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lunedì 30 gennaio 2023

Necrophobic - The Nocturnal Silence

#FOR FANS OF: Swedish Black
Razor sharp death/black that has a production that isn't overly raw for a 1993 underground LP. This is the beginning of their career in the metal scene and what a gem this is! It's a sad thing about their guitarist though, he passed away in 2013 from suicide. Died too young that's for sure and he was featured in other bands such as a brief period in the band Dark Funeral. This one was a helluv an effort by the band especially named themselves off a Slayer song from 'Reign In Blood'. These guys don't fool around. The guitars were melodic and straightforward the highlight of the LP the vocals as well!

There is kind of an echo/reverb to the voice making it sound darker than it really is. The musical aspect was quite original and forthright. I enjoyed this whole release it is a gem to their discography. Not a lot of bands that fit in this category of metal.

The music isn't too fast but there is quite a bit of tremolo picking and bar chords that make it sound pretty heavy. I like the harmonies. And the riffs sound a little bit like Dark Funeral's and some other bands from the darker side of metal. I like the fact that they're underground completely and their attitude seems to be "don't take no prisoners" which reflects their musicianship.

I can't say more good things about this album that I already talked about. They're quite diverse and noteworthy. For a debut, this shows some pretty good maturity musically. I've owned some of their LP's before nothing as good as this one. This is where everything started for them and they've been pretty popular in the metal community for underground music. I should've started collecting them from the start, but I'm getting this when they've already been well established. Nevertheless, they're a great addition to metal in general. They've had a long career so far and are still active. I hope they continue on this path of the underground scene. (Death8699)


(Blood Mark Production/Century Media - 1993/2022)
Score: 85

https://www.facebook.com/necrophobic.official

Kamala - Limbo666

#PER CHI AMA: Psych Rock
A dicembre dello scorso anno usciva il nuovo disco dei Kamala, band tedesca con base a Lipsia, che avevamo lasciato con ottime credenziali ai tempi del precedente album del 2019, 'Your Sugar'. Oggi il quintetto ci grazia con un disco ancora più elegante e curato, guidato a dovere dalla bella e ispirata voce di Christian Kamper, e da un guitar style delicato e tanto efficace, dedito a raccogliere stilemi artistici di stampo jazzistico ma rivolti ad un suono frizzante, intimo, e decisamente rock, anche se in maniera molto originale e soft. La caratteristica principale che identifica questa band è il modo moderato, ricercato e sofisticato con cui si apprestano a divulgare il verbo del rock, in una veste decisamente accessibile e volutamente, passatemi il termine, intellettuale, in molti casi ai confini di tante altre derive musicali. A modo loro, i nsotri presentano un crossover sonoro diviso tra alternative rock, soul, '70s rock, psichedelia teutonica (tra echi lontani di Harmonia e La Dusseldorf), new wave, free jazz e fusion. Tutte queste idee sono però filtrate da un gusto musicale assai melodico che, come scrissi nella precedente recensione, li avvicina ad un certo modo di fare musica, simile a band di culto, dal tocco vellutato ed ipnotico, note per la loro capacità creativa; parliamo di artisti come gli Aztec Camera oppure la psichedelia dei The Dukes of Stratosphear. La cosa interessante è, che quando la band teutonica si sposta da questo terreno le cose cambiano, come in "Freudian Autocorrect", brano in cui la band, pur tenendo alto il tasso di qualità esecutiva, non riesce ad esprimere la sua magia completamente, ma la dirotta verso qualcosa di non propriamente suo, formando in questo caso, uno spartiacque tra le prime quattro tracce del disco, una più bella dell'altra (il mio brano preferito in assoluto rimane "Talking Dirty"), e le restanti quattro che chiudono il disco. Posso dire comunque, che lo spartiacque è veramente momentaneo, perchè la successiva "Yuko & Memori", rimette in carreggiata i miei sentori verso quest'opera, ripristinando l'equilibrio sperato, con un inizio quasi psychobilly, introdotto da una chitarra in lontananza che riecheggia ad un virtuosismo alla maniera di un Van Halen d'annata, per poi correre con quella verve nobile e luminosa che contraddistingue la band. Il rock scorre multicolore ed in molteplici direzioni, mai troppo rumoroso, quasi tenuto in sordina, per non offuscare con il rumore e lo strepitio di muri di distorsione, le capacità di questi ottimi musicisti (la sezione ritmica è notevole con il suo tocco pulsante ma sempre composto). "Narcissus" è una lunga ballata dai colori vividi, cari a certa neo psichedelia inglese degli anni '90, e mette in mostra le notevoli capacità vocali di Kamper, che ricorda molto da vicino il Jeff Buckley più intimista. La conclusione è affidata a "Blindspots", coronata di piccole gemme ritmiche e variazioni geniali che amplificano la bravura tecnico/compositiva di questi musicisti. 'Limbo666' è un album curato nei dettagli, compreso l'artwork di copertina, dove colori e fantasia sono uno standard fin dal loro EP d'esordio, un suono caldo e pieno tutto da gustare. Aggiungerei anche, che 'Limbo666', è la loro più completa uscita discografica, il rock che si mostra nella sua forma migliore, rinunciando a muscoli e giubbotti di pelle. Alla fine ne consiglio l'ascolto a chi ama la musica rock d'ampie vedute, suonata a dovere. (Bob Stoner)

