. La brevità delle song (tra i due e i quattro minuti) ammetto poi che contribuisca ad acuire l'intensità della proposta, nel senso che un brano di due minuti e mezzo come "Horror and Aftermath" è paragonabile ad un paio di ganci ben assestati nel muso che ci mettano al tappeto. Il senso di ottundimento che si prova successivamente nel rallentamento doom, è solo una gentilezza per consentirci di rialzarci da terra e cercare di capire dove ci troviamo. Un pezzo come "Not Enough to Harm", più lungo e strutturato, palesa invece influenze più ricercate nel death americano da parte del duo formato da -J- e -M-, qui peraltro aiutati nelle vocals da Meyhna'ch, mastermind degli ormai disciolti Mütiilation. La scelta della mia song preferita ricade però su "Home for the Dead", un brano dove le variazioni di tempo sono all'ordine del secondo e questa alternanza tra death e doom, innaffiato da un aurea perennemente maligna, la rendono non solo la traccia più ascoltabile del lotto, ma anche quella più morbosa e angosciante. In chiusura, la title track nel suo maelstrom sonoro, palesa nuovamente influenze oltreoceano (Immolation in testa) che sanciscono la brutalità efferata di questa release. (Francesco Scarci)

Aborted - Maniacult

#FOR FANS OF: Brutal Death
This is the first time stumbling upon this band despite their wide discography. Yes, a lot of triggers in the drums but it keeps up with the fast paced tempos. And the leads in my humble opinion are epic! I really dig the guitars the rhythms were dynamic. I think that this is one top album from 2021. Sucks that I just discovered this up until recently. I haven't heard much of it talked about for a great album then but I'm telling you it is a great album. The vocals are brutal and in your face along with the music it just compliments everything. One of those albums that you can listen to ad nauseum and not get bored.

So they are in the death/grind genres and they've pulled it off clearly got this one absolutely! The album doesn't seem to let up, though there are slower tempos to go along with the music. A lot of blasting too though. I feel like on this one they're not getting many points off. The production quality is top notch and they sure as heck made this one to remember. I'm surprised other people have not discovered this or they have and haven't written about it. Come on, one review this whole time?! I am going to put this down in history with and almost immaculate release filled with some many good elements!

The one thing I like about this is that it's totally their own. The variety in vocals, tempos, and top notch leads make it entirely impeccable! I like the higher end vocals more than the low-end but both are complimentary to the songs. First time, me hearing an extreme brutal death metal band in the origin of Belgium. At least in this few genres mixed. They really put a lot of effort into this one and it shows. There isn't a track on here that's sub-par. They all have equal amounts of good tracks to grab the listener. I think that they stole the genres making this into a revelation. What a great album the whole way through!

Yes! They certainly stole the show with this one. I actually bought this on CD which I'm not saying that you should, but it's definitely worth downloading. I just took a chance buying the CD and I was totally satisfied. You have to check it out and form your own opinion. I'm saying that these guys know what they're doing to make quality metal. A lot of albums I didn't care for that were released in 2021 but not this one. I liked it the whole way through! I'm sure that they'll be back again to make an even better performance (if that's possible). Worth looking into and owning it eventually! (Death8699)


(Century Media Records - 2021)
Score: 84

https://goremageddon.be/

Kenos - Rigor Mortis

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death Progressive
Prima prova in studio, con ottimi risultati, per i milanesi Kenos. Ottimi musicisti, i nostri propongono un death metal cattivo con elementi progressive che mostrano le capacità tecniche dei nostri attraverso gli svariati cambi di tempo e l’alternanza di parti vocali che con gli screaming di Tommaso e la melodia di Valentina, la corista, segnano i vari stati d’animo che si susseguono nelle canzoni. La terza traccia, "Clouded by Chimeras", ha una notevole durata (poco più di undici minuti!) e mostra come la doti tecniche dei Kenos riescano a fare parti molto ben intrecciate pur mantenendo il "filo del discorso": cioè, non tecnica fine a se stessa, ma supportata da buone idee e soluzioni originali. La produzione forse ne sminuisce un po’ la potenza essendo leggermente cupa. Comunque, questo fu l’inizio, confermato poi da un brillante seguito.

