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venerdì 1 dicembre 2017

Tornado Kid – Hateful 10

#PER CHI AMA: Southern Rock
Le dieci cose che più odi, messe in musica dall'ensemble di San Pietroburgo o come affermato dalla band stessa, le tue dieci canzoni che ti vanno in disgrazia dopo una gestazione in studio di due anni. Questo è l'album dei Tornado Kid, inizialmente chiamato 'Cowboys from the North', presumo per la loro ostentata voglia di essere un po' yankee tra le gelide terre del nord, poi sfumato in chiave più violenta. Al contrario di quanto sembri, questo disco è un mix perfetto di southern rock, hard rock, metal pesante e un'attitudine hardcore, come se gli Alabama Thunder Pussy giocassero a fare i Sick of it All o i Misfits in un'atmosfera tutta pistole, whisky, donne, scazzottate e saloon distrutti. La qualità è ineccepibile, cominciando dal tipo di sonorità, ultramoderne e compattissime, passando per tutti i dieci brani, velocissimi e rapidi, suonati, registrati e prodotti a dovere e sempre votati alla massima carica esplosiva. Tanta adrenalina in appena 32 minuti di durata totale. Dicevamo che la qualità è enorme, anche esagerata a volte, poiché il disco risulta tanto perfetto che sembra quasi irreale, patinato nel suo essere esplosivo, dinamico e perfetto. Al primo ascolto ci si rende subito conto di quanto tempo e passione ci abbiano messo a farlo, quanto sudore e quanta dedizione ai particolari, cominciando dalla copertina fumettistica veramente azzeccata. Brani come l'iniziale "Whiskey Beer Anthem", "Killer Song", "Hunger" e "Old World Blues" ti prendono veramente per i connotati e ti trascinano verso un mondo di selvaggia, ruvida e polverosa libertà. Un'ottima colonna sonora per un raduno di bikers, con fiumi di birra e caos, attraverso un disco di moderno rock /metal pesante, fatto per scatenarsi e lasciarsi alle spalle tutti i problemi. Dopo tre EP, finalmente uno splendido esordio sulla lunga distanza, 'Hateful 10', un vero e proprio tornado di adrenalina pura! Seguiteli ne vale la pena! (Bob Stoner)

lunedì 27 novembre 2017

Stolen Memories - Paradox

#PER CHI AMA: Heavy Progressive
'Paradox' è il terzo album in studio per i francesi Stolen Memories, che avevano esordito nel 2010 col disco 'The Strange Order'. Con una formazione di insolito power-trio, privo di bassista, la band di Villeurbanne si ripropone con questo nuovo lavoro in chiave prog metal. A farla da padrone fin dalle prime note di quest’album è la notevolissima abilità tecnica del chitarrista/polistrumentista Baptiste Brun, colonna portante della band insieme al fratello batterista Antoine, nonché autore della quasi totalità delle composizioni. La mancanza delle basse frequenze in pianta stabile è ampiamente sopperita dai movimenti chitarristici che vanno a creare un solido muro sonoro adagiato sulle variabili ritmiche della cassa. In diversi pezzi infatti, cito ad esempio “Exile”, non fa nemmeno ricorso alla quattro corde, seppur in “Obedience” sia presente un bell’intro iniziale basato su una pregevole linea di basso che caratterizza il brano. Solitamente appunto è sufficiente il carattere totalitario assunto dagli assoli e dai fraseggi chitarristici che sostengono ogni brano, come ad esempio in “The Badge” o “Constant Liar”. All’andamento progressivo predominante dell’album si affianca poi una buona dose di sfumature epico-melodiche, grazie anche alla presenza di diverse parti di synth ed effettistica varia, che stabiliscono valide armonie sotto gli assoli del buon Baptiste (davvero notevole quello della già citata "Constant Liar"). A mio avviso però la pecca più evidente dell’album va ricercata nelle liriche poco particolari e le associate linee vocali, forse un po’ troppo “deboli” per lo spirito complessivo del disco. Tuttavia, è notevole l’impatto dei musicisti: tecnica da vendere e belle composizioni, con una certa complessità ritmica. Da tenere sotto controllo. (Emanuele "Norum" Marchesoni)

domenica 26 novembre 2017

The Pit Tips

Francesco Scarci

Enslaved - E
Damnation Defaced - Invader From Beyond
Machines of Man - Dreamstates