(Tonzonen Records - 2022)
Voto: 79

https://kamalapsych.bandcamp.com/album/limbo666

mercoledì 25 gennaio 2023

Soilwork - Overgivenheten

#FOR FANS OF: Death/Metalcore
This one helluv a catchy album. I'd say one of their best releases since 'A Predator's Portrait. The guitars are simply amazing and the vocals fluctuate sometimes screaming sometimes singing clean. This reminded me a little of metalcore bands but they've got their own sound to them. Sad about losing their guitarist David Andersson. It's tragic as he was only 47. But being his last effort with the band, I thought the riffs were just amazing. Such feel to their album and variety. Between clean vocals, melodic guitar riffs and a solid sound quality in their overall production. What a monument of an album!

There were a lot of clean tone segments but the guitars that were heavy drowned them out. But yeah, those segments of clean work show so much essence to their souls. It's not a super long release but it's so quality in their musicianship.

I've been following Soilwork since 'The Chainheart Machine' came out I believe in 1998. I've always admired their music and songwriting capabilities. They were always tops with me. And this album does the band justice wholeheartedly. I liked this whole release and it shows the emotional state of the band. Mainly the songwriters they were totally innovative and strong. These guys have been making good music since the late 90's. I always liked their melodic death metal genre. Though, nowadays they're more melodic death mix with a little metalcore. It's still likeable material, don't get me wrong, they're just not as heavy as in the early Soilwork days.

These guys still have a great deal to offer despite losing David last year. He was with the band for about 10 years. A lot of his work was with the final release with this one. He was so talented. And that totally shows on this release. Old Soilwork is gone, but the new is still going strong with their melodic music and amazing musicianship! (Death8699)


(Nuclear Blast - 2022)
Score: 80

https://www.facebook.com/soilwork/


Skyfire - Timeless Departure

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Melo Death
A suo tempo fu una grande sorpresa: dalle lande svedesi un giovane gruppo formatosi nel ’95 che ci sorprese con un debut album originale e fresco d’idee. Il sound era maestoso e vario, passando dal black/death melodico alla Dark Tranquillity di 'The Gallery' a passaggi in puro stile prog nelle tastiere. Nelle chitarre si può apprezzare il sound melodico ed incisivo che caratterizza le produzioni prettamente scandinave, con l’aggiunta di riff power/speed. Ma veniamo alle tastiere, strumento fondamentale del gruppo: è incredibile con quanta cura e precisione vengano inserite parti sinfoniche ed emotivamente stimolanti, sia nelle intro dei brani che nel loro interno. Nella bio gli Skyfire erano dipinti come un mix tra Dark Tranquillity, Rhapsody e Children of Bodom, ebbene sì, era completamente vero. Un insieme letale e convincente sotto ogni punto di vista, tecnicamente elevato rispetto alla stragrande maggioranza delle band circolanti, grazie a degli arrangiamenti stupendamente congeniati privi di sbavature o imperfezioni, il tutto coronato dalla registrazione effettuata agli Abyss Studios, perfetta. Sicuramente un must ancora oggi per chi ascolta e apprezza i gruppi succitati e quanti adorano sonorità pompose, ricche di melodie tristi, e con giusta dose di aggressività presente anche nelle vocals.

