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martedì 7 ottobre 2025

Les Bâtards du Roi - Les Chemins de l'Exil

#PER CHI AMA: Medieval Black
Da Orléans, ecco i Les Bâtards du Roi (LBdR), che ritornano, a un anno di distanza dal precedente omonimo disco di debutto, con questo 'Les Chemins de l'Exil'. Un ritorno gradito quello del trio transalpino, da sempre concentrato a narrare eventi storici dell'epoca medievale, attraverso l'irruenza del black metal. E i nove pezzi qui contenuti proseguono infatti il percorso intrapreso lo scorso anno, proponendo un black melodico che riprende un po' le linee guida della Les Acteurs de l'Ombre Productions, sempre attenta nella produzione di band allineate al loro "credo". Abbiamo recensito i Darkenhöld a giugno e mi verrebbe da dire che i LBdR sembrano seguire il medesimo filone, forse con un briciolo di melodia in più e anche con un pizzico di freschezza in più, cosa che si era invece persa nelle ultime release della band nizzarda. E cosi il disco si apre con i soffici tocchi di "La Forêt" che lasceranno ben presto a un riffing potente e a seguire, a una parte ben più atmosferica, in cui il vocalist Regicide lascia andare il proprio screaming. Ma che l'approccio dei nostri verso gli aspetti melodici sia palese, si evince anche dalle linee di chitarra della seconda "L'Âme Sans Repos", un pezzo che nonostante un esplosivo incipit, si assesta successivamente su un mid-tempo ragionato, sorretto da una chitarra in tremolo picking e da un drumming davvero incisivo, che a tratti sfora nel post black. È tuttavia nella terza "Vers l'Étoile Solitaire" che ravviso una maggior voglia di sperimentare: forse in quel cantato pulito in lingua madre che apre il brano o ancora, nelle ottime linee melodiche e nel break semi-acustico nella seconda metà, seguito da bridge/assolo che contribuiscono a confezionare quello che sarà poi il mio brano preferito del lotto. Apprezzabile anche "Le Chevalier au Corbeau", che non sembra aver niente a che fare col black, almeno nel suo incipit: poi spazio a una bella cavalcata, voci che si alternano tra pulito e scream, momenti a tratti ruffiani, che contribuiscono comunque a rendere più accessibile la proposta dei nostri. E ulteriori conferme arrivano dalle aperture delle successive "Ord Vil Merdos " e "Le Val Dormant", quest'ultima addirittura melliflua nei suoi primi 90 secondi. E alla fine, questi si riveleranno tutti i punti di forza per i LBdR, per prendere le distanze da Darkenhöld e soci e da un approccio oramai troppo intransigente. Non siamo ancora su livelli eccelsi, ma la strada intrapresa, mi sembra quella corretta. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2025)
Voto: 73

lunedì 6 ottobre 2025

Sunken - Lykke

#FOR FANS OF: Atmospheric Black Metal
I discovered Sunken back in 2013 when they were still using their old name, Arescet. That name didn’t last long, as the members decided to change it to the current name. Shortly before the change, they released their debut demo entitled 'The Cracking of Embers,' which was a phenomenal first effort, showing the great potential of this band. I was particularly mesmerized by the title track, which contained many of the strong points that make atmospheric black metal a captivating genre.

After the name change and the re-release of the debut demo under the new moniker, Sunken has released two excellent full-length albums that have confirmed the potential glimpsed in that demo. The band has taken more time than usual for its new creation, and after five years, the new opus entitled 'Lykke' is here, with a physical release courtesy of the always reliable Eisenwald. The album follows the pattern of previous works but shows more detailed and mature compositions. Sunken plays very intense atmospheric black metal where a fast pace is very dominant, although this does not mean that the pace is monotonous, as ups and downs are also found in the songs. The album contains four long compositions where intensity is always powerful. Martin’s vocals always deliver passionate high-pitched screams that perfectly fit with the music, while the guitars have the trademark tremolo picking that sounds dope. If black metal has something special, it is that the rage you feel comes from the very depths of the musicians. Those agonizing screams, that inherent melancholy and rage, are what drive the music, regardless of the intensity and pace. A song like "Og Det Er Lykke" is a perfect example of this storm of emotions that can be felt, both in the classic fast-paced and powerful sections, but also in the calm yet emotionally intense parts.

