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martedì 3 novembre 2015

Kveldsmoerke - III: ...Av Naturen

#PER CHI AMA: Black Progressive, Fleurety, Ancient, primi Dimmu Borgir
Sono passati più di vent'anni da quando uscì ' For All Tid' dei Dimmu Borgir, che mostrò al pubblico come si potesse coniugare il black metal con delle sapienti melodie dettate da lineari tastiere. A distanza di anni, c'è ancora chi prende spunto da quel mitico lavoro e lo rielabora con una discreta dose di personalità. È il caso dei norvegesi Kveldsmoerke (la cui traduzione starebbe per l'oscurità della notte) e del loro secondo capitolo 'III: ...Av Naturen', che proprio dal debut album dei loro conterranei più famosi, vanno a pescare a piene mani. Si inizia con la opening track, "Ved Vannkanten", un intro di otto minuti e mezzo, divisi tra un ambient primordiale e tiepide chitarre ronzanti, una sorta di mix tra Burzum, gli stessi Dimmu Borgir e gli In the Woods più pacati. Con "De Store Trærne" ecco emergere il sound fiero ed epico del black metal anni '90, che rese celebre anche altri acts norvegesi quali Ancient o i primi Satyricon. Ci troviamo di fronte ad un sound scarno, dotato di una produzione lo-fi, rigorosamente cantato in lingua madre, che non disdegna lo screaming selvaggio quanto un approccio ben più corale. Contestualmente a questo shift a livello di vocalizzi, le atmosfere divengono anche più eteree e sognanti. Certo, la produzione non aiuta, però è bello abbandonarsi a frangenti che scomodano qualche altro paragone con il sound progressivo degli Enslaved di 'Monumension'. Ancorati alla tradizione nordica, i Kveldsmoerke sembrano voler tributare la loro eclettica visione del black metal alle band che ne sono state alfieri negli ultimi 25 anni. E il risultato ve lo garantisco, oltre ad essere tremendamente nostalgico, non è affatto male, anzi. Ci sono chiaramente tante cose che andrebbero riviste, ma forse proprio in questo risiede la genuinità del mastermind RNR che si nasconde dietro a questo monicker. Si, perché i Kveldsmoerke, come da tradizione norvegese, sono una one man band, l'avevo volutamente tralasciato. Nel frattempo il disco prosegue con "Løpende", una song strumentale che si dimena tra ritmi incalzanti e atmosfere soffuse, questa volta a richiamare il debut album dei Fleurety, 'Min Tid Skal Komme' che si rese celebre per la capacità di unire black, jazz e progressive. La colata lavica di black furente riprende con "Kveldsmørke", una song che oltre a mettere in luce l'acido cantato del musicista di Bergen, colpisce per le sue splendide tastiere che abbassano i toni, talvolta esasperati dalla crudezza di un riffing nevrotico e incandescente, anche nel break che si trova nella seconda parte del brano, dove ancora trovano posto suoni progressivi d'annata. "Fugler", la quinta song, sembra inizialmente evocare il tema dei Vangelis in "Blade Runner", ma poi si lancia in uno splendido assolo rock, che favorisce la comparsa della pelle d'oca sulle mie braccia e per un attimo mi fa dimenticare di essere all'ascolto di un disco black. Semplicemente favoloso. La cavalcata furiosa riprende puntuale nella seconda metà del brano, in cui vengono anche relegati i pochi malvagi vocalizzi di RNR. Se "Skumringstimen" è un inutile intermezzo di nove minuti di cui sicuramente si poteva fare a meno, la conclusiva "Under Vann" ha modo di convogliare tutta la produzione della scuola norvegese nei suoi quasi tredici minuti, un vero e proprio tributo a un genere che ha contribuito alla storia del metallo estremo, il black. Nostalgici. (Francesco Scarci)

(Non Existing Music - 2015)
Voto: 75

domenica 1 novembre 2015

Interview with Dalla Nebbia

Follow this link to know much more about Dalla Nebbia, an interesting underground band coming from US, in the vein of Agalloch and Windir: 