(MAE Productions - 2002)
Voto: 68

https://www.facebook.com/kenosband

sabato 26 febbraio 2022

The Pit Tips

Francesco Scarci

Voraath - The Barrens
Amorphis - Halo
Silent Moriah - Kill Everything You Love

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Death8699

Corpsegrinder - Corpsegrinder
Eidolon - Hallowed Apparition
Once Human - Scar Weaver

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Alain González Artola

Inferi - Vile Genesis
Enterré Vivant - Les Ténèbres ne Sont Pas Formées d'Ombre
Nostra Dementia - Spectral Songs From Vehemence

Preamp Disaster - By The Edges

#PER CHI AMA: Post Metal, Cult of Luna
Con gli svizzeri Preamp Disaster (chissà se vuole realmente significare il disastro del preamplificatore), torna a riaffacciarsi sul Pozzo la Czar Of Crickets Productions con una delle sue intriganti creature cosi come abbiamo già avuto modo di apprezzare in passato. 'By the Edges' è il lungo e nuovo EP della band originaria di Lucerna che torna sul mercato a cinque anni di distanza da 'Waiting for Echoes'. In tutta franchezza non conosco i nostri, quindi sarà interessante valutarne il loro sound come un novizio alle prime armi. L'apertura è affidata ai robusti suoni di "Above the Bloodline", traccia piacevolmente melodica a cavallo tra post metal e post rock, con i punti di forza del primo (chitarre belle toste) e di debolezza del secondo (gli eccessivi riverberi tipici del genere). I quattro musicisti elvetici giocano comunque su saliscendi ritmici, roboanti chitarre e psichedeliche atmosfere. Tutto molto carino, già sentito mille volte però. Non serve nemmeno quella voce incazzosa a fine brano a togliermi quella sensazione di eccessiva strumentalità della song. Bene, ma non benissimo. Mi muovo sulla seconda song, "Dark Brilliance" e le cose iniziano a farsi più interessanti con una proposta più atmosferica e delicata (non sono certo una mammoletta ma cerco qualcosa di più emozionalmente toccante e meno scontata). Qui i nostri, emulando un che degli Isis più ispirati (e morbidi), ci regalano un approccio più pacato, prima di una totalmente inaspettata esplosione di violenza con una ritmica inferocita e un growling corrosivo. Poi, un break con ancora un landscape delicato su cui poggiano spoken words, che destabilizzano positivamente la concezione musicale che avevo di questo ensemble. Finalmente, qui le cose iniziano a funzionare in modo adeguato e riesco a scorgere segni di una più ricercata proposta musicale. Chitarre di stoneriana memoria si dispiegano invece in apertura di "Holdun", prima di lasciar spazio ad un incedere lento ed evocativo, con le voci quasi sussurrate del frontman a guidarci nel profondo di un brano accattivante che avrà ancora modo di mostrare atmosfere soffuse e un growling di tutto rispetto alla Cult of Luna, in un finale in crescendo che ci sta alla grande. Non saranno originalissimi, ma mi prendono bene. E le cose sembrano andare meglio con la chiusura affidata alle noste di "Entering One Last Epoch", la traccia più lunga del lotto (oltre nove minuti) che mostra un bel basso in apertura che ammicca allo stoner ed una progressione sonora che ci porterà nei paraggi di un post metal sporcato da atmosfere darkeggianti dotate comunque del loro perchè. Alla fine 'By the Edges', pur non inventando nulla, è un lavoro piacevole e strutturato che farà la gioia di tutti gli appassionati di sonorità post metal. Quindi gliela diamo o no una chance a questi Preamp Disaster, che dite? (Francesco Scarci)

