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sabato 3 maggio 2025

Versatile - Les Litanies du Vide

#PER CHI AMA: Industrial/Symph Black
La Svizzera si conferma terreno fertile per le sonorità industrial black. Dopo aver scritto di recente sui Borgne, è il turno dei Versatile, che fanno il loro ingresso nella scena con il debut 'Les Litanies du Vide'. Quest'album, un amalgama di black metal dissonante, industrial freddo e una certa macabra teatralità, si presenta colmo di un’energia inquietante. Pubblicato dalla Les Acteurs de l’Ombre Productions, questo lavoro offre un ennesimo viaggio sonoro complesso, arricchito di visioni apocalittiche e influenze ispirate alle catacombe parigine e alla Corte dei Miracoli. Più che suonare sinistro, l'album lo incarna, con una feroce audacia estetica. Il disco si apre con "Géhenne", un'anticamera orchestrale che prepara il terreno al travolgente “Enfant Zéro”, dove riff abrasivi s'intrecciano con un drumming implacabile e le urla strazianti di Hatred Salander. Il modernismo del black metal dei nostri emerge in una fusione di texture elettroniche e grooveggianti, che possono ricordare una sintesi tra i The Kovenant e gli Aborym, ma qui con un’anima più oscura. Inizialmente, devo ammettere che temevo di trovarmi di fronte a un gruppo con poche idee e ben confuse, ma sono stato sorpreso dalla capacità dei Versatile di equilibrare caos e struttura. Se brani come “Morphée” sembrano essere un’esplosione di declamazioni possedute e passaggi onirici, con un’intensità che alterna violenza pura a momenti di oscura poesia, un brano come "La Régente Blême", incarna la moltitudine di anime che permeano questo quartetto di Ginevra, tra ammiccamenti vampireschi e derive elettro-industrialoidi, che si fanno ancor più evidenti nella successiva "Ieshara". "Graisse" si distingue per il suo approccio prog black, con ubriacanti cambi di tempo e campionamenti che ci conducono in un racconto distopico, in una proposta sonora che potrebbe quasi evocare i nostrani Sadist. “Alter Ego” sonda territori cyberpunk, mescolando francese e inglese in un duello linguistico, che amplifica il senso di alienazione. Ciò che rende l’album davvero diabolico è tuttavia il suo approccio eclettico e innovativo. I Versatile non si accontentano di replicare il black metal ortodosso: lo smembrano, lo arricchiscono con partiture industriali e sinfoniche, ricostruendolo poi in una forma moderna e profondamente inquietante. Le chitarre di Cinis e Famine rilasciano arpeggi dissonanti mentre la batteria di Morphée colpisce con precisione cibernetica che sottolinea l'estetica industriale della band. Tuttavia, non suona tutto cosi perfetto ma glielo si può anche perdonare ai Versatile, visto lo status di debutto di quest'opera. L’assalto sonoro ridondante infatti può talvolta risultare monotono cosi come l'eccessiva complessità di alcuni passaggi rischia di attenuarne l’impatto. Ma questi sono peccatucci di gioventù, in un’opera che osa tanto da creare una definita identità. 'Les Litanies du Vide' colpisce per la sua violenza controllata e per un immaginario grottesco, che portano il black metal verso nuovi orizzonti, mantenendone intatta l'anima oscura. È un’esperienza che attrae e respinge, un’aberrazione affascinante e inquietante. Un debutto potente e visionario sicuramente consigliato agli amanti di Dimmu Borgir, Borgne o Blut Aus Nord. (Francesco Scarci)

venerdì 2 maggio 2025

Gràb - Kremess

#FOR FANS OF: Atmospheric Black
The German duo Gràb was founded back in 2015 by Gránt and Gnást, two quite active musicians who are involved in different projects related to the extreme metal scene. Contrary to other projects that release several demos prior to a full-length debut, Gràb only released an EP, but its debut 'Zeitlang' was an impressive first try and a magnificent display of German black metal. The balance between fury and melody was great, captivating the fortunate listeners who discovered this first opus.

Four years later, Gránt and Gnást are back with a sophomore album entitled 'Kremess'. A second try is always a key moment to confirm that a project can have a long-term impact on the scene, and a reasonably successful career. The new album's production has a perfect balance, equally clean and powerful, where both vocals and instruments have room to shine and be enjoyed by the listener. Stylistically, 'Kremess' is again firmly rooted in the black metal genre, but touches different palettes of the genre, sounding furious or melodic and even epic when required. The impressive album opener "Waidler" combines a barbaric/epic feeling with the always present ferocity. This track reminds me of pagan black metal bands with its powerful riffs and intense atmosphere. The title track differs a lot, as it has a strong influence from the atmospheric black metal subgenre. Nevertheless, as it happens with other compositions, the composition finds the balance between atmosphere and a more straightforward aggression as it introduces several tempo changes to create a more diverse structure. Gràb seems to master the art of reaching a perfect equilibrium between atmosphere and strength. You will find several examples throughout the album. "Kerkemoasta", for instance, has a simple, yet beautifully captivating piano. Anyway, this song goes way further than having a catchy melody, as the German duo always create pieces rich in details and dynamism.