(Hammerheart Records - 2001)
Voto: 75

https://www.facebook.com/skyfiremusic

Sacrimonia - Anthems of Eclipse

#PER CHI AMA: Symph Black
Il sottosuolo metallico è un po' come una camera magmatica di un vulcano che ribolle di lava destinata ad esplodere. Talvolta è però complicato imbattersi in band che se ne stanno nascoste laggiù, nell'underground. Oggi mi è andata bene e scava che scava, ecco che ho fatto la conoscenza dei polacchi Sacrimonia. La band, in giro dal 2015 e con un solo EP all'attivo ('New World Ascension'), è tornata nel 2022 con questo nuovo 'Anthems of Eclipse' ed un concentrato di black sinfonico di chiara scuola "cradle of filthiana". Guidati alla voce dalla brava Kamila "Lasaira" Grabowska-Derlatka, i nostri ci propongono otto tracce per poco più di 40 minuti di musica. Si parte dalla classica intro atmosferica e poi, ecco l'eruzione piroclastica con una deflagarazione di suoni bombastici (quelli di "Mirror for the Faceless") e un fiume di orchestrazioni che rischia di far impallidire anche i Dimmu Borgir. La cosa positiva, e che magari dona un pizzico di originalità in un mondo in cui l'originalità è diventata merce preziosa, è l'utilizzo di linee di chitarra che sfiorano il death metal melodico. Comunque, il brano presenta costanti cambi di tempo che rendono si l'ascolto poco fluido, ma richiedono un ascolto più attento, e decisamente più vario. La successiva "Modern Prometheus" sembra avvalorare ulteriormente la voglia dei nostri di coniugare symph black e death metal grazie a chitarroni belli incazzati, screaming vocals e tastieroni sinfonici. "For the Universe to Shatter" mi ha evocato un altro grande nome della scena black, quello degli Emperor, merito di un rifferama perennemente glaciale ma comunque ricco di melodie e ottimi arrangiamenti. Ripeto, il punto di forza del quintetto di Varsavia sono i cambi di tempo, le accelerate e frenate improvvise, come quella che chiude il pezzo. Poi, largo ad un piano che apre, come farebbero i Cradle of Filth, "Into Darkness My Soul Descends", con il suo rutilante incedere ritmico tra killer riff e un lavoro alle pelli (bravo Kamil Morte, uno che ha suonato anche nell'ultimo dei Darzamat) preciso e potente. Finalmente valido anche l'assolo in chiusura di pezzo, votato quasi ad un heavy metal classico, peccato solo che duri pochi secondi. Più ragionata "A Storm I Seek": meno spazio a randellate ritmiche in pieno volto e più elementi atmosferici ad incanalare il pezzo più mid-tempo di 'Anthems of Eclipse', che trova un altro bel lavoro solista verso il finale, laddove il cantato di Kamila si fa anche più personale e indemoniato. Con "Katabasis" si riprendono le sferzate sinfoniche con il connubio offerto da una devastante ritmica a braccetto con la voce corrosiva della frontwoman e un saliscendi chitarristico a metà brano accompagnato da un eccellente prestazione alle tastiere che mi ha richiamato alla memoria gli Angizia. A chiudere ci pensano i sinistri presagi di "Eclipse", un altro pezzo compassato con la voce della cantante qui quasi ritualistica, in un pezzo evocante questa volta il buon King Diamond. Insomma, tanta carne al fuoco in questo debutto, frutto delle infinite influenze dei nostri che convogliano in un disco che ha il pregio di saggiare lo stato di forma dei nostri, arrugginiti probabilmente da sei anni di inattività. Si richiede per il prossimo album un pizzico di originalità in più per aumentare il voto conclusivo. (Francesco Scarci)

lunedì 23 gennaio 2023

Terrorizer - Caustic Attack

#FOR FANS OF: Grind/Death
They've got some pretty good riffs here, though I like 'Hordes of Zombies' more. This is still a good release! I've enjoyed the whole of it. The death metal/grindcore mix. The music has some catchy songs. The guitars are brutal but catchy. I enjoyed this whole release. It's too bad Jesse isn't around anymore (RIP 2006), they would've probably sounded even better. 'World Downfall' was a monument in the death/grind beginnings. Their last album featured a female guitar player who smoked. This time around a little different lineup but still right on target. The songs are brutal and the vocals (no more Oscar) are right alongside the music. This release clocks in at around 43 minutes.