(Czar Of Crickets Productions - 2022)
Voto: 74

https://preampdisaster.bandcamp.com/album/by-the-edges

Godspeed You! Black Emperor - Asunder, Sweet and Other Distress

#PER CHI AMA: Post Rock
L'incedere epico dei pezzi anziché apocalitticamente ascetico, una minore emozionalità più rock-oriented, la scomparsa di tutti quegli ammenicoli sonori funzionali all'esperienza live ma fastidiosi in cuffia: nel quinto album dei terroristi del borborig-metal attraverserete il deserto del Maghreb seduti sul parafango di un carro armato in un tardo pomeriggio autunnale col cielo scuro di petrolio bruciato (vi basti ascoltare "Peasantry" o "Light! Inside of Light!"); darete la caccia a un fastidioso calabrone di mare coi piedi attaccati alla carcassa di un sommergibile a testata nucleare arenata sul fondo dell'oceano ("Lambs’ Breath"); attraverserete il Nunavut (non sapete cosa diavolo è? andatevelo a cercare su Wikipedia) attrezzati esclusivamente con un thermos di punch e un paio di racchette da tennis ai piedi ("Asunder, Sweet"). Dopodichè, manderete a cagare questo album, i Godspeed e l'autore di questa cialtronata di recensione e vi andrete a sedere in balcone con una moretti ghiacciata, una paglia, 'Slippery When Wet' dei Bon Jovi a palla nel giradischi e vaffanculo al secchio ("Piss Crowns are Trebled"). (Alberto Calorosi)

Kadavereich - Radiance of Doom

#PER CHI AMA: Brutal Techno Death, Morbid Angel
In questo particolare periodo storico c'è chi ha deciso di boicottare le recensioni musicali di band russe, francamente mi dissocio da questo approccio in quanto la musica non è politica e perchè poi auspico che i Kadavereich possano essere in prima linea a dire no alla guerra. Comunque, 'Radiance of Doom' rappresenta l'EP di debutto per la band moscovita (ma che vede anche un membro ucraino al suo interno) che apre il platter con il suono di sirena quasi come segno premonitore di un attacco impellente. "Invincible Sun Devourer" ci trascina quindi in un gorgo black death dove accanto alle chitarre belluine, si staglia una voce animalesca, un growling soffocato in gola che guida un attacco disarmonico e dissonante che sembra chiamare in causa un ibrido tra Morbid Angel e Portal, in un sound vario che mette in mostra anche le qualità dei nostri in sede solistica. Si riparte con "Caldarium of Boiling Blood" da una ritmica più pacata spezzata da improvvise e schizofreniche accelerazioni di chitarra, corredate da interessanti fughe solistiche e break atmosferici dal sapore orrorifico, il tutto comunque avvolto da un'aura misteriosa, sinistra ma comunque melodica. "CCCIII" ci trascina più in profondità negli abissi dell'inferno con un sound quasi più cacofonico, ma in realtà dopo meno di un minuto si stabilizza la porzione ritmica mentre le vocals cavernose di Morkbeast fungono da traghettatore infernale al pari di Caronte. La traccia è distorta, mostruosa, dissonante con le chitarre di Panzer e Bonecrushing Apocalypse a richiamare il sound chirurgico degli esordi degli inglesi Akercocke. Arriviamo velocemente alla conclusione del lavoro con la chiusura affidata alla title track e ai suoi ritmi incendiari e ad una voce che sembra provenire da un'altra dimensione. Per il resto sono i blast beat del bravo Kist a prendersi la scena tra accelerazioni serrate e tetri rallentamenti tetri chiudono in modo egregio una release devastante, destinata ad un pubblico amante di sonorità davvero estreme e bestiali ma comunque intriganti. (Francesco Scarci)

venerdì 25 febbraio 2022

Primus - Primus & the Chocolate Factory with the Fungi Ensemble

#PER CHI AMA: Alternative
Sovente accade che in sede di dollarosa reunion certe band riscontrino i medesimi dissidi di vent'anni prima, affrontati però con un baricentro diverso. Gravitazionalmente, i Primus di questo lavoro sono Les Claypool accompagnato da una band di gloriosi fricchettoni fuoriusciti da un ipotetico biker-movie di Tim Burton. Partendo da presupposti di questo genere, risulta sorprendente riscontrare primizie "primusiane" in questa ordinariamente bizzarra rilettura dello score del primo "Willy Wonka e la Fabbrica di Cioccolato". "Candy Man", sopra tutte, a meno degli eccessi tardo-Claypooliani di bidibidi boudiboudi, oppure il surf-tango "I Want It Now" cantato per una volta dal chitarrista Larry Lalonde o la obscured-by-floydiana "Farewell Wonkites" e la sua speculare "Hello Wonkites". Ascoltate questo album degustando un merdessert di Alessandro Negrini durante una cenetta esclusiva al Luogo di Aimo e Nadia. (Alberto Calorosi)