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Michele Montanari

Puta Volcano - Harmony of Spheres
Rudhen - Di(o)scuro
Atomic Mold - Atomic Mold Split

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Five_Nails

Drudkh/ Paysage d'Hiver - Somewhere Sadness Wanders/ Schnee IV
Amon Amarth - Jomsviking
Inverted Serenity - As Spectres Wither

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Felix Günther

Armoured Angel - Mysterium
Terrifier - Weapons of Thrash Destruction
Krossfyre - Burning Torches

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Alejandro "Morgoth" Valenzuela

Xanthochroid - Of Erthe and Axen Act II
Thy Primordial - The Heresy of an Age of Reason
Blaenavon - That's Your Lot

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Felix Sale

Mass Hypnosia - Toxiferous Cyanide
Exitus - Black Rot n' Roll
Terrifier - Weapons of Thrash Destruction
 

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Alain González Artola

JoDöden – Sittandes I Sjön Med Vatten Över Huvudet
Dusius - Memory of a Man
Crafteon - Cosmic Reaqakening

sabato 25 novembre 2017

Smokehead - From the Abyss

#PER CHI AMA: Alternative/Hard Rock/Stoner, Nickelback
Cannes, Costa Azzurra, un bel posto dove rilassarsi, magari su uno yacht, con un bicchiere di champagne in mano, cosi come ci mostrano i nostri nel video promozionale sul loro sito. Sparato a tutto voluto poi, l'album di questa compagine originaria proprio di quelle zone. Gli Smokehead rilasciano questo ruffianissimo album, 'From the Abyss', che strizza entrambi gli occhi a band ben più famose, e sto pensando a Nickelback e Foo Fighters, e con queste 14 tracce ci lanciano all'ascolto di un lavoro di corposo rock in grado di farci compagnia per oltre 50 minuti di sonorità che trovano modo di evocare anche un che dei A Perfect Circle (la prima parte di "Crave") e comunque farci muovere con brani grondanti melodia, carichi a manetta di groove e cori super catchy. E dire che l'intro oscura del cd mi aveva fatto pensare a ben altro e invece quando "The Dakota Fire Hole" s'infila nel mio stereo, ecco che chiudo gli occhi e sbatto la testa al ritmo infuocato della musica dei nostri, che peraltro a fine brano, troverà modo di incupire la propria proposta. Si prosegue col rifferama ritmato della già citata "Crave" e con la più morbida (pure troppo) "Fire", che trova fortunatamente modo di raddrizzare il tiro nel corso dei suoi oltre quattro minuti, per proiettarsi poi nella più arrembante e convincente "Black & White". "Would You Wait for Me" è un pezzo che mi intriga più che altro per le sue sonorità cupe, mentre ecco che "Riviera" è una song solare, stracolma di groove e da mood decisamente godereccio, il cui refrain melodico si stamperà obbligatoriamente nelle vostre teste. "Home" è un po' più ordinaria e piatta, ma per farci tornare a saltare, ecco servita "Contamined", una sorta di cocktail di gamberetti in salsa acida, con tanto di chorus robusti che inaspriscono la proposta del quartetto di Cannes. Si va avanti velocissimi, complici le durate sui 3-4 minuti dei brani, con "Let Me Down", un pezzo che combina rabbia, dolcezza, suoni potenti ed una buona dose di melodie accattivanti che introducono alla semi-ballad del disco, "Desire", brani immancabili in album di questo genere. Andiamo oltre o rischio un pericoloso eccesso di zuccheri. È il turno di "Crawling in the Night", pezzo oscuro anche da un punto di vista vocale che convince per il carattere tempestoso ed inquieto delle sue ritmiche. "Bleeding on the Dancefloor" mostra nuovamente influenze che chiamano in causa i Nickelback ma che comunque riesce a convincere per quel suo riff portante. A chiudere 'From the Abyss', ci pensa l'ultima "To the Abyss", un malinconico arpeggio acustico su cui si staglia la voce assai convincente del frontman che chiude con onore, questa prima prova dei francesi Smokehead. (Francesco Scarci)