Disloyal - Goddess

#FOR FANS OF: Death Metal, Hate Eternal, Immolation, Morbid Angel
The fourth full-length from this Polish Death Metal act really seems to have hit their stride here with one of their tightest, most consistent and cohesive efforts yet. Deftly mixing together dynamic technical riffing and over-the-top wankfest-style leads here with a tight rhythm section that often-times gets dragged into thrashier realms with their speed-driven crunch intertwined together all makes for quite the dynamic collection here that fully offers a fine collection here to draw upon for their work here. The fact that there’s not a full-on devolution into mind-numbing technicality and instead offers plenty of truer crunch here that oftentimes results in fine chugging riff-work is such a fine tool wielded throughout here that it alone is the single greatest driving force on the album, not being overly concerned with the technicality at the forefront of the songs but dousing the rhythms with enough lead-work to appear complex and challenging while the more concise blasting and tight rhythms charge the rest of the song along. These here manage to give this a lot to like here, which does manage to stumble slightly here with one track here that drops a lot of that in favor of more melodic and atmospheric work instead of the charging Death Metal that had been largely the focus on the rest of the album here, yet the fact that the rest of the songs are of high quality does keep this one significantly better than expected. Instrumental intro ‘Abruption’ gives off some dark industrial themes and droning guitars that settle nicely into proper first song ‘Give Place unto Wrath (Vengeance Is Mine; I Will Repay)’ which fully unleashes scathing swashes of technical riffing, dexterous drum-blasts and utterly maddening tempo changes that occur at the drop of a hat which makes for some really dynamic times here with the different elements making this a truly impressive and explosive track that signals the album highlight right off the bat. ‘New Enemy Rising’ is much the same with a slightly less technically-proficient riff and settles into more of a slightly more traditional Death Metal crunch though still manages to maintain that impressive and tightly-wound rhythm section that still incorporates enough of the technical bursts in the second half to remain equally as enjoyable. The scathing ‘Dybbuk’ is their most technically challenging and proficient series of riff-work throughout here which offers up some of the fastest rhythms, pounding drumming and utterly ferocious technical runs throughout the album while getting the most out of its atmospheric leads charging throughout the finale which make this another spectacular highlight track. Offering a slight change-up, ‘Self-carving Titan’ drops the mainly frenetic paces here with a change-up into slightly more mid-tempo areas offset with some melody-driven lead rhythms and a significantly less intense series of riffs that’s decidedly enjoyable if coming off like a different group playing such is the disparity between the other tracks. Both ‘Mechanism of Deceit’ and ‘Mors Imperator Mundi’ bring back that enjoyably technical rhythms and blasting drumming that keeps the rather dynamic riffing at the forefront here with the different tempos allowing for a charging collection of wanking and steady chugging rhythms that make these another fine standouts. ‘Corporate Beasts’ features some solid mid-tempo charging here that does manage to come off rather nicely here with the drop-off of technical prowess off-setting the enjoyable charging riff-work at the forefront here that does feature a highly-technical finale which is a solid if somewhat lower-quality effort from the other tracks here. ‘On the Ashes of the World’ is yet another high-quality charging blast-fest filled with scalding lead rhythms, utterly pounding drumming and a ferocious tempo that charges through as strongly and powerful as the remaining tracks with driving intensity and full-on technical prowess that makes this another powerful track. Lastly, finale ‘The Chastener’ manages to offer even more intensity here as the technical rhythms and driving energy are on full-display here with plenty of vicious leads and pounding drumming that carries on nicely through the rather frantic tempos here into a nice atmospheric finale that ends this on a high-note. It’s mostly that one out-of-place track that holds this one down. (Don Anelli)

(Ghastly Music - 2015)
Score: 85

Defrakt - Bow To The Machine

#PER CHI AMA: Death/Djent/Math, Meshuggah
Se sulla copertina del disco, anziché campeggiare la scritta “Defrakt” ci fosse stato “Meshuggah”, ve lo giuro, avrei pensato: wow, Thomas Haake e soci hanno fatto un nuovo disco e non ne sapevo niente (e sarebbe stato abbastanza impossibile). E in effetti, credo che questa sarà la recensione più corta che io abbia mai scritto: i Defrakt sono i Meshuggah. Punto. Hanno i loro suoni, la loro voce, la loro capacità di destrutturare i riff in poliritmi; suonano con la stessa spaventosa tecnica, con le stesse bassissime distorsioni digitali, con la stessa voce brutale e potente, con gli stessi giochi ritmici tra chitarre e batteria. Questo disco è in effetti un tributo all’intera discografia dei Meshuggah: ci sono brani più veloci che sembrano usciti da 'Destroy Erase Improve' ("Smite"), brani che sono lente cavalcate all’inferno ("Normative" e "Become"), altri che potrebbero essere stati b-side dell'ultimo 'Koloss' (“Things”). L’unica nota appena negativa? I suoni della batteria, in particolare del rullante, sono ancora troppo artificiali e andavano, forse, lavorati appena di più. In breve: siete stufi di ascoltare a ripetizione 'Obzen', 'Catch 33' o 'Chaosphere' in attesa di un nuovo lavoro? Mettete i tedeschi Defrakt a tutto volume e sarete felicissimi: sono bravi, potenti, ispirati – non potrete non muovere la testa a tempo. Cercate invece originalità, innovazione, personalità? Questo disco non fa per voi. (Stefano Torregrossa)