Another highlight of the album is the excellent track "Vom Grab im Moss", where Grab masterfully combines tasteful melodic touches with tremendous guitar work. The riffing is varied and excellent, regardless of whether we focus on the most atmospheric parts or the heaviest ones. The ups and downs in intensity are crafted faultlessly, creating a truly remarkable composition. A great album like 'Kremess' needs to be closed by an equally good final track, and "Das Letzte Winter" is the memorable composition the album needed. As usually happens, this final song is the longest one, and although it is not as varied as other compositions in terms of pace, it does not lack interesting details. This is a solemn track with an intense atmospheric touch that has a truly touching final part where the melody becomes absolutely hypnotic and emotional. The vocals, the main guitar melody, and the different arrangements all form a tremendously beautiful harmony that leaves the listener engrossed.

'Kremess' is exactly what Gràb needed to confirm its immense potential. Its approach to black metal is carefully crafted with many details that enrich each composition and make them unique and undoubtedly enjoyable. A highly recommendable work. (Alain González Artola)


(Prophecy Productions - 2025)
Score: 85

https://grab.bandcamp.com/album/kremess

giovedì 1 maggio 2025

Cowards – God Hates Cowards

#PER CHI AMA: Post Punk/Noise Rock
In effetti ci ho messo un po' per assimilare 'God Hates Cowards' al meglio: tanti e ripetuti ascolti, per capire cosa mi rendesse dubbioso, ma alla fine ho capito che la differenza tra un album derivativo e un album conservativo è molta, ed è molto importante riconoscerne la differenza. Nel nuovo disco dei Cowards, ci sono suoni e trame che al primo ascolto potrebbero essere confuse o scambiate per il solito clone di band più blasonate, ma a un attento ascolto, ci si accorge che la band marchigiana ha saputo cogliere al meglio quell'essenza musicale che spinge verso un periodo di rock alternativo ben definito e per un post punk intenso e oppressivo. La sua chiave di ascolto la si può trovare nei suoni distorti di chitarra, suoni che sono curatissimi, distorsioni e riverberi adorabili che rimandano a band di culto come My Bloody Valentine, A Place to Bury Strangers, Sonic Youth, Pixies e God Machine, come in una sorta di catarsi compositiva, dove raccogliere i frutti di questi artisti per trarne ispirazione, calcarne le orme e intraprenderne un cammino sonoro similare. Ecco svelate le mie perplessità, tra il derivativo e il conservativo. Quindi, questo è un album che conserva e ripropone le teorie e le gesta magiche di band che hanno fatto la storia del rock trasversale, grigio, sonico, inserendosi tra le loro note, vivendo di persona il significato del loro suono fino a comprenderlo e farlo proprio, e partorendo alla fine un album che vale la pena ascoltare. "Storm" e "About a Friend" sono due brani molto intensi, le chitarre di "3020" fischiano che è un piacere, come le ricercate stonature chitarristiche shoegaze di "Scream". Giulia Tanoni al basso e alla voce, che divide con il chitarrista Luca Piccinini, emula i vecchi fasti di Kim Gordon, mentre è in "Barefoot Walking the Head", che la band tocca una vetta notevole tra chiaroscuri sonici, intensi e ruvidi. L'apporto di Michele Prosperi dietro le pelli, già con i Jesus Franco & the Drogas, chiamato a sostituire il membro fondatore e batterista, Peppe Carella, dopo la sua tragica scomparsa, e a cui è dedicato l'intero album, dona l'impulso necessario per rendere ancora più aggressivo e immediato l'effetto sonoro di questo lavoro. Cogliere l'urgenza creativa che si nasconde tra le note di questi brani è facile quanto capirne l'umore cupo che li ha ispirati, un intenso modo, superbamente retrò ma altrettanto attuale di fare musica, che può insegnare ancora molto alle giovani leve di oggi. Il modo più giusto, semplice e rumoroso di concepire il rock alternativo. E per cui l'ascolto è consigliato. (Bob Stoner)