I'm not much with the lyrical concepts but the songwriting (guitar, bass and drums) are magnificent. They keep up the pace the whole way through. No surprise with Pete behind the set he's trained in this!

I like how Lee smokes on here. Not many lead guitar parts just tremolo picking galore on the rhythm bits. These songs just hit home with me. The vocals sound like traditional death metal voice as it should sound. There are no let up really with the speed. Takes an awful lot of stamina to keep at this pace that they have. It's too bad the band is "On Hold" right now because they've put together some great albums in their career in the music industry. I'll still remain a fan for always. They've put together some really intriguing guitar parts and the drums are solid. I'm all for this one, though I've given it a "73" rating because the riffs could've been a bit better.

Production quality was top notch all the music was audible. The songs I mean all of them were catchy. They've shown the metal community that death/grind is still alive! And no one can kill the genre(s). I'm all for getting this one on CD which I did.

Some songs that I want to refer you to are "Conflict and Despair", "The Downtrodden", and "Sharp Knives." I like this whole album, but those are some highlights and a little bit better compositions with an added kick to them. Enjoy! (Death8699)


(The End Records - 2018)
Score: 73

http://www.terrorizergrindcore.net/

Sarcoptes - Prayers to Oblivion

#FOR FANS OF: Symph Death/Black
Founded in 2008 by Sean Zimmerman and Garrett Garvey, the Californian duo Sarcoptes has always taken its time to release new stuff, as we have enjoyed only two Eps and two full lengths in its 15 years of existence. Luckily, both the EP, and especially, the impressive debut album 'Songs and Dances of Death', were worth of our time. Not being a great fan of thrash metal influenced black metal, the debut effort took me by surprise with its absolutely tasteful mixture of purely black and thrash metal riffs, achieving an excellent merge of both genres. If this wouldn’t be enough, the band introduced symphonic elements through the whole album, not in an astonishing quantity, but very tastefully used and placed, creating a truly majestic album which definitively made me love it.

So, seven years after the aforementioned great debut, and after the quite interesting EP 'Plague Hymns', Sarcoptes returns with its sophomore album 'Prayers to Oblivion'. The second opus is always a crucial moment for every band. It might be the project’s milestone or should start questioning if the project was only a one-day success band. Thankfully, 'Prayers to Oblivion' proves to be the first case and confirms that Sarcoptes is definitely to stay with us, hopefully, for a long time. The previously mentioned EP gave us some clues about Sarcoptes evolution with this new album. If 'Plague Hymns' showed more ferocious and also intricated compositions with an amazing guitar work, 'Prayers to Oblivion' confirms this evolution with a collection of five songs, where there isn’t a single second which could be considered a filler. The more aggressive approach could let me think that the symphonic and epic touches of the first work could be gone or severely decreased, but fortunately this is not the case. Sarcoptes has managed to create and album full of blast-beasts, but without lacking the symphonic and atmospheric arrangements, and seriously elaborated compositions. There is room for straightforward aggression, and as well for truly majestic moments. In that sense, there is a great differentiation between the shorter tracks, "Spanish Flu" and "Tet", and the rest which are way longer. Nevertheless, this doesn’t mean that both short tracks lack of total variety and grandeur. But logically, a track like for example, "Spanish Flu", shows no mercy in terms of speed and pure brutality, where I would like to highlight the drums, which are absolutely smashing, remarkably with the hammering double-bass. As said, the shorter tracks show the most brutal face of Sarcoptes, although they keep the symphonic elements which is something I really appreciate. On the other hand, we have the longer compositions, and seriously, this is where Sarcoptes delivers the goods. As I always say, longer compositions can be risk because you need a certain degree of inspiration if you don’t want to create an unfinishable boresfest. But we don’t have to be worried about it in this magnificent album. From the extraordinary album opener, "The Trenches", Sarcoptes proves the amount of work they have put on this album. The production has been improved, everything sounds cleaner and especially more powerful. The debut’s sound was already very good in my opinion, but 'Prayers to Oblivion' proves that experience is always a key element. The song sounds crushing, and it is especially fast, with the mentioned devastating drums. The riffing is top-notch, excellently executed and varied. Pace wise, this composition reflects what the rest the album will give, relentless speed but never lacking variety in terms of tempo changes where it is needed. Don't expect boring monorhythmic compositions, but severely fast songs with enough changes to keep you absolutely hypnotized. As they did in their debut album, the key arrangements are very tastefully placed, never overshadowing the other instruments, but sounding equally loud, so you can appreciate and enjoy them. The arrangements add the majestic touch I love from this band and also have experienced an evolution or better said, an enrichment, as they sound more varied. Brutality meets epicness, and believe me, it really works. The third track "Dead Silence" follows similar patterns, being equally intense, majestic, and varied with a wonderful final part with all the epic feeling you could imagine. The album closer "Massacre at My Lai", has probably the longest section of all the album with a mid-tempo pace, which gives you some time to breath, but the intensity is increased till the song becomes a total apocalypse. Then, the song reaches its inevitable ending with a much more atmospheric and calmer final act. It’s like the pace you will find in a land devastated land by a hurricane. What an ending.