(Self - 2017)
Voto: 70

Spectrale - ▲

#PER CHI AMA: Ambient Acustico
Da sempre il triangolo è simbolo della divinità, dell'armonia e delle proporzioni, ma esso rappresenta dal punto di vista esoterico, anche mente, corpo e spirito che devono essere equilibrati in tutte le loro parti per ricongiungersi in un nuovo essere o Super Io. E ora quel triangolo diviene anche il titolo del side project di Jeff Grimal, chitarra e voce dei The Great Old Ones, che con i suoi Spectrale, in compagnia di Jean-Baptiste Poujol, Léo Isnard e Raphael Verguin, dà libero sfogo alle proprie celestiali elucubrazioni, che già lo scorso anno avevamo avuto modo di apprezzare nello split in compagnia di Heir e In Cauda Venenum. Nove le tracce a disposizione dei nostri che da "Andromede" a "Retour Sur Terre", ci accompagneranno attraverso un'esperienza eterea che col metal non ha davvero nulla a che fare. La musica dei Spectrale è infatti acustica, esoterica, quasi interamente strumentale e si muove attraverso sinuose melodie che avvolgono l'ascoltatore con il delicato tepore di una chitarra o il caldo e magico suono di un violoncello imbizzarrito che somiglia al battito d'ali di un calabrone pronto a pungere. Difficile identificare un brano piuttosto che un altro, '▲' va gustato tutto d'un fiato per poter godere della meditativa proposta del combo transalpino. Introspettivi, misteriosi, esoterici, gli Spectrale ci regalano la loro forma d'arte da assimilare a livello organico, un viaggio in terre lontane, mediterranee, forse mediorientali, più probabilmente indiane o addirittura dell'estremo oriente. Un viaggio sulla via della seta che sublima i sensi, inganna la mente e riempie l'anima. (Francesco Scarci)

(Les Acteurs De l'Ombre Productions - 2017)
Voto: 80

Interview with ghUSa


An interesting chat with one of the oldest death metal bands in Europe, ghUSa. You can find the details below:

JoDöden – Sittandes I Sjön Med Vatten Över Huvudet

#FOR FANS OF: Black/Folk, early Ulver, Burzum
It’s pretty usual that metal musicians, who take part in several bands, tend to release solo albums just to make some music based on their different influences or musical roots. This is the case with JoDöden’s debut 'Sittandes I Sjön Med Vatten Över Huvudet', which I must mention, it’s a quite funny album title (a rough translation would be “seated in the lake with water over the head”). JoDöden, the mastermind behind this homonymous project, is already known in the black metal scene due to his main projects. Whirling is a band which combines black metal with avant-garde influences, while Sorgeldom was founded by the Swedish mastermind as an acoustic project. Later the project evolved to black metal, becoming a full band with the addition of several members. 

Taking into account the aforementioned musical background and after having listened to the album, I come to the logic conclusion that he has somehow returned to his roots with this solo album. 'Sittandes…' is a nature themed album and specifically a Nordic nature based work. Those beautiful coastal northern towns and extensive forests have served as a spiritual inspiration för JoDöden, whose music tries to evoke the vast and cold essence of northern Sweden. The album has an organic sound, far from those ultra-polished modern works, which in my opinion suits perfectly well the music. As far as I know, these songs have been recorded in different places, moments and even different moods. This explains the heterogeneous sound of these tracks, which initially can be confusing. A good example is the difference in the production between the opener track, “Aprilvädret”, and the more blackish track “Bottenlös”, which comes immediately after the first song. This song has a quite filthy production in comparison. Both tracks are also a good example of what we can find in this work. Stylistically, the album is mainly instrumental, with a great role for the acoustic guitars (like in the first track), while the second one is an example of how JoDöden tries to introduce some of his black metal and avant-garde influences. Anyway, as I have already mentioned, the acoustic sections are quite common and they are usually mainly instrumental. In that aspect, this album reminds me at times Wongraven or even the most acoustic tracks by Ulver. The very few “blackish” sections sound a little bit out of place, although I find them interesting. This is mainly because they add an extra point of variety, which is something this album really needs. The long and sometimes tedious acoustic tracks are, from time to time, broken by slightly avant-garde influenced compositions, which make this album a weird beast. 