mercoledì 30 aprile 2025

Borgne - Renaître de ses Fanges

#PER CHI AMA: Industrial Black
Sono quasi tre decadi che gli svizzeri Borgne regnano incontrastati negli abissi dell'industrial black, alla stregua di una macchina sonora implacabile, che plasma paesaggi sonori che oscillano tra il caos nichilista e una malvagità primordiale. Con 'Renaître de ses Fanges', undicesimo capitolo della loro discografia, il duo svizzero guidato da Bornyhake, e affiancato dalla sempre più centrale Lady Kaos, torna a scandagliare le profondità dell’animo umano, dandoci modo di immergerci in un viaggio oscuro e tormentato, come già certificato nell'apertura affidata a "Introspection du Néant", un preludio freddo e inquietante che sembra evocare le atmosfere di un’astronave derelitta, prossima a raggiungere l'orizzonte degli eventi. Dopo un inizio in sordina, è con "Comme une Tempête en Moi qui Gronde" che il disco rivela la sua vera natura: un assalto di black glaciale, con riff distorti, melodie minacciose e una drum machine martellante che scandisce ritmi disumani, ci coglie quasi di sorpresa. La produzione, cruda e glaciale, amplifica un senso di disagio che ritroveremo forte lungo gli oltre 60 minuti del disco, mentre le tastiere di Lady Kaos aggiungono un’epica malvagità, un tocco che dona carattere ma non sempre riesce a elevare i brani oltre una formula già esplorata. Rispetto al precedente 'Temps Morts' infatti, che si distingueva per le sue digressioni elettroniche e una forte aura enigmatica, 'Renaître de Ses Fanges' appare più diretto, quasi a segnare un ritorno a un black più canonico, seppur filtrato attraverso la lente industriale. Brani come "Même si l’Enfer m’Attire Dans sa Perdition" (la traccia più lunga del lotto con i suoi quasi 11 minuti) o l'acuminata "Ils me Rongent de l’Intérieur", vanno a segno, colpendo per intensità e per i riff contorti, ma forse mancano di quei ganci memorabili che hanno reso i lavori precedenti così avvincenti. Qui, la struttura dei brani, sempre lunga e complessa, tende quasi a ripiegarsi su se stessa, con pattern di accordi che, per quanto efficaci, sembrano reiterare soluzioni già proposte nella discografia dal duo di Losanna, e probabilmente da qualche altro interprete del panorama estremo. Un elemento di forza rimane comunque inalterato nell'intelaiatura dei nostri: l’atmosfera. Si, perché anche questo nuovo album ci permette di affondare in paesaggi apocalittici, sorretti da synth eterei e da un senso di vastità che richiama, inequivocabilmente, i Blut Aus Nord o i Lunar Aurora. La conclusiva "Royaumes de Poussière et de Cendre" potrebbe rappresentare il momento più ispirato, con quel suo mid-tempo affranto e un’atmosfera avvolgente che sembra suggerire una profondità stilistica che il resto del disco non sempre mantiene. Eppure, anche qui, si avverte una certa mancanza di audacia: dove 'Temps Morts' osava con deviazioni sperimentali, 'Renaître de ses Fanges' si accontenta di consolidare un suono ormai familiare, senza spingersi oltre i confini che i Borgne stessi hanno tracciato in passato. Forse, non aiuta il confronto con la loro storia, avendo costruito la propria carriera su un’evoluzione costante, alternando pulsioni sperimentali a una ferocia old school. Quest'album, invece, sembra un passo indietro, un’opera che, seppur ben confezionata, non riesce a eguagliare la personalità travolgente di 'Y' o l’audacia di 'Temps Morts'. In definitiva, 'Renaître de ses Fanges' è un album che non delude, ma nemmeno esalta. È un viaggio oscuro e ben eseguito, capace di trascinare l’ascoltatore in un vortice di disperazione e caos, ma che manca di quella scintilla innovativa che aveva reso i precedenti lavori così memorabili. (Francesco Scarci)

martedì 29 aprile 2025

The Pit Tips

Francesco Scarci

Fugit - Cieli di Porpora
Aran Angmar - Ordo Diabolicum
Deafheaven - Lonely People With Power

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Alain González Artola

Old Forest - Graveside
Hesperia - Fra Li Monti Sibillini
Wardruna - Brina

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Death8699

Dark Tranquillity - Projector
Metallica - Kill‘em All
Midnight - Hellish Expectations