(Self - 2015)
Voto: 65

sabato 31 ottobre 2015

Annwn - Idris Awaits

#PER CHI AMA: Black/Folk, Agalloch
Gli Annwn sono una band gallese attiva ormai dal 2005, quando era un semplice solo project. Dopo la solita trafila di demo/promo, il quartetto di Swansea si mette a scrivere il primo lavoro. Era il 2009. Finalmente nel 2015 vede la luce 'Idris Awaits', un EP di 4 pezzi per venti minuti di sonorità folk black, che vedono addirittura includere una tradizionale ninna nanna gaelica, la conclusiva (e sonnolente) "Suo Gan". I nostri esordiscono però con "Mountain's Sunrise", che abbina chitarre elettriche con giri acustici e voci corali che riprendono un sound celtico unito ad influenze di "Agallochiana" memoria. Ottimo l'intermezzo folkloristico che si può ascoltare a metà brano, in cui l'aggressività data dalla sezione ritmica, cede il passo a melodie paesane, arpeggi ed epici cori. Il dolce suono della sei corde apre anche "Moutain's Peak", song semiacustica narrata da una voce forse un po' troppo fredda e asettica. Le chitarre tornano a vibrare con "Mountain's Farewell", la song più interessante delle quattro, ma anche quella in grado di evidenziare pregi e limiti di questo EP. Partendo dai primi, sicuramente da non trascurare le buone atmosfere che si respirano e l'approccio dei nostri che torna a chiamare in causa gli statunitensi Agalloch. Inoltre il sound è decisamente più dinamico con una certa alternanza tra linee di black metal frammiste a partiture folk, con le vocals di Owain ap Arawn che trovano anche uno sfogo urlato. Se vogliamo evidenziare i punti deboli del disco, sono invece rintracciabili in una produzione forse non all'altezza, e nell'utilizzo talvolta elementare degli strumenti a propria disposzione. C'è ancora molto da lavorare, ma le idee degli Annwn sono potenzialmente buone. Spero solo non serva un altro lustro per partorire nuove idee, sarebbe un bel problema continuare a ricordarsi di questo nome. (Francesco Scarci)

giovedì 29 ottobre 2015

Moonreich – Pillar of Detest

#PER CHI AMA: Black, Deathspell Omega, Blut Aus Nord
Album di assoluto valore questo 'Pillar of Detest' della one man band transalpina che risponde al nome Moonreich, lavoro pieno di derivazioni e influenze venute dalle terre più sacre del black metal d'avanguardia, tra cui posso citare con piacere immenso, Deathspell Omega, Arcturus, Blut Aus Nord, Ved Buens Ende e per attitudine al perfezionismo sonico e modernismo anche Ishanh. Weddir, il mastermind francese è mostruoso, cinque album tra EP e full length tra il 2008 e il 2015 è una mole di lavoro immensa considerando la caratura dei sui lavori e la vetta creativa raggiunta con questa maestosa opera ultima. Qui troviamo di tutto: dissonanze e melodia, attacchi velocissimi in stile hardcore, grind, black e atmosfere originalissime care al progressive metal, l'ombra dei Watain, la malinconia, le tenebre mescolate ad una intensità e una peculiarità compositiva che appartiene solo a chi osa spingersi oltre. I primi tre brani scivolano divinamente, con "Ad Nauseam" in apertura che fluttua nel segno di un'avanguardia fantasiosa e folle. Si arriva all'ascolto di "Sheitan", il quarto brano, uno strumentale che mostra una stupenda scrittura prog, con cui rischio lo smarrimento spirituale soffermandomi nell'apprezzare i vari strumenti giocare con le dissonanze e le cadenze mistico/ancestrali. Il successivo lungo pezzo è la title track, una cascata di violenza controllata e trascinate in puro stile black, modello Blut Aus Nord, con chiaroscuri degni di nota, cambi di tempo frequenti e una coda che richiama i classici del thrash più puro. Il musicista parigino non si risparmia e suona divinamente ogni strumento e cosa che avvalora ancor più il suo operato, è una produzione al di sopra delle righe che permette di apprezzare ogni singolo accordo e ogni minima battuta di un album psicotico tutto da amare. La velocità non manca e neppure la fantasia, tutto è giocato infatti su un'imprevedibilità di fondo e dal riff inaspettato, rumoroso, raffinato e complicato, d'atmosfera o d'impatto, comunque, sempre assai spettacolare. Una sensibilità compositiva evoluta unita ad un artwork di copertina molto bello che centra la trasversalità della proposta musicale e che impreziosisce ulteriormente l'opera. 'Pillar of Detest' è un album carico di pathos, figlio degenerato ed attualizzato in veste black metal delle forme e delle ricerche sonore progressive rilasciate dai King Crimson nei tempi migliori. L'avanguardia fatta realtà! Album notevolissimo di un grande artista, da far proprio a tutti i costi! (Bob Stoner)