(Prawn Song - 2014)
Voto: 70

http://primusville.com/

Sólstafir - Ótta

#PER CHI AMA: Experimental Metal
La sottile linea adamantina che avvicina gli elementi Ragnarǫk del viking black metal islandese al post metal metereocratico con tinte nebbiolin-folk, non può non transitare attraverso i suoni nu-sludge-ambient dei Sólstafir e la voce geyser-grohl dello spudorato Aðalbjörn Tryggvason. Collocabile grosso modo a metà strada tra Lars Von Trier che ascolta in cuffia 'Alternative 4' degli Anathema e Michael Gira che sbraita la frase “Sigur rós 'sti maròn”, rompendo un banjo sulla zucca del casellante di Reggio Emilia, questo album nei fatti è affascinante almeno quanto l'immagine di un branco di lupi che sbrana il cantante degli Ulver durante una maestosa aurora boreale. Vi ho incuriosito, dite la verità. (Alberto Calorosi)

(Season of Mist - 2014)
Voto: 85

https://solstafir.bandcamp.com/album/tta

Furis Ignis - Decapitate the Aging World

#FOR FANS OF: Black Old School
A devotion to the seminal sound of each genre has been something quite common in the metal scene, and something perfectly understandable. They were those first bands that let us a profound impression and made us love a certain style of music. Black metal is not an exception as we see many projects that try to reflect the majesty of those mighty projects appeared in the '90s and even in the second half of the '80s. Personally, I enjoy those bands that push the boundaries, as every genre needs fresh sounds, because without them the process of stagnation and mediocrity would be unstoppable. On the other hands, I also appreciate and find exciting to discover new projects, capable of bringing back those old sounds with quality, and if possible, to bring their own personality. The German solo project Furis Ignis seems to be one of them. The project was born in 2019 and after three years of existence and no previous known stuff, Furis Ignis has signed a deal with the always reliable label Iron Bonehead Productions to present its first opus entitled ‘Decapitate the Aging World’.

'Decapitate the Aging World' is undoubtedly a remarkable debut, consisting of six tracks, having each one of them its own personally and specific characteristics. In any case, the whole album and its songs are strictly tied to black metal’s foundations and classical aspects as they make me remember all the classic bands of the '90s. Through its 39 minutes, you will taste some chaotic riffs, melodic tunes and captivating atmospheric touches that show why black metal is such an especial sub-genre. Production wise, the album has an expected raw production, with a clearly old school touch, especially in the guitars that have a rough and sharp sound. Apart from that, the balance is quite good, as vocals, guitars and drums are perfectly distinguishable and have an equal presence, which is a basic aspect to fully enjoy the band’s music. Another interesting fact of this album is the length of the songs, quite unbalanced, as two tracks last half of the album’s time, while the other four tracks are around two to  five minutes. As you can imagine, the longer tracks have a greater room to appreciate Furis Ignis different influences. Anyway, the guitars are excellent regardless of the song as they sound quite elaborated, taking into account that this music is not technical or so complex, because the riffing is excellent both when the riffs are ferocious or more melodic. "Witness the Nightsky Palpitating to the Beat of Premonition" is the excellent album opener that summarizes all the good aspects of this powerful debut. Rasping vocals combined with an impressive guitar work, whose pace and intensity fluctuates between pure rawness and speed to a slower tempo with some interesting atmospheric touches. The surprisingly audible bass increases the feeling of listening to something truly loyal to the old times. The ambient arrangements remind me Burzum’s most hypnotic moments, which is something truly especial. This song is like you would discover a bastard descendant of Burzum, Mayhem and Darkthrone, which I guess it’s the wet dream of any classic black metal fan. "Guarding the Gate" is the longest piece of this album and again the longer duration gives us the chance of enjoying every single aspect of Furis Ignis full potential. Again, the riffing is memorable and as the song progresses, we can appreciate the amount of work done to build a long, yet irremediably interesting, piece of music. The initial and powerful beginning combines the impressive riffs, fast paced drums and some tiny and great atmospheric touches that make this part equally hypnotic, yet apt for a nice headbanging. The middle part focuses on what is maybe the rawest section of this album. It combines pure furious parts with some really crushing and raw riffs, until a more melodic essence progressively appears and its shares the prominence with the rawer riffs in a very inspired way, showing that brutality and melody can successfully coexist. The album closer "Donner In Den Bergen" is another interesting track as it has its own personality. It’s the slowest song as it has a more depressive and “doomy” touch. Its sombre nature makes this track a good ending for this powerful album as it is a sonic portrait of a devastated scenery.