"Glaedesfaerd" is a track where the great use of contrast achieves an excellent result. The pace changes dramatically, and the guitar lines are excellent, combining sharp riffs with more melancholy and acoustic chords, resulting in an impassioned combination of sensations. Sunken makes music that touches the listener, and I honestly think they achieve what they seek. At first glance, a shallow listening might make you think that Sunken creates songs of relentless pace and fury. Nevertheless, beyond the surface, there is much more: slower sections very rightfully placed, excellently crafted guitar lines, and an intense atmospheric feeling that envelops the entire composition.

'Lykke' is undoubtedly a top-notch album that demonstrates why atmospheric black metal can be a rightfully captivating genre. All the instruments, including the vocals, are tastefully combined to create an intensely overwhelming atmosphere that immerses the listener in a maelstrom of powerful sensations. (Alain González Artola)

(Eisenwald - 2025)
Score: 90

Visina - Ixia Vilenu

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
 #PER CHI AMA: Black/Gothic
Questo ennesimo progetto della Mediterranean Scene vede coinvolti: Diana alla voce, Lord Timpesta alla chitarra e l’immancabile Agghiastru (qui col alias Astru) alla chitarra, al synth e alla voce. Il demo è composto da quattro pezzi di buon gothic/black metal. Le idee sono tante e buone, le parti più lente ed atmosferiche sono ben bilanciate con le parti più veloci e pesanti, i brani sono ben sviluppati, ben sostenuti e resi più fascinosi da delle belle parti ritmiche elettroniche. L’unica nota negativa riguarda Diana: la sua voce non è ben svilluppata, è troppo approssimata, e purtroppo non si rivela all’altezza della situazione. Come sempre positiva la voce growl cavernosa di Agghiastru.

(Inch productions - 2001)
Voto: 65

Demonologists - Rakshasa

#PER CHI AMA: Noise/Experimental
Il nuovo album della band statunitense non lascia prigionieri o superstiti sul campo, proponendo un disco esasperato nei suoi contenuti, violento e drammatico. La band dell'Indiana si presenta come blakened noise/horror electronics music e niente o nessuno gli potrebbe dar torto su questa definizione musicale. Qui infatti, si parla ampiamente di violenza, oscurità e rumore nero, unendo ambient, rumoristica ed elettronica con parti vocali distorte, e disagiati recitati, più vicini ad un film dell'orrore che ad una forma canzone vera e propria. Tante le comparse e gli ospiti sparsi tra i brani, anche perchè le collaborazioni con altre band e artisti sono all'ordine del giorno per i Demonologists. Questa collana di 10 brani è ben fatta e molto variegata, la sua forma è molto curata, e non perde mai d'intensità né della sua atmosfera da brividi, anche quando vengono usate voci con l'effettistica tipica del post black/grindcore più estremo e inaccessibile, che a mio avviso, rischiano un po' di omologarsi troppo al già sentito, e frenare quel sano sentore di avanguardia presente in tutte le note del disco. Meglio l'impatto di brani più moderati come "Rakshama", o "Nebulæic Phantasm as Eloquently Dreamt by the Abominable Primordial Ooze", adorabile traccia ambient in salsa cinematografica, dai tratti violenti ma più oscuri e cinematici, il rumore cupo di "Autophagy" o l'incalzare ritmico di "Wet Wings", che porta in sè un finale memorabile di grande gusto e sensibilità. Il disco è assai ostico e vuole esserlo ad ogni costo, duro e difficile da assimilare, carico di composizioni anti melodiche, intriganti ed estreme, divise tra elettronica sperimentale, ambient oscuro e perverso industrial/crust punk cibernetico. "Samskara" non aggiunge nulla di nuovo al genere, ma i suoni che contiene sono veramente ricercati e iper realistici per chi li sa apprezzare. L'album è in perfetta linea con lo stile della Aesthetic Death, Liquid Death Records e Phage Tapes, che l'hanno lanciato e lo supportano, essendo estremamente proiettato in questo tipo di sonorità di noise estremo. Una band singolare che porta avanti un disegno musicale di confine molto curato e ricercato, ovviamente di nicchia ma decisamente interessante. Un disco che vale la pena ascoltare, un nuovo stimolante capitolo di rumore introspettivo ed oscuro che va a sommarsi alla lunga discografia di questo progetto a stelle e strisce virate al nero, in particolare lo split album Demonologists/Dodssang Tempel, che oltre al nuovo lavoro non può mancare tra i vostri ascolti più bui. (Bob Stoner)