domenica 27 aprile 2025

Ex Deo - Year of the Four Emperors

#PER CHI AMA: Symph Death
Gli Ex Deo tornano con 'Year of the Four Emperors', un EP che s'inserisce con decisione nel solco dell’epic death metal, un terreno che la band canadese calca da parecchi anni sotto la guida di Maurizio Iacono. Questo lavoro, ispirato al turbolento anno 69 d.C., si compone di quattro brani che cercano di catturare il peso della storia romana attraverso un sound robusto e narrativo. Non mancano intensità e ambizione, anche se il risultato non scuote le fondamenta come potrebbe suggerire il tema. Il disco si apre con “Galba”, un brano che avanza con riff solidi e ritmi marcati, accompagnati da arrangiamenti sinfonici che tentano di riflettere le tensioni dell’epoca. L’effetto è suggestivo, un’immersione sonora che richiama le lotte di potere di un impero in crisi, anche se non sempre la forza delle note raggiunge l’epicità promessa. Segue “Otho”, più cupo e complesso, un pezzo che richiede attenzione per essere apprezzato, ma che non devia dalla struttura ormai consolidata degli Ex Deo. “Vespasian” e “Vitellius” chiudono l’EP, offrendo un’alternanza di chitarre più controllate e sezioni orchestrali che omaggiano i protagonisti storici, senza però spingersi troppo lontano dal sentiero battuto nei lavori precedenti. 'Year of the Four Emperors' non si limita a essere un semplice episodio di death metal: prova a esplorare territori più ampi con dinamiche variegate e una certa complessità strutturale, suggerendo un’evoluzione, seppur cauta, rispetto al passato della band. Si percepisce come un punto di passaggio, un’interlocuzione tra ciò che gli Ex Deo sono stati e ciò che potrebbero ancora diventare. La produzione è curata e l’intensità rimane costante, ma l’impatto complessivo non travolge. È un ascolto valido per chi apprezza il genere e il connubio tra musica e storia, senza però rappresentare una svolta memorabile. Roma rivive, sì, ma con un’eco che non sempre risuona con la forza che ci si potrebbe attendere. (Francesco Scarci)

(Reigning Phoenix Music - 2025)
Voto: 68

https://www.facebook.com/exdeo

sabato 26 aprile 2025

Psycollapse - Taste Of Anguish

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death Metal
Questi Psycollapse nacquero dalle ceneri degli ex Sepolcral (e dopo questo lavoro, come Sepolcral sono tornati a esistere/ndr). La loro proposta era all'insegna di un soffocante death metal di devastante carica e potenza. Tecnicamente preparati, proponevano nei loro brani cambi di tempo repentini. Il sound riprendeva chiaramente caratteristiche del death americano, ma veniva impreziosito da arpeggi di chitarra e da parti di basso ben in evidenza. All’ascolto si percepisce la professionalità e la disinvoltura nel trattare questo genere. La registrazione, pur essendo di buon livello a parer mio, non sembra essere stata effettuata in uno studio professionale, quindi non oso immaginare quale brutalità potesse scaturire da una registrazione più appropriata. Ora andatevi pure a riprendere i Sepolcral.

giovedì 24 aprile 2025

Iotunn - Kinship

#PER CHI AMA: Melo Death
 'Kinship', il secondo album del gruppo danese Iotunn, è un'autentica pietra miliare che ridefinisce i canoni del progressive death metal. Pubblicato il 25 ottobre scorso, rappresenta non solo una degna prosecuzione dell'acclamato debutto, 'Access All Worlds', ma anche una dichiarazione di maturità artistica e musicale che va ad alzare ulteriormente l'asticella. L'album si apre con "Kinship Elegiac", una traccia mastodontica di quasi 14 minuti che cattura immediatamente l'attenzione grazie alla sua imponenza. Qui la band fonde con maestria riff robusti e melodie rarefatte, dando vita a un intreccio sonoro che riesce a essere tanto maestoso quanto intimo, merito soprattutto delle straordinarie interpretazioni vocali di Jón Aldará (Barren Earth, Hamferð, ex-Solbrud), una vera punta di diamante. Il loro stile potrebbe richiamare influenze da band come Wintersun e Amorphis, ma è proprio la voce di Jón, particolarmente incisiva nelle linee pulite rispetto al growl, a rendere l'intero lavoro irresistibile, aggiungendo un valore unico. Non sorprende quindi che 'Kinship' sia rapidamente entrato nella mia personale top 5 del 2024. Ogni brano si sviluppa come un racconto carico di pathos, arricchito da cambi repentini di ritmo e dinamiche che tengono l'ascoltatore incollato, come travolto dall’energia delle ritmiche, dal magnetismo vocale del frontman, dalle melodie di chitarra mozzafiato e dagli assoli coinvolgenti. Pezzi come "Mistland", la travolgente "The Coming End", e la roboante "Earth to Sky" sono veri capolavori: i loro ritornelli epici, le parti più atmosferiche e gli assoli sensazionali (spettacolare quelli della conclusiva e più introspettiva "The Anguished Ethereal") sottolineano una capacità tecnica ben oltre la media. In conclusione, 'Kinship' si profila come un autentico capolavoro nel panorama metal, che non solo supera brillantemente le aspettative dei fan, ma si impone come uno dei lavori più memorabili degli ultimi anni, grazie alla sua combinazione impeccabile di potenza sonora, testi evocativi e una produzione di altissimo livello. Destinato a essere un classico intramontabile, 'Kinship' invita ad ascolti ripetuti per scoprire ogni dettaglio e sfumatura della sua immensa bellezza. (Francesco Scarci)
 
(Metal Blade - 2024)
Voto: 88