At the end 'Decapitate the Aging World' is arguably one of the most interesting debuts in a long time, when we speak about old school black metal. The album is a compendium of what we love from this genre as it has been composed and executed tastefully. Furis Ignis succeded in creatin an album that has its own personality thanks to the respectable amount of work done. The intensity and variety are something undeniable and make this album a must for every fan of the black metal genre. (Alain González Artola)


lunedì 21 febbraio 2022

Closure in Moscow – Pink Lemonade

#PER CHI AMA: Prog Rock/Psych/Alternative
L'etichetta australiana Bird's Robe Records, come abbiamo riferito di recente, si è presa l'incarico di ristampare la discografia dei Closure in Moscow e dopo i primi due ottimi lavori ci troviamo di fronte alla loro ultima opera di studio, uscita qualche anno fa, precisamente nel 2014. L'eclettica band australiana fa del suo bagaglio musicale un format esasperato, mescolando generi e sonorità a più non posso, dando vita ad un lavoro spettacolare e complicato allo stesso modo. Potrei dire che 'Pink Lemonade' sta ai Closure in Moscow come 'Sgt Pepper' s Lonely Hearts Club Band' sta ai The Beatles, ovvero, il massimo sforzo creativo dove una band possa cimentarsi nella sua carriera. Chiarisco subito che musicalmente i due album non sono accostabili per ovvie ragioni ma come attitudine si possono avvicinare, soprattutto nelle rispettive gesta compositive che di fatto puntavano a superare i confini della propria arte. Nel caso dei Closure in Moscow, il mescolare R&B, progressive rock, funk, hard rock, elettronica, blues e pop punk, in una veste che mi ricorda una sorta di musical d'altri tempi, ha dato i suoi buoni frutti, e la sua orecchiabilità va spesso e volentieri a braccetto con la complessità dei pezzi, costantemente baciati da una positività solare trascinante e musicalmente colta. Quindi, ricapitolando, tra una miriade di rimandi sonori, vi possiamo trovare paragoni con i Coheed and Cambria, ma anche con la teatralità progressiva di 'Suffocating the Bloom' degli Echolyn, l'alternative degli Incubus e perfino piccoli sbocchi creativi e progressivi alla 5UU'S, e poi blues, free jazz e free rock. L'insieme si svolge con una dinamica notevole vista la qualità dei musicisti in questione, con la voce impareggiabile di Christopher de Cinque che fa venire i brividi in "Mauerbauertraurigkeit" o nel duetto con Kitty Hart in "Neoprene Byzantine", un brano spettacolare di circa tre minuti e mezzo, impossibile da descrivere, ma che caratterizza l'intero disco, e che potrei provare a definire solo ricordando due brani lontanissimi tra loro. Un mix tra "It's Oh So Quiet", nella versione di Björk, e "Goliath" dei Mars volta, suonato con un mood seventies caldo ed esplosivo. Alla fine, 'Pink Lemonade' è un disco che sfiora la perfezione, anche se in un calderone così stipato di note, generi e suoni, è sempre difficile trovare il bandolo della matassa, il filo conduttore per capire un'opera del genere. Forse, il vero segreto per farsi catturare da questo album, è proprio quello di farsi trasportare e stupire dalle sue coordinate nascoste, apprezzare lo stile di questa band che ha osato il salto nel mainstream internazionale senza rinunciare alla propria essenza di band crossover a 360 gradi, musicisti, esploratori e manipolatori di universi musicali diametralmente opposti richiamati in maniera esemplare ed esaltante. Un disco complicato e delizioso, un disco da veri appassionati di musica libera. (Bob Stoner)