(Aesthetic Death/Liquid Death Records/Phage Tapes - 2025)
Voto: 75

mercoledì 1 ottobre 2025

Are you ready to dive into the depths of music and share your passion with the world? The Pit of the Damned blog is on the hunt for enthusiastic album reviewers to join our team! Are you excited to be part of our crew?


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lunedì 29 settembre 2025

Mylingen - Svartsyn

#PER CHI AMA: Black/Doom
Un altro gruppo fuoriesce dalle nebbie scandinave. Si tratta del duo svedese dei Mylingen, al loro terzo capitolo in discografia con questo nuovo EP, 'Svartsyn', dopo un full length e un altro EP, quello di debutto. E dalle fredde lande della Svezia che attendersi se non un black dalle tinte melodiche, forse anche legato alla militanza di Viktor Jonas negli Apathy Noir. Il risultato che ne viene fuori è comunque assai confortante tra scudisciate black, arpeggi folk e partiture doom, che mi hanno portato a pensare ai nostri come la risposta europea agli Agalloch sin dalla title track che apre il dischetto. Fatto sta che la band mi seduce sin dal primo ascolto con la propria furia black controllata, che si palesa attraverso riff acuminati, i classici tremolo picking ad amplificare la componente melodica, break acustici (presenti un po' ovunque lungo tutto il lavoro), eterei passaggi tastieristici e uno screaming lacerante, che sa il fatto suo, a completare un lavoro che sembrerebbe già avere connotati di maturità di un certo tipo. "Hatets Avgrund" parte a mille per rallentare quasi immediatamente; ma è la parte centrale a colpirmi per le sue affascinanti melodie ancestrali, figlie probabilmente di un retaggio folklorico che ben va a braccetto con l'intermezzo acustico che segue e amplifica la portata emotiva del brano. La chiusura è affidata all'intensità alchemica di "Månens Kraft", un brano di oltre nove minuti, in cui ci ho sentito un che di viking nelle note iniziali, prima che cedessero il posto a chitarra acustica e keys in un suggestivo intermezzo malinconico, per poi lasciarsi sopraffare dall'asprezza delle chitarre che vanno a chiudere veementemente, ma anche con una certa eleganza, una release sicuramente intensa, tagliente, epica, e a cui concedere senza esitazione una chance d'ascolto. (Francesco Scarci)

(Self - 2025)
Voto: 75

Napalmed - Never Mind the MSBR, Here's the Napalmed + Misch Masch Miksasch

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
 
#PER CHI AMA: Electro Noise/Drone
band, attiva sin dal 1994, si è sempre dedicata alla sperimentazione e alla manipolazione sonora muovendosi tra noise, power electronics, industrial e compagnia bella. Con all’attivo centinaia di live show e numerose produzioni pubblicate su split tape, split 7”, compilation etc, avevano (ai tempi di quest'uscita) come uscita più importante lo split cd con Merzbow intitolato 'Crash of theTitans'. Ma iniziamo a dare un ascolto a questa folle release: immaginate un'enorme macchina da guerra simile a quella della copertina di 'Rrröööaaarrr' dei Voivod, e pensate di starci dentro con l’obiettivo di distruggere tutto ciò che vi circonda e di non lasciare intatto nemmeno un mattone. Queste sono pure le immagini che evoca l’harsh industrial di 'Never Mind...', una release di soli due pezzi ma della durata di oltre settanta minuti di sperimentazioni noise. Non potrete non divertirvi (e lasciarvi scappare un ghigno di soddisfazione) ascoltando questo potente lavoro che comunque rimane sempre sintonizzato su frequenze pacate ed ovattate come se appunto steste sentendo, dall’interno del vostro cingolato, il fragore della distruzione che state provocando. Indossate quindi la mimetica, gli anfibi e delle buone cuffie e all’attacco! Il secondo 'Misch Masch Mikesasch' è un lavoro composto da quattro brani di varia natura, forse più isolazionista. Il primo brano ("Slatemic Sounds") è composto da lievi suoni percussivi metallici effettati e campionamenti che possono dare l’idea di una costruzione in bilico che potrebbe improvvisamente crollare. "No Name" è un ensemble di suoni di microdistruzioni su un sottofondo noise. "Roomfullscapes" è un impasto dronico creato con feedback e modulazioni varie. E a chiudere il delirio, "Hey Saroy, Show me Your Guts!" è pura power electronics sanguinosa.