(Les Acteurs de l’Ombre Productions - 2015)
Voto: 90

martedì 27 ottobre 2015

Svederna - Äntra

#PER CHI AMA/FOR FANS OF: Black Old School
Gli Svederna provengono da Värmland, una contea situata nella Svezia centro-occidentale. Sono passati quasi 3 anni dall'uscita di questo meraviglioso full-length intitolato 'Äntra'. Nonostante le loro immense capacità compositive ancora non hanno trovato un etichetta che produca loro questo album di debutto e personalmente trovo questa cosa parecchio assurda. Uscito solo in cassetta, autoprodotto e limitato a 50 copie, 'Äntra' è uno degli album migliori degli ultimi tempi. Si tratta di black metal simile a quanto prodotto dai compaesani e giustamente osannati Skogen, Stilla e Armagedda, con un pizzico dei norvegesi Kampfar e primi Vintersorg, qua e là. Nomi che non hanno bisogno di presentazioni ma che stranamente in termini di qualità non sono superiori ai nostri Svederna. Snodandosi lungo un percorso di 42 minuti, 'Äntra' dimostra di essere un album compatto, ben concepito, che non si perde per strada; infatti in questo viaggio, si percorrono aspri sentieri gelati indirizzati verso il più furioso e tradizionale black metal, fatto di riff massicci in perfetto equilibrio tra potenza e melodia. La matrice è chiaramente svedese ma l'originalità e l'efficacia non hanno termini di paragone e sono costanti per tutta la durata della release. A darci forza in questo cammino è una poderosa batteria suonata in maniera esemplare che alterna mid tempos a blast beat repentini e furibondi, i quali sanno penetrare ogni fibra dei nostri muscoli, spesso grazie ad un accompagnamento di basso determinante. In questo viaggio emozionale si è inoltre rapiti da delicati momenti rappresentativi di antiche saggezze: chitarre acustiche, cori e suoni ambientali non fanno altro che impreziosire il tutto, donandogli fascino e mistero. Tra le mie canzoni favorite c'è la terza traccia “Återvändlöshet”, la più lunga song di 'Äntra' che conclude il lato A del nastro e “Naturligt Vis” la prima del lato B, canzone estremamente evocativa, forse la meglio riuscita dell'intero lotto. L'album vanta una registrazione davvero molto buona, carica e cristallina che sa esaltare a pieno lo spirito e le capacità della band. Se dopo tutti questi pregi state ancora aspettando i difetti, purtroppo temo di non potervi accontentare. Non si riescono a trovare punti a sfavore nemmeno analizzando i testi che sono cantati da una voce ruggente e sferzante, quasi “criminale”, anzi, si può asserire che sono scritti ad arte, ricchi di molti riferimenti occulti e vagamente criptici ed hanno come tema l'anti-stabilizzazione, un modo diverso e forse più originale di dire “anti-umano” e qui per approfondimenti vi rimando al sito ufficiale della band (www.svederna.se) che ha pensato bene di fornirci una traduzione dettagliata dallo svedese al tedesco e all'inglese. 'Äntra' è uno scrigno prezioso contenente tutta la potenza e l'eleganza di una band che ha dato vita ad un autentico capolavoro, un disco eccelso, consigliato a tutti gli amanti del black metal più puro e incontaminato, quello che non ha mai smesso di aleggiare nelle foreste innevate con la sua pallida e sepolcrale luminescenza. (Alessio Skogen Algiz)