In conclusion, JoDöden’s debut solo album is a strange folk album. It combines a nature themed folk with some avant-garde influences and minor black metal sections. It’s mainly instrumental and repetitious style makes it a difficult listen if you don´t usually listen to this sort of stuff. Unsurprisingly, he covers a Burzum track, a band which is well-known for not having very varied tracks. As it happens with Varg’s stuff, JoDöden is a project you really need “feel” in order to really appreciate his music. (Alain González Artola)

(Nordvis Produktions - 2017)
Score: 50

Void Generator - Prodromi

#PER CHI AMA: Psych/Stoner/Krautrock
I prodromi sono delle avvisaglie, dei fenomeni che costituiscono un segno premonitore; mi piace come parola e la trovo azzeccatissima per essere il titolo della quarta fatica dei Void Generator, band nostrana che conferma il buon stato di forma della scena psych-stoner italica e che verosimilmente preannuncia la crescita esponenziale di un movimento musicale sempre più in fermento nel nostro paese. Il disco include quattro song monumentali, di cui solo la prima non sfiora il quarto d'ora, ma si assesta su un più umano sette minuti di durata, il cui sound anticipa il carattere quasi da jam session di questo 'Prodromi'. La song in apertura, "40 Kiloparsecs", mostra immediatamente il carattere cosmico psichedelico del disco, con suoni che sembrano provenire dallo spazio profondo e una musica che potrebbe essere l'ideale colonna sonora per un viaggio intergalattico, con i suoi riverberi, i rumori e le voci rarefatte in sottofondo, ove pulsano anche un basso propulsivo e un drumming serrato, pronti a fiondarci nell'iperspazio. Cosi si entra in quello spazio avente un numero di dimensioni geometriche superiore a tre, perdendo i sensi in "Sleeping Waves", un brano che ci culla nella spedizione interstellare attraverso un wormhole che ci porta in quadranti diversi della nostra Galassia a saggiare suoni e colori di mondi alieni e sconosciuti, che fatichiamo probabilmente a comprendere, ma che evocano vibrazioni, sentori, pulsazioni, elucubrazioni, sperimentazioni che in passato sulla Terra, hanno appartenuto a band come Pink Floyd o alle improvvisazioni cosmico-minimaliste dei Tangerine Dream. Difficile spiegarvi come il disco dei Void Generator riesca ad evolvere nelle successive song, se non sono ben chiare nella vostra mente le origini di un genere, etichettato semplicisticamente come space-krautrock. Dovete aprire le vostre menti, prepararvi ad un incontro con suoni non convenzionali, perché raggiunto l'altro capo della Galassia, sarà impossibile far ritorno sulla Terra, a meno che non si entri in un tesseract, ove modificare il tempo e lo spazio per tornare a ritroso attraverso il tunnel spaziale, sperimentando la ridondanza di suoni che martellano il cervello e ci spingono fino all'ultimo baluardo da superare prima del collasso definitivo all'interno del buco nero generato dal suono dei Void Generator. Tutto più chiaro ora? Se non lo fosse, cosi come credo, sappiate che le elucubrazioni di questa recensione, sono il frutto dell'ascolto ad elevato volume di questo lisergico disco; provare per credere. (Francesco Scarci)

(Phonosphera Records - 2017)
Voto: 85