(Self - 2002/2001)
Voto: 70

Wurmian - Immemorial Shrine

#PER CHI AMA: Death/Doom
I Wurmian sono una one-man-band francese guidata da Antoine Scholtès, il classico polistrumentista che un bel giorno (era il 2024) si è svegliato e ha deciso di mettere su una band, anche se l'artista di Clermont Ferrand, ha in realtà altri due progetti, i Lyrside (che suonano melo death) e gli Inherits the Void (dediti a un interessante black atmosferico). Nei Wurmian, Antoine, ha invece pensato di muoversi tra le pieghe di un death melodico vecchio stampo sporcato da derive doom, con 'Immemorial Shrine' a ergersi come debutto assoluto. Un disco di sette pezzi che si apre con le melodie di scuola Amorphis di "Aeon Afterglows". È palese sin dal primo secondo che non ci troviamo però di fronte alla classe dei gods finlandesi, e che il progetto è ancora in fase embrionale e merita qualche aggiustamente per trovare la sua più giusta configurazione. Però la melodia delle chitarre ha sicuramente una certa vena catchy che in un qualche modo cattura l'ascoltatore, soprattutto nella parte più atmosferica di metà brano, senza tuttavia rinunciare a una certa ruvidezza negli arrangiamenti o in alcune frequenti sfuriate ritmiche. Anche l'incipit della title track mostra forti reminiscenze verso i finlandesi e sicuramente questo sembra rappresentare il punto di forza dei Wurmian. Da rivedere invece forse la sezione ritmica, che ha un'intelaiatura dal piglio decisamente furibondo e old school, che forse tende a far perdere il focus sul sound proposto. Decisamente meglio laddove il musicista francese rallenta, rasentando territori doom alla October Tide, prestando più attenzione alla cura dei dettagli, come accade negli ultimi 90 secondi della stessa traccia. In stile Katatonia invece la terza "Haven", in cui è più evidente la ricerca di freschezza nelle linee melodiche e nel break di tastiera attorno al secondo minuto, con un giro di chitarra in sottofondo ancora a evocare i master svedesi, al pari di altre intersezioni di melodia verso il terzo e quarto minuto, quasi a voler dare modo di riprenderci prima della battaglia pronta a incombere. La voce si conferma qui, ma in generale ovunque, assai roca, un growling robusto, e forse troppo ancorato agli anni '90, su cui farei magari qualche aggiustamento. "Spires of Sorrow" si muove sulla falsariga, iniziando più roboante per poi assestarsi su un mid-tempo, per poi assestare qualche scheggia di death nudo e crudo qua e là, evocante gli At the Gates e gli Entombed. Il lavoro dei Wurmian prosegue poi sostanzialmente seguendo un canovaccio piuttosto simile, mettendosi in mostra nelle parti più atmosferiche di "Yearning Unseen", nel break centrale di "Sleeping Giants", che mi ha portato alla mente gli albori death/doom dei The Gathering (quelli senza Annecke), al pari della conclusiva e sempre (fin troppo) coerente "The Everflowing Stream", per quello che definirei il più classico dei tuffi nel passato, per una sorta di riaffermazione di suoni che mancavano tra i miei ascolti da un bel po' di tempo. (Francesco Scarci)

(Pest Records - 2025)
Voto: 68