'Prayers to Oblivion' by Sarcoptes is definitively a tremendous sophomore album, an effort that should place them in the first line of the scene. Its incredibly well achieved mixture of speed, insane brutality, exquisite melodies, and excellent symphonic arrangements, deserves all the praise they should receive. (Alain González Artola)

(Transcending Obscurity Records - 2023)
Score: 90

Wesenwille - III: The Great Light Above

#PER CHI AMA: Experimental Black
Wesenwille atto terzo. È infatti la terza volta che mi trovo a dover recensire una release dei folli olandesi, divenuti nel frattempo una one-man-band a tutti gli effetti, guidati dal buon Ruben Schmidt. 'The Great Light Above' prosegue con il barbarico e dissonante sound che avevamo già avuto modo di apprezzare nei primi due lavori e, per quanto mi aspettassi un calo fisiologico del nostro mastermind, mi ritrovo invece una band in piena forma e progressione sonora. Sette le devastanti song a disposizione del polistrumentista di Utrecht, con il disco che si apre con il black tutto (di)storto di "Revelation of the Construct" in una cavalcata irrefrenabile che vede un importante uso delle melodie e momenti più atmosferici, che interrompono quello sferzare tipico dei nostri, assai simile alle raffiche del blizzard che soffia a latitudini polari. Quello che adoro di questo pezzo, che sfiora peraltro i dieci minuti, sono gli splendidi giochi di chitarra che, per quanto mi riguarda, potrebbero già sancire una elevata valutazione della release. Ma non ci accontentiamo e guardiamo oltre, con la più breve e rutilante "Transformation", brano che mette in mostra i muscoli e al contempo il cervello del musicista dei Paesi Bassi. Largo spazio alla strumentalità, ad un rifferama che somiglia più al suono dei cingoli di un carroarmato, ma che quando dà spazio alla voce graffiante di Ruben, si trasforma in un mid tempo più ragionato che sembra prendere le distanze dai maestri Deathspell Omega. Niente paura però, per quelle sonorità deviate e disarmoniche, basta pazientare la più lunga "The Legacy of Giants", con il suo fare cupo e oppressivo che ben si abbina ad un riffing sbilenco ma progressivo e che sembra percorrere i medesimi passi seguiti dagli Enslaved ai tempi di 'Monumension', in un incedere mai banale (a tratti dotato anche di una certa vena orchestrale) che sottolinea come oggi sia ancora possibile fare black metal tanto originale quanto sperimentale, senza sporcarsi troppo le mani con trovate bizzarre o l'utilizzo massivo di effettistiche varie. Il disco mi piace molto, non è certo semplice da affrontare, ma molto meglio di una passeggiata con temperature polari che di questi tempi ci allietano le giornate. "Trinity" è un pezzo mortifero sotto i quattro minuti di durata, che nasconde tutta la malignità della band nelle sue fosche e deliranti note. Quando si dice che il bello deve ancora venire, ecco piombarci addosso "Our Sole Illuminator", un disumano concentrato di post black, tracce di prog deathcore e improbabili sperimentalismi sonori (a tratti malinconici) che innalzano ulteriormente, nemmeno ce ne fosse stato bisogno, il tasso qualitativo del disco. Un interludio strumentale ("Eclipse") e ci dirigiamo verso lo spettrale finale affidato all'ispiratissima e labirintica "The Specular Gaze", degna chiusura di un album che vanta peraltro in copertina la foto di Harold Edgerton, grande innovatore tecnico nel campo fotografico e dell'ingegneria elettrotecnica al MIT, nello scorso secolo. (Francesco Scarci)