Svederna comes from Varmland, a county located in the west-central Sweden. Three years have passed from the releasing of this wonderful full-length entitled 'Antra'. Despite their immense compositional skills, they haven't found yet a label interested to produce their debut album and I just think this is quite absurd. Released on cassette only, self-produced and limited to 50 copies, 'Antra' is one of the best albums I have recently listened to. It is a sort of black metal that reminds the sound of other swedish bands Skogen, Stilla and Armagedda, but also the one of Norwegian Kampfar and early Vintersorg. Even if these are bands that need no introduction they aren't any better than Svederna. 'Antra', flowing along its 42 minutes, proves to be a compact album, well-designed, very direct; in fact, along the trip we can travel on rough and iced roads directed to the most furious and traditional black metal, made of massive riffs with a perfect balance between power and melody. The matrix is ​​clearly Swedish but the originality and efficacy have no terms of comparison and are constant for the entire length of this release. To increase the strength, there is a powerful drums played in an exemplary manner able to alternate mid tempos to sudden and furious blast beats, which penetrate every fiber of your muscles, thanks to a decisive bass accompaniment too. In this emotional journey, I was also kidnapped by delicate moments representative of ancient wisdom: acoustic guitars, choirs and ambient contribute to enrich the whole sound providing charm and mystery. Among my favourite songs there are the third track, "Återvändlöshet," the longest song of 'Antra' which concludes the A-side and "Naturligt Vis" the first of the B-side, a song extremely evocative, maybe the most successful of those included in the release. The album has an excellent recording, full and clear, which exalts the spirit and the capabilities of the band. If despite these qualities you are still waiting for some shortcomings, nevermind. You won't be able to find issues here, even analyzing the lyrics sung by roaring and lashing voices, almost "criminal"; indeed, I can say that they are well written, rich of many hidden references and vaguely cryptic with a central theme on the anti-stabilization, a different and perhaps more original way to say "anti-human". For further details/insights on this subject please refer to the band's official website (www.svederna.se) where you can find a translation from Swedish to German and English. 'Antra' is a treasure chest containing the power and the elegance of a band that has created a true masterpiece, a great work recommended to all lovers of pure and uncontaminated black metal, the one has not stopped to linger in the snowy forests with his pale and sepulchral glow. (Alessio Skogen Algiz - Translated by Francesco Scarci)

(Self - 2013)
Voto/Score: 100

Narrenschiff – Of Trees and Demons

#PER CHI AMA: Stoner/Psych/Doom
La band di Senigallia dopo un EP del 2014, immette sul mercato grazie alla Red Sound Records, un album di caldissimo stoner rock saturo di polvere e pesantezza, dal titolo 'Of Trees and Demons'. La grafica di copertina, curata dall'artista Stonino, è impeccabile, concisa, psichedelica e astratta al punto giusto, mentre la musica contenuta nel box, soffre benevolmente dei retaggi più noti del genere, recuperando forme e sonorità dai ben più famosi alfieri della musica del deserto, come Kyuss, Goatsnake, Fu Manchu, Orange Goblin, Sleep e Nebula. In realtà questa appartenenza così vistosa risulterà una carta vincente nel sound della band che alla fine si presenta molto professionale ed alquanto originale. La commistione di generi e la sua intelligente mescolanza fa in modo che l'intero album scorra felicemente nelle nostre vene, risvegliando vecchi amori dell'epoca d'oro, che assai di frequente le stoner band moderne nemmeno si sognano di fare, risultando troppo spesso e volentieri tutte omologate. I Narrenschiff si muovono nell'heavy psichedelico con lanciatissime scorribande lisergiche, con abilità e profonda conoscenza del genere, risultando compressi, pesanti, e con un vocalist, Riccardo Pancotti, la cui voce porta un timbro vintage volutamente monotematica in stile Saint Vitus/Orange Goblin, anche se più bassa e salmodiante, quasi blues alla Fatso Jetson. Nei brani convivono momenti di alta allucinazione e stati di deflagrante voglia di watt sparati a tutto volume, frenesia con ogni song tesa e pronta ad esplodere in qualsiasi momento. Ottimi musicisti, una produzione eccellente, accompagnata da recording e mixing dell'ingegnere del suono Gianni Drone Manariti al Red Sound studio tra i confini nazionali (Petacciato – CB) e mastering a New York da parte di James Plotkin, fanno di 'Of Trees and Demons' un buon album stoner al 100% e come detto, brano dopo brano (vi segnalo tra le altre “Event Horizon” per l'utilizzo del digderidoo nel suo interno) si ha l'impressione di navigare attraverso i suoni di quelle band storiche e rivivere esperienze allucinogene passate. C'è molta passione in questi ragazzi rimasti esposti al sole dei deserti americani per troppo tempo, il tempo necessario per rubare tutti i segreti della sua musica e risuonarla alla grande. (Bob Stoner)

(Red Sound Records - 2015)
Voto: 80