(Bird's Robe Records - 2014/2022)
Voto: 84

https://closureinmoscow.bandcamp.com/album/pink-lemonade

domenica 20 febbraio 2022

Benthik Zone - Εἴδωλον

#PER CHI AMA: Cosmic Black, Darkspace
Nell'antica Grecia, con il termine eidola ci si riferiva alle anime dei morti, le ombre, le apparizioni, il riflesso di una persona o alle statue funerarie. 'Εἴδωλον', eidola rigorosamente traslitterata in greco, è anche il titolo del terzo album dei portoghesi Benthik Zone, duo formatosi in quel di Porto nel 2016 che, con il proprio sound all'insegna di un cosmic black, ha attirato l'attenzione della Onism Productions. Questo disco parte dalla letteratura classica e attraverso un parallelismo con la contemporaneità, celebra la bellezza della metamorfosi e dell'ibridismo, attraverso liriche introspettive e complesse, che lascerei maggiormente approfondire all'ascoltatore, sebbene i testi siano scritti esclusivamente in portoghese. Spazio pertanto alla musica, quella che ci introduce al mondo filosofico dei nostri, attraverso la suggestiva intro "Atravesso o Portal Mítico", con suoni quasi di stampo orientale che si fondono con quelli della natura. Poi divampano le stravaganti sonorità di "E Embriagado pelo Reflexo" che si palesano attraverso un sound non proprio di facilissimo approccio, complice una dissonanza di fondo che tuttavia ben si amalgama con delle melodie tetre e ancora di carattere orientaleggiante, mentre un cantato da girone infernale, aleggia in sottofondo. Poi improvvisamente a metà brano una brusca interruzione, quasi a certificare la fine del pezzo, e invece da un arpeggio e successive stralunate melodie, ecco un nuovo accompagnamento in una song che di primo acchito potrebbe sembrare caos puro, ma che a successivi ascolti, vi permetterà di metterne maggiormente a fuoco la proposta. Un lungo intro dronico, narrato in portoghese, introduce "Sonho-a Desnuda", un altro esempio della peculiare offerta del duo formato da Francisco Braga (aka Bragadast - Seaweedzard Pirate) e Artur Neto Leão (aka Einsichtmartur - Seerweed Viking): quasi tre minuti di rumori dallo spazio e poi largo ad un black tiratissimo dai tratti glaciali che sembrano mettere in congiunzione l'inquietudine dei Blut Aus Nord con la densità cosmica e spaventosa dei Darkspace. "Na Iluminação do Presente" conferma i sentori contaminanti della band svizzera in un vortice sonoro denso e claustrofobico, dai tratti ipnotici e destabilizzanti che rendono il duo lusitano una creatura bizzarra e degna di tutta la vostra attenzione, con lo screaming arcigno del frontman ad aumentare uno stato di nevrosi e terrore interiore. Non serve il breve intermezzo noisy di "Qual Espectro" a placare gli animi, perchè a scardinare ulteriormente i sensi arriva la psicotica "Da Zona Perdida no Tempo", una traccia aliena e alienante tra atmosfere industriali e ritmiche ridondanti, in un loop diabolico in grado di solo di farci uscire di senno. Le sue melodie conclusive proseguiranno il loro ingannevole cammino anche nell'apertura di "Imenso Abismo do Reino Submerso", la traccia conclusiva di questo alquanto originale lavoro. L'ultima atto è affidato ad oltre 11 minuti di sonorità arzigogolate che potrebbero per certi versi strizzare l'occhiolino alla follia musicale degli Esoctrilihum o, per quella vena sinfonica che arricchisce la seconda metà del brano, citerei i Limbonic Art, tanto per darvi un altro paio di riferimenti a cui accostare il suono dei nostri. Ribadisco però quanto detto in apertura, la proposta dei Benthik Zone non è nulla che possa essere assimilato cosi al primo ascolto, tuttavia se ascoltato con la dovuta precauzione potreste scoprire nuovi estasianti mondi al di fuori del pianeta Terra. Alla fine 'Εἴδωλον' è un disco davvero interessante, che mostra peraltro ampi margini di miglioramento (io aggiusterei la voce e la pulizia del suono), ma che va tuttavia approcciato con la massima cautela. (Francesco Scarci)

(Onism Productions - 2022)
Voto: 77

https://benthikzone.bandcamp.com/album/-